indie-gestione

venerdì, 19 01 2007

Scopri l’intruso

• Veicoli commerciali FIAT

• Michael Schumacher

ABC delle Pipettes

[il mio regno per un link al video, presto]

Update: Eccolo! [un enorme grazie a lovejoy83]

 

 

 

The Pipettes – ABC (MP3)
The Pipettes – ABC (acoustic live @ Radio DeeJay) (MP3)
The Pipettes – ABC (acoustic live @ Radio DeeJay – video) (WMV)

 

mercoledì, 17 01 2007

Chiacchiere da bar sui dischi del 2007 – part 2

Esperimento interessante più per me che per voi, me ne rendo conto. Non pensavo che certi giudizi (sommari e superficiali come preannunciato…per questo «da bar») potessero essere tanto ambigui, o che certe percezioni potessero differire in maniera così radicale da essere praticamente speculari. Anyway, ecco nomi, cognomi e corredo audiovisivo. La discussione vera comincia solo adesso..

1. Bloc Party – A weekend in the city

Autori di un esordio folgorante, ora in certi pezzi ricordano i Muse, e in altri addirittura i Coldplay. In un paio di episodi si vede il fulgore che fu, il resto sono sbadigli.

Bloc Party – I still remember (video – YouTube)

 

2. LCD Soundsystem – Sound of silver

Di questi tempi c’è una sola persona al mondo che può ribaltare la legge di Murphy. Solidissimo, gran canzoni, poche sorprese ma sicuramente niente scherzi.
Già in top 10.

 

3. Clap your hands say yeah – Some loud thunder

Il lato positivo è che sarà dura vederli su Mtv. Il lato negativo è che abbandonano quasi in toto il tiro che distingueva i loro pezzi migliori per abbandonarsi al proprio lato moscio. A meno di sorprese, una mezza delusione. 


Clap your hands say yeah –
Yankee go home (MP3)

 

4. The Shins – Wincing the night away

La maledizione dell’indie yuppie: il disco della consacrazione non è mai un capolavoro. Onesto e ben fatto, ma si fa dimenticare troppo facilmente.


The Shins –
Australia (MP3)

 

5. The Apples in stereo – New magnetic wonder

Sono in giro da 10 anni, e ora che il mondo ha fatto il giro, il loro sound è quasi di moda. Ma la classe non è acqua, e l’esperienza si vede. Stato dell’arte per l’indie-pop del 2007. Che ricorda tanto gli anni ’60. Già in top 10.


The Apples in stereo –
Sunndal song (MP3)

 

6. Malcolm Middleton –  A brighter beat   e   Lucky Pierre – Dip
Litfiba, tornate insieme. Da separati fate dischi bruttini, insieme le ultime produzioni erano forse le migliori di sempre. Non ci meritiamo questo TFR, ripensateci!

 

7. The Good, the Bad and the Queen – The Good, the Bad and the Queen

Tanta carne al fuoco, forse troppa. Sprazzi di genio qua e là, ma forse anche un po’ troppo mestiere, che scambia la conquista di un’identità con una tavolozza con meno colori di quanto i nomi presenti avrebbero forse fatto immaginare. Interessante, ma sarei già curioso di sentire un capitolo due, se ci sarà. 


The Good, the Bad and the Queen –
Three changes

 

8. !!! – Myth takes

Ero pronto a decretarli morti più per antipatia che per altro, invece il loro nuovo disco è meglio del precedente. Tamarro ma con classe, hanno compresso i minuti, mischiato le carte, e fregato i loro concittadini che in autunno sono rimasti al palo. Già in top 10?


!!! –
All my heroes are weirdos (MP3)

 

9. Air – Pocket symphonies

Bolliti, poco altro da dire. Chi glielo dice che non si può continuare a campare su un capolavoro a inizio carriera, due vocoder sempre uguali e atmosfere in pantofole che hanno perso ogni fascino quando da sintomi vogliono trasformarsi in sinfonie?

 

10. Patrick Wolf – The magic position

Vista la copertina e sentito il primo singolo, sembra non sia più roba per noi. Sentito il resto, si cambia un po’ idea, ma solo un po’. E dire che era partito così bene.


Patrick Wolf – 
The magic position (MP3)

 

11. Modest Mouse – We were dead before the ship even sank

Se è tutto come il primo singolo e come gli inediti sentiti in versione live, c’è da avere l’acquolina in bocca. Certo, a quel punto potevano anche fare a meno del nuovo chitarrista. Che è comunque un motivo in più per amarli, e tanto basta.


Modest Mouse –
Dashboard (MP3)

 

12. Arcade fire – Neon Bible

Non ci posso fare niente: ci mettono anni a colpirmi. E’ successo col primo disco, e termo succederà anche con questo, che per quanto ho sentito è tronfio e melodrammatico in maniera quasi intollerabile. Qualcuno gli levi quell’organo a canne, please.


Arcade fire –
My body is a cage (MP3)

  

martedì, 16 01 2007

Chacchiere da bar sui dischi del 2007

Volevo fare un po’ di chiacchiere da bar sui primi dischi in uscita in questo 2007, ma poichè in questo periodo è un po’ lo sport (inter)nazionale (1234567), vi risparmio il post. O meglio, il post l’ho scritto, vi risparmio solo i nomi dei gruppi. Tanto quelli li indovinate da soli. O no?

1. Autori di un esordio folgorante, ora in certi pezzi ricordano i Muse, e in altri addirittura i Coldplay. In un paio di episodi si vede il fulgore che fu, il resto sono sbadigli.

2. Di questi tempi c’è una sola persona al mondo che può ribaltare la legge di Murphy. Solidissimo, gran canzoni, poche sorprese ma sicuramente niente scherzi. Già in top 10.

3. Il lato positivo è che sarà dura vederli su Mtv. Il lato negativo è che abbandonano quasi in toto il tiro che distingueva i loro pezzi migliori per abbandonarsi al proprio lato moscio. A meno di sorprese, una mezza delusione. 

4. La maledizione dell’indie yuppie: il disco della consacrazione non è mai un capolavoro. Onesto e ben fatto, ma si fa dimenticare troppo facilmente.

5. Sono in giro da 10 anni, e ora che il mondo ha fatto il giro, il loro sound è quasi di moda. Ma la classe non è acqua, e l’esperienza si vede. Stato dell’arte per l’indie-pop del 2007. Che ricorda tanto gli anni ’60. Già in top 10.

6. Litfiba, tornate insieme. Da separati fate dischi bruttini, insieme le ultime produzioni erano forse le migliori di sempre. Non ci meritiamo questo TFR, ripensateci!

7. Tanta carne al fuoco, forse troppa. Sprazzi di genio qua e là, ma forse anche un po’ troppo mestiere, che scambia la conquista di un’identità con una tavolozza con meno colori di quanto i nomi presenti avrebbero forse fatto immaginare. Interessante, ma sarei già curioso di sentire un capitolo due, se ci sarà. 

8. Ero pronto a decretarli morti più per antipatia che per altro, invece il loro nuovo disco è meglio del precedente. Tamarro ma con classe, hanno compresso i minuti, mischiato le carte, e fregato i loro concittadini che in autunno sono rimasti al palo. Già in top 10.

9. Bolliti, poco altro da dire. Chi glielo dice che non si può continuare a campare su un capolavoro a inizio carriera, due vocoder sempre uguali e atmosfere in pantofole che hanno perso ogni fascino quando da sintomi vogliono trasformarsi in sinfonie?

10. Vista la copertina e sentito il primo singolo, sembra non sia più roba per noi. Sentito il resto, si cambia un po’ idea, ma solo un po’. E dire che era partito così bene.

11. Se è tutto come il primo singolo e come gli inediti sentiti in versione live, c’è da avere l’acquolina in bocca. Certo, a quel punto potevano anche fare a meno del nuovo chitarrista. Che è comunque un motivo in più per amarli, e tanto basta.

12. Non ci posso fare niente: ci mettono anni a colpirmi. E’ successo col primo disco, e termo succederà anche con questo, che per quanto ho sentito è tronfio e melodrammatico in maniera quasi intollerabile. Qualcuno gli levo quell’organo a canne, please.

 

giovedì, 11 01 2007

In inglese ‘jazz’ si dice ‘cat’

Psapp – Everybody wants to be a cat (The Aristocats theme cover) (MP3)

 

martedì, 09 01 2007

La sintesi e la divisione

Dividing Opinions  è un disco potente.
Conciso, quasi secco, assolutamente internazionale almeno quanto è inequivocabilmente personale, il terzo disco dei Giardini di Mirò, in uscita il 22 Gennaio per Homesleep, è un disco che lascerà il segno.

Non so come ci sia riuscita, la band di Cavriago, a fare tesoro di tutti i suoi punti di forza (e forse anche di quelli di debolezza) e a tirare fuori un disco del genere. Dai suoi memorabili esordi strumentali in un genere con le gambe corte come il post-rock alle fascinazioni indietroniche mitteleuropee che hanno accompagnato il periodo successivo, dalle chitarre shoegazer che i suoi membri non nascondono di adorare alle collaborazioni anche pesanti che sono tra i pochi in Italia a poter vantare, tutto confluisce e si cementa nel nuovo disco con risultati di altissimo livello. Dividing Opinions riconcilia il pop con il post rock, lo shoegazer con l’indietronica, il melodramma privato con l’impegno politico, le maglie a righe dei manifestanti negli scontri di piazza con quelle degli indie-kidz che preferiscono il punk alla dieta, in una sintesi memorabile e quasi miracolosa.

Di un disco così bello verrebbe da dire che, più che dividere, non può che suscitare pareri positivi pressochè unanimi. Eppure è falso. E’ tanto facile che chi non sopportava la band accusandola di noiose e barocche lungaggini post-rock venga folgorato dalla sintesi e dalla compiutezza delle nuove canzoni, quanto che chi ne amava la poetica distanza da tutto quanto fosse pop canonico (post-rock prima, sghemba e inafferrabile indietronica melodica dopo) inorridisca di fronte ad un sound che, pur senza alcuna rottura col passato, difficilmente potrebbe essere più compatto e immediato (radiofonico, persino). Le sintesi, si sa, rischiano di dividere anche quando sono fluide e naturali. Forse perchè c’è chi continuando a cercare i punti di riferimento familiari che non ci sono più, non riesce a vedere quelli nuovi. E non può neanche immaginarsi quello che si perde.  


Giardini di Mirò –
Dividing Opinions (MP3)

Giardini di Mirò – Cold perfection (MP3)

 

venerdì, 05 01 2007

La produzione e’ il nuovo consumo

Tra riassunti, ricapitolazioni e classifiche di fine anno (prima) e previsioni, scenari e prospettive per l’anno nuovo (dopo), nelle ultime settimane se ne sono lette parecchie, di cazzate. Fa parte del gioco, e di solito la possibilità di tirare fuori dal cassetto la propria verve di colto e sagace commentatore vale la figura; tanto dopo qualche settimana se ne sono dimenticati tutti, e va bene così.

Tra le varie cose che mi è capitato di leggere ci sono le due lunghe e in qualche misura affascinanti analisi firmate da InformationArchitects.jp (The 50 loudest websites in 2006 and what made them successful e Internet 2007 Predictions), il plurilinkato commento di Alec Bemis su LA Weekly (The Year Blogs Got Lame, Business Got Hip and Nostalgia Was King) e la previsione di Antony Bruno su Billboard (Music biz hopes to profit from consumer content).

Come avrete forse già intuito mi sono, come capita spesso, soffermato sul rapporto tra intrattenimento (audio e video, in particolare), soluzioni tecnologiche e reti sociali. Dai vari commenti (tutti invariabilmente tanto entusiastici quanto apocalittici) emerge una contraddizione che mi ha colpito, che pone l’accento su aspetti opposti e prefigura scenari drasticamente diversi. 

Da un lato c’è una costante magnificazione di piattaforme, aggregatori o sistemi che maneggiano, valorizzano e rendono accessibile il fantomatico user-generated content, i contenuti prodotti dagli utenti. Si parte ovviamente dai blog e da tutti i servizi che ci girano intorno, si continua con il blockbuster YouTube, e si arriva a servizi abbastanza nuovi come Brightcove o iLike, che mirano a supportare (e quindi a sfruttare per monetizzarlo) l’intrinseco bisogno di contenuti connesso alla costruzione di un’identità online da parte degli utenti.

Il fenomeno, in effetti, è sotto gli occhi di tutti, e non da oggi. La cosa che fa sorridere è l’uso del termine user-generated content per contenuti che, come è ovvio a chiunque non abbia dei paraocchi, sono in realtà costituiti per buona parte da materiale che vìola costantemente le (obsolete, vabbè) norme del copyright. Pensate a YouTube ed eliminate i videoclip musicali, le trasmissioni televisive, le pubblicità, tutte le produzioni che usano musica o immagini senza pagarne i diritti, e qualsiasi rielaborazione di tutte queste cose messe insieme, e vedete se quello che rimane è davvero così interessante.

Dal’altra parte si prefigura uno scenario completamente diverso, che vede la sempre ventilata fine del fenomeno-blog (fine di cui si parla da svariati anni; di questo passo qualcuno prima o poi ci prenderà), questa volta sotto la scure degli ibridi blog/webzine che sono nati nell’ultimo anno. Si tratta di siti a metà tra blog e testate editoriali, che uniscono la piattaforma tecnologica, la velocità di aggiornamento, lo stile informale e, spesso, la parziale illegalità dei primi, con le risorse dei secondi: uno staff pagato che ci lavora a tempo pieno («Cosa fai di lavoro?» «Scrivo su un blog»), con conseguente aumento della quantità e della precisione dei contenuti. 

Per fare qualche nome, nel campo della musica ci sono il self-proclaimed #1 music-blog Stereogum (delle cui fortune finanziarie parlavamo già qua), il corrosivo Idolator (proprietà del rampante gruppo editoriale Gawker Media), e il sempre più m-blogghesco Pitchfork (che ha fatto la strada inversa: gli mancano giusto i commenti, poi è un blog a tutti gli effetti); e i primi casi si vedono anche dalle nostre parti (l’ottimo Vitaminic, ça va sans dire).

Chi avrà ragione? Gli Apocalittici della presunta democrazia della rete o quelli della nuova professionalità amichevole che andrebbe a sostituirla? 
[niente Integrati per stavolta]

La mia impressione è che la situazione attuale sia ovviamente da qualche parte tra i due estremi, e, nonostante ai commentatori piacciano sempre i trend ben definiti e i fenomeni chiaramente individuabili, rimarrà nell’attuale limbo ancora per un po’. A deciderne le sorti saranno, come al solito, i soldi: saranno prima gli investimenti a finire (e la bolla dell’intera economia 2.0 a scoppiare; preparatevi, perchè succederà) oppure le singole posizioni strategiche a consolidarsi e a giustificare in qualche modo (economico o meno) la propria esistenza? Quando i siti inizieranno a chiudere e i contenuti torneranno ad essere accessibili nell’unica forma che finora ne ha consentito la produzione e la distribuzione (a pagamento, quindi) la situazione sarà definitivamente cambiata tanto che sarà impossibile tornare indietro, oppure si sarà trattato solo dell’ennesima, un po’ anarchica, parentesi? 
La risposta la lascio ai commentatori (aha). Quel che è certo è che gli unici che non possono essere scossi più di tanto dalla questione sono coloro che da quello che producono e che scelgono di mettere in rete non vedono (ed è giusto che non vedano) mai una lira. Come i dilettanti. O come i blogger.

giovedì, 04 01 2007

California, now we leave

Forse era solo un guilty pleasure, ma la cosa un po’ mi dispiace: The O.C. chiude.
E dire che la terza serie (da noi interrotta per ascolti troppo bassi; tutto il mondo è paese, pare) mi era pure piaciuta. Quante canzoni interessanti ci abbiamo scoperto su? (lista completa) E -più che altro- quante ne abbiamo riconosciute con quel misto di soddisfazione e dispiacere che accompagna spesso l’emersione più o meno mainstream delle nostre band? Cosa diranno le ragazzine di Save Marissa e di Savin’Coop, le petizioni online per salvare il personaggio di Marissa Cooper dalla morte che la colpisce alla fine della terza serie? (i loro siti sono splendidi, meritano una navigata) Quando ci sarà di nuovo un’altra serie adolescenziale in grado di raccogliere l’eredità di Beverly Hills 90210 e Dawson’s Creek?
Ma -soprattutto- fino a quando continueremo a guardare serie tv che raccontano in modo stereotipato la vita di inverosimili ragazzi altoborghesi che hanno la metà dei nostri anni?


Mates of state –
California (Phantom Planet cover) (MP3)

 

domenica, 31 12 2006

New Year’s Eve

And so when you’re down
I’ll lift you up, I’ll be the one
who’s always sure of where you are
and all the things you need to know
and when you’re tired and think the moon
forgot to shine on New Year’s Eve
just wait for me to show you

(The Apples in stereoSunndal Song)

(Già la mia canzone del 2007, da New magnetic wonder, in uscita il 7 Febbraio e già mio probabile disco del 2007)


The Apples in stereo –
Sunndal song (MP3)

 

giovedì, 21 12 2006

A Natale sono tutti piu’ buoni. Le major, anche piu’ intelligenti

Lo si potrebbe descrivere come la vittoria del piccolo blogger Davide e dei suoi commentatori infuriati contro il cattivo colosso discografico Golia. Lo si potrebbe descrivere come la lezione data dall’agile medium del futuro alla polverosa istituzione del passato. Lo si potrebbe descrivere come un bel miracolo di Natale figlio degli eventi che con ogni probabilità non si ripeterà. Lo si potrebbe definire come l’inizio di una rivoluzione mediatica che vede, per una volta, le major fare un passo indietro nei confronti delle miopi politiche di autoconservazione che fino ad ora hanno strenuamente (e vanamente) adottato e indirizzarsi a un’apertura da cui hanno solo da guadagnare. Lo si potrebbe usare per magnificare l’influenza del web 2.0 contro l’industria 1.0 delle megaproduzioni, della promozione tradizionale e ingessata, e del copyright. Lo si potrebbe descrivere in un sacco di modi più o meno suggestivi, ma probabilmente di tutta questa storia se n’è parlato anche troppo. La verità è che il cambio di atteggiamento della EMI rispetto al mezzo disastro di cui si parlava ieri è puro e semplice business: la EMI ha fatto il suo lavoro, e dopo un inizio goffo e un po’ imbarazzante ha imparato dai suoi errori ed ottiene ora i suoi risultati.
Come è successo? Non c’è molto da raccontare. Ieri, mentre voi vi scatenavate nei commenti, il sottoscritto finiva per scambiarsi diverse cordiali mail con la famosa project manager di cui sopra, la quale, benchè tutt’altro che felice per le feroci critiche e prese per il culo che le venivano rivolte su queste pagine, decideva di non tirarsi indietro dal confronto e di fare del suo meglio per capire dove aveva sbagliato e come rimediare. Ottenendo alla fine quel dialogo onesto e personale che avrebbe dovuto instaurare fin dall’inizio, e un pugno di MP3 (quasi mezzo disco, in realtà) da far pubblicare ai blog presumibilmente fino a fine anno. Con il risultato di farci un bel regalo, fare una bella figura, e -soprattutto- di darci un’idea di come sarà il disco che voleva promuovere. Chiamatemi ingenuo, ma mi sembra una di quelle storie in cui, alla fine, non perde nessuno.
L’attenzione, adesso, va alla musica. E nel dettaglio a The Good, the Bad and the Queen, l’esordio discografico del combo senza nome che vede insieme nomi del livello di Damon Albarn (Blur, Gorillaz), Paul Simonon (Clash), Tony Allen (Fela Kuti, Africa 70)  e Simon Tong (Verve). Una proposta dal sound poliforme che riesce ad essere contemporaneamente multiculturale eppure very british, la chiara somma delle sue parti eppure qualcosa di imprevedibile e inatteso. Certo, l’impronta dell’Albarn più balladeer e atmosferico è ben chiara, e sicuramente supera, almeno a un primo ascolto, l’apporto degli altri; anche se un sound di basso con una personalità del genere è ben raro da trovare. Gli manca, probabilmente, l’affondo vero e proprio, canzoni che non si facciano dimenticare, un appeal distintivo e autenticamente melodico. Potrebbe essere uno di quei dischi che crescono con il tempo, oppure un interessante esperimento non completamente compiuto. Per ora esploriamo queste canzoni godiendoci gli MP3, e aspettiamo il disco.
Il tutto brindando con una major, per una volta. Augurandoci che non sia l’ultima. 

The Good, the Bad and the Queen – History song (MP3)

The Good, the Bad and the Queen – 80’s life (MP3)

The Good, the Bad and the Queen – Herculean (MP3)

The Good, the Bad and the Queen – Three Changes (MP3)

The Good, the Bad and the Queen – Kingdom of doom (MP3)

 

mercoledì, 20 12 2006

Inkiostro e il sistema: una storia vera

Poniamo che voi abbiate un blog, e che questo blog, un po’ suo malgrado un po’ no, si trovi ad essere tra i blog «musicali» più letti in Italia. Poniamo che, tra gli effetti collaterali di ciò, vi arrivino spesso mail di band o etichette in cerca di attenzione, giustamente interessate a sfruttare uno strumento così potente come i blog, la cui efficacia è interamente basata sul passaparola generato da propri pareri genuini e non mediati, per farsi un po’ di pubblicità. Poniamo che voi ovviamente non ve ne sottraiate, ma trattiate la cosa un po’ come viene, mantenendo il filtro alto ma senza esagerare, perchè ascoltare e scrivere di musica vi piace solo finchè non diventa un impegno.

Poniamo che un giorno vi arrivi la mail della project manager di una major, che fino ad allora vi aveva solo mandato mail su impresentabili «artisti» di musica leggera italiana o di pop internazionale da classifica senza alcun valore, e che quindi dimostravano con tutta evidenza di non conoscere per niente voi, i vostri gusti e i meccanismi dei blog. Poniamo che costei, dopo essersi professata una grande fan del vostro blog, vi proponga di darvi in anteprima alcune canzoni di un disco abbastanza interessante e atteso (e -cosa rara- non ancora finito su internet) da mettere sul blog. Poniamo che voi le rispondiate in modo gentile ma integerrimo ringraziandola per i complimenti e dicendole di mandarvi le tracce, che, come sempre, linkerete solo qualora vi piacciano o vi suscitino qualcosa da dire.

Poniamo che passi qualche giorno, e che alla fine vi arrivi una nuova mail dalla suddetta project manager. Poniamo che questa mail sia la striminzita via di mezzo tra un comunicato stampa e il paradiso dei punti escalamativi, che si riferisce al parlare del disco come all’«operazione», richiede di scriverne subito ma di lasciare le tracce non più di una decina di giorni, e che, soprattutto, svela al suo interno una misera manciata di miseri link a miseri streaming WMA di canzoni miseramente troncate a metà. Poniamo che le tracce volendo siano anche interessanti (niente per cui strapparsi i cappelli, però), ma che linkare mezzi streaming su invito di una major non solo non sia nel vostro stile, ma vi sembri persino controproducente per la major stessa, che evidentemente ignora come si promuove un disco in rete nel 2006.

A quel punto, voi cosa fareste?

_Parlereste del disco e linkereste i mezzi streaming fregandovene di tutto, fieri dell’anteprima che potete sfoggiare e nella speranza di ulteriori, future collaborazioni con la major?

_Cestinereste la mail e tornereste a YouTube?

_O tentereste di spiegare alla povera project manager che, ok che non deciderà lei, ma che con un blog visto che non lo paghi nè direttamente nè indirettamente in pubblicità (come i giornali) o ci tratti diversamente o rischi di fare delle colossali figure di merda?

 

lunedì, 18 12 2006

Pitchfork time is here

Da inguaribili sfigati quali siamo, ogni anno perdiamo una più o meno considerevole quantità di tempo a pensare e stilare la nostra classifica dei dischi dell’anno e, non paghi, passiamo poi un’ancor più considerevole quantità di tempo a leggere le classifiche degli altri, commentarle e discuterne le scelte, come se qualsiasi classifica non sia, in realtà, un mero esercizio del proprio gusto e delle proprie idiosincrasie in materia musicale.
Da inguaribili sfigati quali siamo, quindi, l’anno scorso ci siamo divertiti un sacco a tentare di indovinare (e, a posteriori, a commentare) quali sarebbero state le scelte di quella che è oggigiorno la voce più influente in campo di musica indipendente, il detestatissimo Pitchfork. Facendo a meno, per una volta, di fingere che del suo giudizio non ce ne freghi nulla perchè sappiamo bene che, oggi come oggi, qualunque appassionato di musica non può prescindere da quanto scrive la supponente webzine, non tanto per il giudizio in sè quanto per le conseguenze che questo, nel bene e nel male, invariabilmente finisce per avere.
A giorni (domani, pare) Pitchfork pubblicherà la sua top 50 dei dischi del 2006; la domanda è sempre la stessa: chi ci sarà nella loro top 10? Con quale scelta più o meno improbabile la webzine sottolineerà il suo strapotere? E chi sarà ignorato? Fate il vostro gioco.
[la mia ipotesi nei commenti]

venerdì, 15 12 2006

Due endorsement e mezzo

Uno: come tutti gli anni, il Disco Bravo di Gecco aggrega le top 10 dei dischi dell’anno dei blogger e affini. Io la mia parte l’ho fatta, ora tocca a voi.

Due: Problemi con Capodanno? Giammai! Quest’anno c’è 1..2..3..Casotto!, il capodanno organizzato da Riotmaker e sponsorizzato da Radio Città Fujiko al Circolo della Grada di Bologna. In console Amari, Scuola Furano, Fare $oldi ed Ex-Otago. Notevole anche la bieca iniziativa Capodanno bevo a scrocco, che invita fotologger e myspacer al passaparola virale in cambio di una bevuta. E che, astutamente, pare non valere per i blogger.

Tre: Ieri su Nova, supplemento tecnologico del Sole 24 Ore c’era un interessante speciale sui blog, dal fantasioso titolo BigBlogBang. A parte parecchi articoli ben fatti (e ben firmati), ad attirare l’attenzione è stata la gigantesca mappa della blogosfera (scaricabile qui, via Qix.it) che mostra uno schema dei rapporti tra i blog (se ne avete uno è possibile che ci siate anche voi, benchè trovarsi sia virtualmente impossibile). Sono l’unico a trovarla poco comprensibile e decisamente inutile?

Quattro – Update: mi segnalano che, secondo quanto è scritto su Pitchfork, al numero due della top ten dei dischi dell’anno di Beck c’è l’ultima produzione della nostrana Miss Violetta Beauregarde. Non sono bene sicuro di cosa significa, ma qualcosa significa.

giovedì, 14 12 2006

Come and attack me it’s not gonna hurt

_Intercity andata e ritorno Bologna / Milano: 34 euro.
__Biglietto per il concerto dei Cansei de ser sexy al Transilvania di ieri sera: 12 euro.
___Occhiali persi in mezzo al pogo (wow, non usavo questa parola dal 1997) durante Let’s make love and listen to Death From Above a causa dello stage diving della splendida cantante Lovefoxx praticamente sul mio naso: 300 euro (ipotesi di spesa)
____Ritrovare i suddetti occhiali a fine concerto per terra, davanti alla transenna, praticamente intatti: non ha prezzo.

Cansei de ser sexy – Let’s make love and listen to Death From Above (instrumental) (MP3)

mercoledì, 13 12 2006

Inkiostro – I dischi del 2006

10. Built to spill – You in reverse (Warner)

Doug Martsch è un genio che non ama stare in prima fila. I suoi Built to Spill sono in giro da un quindici anni e su major da dieci, e nonostante siano tra le più valide e influenti band indie-rock di tutti i tempi non si sono mai neanche avvicinati alla fama di gruppi che -dichiaratamente- gli devono quasi tutto come Modest Mouse o Death Cab for Cutie. You in reverse è arrivato dopo cinque anni di silenzio, e a pochi mesi di distanza sembra non aver lasciato traccia. Sembra.

More: Sentire Ascoltare

Built to spillConventional wisdom (single version) (MP3)

Built to spill – Goin’ against your mind (MP3)


9. Mersenne – Stolen dresses
(Urtovox)

Nell’armadio ho ancora la t-shirt bianca e nocciola che mettevo sempre al liceo. Anche se mi piace un sacco non la metto spesso; e non tanto perchè mi immalinconisca ricordare quegli anni noiosi, insopportabili ed esaltanti. E’ che mi ci sento a disagio, come se fosse rubata, come se appartenesse a una persona diversa, una persona che forse non sono mai stato ma che indubbiamente mi sarebbe piaciuto essere. L’esordio dei Mersenne è appunto questo: il ritratto di come mi sarebbe piaciuto essere, ma che non sono diventato.

More: Inkiostro e sempre Inkiostro

Mersenne – There’s a place (MP3)

Mersenne – Clerks (MP3)


8. Midlake – The trials of Van Occupanther
(Bella Union)

Sostenuti da un paio di singoli fenomenali e beniamini di molti tra i blog più seguiti dal sottoscritto, i Midlake sono contemporaneamente tra le band più miracolate dall’hype da m-blog e tra le vittime più illustri dello scollamento tra attese e realtà. Ottimo esempio di musica senza tempo che rischia di fare presto il suo tempo, Van Occupanther otto mesi fa sarebbe stato in cima a questa lista, mentre ora non va oltre il paio di singoli fenomenali di cui sopra, ed è qui più per memoria (e forse anche monito) che altro. Quei due singoli, però.

More: Stylus Magazine

Midlake – Head Home (MP3)

Midlake – Roscoe (MP3)


7. The Pipettes – We are the pipettes
(Memphis Industries)

Non le sopportavo, oh se non le sopportavo: il pop diabetico che fa sha-la-la normalmente non fa per me, e il manierismo a pois filologicamente cialtrone del trio di Brighton all’inizio mi faceva venire l’orticaria. Poi, dal nulla, ho cambiato idea. Per gli stessi motivi per cui sono insopportabili, le Pipettes sono una grande band, e per gli stessi motivi per cui è un’opera assolutamente trascurabile, We are the Pipettes è un grande disco. Cosa sarebbe stata la mia Estate senza di loro? E cosa sarebbe il pop senza dischi del genere?

More: Inkiostro

The Pipettes – ABC (MP3)

The Pipettes – Pull shapes (MP3)



6. MiceCars – I’m the creature
(Homesleep)

L’abbiamo aspettato per anni, e sembrava che non dovesse arrivare mai. Prima ammirati per quanto i demo lasciavano intendere, poi curiosi per quello che avrebbero potuto fare in uno studio vero, quindi timorosi per la paura di venire delusi, a un certo punto persino scettici che la creatura, una volta arrivata, sarebbe stata all’altezza delle aspettative. E adesso eccoci qua: raro imbattersi in una tavolozza tanto varia e ispirata di indie-rock da manuale, soprattutto nello stivale. A volte vale la pena di attendere.

More: Polaroid


MiceCars –
Heretical (MP3)

MiceCars – Americans (MP3)

5. The Long Blondes – Someone to drive you home (Rough Trade)

Una band dalle molte facce, un sound dalle molte anime, un disco da cui c’è solo da imparare. New wave, pop, indie, rock in percentuali variabili ma difficilmente identificabili. Testi per nulla stupidi che si fanno però canticchiare come poche altre cose quest’anno. Uno stile distintivo tanto glamorous da lasciare secchi ma tanto british da non riuscire ad essere antipatico. Una front-woman parte Debbie Harry parte Gwen Stefani, parte casalinga disperata parte femme fatale, parte adorabile svampita parte consumata professionista. Stato dell’arte.

More: Salvatore su Indiepop.it


The Long Blondes –
Once and never again (MP3)

The Long Blondes – Separated by Motorways (MP3)


4. Cansei de ser sexy – s/t
(Sub Pop)

Alzi la mano chi non li ha subito liquidati come carini e niente di più e si è affrettato a passare a qualcosa di più intellettualmente o artisticamente rilevante. Alzi la mano chi è riuscito a togliere il loro disco dal lettore nel corso della bella stagione. Alzi la mano chi ha sentito un disco più sincero e cazzone quest’anno, e chi riesce a stare fermo quando l’ascolta. Alzi la mano chi non vuole divertirsi. 
Per tutti gli altri: alzate le mani, c’è da ballare.  

More: Tiny Mix Tapes


Cansei de ser sexy –
Alala (MP3)

Cansei de ser sexy – Meeting Paris Hilton (MP3)



3. Hot Chip – The Warning
(DFA)

Chi ha detto che le nuove leve di casa DFA sono stati gli LCD Soundsystem del 2006 dev’essere un po’ distratto. Manca il filosofare scavezzacollo di James Murphy e ogni pretesa generazionale, manca il punk-funk in favore di certo indie schoolyard electro-pop, manca la potenza in favore della finezza, e proprio per questo il quintetto inglese ha forse colpito addirittura più a fondo. Perchè si balla e si gioca, ma ogni tanto ci si ferma e si lascia il repeat sulla delizia per xylofono e pattern che dà il titolo al disco. Ogni tanto ci si perde, ed è quello il bello.

More: Sentire Ascoltare


Hot Chip –
The Warning (MP3)

Hot Chip – No fit state (MP3)

2. +/- (Plus / Minus) – Let’s build a fire (Absolutely Kosher)

Geometrico e finemente intagliato, ma anche esplosivo, trascinante e dannatamente radiofonico. Obliquo e laterale ma anche piano e diretto. Emergente e proto-cool ma anche d’esperienza e col fascino di chi presumibilmente non sfonderà mai. Fatto di chiaroscuri ma anche luminoso come solo i grandi dischi sanno essere: in una parola, un grande disco pop. La mia folgorazione di fine 2006 non lascia il lettore da mesi. Allarme rosso, incendio in arrivo.

More: Pitchfork


+ / – (Plus / Minus) –
Steal the blueprints (MP3)

+ / – (Plus / Minus) – One day you’ll be there (MP3)

1. The Knife – Silent shout (Rabid)

I The Knife vengono dalla Svezia ma sembrano venire da Marte. Hanno l’ipersensibilità glaciale ma buia che avrebbero i Mùm se dovessero fare la colonna sonora di un film horror. Hanno certi synth spaziali e palpitanti che fanno pensare a dei Kraftwerk innamorati. Hanno voci e suoni alieni come i Radiohead di Kid A che rimangono affascinati dagli occhi a mandorla di Bjork, o viceversa. Suonano un’elettronica cupa e atmosferica, ossimoricamente glaciale ma calda, complessa ed estremamente affascinante, tutt’altro che furba nel rifiutare di sana pianta qualunque tentazione vagamente attuale per seguire la strada perigliosa dell’involuzione e del ripiegamento su di sè. Disco dell’anno, e basta.

More: Inkiostro


The Knife – Silent shout
(MP3)

The Knife – Like a pen (MP3)

 

lunedì, 11 12 2006

Le news che il ponte ci ha fatto perdere

Solo una cosa da dire: sigh – Le Organ si sono sciolte.


Già si sapeva, e visti gli ultimi dischi non è detto che sia un male –
Anche i Supersystem si sono sciolti.

Da noi bisogna essere morti; ma non succederebbe comunque – Ai Flaming Lips hanno dedicato una via a Oklahoma City, Flaming Lips Alley.

Come ho già detto, questi qua hanno sbagliato mestiere – Al numero uno della top 50 dei video dell’anno dell’espertto Doc Copenhagen c’è Here it goes again degli OK Go.

«E quindi, più per quello che c`è – ed è tanto – stiamo attenti a quello che manca. Ed è tanto» – La più condivisibile recensione del controverso secondo disco di Joanna Newsom è di Marco su Kronic.

Soundtrack:
The Organ – Brother (MP3)
Supersystem – Not the concept (MP3)
The Flaming Lips – The Yeah Yeah Yeah Song (MP3)
OK Go – Here it goes again (MP3)
Joanna Newsom – Monkey and bear (MP3)

mercoledì, 06 12 2006

Compro argento, anche usato

Premesso che qui già si aspettano i pezzi di letteratura, meglio se intimista, che sicuramente a tempo debito Max e Fabio produrranno in merito, Sound of silver mi piace.
Come quei rari sequel migliori del film originale, chissà perchè il nuovo disco degli LCD Soundsystem sfugge al solito gioco delle aspettative che condannano ogni disco che succede a una pietra miliare a una impietosa svalutazione per il semplice fatto di esistere e di non essere il proprio predecessore, e si fa molto apprezzare anche ai primi ascolti. Sarà l’effetto doccia fredda degli interminabili 45 minuti marchiati Nike usciti nel mentre, che annacquano alcuni ottimi passaggi in un mare di fuffa buona giusto per fare jogging (e forse nemmeno quello; non che abbia provato, beninteso). O sarà che le basi gettate erano solide. Sarà che Murphy è qui per restare. Oppure il disco omonimo alla fin fine non era questo gran disco, e al netto dei pezzi anthemici (che qui mancano) si poteva comunque fare di meglio.
Per scoprire la risposta (e per scoprire se durerà) c’è tempo fino al 19 Marzo. Intanto, per l’acquolina in bocca, c’è l’acida cavalcata All my friends spudoratamente debitrice ai migliori New Order, che in questi giorni lavorativi cupi e interminabili ha il repeat fisso dei pezzi che sanno stringere i denti e non si aprono mai.


LCD Soundsystem –
All my friends (MP3)

 

lunedì, 04 12 2006

E’ un po’ che non vi faccio sentire della musica

Quattro emmepitrè per cominciare bene la settimana:


Daft Punk VS Yeah Yeah Yeahs –
World Maps (Along came Jones edit) (MP3)
Spunta fuori quasi dal nulla e fa impazzire la m-blogosfera, e ci credo: come ogni mash-up che si rispetti unisce due piccoli classici dal sound e dall’atmosfera completamente diversi, e dà un nuovo senso ad entrambi, rischiando persino di essere dancefloor-friendly. Niente male. 

Ensemble feat. Lou Barlow – One kind two minds (MP3)
Il nuovo disco di Olivier Alary alias Ensemble dà un nuovo significato alla parola «sprecare». Il sottotitolo infatti potrebbe essere «Come essere un bravo produttore di indietronica, avere ospiti sul disco due leggende della musica indipendente (l’altra è Cat Power) e tirare comunque fuori un disco mediocre».

Contriva – Before (MP3)
Io amo Masha Qrella. Il suo secondo disco solista Unsolved remained stava molto in alto tra i miei dischi favoriti dello scorso anno (al #6), ed ora la biondina tedesca dagli occhi assassini torna alla sua band principale che, in mezzo ai consueti intrecci geometrici e strumentali, tira fuori anche questo gran pezzo proprio da lei cantato. Ce ne fossero.

Vyvienne Long – He wants to move (NERD cover) (MP3)
Lei è la violoncellista di Damien Rice che sul palco più di un maschietto ha fatto innamorare con il suo fascino e più di una persona ha fatto sorridere con la sua strampalata versione voce e violoncello di Seven Nation Army. Esce ora con un EP solista che si fa notare quasi solo per le due bislacche cover che contiene: Yoshimi battles the pink robots pt. 1 dei Flaming Lips e questa cover al maschile di She wants to move dei NERD. Assolutamente massacrata.

mercoledì, 29 11 2006

Pop flakes but time flies

Oggi volevo finalmente raccontarvi un po’ di Pop Flakes, il contenitore non pretenzioso per la sveglia del giovedì mattina che conduco in solitaria sulle solite frequenze di Radio Città Fujiko, ma anche stavolta devo rimandare (lo streaming è , comunque).
Vi lascio con una manciata di link:

+ Il tono probabilmente è eccessivo, ma i concetti sono sacrosanti ed espressi con chiarezza ammirabile: Die, Pitchfork, die! – The indie music site that everyone loves to hate pubblicato su Slate è uno dei migliori articoli mai scritti sul sito musicale più importante del pianeta.

+ Sarà anche insopportabilmente politically correct, ma la mossa che ha fatto NME mettendo la straripante Beth Ditto dei The Gossip al primo posto della sua annuale Cool List non mi è dispiaciuta neanche un po’. Non tanto per i motivi addotti dal giornale:

«Raised trailer park poor in Bible-belt state Arkansas, Ditto was bullied for her weight, frowned upon for her record collection and threatened with eternal damnation for her sexuality»

Quanto, piuttosto, perchè un personaggio del suo carisma e della sua bravura merita tutte le soddisfazioni che si può permettere.
[A latere, delle prime 25 posizioni almeno 4 nomi mi risultano più o meno completamente sconosciuti. La cosa, va da sè, mi rincuora]

+ Quando abbiamo parlato del presunto iPod-killer Microsoft Zune la data di uscita del lettore mp3 della casa di Redmond era ancora lontana. Ora che è passata, c’è chi ci va giù pesante:

«Microsoft’s new Zune digital music player is just plain dreadful. I’ve spent a week setting this thing up and using it, and the overall experience is about as pleasant as having an airbag deploy in your face»

Davvero niente male. Soprattutto considerando anche che secondo il Wall Street Journal lo Zune non se lo caga già più nessuno anche se è uscito solo da due settimane:

«The 30-gigabyte Zune player from Microsoft, which retails for $249, was on the Top 10 list of Amazon, the largest Internet retailer, for several days after its release on Nov. 14 before dropping off. But yesterday, the most popular model of the Zune, the black version, was at No. 76. The Top 10 digital media players included six iPods from top-seller Apple Computer Inc. and one MP3 player from SanDisk Corp.»

Che fine ingloriosa. Qualcuno per caso là fuori ha avuto modo di dargli un’occhiata da vicino? 

venerdì, 24 11 2006

Non so se ci sia un nesso /2

Un discorso pretenzioso, in potenza. I tempi che cambiano, il mercato discografico che cambia, le cose nuove sempre meno piacevoli di quelle vecchie. O forse solo strategie di marketing più o meno improvvisate, che per una svista o la solita caccia al tesoro virale -non lo sapremo mai- rovinano il crescendo dell’attesa e ti recapitano un disco sull’hard-disk quasi prima che tu venga a sapere della sua esistenza.
Avrei voluto scrivere di quel percorso che cominciava già mesi prima dalle dichiarazioni fumose nelle interviste, poi le poche righe di news lacunose su Rumore che mettevano l’acquolina in bocca solo a leggerle, quindi le foto promozionali, con look nuovi o rughe inedite mostrate a tutti senza una parola, poi il singolo, che se andava bene c’era Planet Rock che te lo passava prima ancora che uscisse, e tu lo registravi su una TDK C90 e lo riascoltavi decine di volte voice-over compresi, quindi i lati B, e quello che la loro collocazione periferica sottintendeva, poi qualche volta persino il video, di solito di notte, dopo ore di attesa. Quando mettevi le mani sul disco, e a volte erano passate settimane dalla data d’uscita ufficiale (chè si sa che i negozi di provincia hanno i loro tempi), ti ci aveva portato una strada fatta di pieni e vuoti da colmare, che influenzava la tua percezione del disco almeno quanto la musica che questo conteneva, e a volte di più.
E’ per questo che i dischi che aspetti, quando ci metti le mani così, non ti interessano poi così tanto, e ti piacciono ancora meno? E’ per questo che le uniche cose che riescono a smuoverti sono le scoperte casuali? Esiste un valore assoluto che costringe all’attenzione a prescindere da date, supporti e strategie promozionali, o siamo schiavi delle condizioni di fruizione, e queste condizioni non ci piacciono più? 


Grinderman (Nick Cave, Warren Ellis & co.) –
Don’t set me free (MP3)
Grinderman (Nick Cave, Warren Ellis & co.) – Vortex (MP3)

 

martedì, 21 11 2006

MySpace is soooo last year

Lo sapete già, non ho mai avuto grande simpatia per Myspace e la sua rete di profili e contatti sociali. Il suo grande successo anche tra soggetti diversi da band ed etichette mi è sempre sembrato frutto di attività al meglio completamente inutili e al peggio espressione di un esercizio di narcisismo incomparabilmente più vacuo e inconsistente di quell’esercizio di narcisismo -che almeno, però, ha un po’ di contenuto- che sono i blog.
Sono passati solo 16 mesi dai 580 milioni di dollari sborsati da Rupert Satana Murdoch per l’acquisto del sito e dal successivo sbarco dello stesso tra le cronache di praticamente qualunque settimanale sulla faccia della terra, e pare già che lo squalo sia stato saltato e che l’inesorabile declino della piattaforma di social networking sia cominciato. E’ di qualche settimana fa l’articolo del Washington Post intitolato In teens webworld, MySpace is so last year, che partendo da una serie di interviste e di dati empirici, decreta la prossima fine della piattaforma, almeno per quanto riguarda l’utilizzo generalista. Questo confermerebbe il trend che vede i sistemi di social networking ottenere periodi di successo sempre più brevi ed effimeri (chi si ricorda realtà come Xanga e Friendster, e sente sempre più spesso parlare di Facebook e Vox sa cosa intendo), a fronte di utenti sempre più smaliziati che cercano siti sempre più belli, potenti ed evoluti. E chiunque conosca Myspace sa che ci vuole poco a fare di meglio. 
Nonostante io sia evidentemente lieto della notizia, seguendo poco quel mondo non ho avuto modo di avere conferme o smentite. L’impressione generale, però, è che al netto dei quasi unanimi «Non serve a niente» proferiti anche da chi lo usa spesso non siano molti, almeno da noi, quelli che decidono di chiudere davvero. La voce Myspace is so last year sarà una profezia che si autoavvera?

lunedì, 20 11 2006

WeekEnd Recap


Venerdì sera – Tunng @ Covo

Se la definizione  post hippie-folk potesse mai avere un qualche significato, alla corrispondente voce del grande dizionario dei generi musicali ci sarebbe una foto dei Tunng. Vecchia e plurisegnalata conoscenza di questo blog (1, 2, 3, 4), il combo folktronico inglese riesce a farmi digerire anche sonorità cattocomuniste che normalmente mi farebbero scappare a gambe levate. E al secondo live in pochi mesi confermo quanto già scritto: si tratta di uno dei migliori live act in circolazione, sia per quanto riguarda il folk che nel campo dell’indietronica. Peraltro la loro cover di The Pioneers dei Bloc Party, da queste parti in heavy rotation da mesi, rischia di essere il mio pezzo dell’anno.

Tunng – The Pioneers (MP3)


Sabato sera – Sodastream @ Covo

Il duo australiano è considerabile ormai nel novero dei classici, e non è un caso che questa parola abbia la stessa radice di classe, dote di cui i Sodastream abbondano, riuscendo a tenere ipnotizzata una platea ben numerosa per quasi due ore con il solo ausilio di chitarra, voce e contrabbasso (ok, qualche volta anche una tastiera). A tanta intensità nuda e confessionale è sempre difficile abituarsi, e ho lasciato presto le prime file per sfuggire ai demoni che alcuni brani degli ultimi due dischi della band riescono a tirare fuori. Badate bene, non è roba che riesce a tutti.
[Ci sono ancora un sacco di date in Italia -una anche a Urbino!-, non perdeteveli]

Sodastream – Blinky (MP3)


Domenica sera – Peeping Tom @ Estragon

Varrebbe la pena di vedere live tutti i progetti di Patton, persino i più astrusi, anche solo per sentirlo arringare la folla nel suo italiano impeccabile. Anche ieri le perle sono state tante («Fuck Luca Carboni!», «I viali di Bologna: puttane, papponi….e piadine»), nonostante un pubblico non esattamente calorosissimo; e dire che il live set dei Peeping Tom è stato magnificamente paraculo, con Michele provvisto di camicia bianca e papalina a giocare a fare il gangsta in compagnia di Rahzel in modalità beatbox, corista soul gnocca e Dub Trio a tessere trame matematiche e spingere sulle chitarre. Nulla di fondamentale, ma uno show davvero ben fatto. Perchè essere presi per il culo può anche essere divertente, se chi lo fa lo sa fare bene.

Peeping Tom (feat. Odd Nosram) –
Five Seconds (MP3)

mercoledì, 15 11 2006

Il guardone che passa inosservato

Difficile immaginare un personaggio meno di moda di Mike Patton. Ancorchè abbonato ad aggettivi pass-partout come «eclettico» e «poliedrico», e da tutti riconosciuto come personalità artistica di grande caratura e responsabile di un enorme numero di progetti interessanti (dai Faith no more ai Tomahawk, dai Mr. Bungle ai Fantomas), Patton non è mai diventato un’icona della musica come molti suoi colleghi e coetanei anche meno meritevoli. Non ha firmato nessun anthem generazionale buono per il revival degli anni ’90 (ammesso che lo sia, Diggin’ the grave vale solo per noi in Italia, thanks to Jack Frusciante film). Ha partecipato a troooooppi dischi con troppe realtà diverse appartenenti a contersti troppo diversi per essere adottato come simbolo di alcunchè. E’ sconfinato spesso e volentieri in generi assolutamente uncool come la musica sperimentale e il noise (a volte imparentato col metal). E, last but not least, non ha mai prodotto nulla di anche solo vagamente associabile all’etichetta indie.
Quest’anno, lo saprete, Mike Patton è tornato alla carica con un nuovo progetto, chiamato Peeping Tom, che ha dato alle stampe un disco omonimo davvero notevole. Un disco al contempo estremamente immediato (è la cosa più pop che il nostro abbia prodotto da molto, molto tempo) e molto complesso, che snocciola generi (dall’hip-hop alternativo alla bossanova) come fossero caramelle e ospiti (da vari nomi Anticon fino ai Massive Attack, Norah Jones e Bebel Gilberto) come fossero figurine, e che è stato accolto in maniera appena meno fredda di una qualunque collaborazione con John Zorn o di un qualunque delirio cinematico dei Fantomas. Ovvero: non se l’è cagato quasi nessuno.
E sì che il disco ha tutti i singoli al posto giusto, una manciata di collaborazioni che incuriosiscono anche solo a sentirle nominare e una produzione forse non esattamente perfetta ma di certo foriera di soluzioni insolite e a volte sorprendenti. Invece niente: recensioni tiepide, pochi superlativi, pochissime copertine e l’impressione che, soprattutto in America, abbiano attirato meno attenzione di una qualunque band di 18enni al primo singolo che clonano i Gang of Four.
Quasi fosse una maledizione, il guardone Patton, che scruta dalle serrature della musica contemporanea, filtra quello che vede, e lo ritira fuori con la classe che lo contraddistingue, non viene notato da nessuno proprio quando produce la sua opera più accessibile da 10 anni a questa parte.
Per definizione, il guardone ci vede bene, ma non viene visto. Fossi in voi stavolta aguzzerei la vista, però.   

[I Peeping Tom saranno il 16/’11 alla Flog di Firenze, il 17/11 ai Magazzini Generali di Milano, il 18/11 al Deposito Giordani di Pordenone e il 19/11 all’Estragon di Bologna. Sono molto curioso di vederli. Chissà se ci sarà anche stavolta il piadinaro del Buon Gusto Romagnolo]


Peeping Tom (feat. Rahzel and Dan The Automator) –
Mojo (MP3)
Peeping Tom (feat. Odd Nosram) – Five Seconds (MP3)

 

martedì, 14 11 2006

Sweet and tender bossa hooligana

Difficile immaginare una versione del classico degli Smiths più sweet and tender della versione che ne hanno fatto i Nouvelle Vague, uscita solo sulla versione giapponese del loro ultimo Bande à part. Una reinterpretazione tanto scontata da essere quasi rassicurante, che coglie e accentua le venature ritmiche per nulla lontane dalla bossa che negli anni già in molti hanno evidenziato e le narcotizzano in salsa fatalista perchè in mezzo alla vita c’è sempre un po’ di morte.
Etcetera, etcetera etcetera.

Nouvelle Vague – Sweet and tender hooligan (Smiths cover) (MP3)

 

giovedì, 09 11 2006

Good news for people who love Modest Mouse

Che Johnny Marr, -chevvelodiccoaffà- leggendario chitarrista degli Smiths, si sia da un po’ unito come membro stabile ai Modest Mouse, è cosa nota da mesi. Che i Modest Mouse, già autori di quel Good news for people who love bad news che per molti (tra cui il sottoscritto) è stato il miglior disco uscito nel 2004, siano in procinto di dare alle stampe We Were Dead Before The Ship Even Sank, previsto per inizio 2007, è sulla bocca di tutti da mesi. Che la nuova formazione della band sia da qualche giorno impegnata in un mini-tour per lo più americano, di cui è già possibile trovare traccia tra i video su YouTube è una notizia che è arrivata anche da noi (link e info da Colas). Che la band, al netto di alcune piccole cosette da sistemare, sia piuttosto in forma e che i pezzi nuovi siano molto promettenti è una cosa che invece potete scoprire anche da soli, cliccando sui link qui sotto. C’è in regalo l’audience recording (abbastanza buono, per essere amatoriale) dell’intero concerto tenuto 3 giorni fa al Wiltern di Los Angeles e in particolare un paio di canzoni nuove che mi piacciono assai.

Modest Mouse – Live @ LA, 6/11/06 (full concert) (link -> 16 MP3)
Modest Mouse – People we know (Live @ LA, 6/11/06) (MP3)
Modest Mouse – Dashboard (Live @ LA, 6/11/06) (MP3)

mercoledì, 08 11 2006

It’s all about footprints

Buon ultimo, ma che ci volete fare.
Un paio di giorni fa, sul suo blog Footprints in the snow, Jukka ha preso spunto dal recente tour italiano dei Grizzly Bear per criticare più o meno provocatoriamente il «sistema media musicale» italiano, e in particolare i blog, dando il via nei commenti a una discussione piena di spunti.
Citando il punto che riassume meglio il concetto:

«e’ evidente, se cerchi on line sui blog italiani che parlano di musica alternativa dei G.B. non se ne parla…mentre si sono persi in sbrodolamenti per le peggio cose…e nel dire questo ovviamente prendo una posizione. dico che molti blog seguono le mode e sono pressapochisti nel giudicare la musica. in italia ne abbiamo tantissimi che sono fatti da mezzi scrittori che in fin dei conti sono pure davvero bravi a far risalatare le loro storie personali… ma di blog che parlino di musica..anche quelle diverse da quelle che ascolto io sono veramente poche..e sembrano spesso la brutta copia delle testate in edicola o di quelle web.» [JR – #]

Dei tanti aspetti toccati dalla discussione (da semplici questioni di gusto a più complesse pretese di completezza, dall’indipendenza di giudizio alla qualità dello stesso, dalla mancanza di una piattaforma unica che dia visibilità e concretezza a tante voci frammentate all’irrisolvibile diatriba professionalistmo VS dilettantismo) quello che in qualche modo mi incuriosisce di più (e che, in maniera trasversale, si collega a quanto scrivevo la settimana scorsa) è la richiesta di una maggiore completezza e qualità nei contenuti da parte dei blog che si ritrovano più spesso a parlare di musica indipendente. 
In proposito, mi sembra impossibile non riportare il commento di Enzo che riassume in maniera perfetta ciò che penso anch’io:

«Mi preme sottolineare che secondo me non dovresti avere certe aspettative dai blog. Il blog non può essere informativo e completo come il sistema dell’informazione. Se io provassi un "senso di colpa" perché con un blog ho "bucato la notizia" di un gruppo, un disco o un concerto, sarei fuori di testa. Non ho il "dovere" di informare, non è un lavoro, non devo seguire tutto.» [Polaroid – #]

Per quanto mi riguarda, non solo non ho alcuna pretesa di completezza, originalità o particolare qualità, ma me ne guardo bene. Preferisco segnalare la musica che mi piace, illustrarne questo o quell’aspetto collaterale e, quando ritengo di avere qualcosa da dire e ho tempo per farlo, raccontare ciò di cui mi parla. Raramente mi dilungo sugli aspetti strettamente musicali, visto che in merito non credo di avere cose particolarmente interessanti da dire. E poi, fondamentalmente, non mi diverto a farlo.
Posto che un blog è un guscio vuoto e quindi, in quanto tale, può potenzialmente riempirsi di qualunque tipo di contenuti, se un blog arrivasse a raggiungere la qualità e la completezza desiderate da Jukka, si trasformerebbe in una webzine, tenuta da una sola persona. Con tutta evidenza qualcuno con un sacco di tempo libero.
Ma non è proprio ciò che li differenzia da giornali e webzine a rendere interessanti i blog? Non è esattamente la loro tendenza a costruire nel tempo una forte identità personale (limitata, per definizione) e ad applicarne il punto di vista a ciò che li circonda (e quindi anche alla musica) a far affezionare i suoi lettori? E non è anche l’inevitabile ristrettezza di tempo e risorse che li costringe a selezionare e rilanciare quanto, secondo la suddetta identità e il gusto ad essa connessa, trovano significativo tra quello in cui si imbattono nel mare magnum della produzione musicale (anche se spesso sono gli stessi nomi che girano su Pitchfork e sugli m-blog americani, esatto) ciò che li porta ad essere voci ascoltate?
Ciascuno lascia le sue tracce nella neve, sperando che qualcuno le segua. E ciascuno segue le tracce che promettono di portarlo nei posti migliori o quelle più profonde e visibili, quelle più fitte o quelle che gli ricordano di più i suoi stessi passi, quelle che sembrano appartenere a un essere particolarmente esotico, o quelle che si addentrano nel bosco evitando i centri abitati. Sono semplici scie, e la neve che cade rischia costantemente di cancellarle. Intanto, però, sono lì.