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lunedì, 12 05 2014

Psicopatologia spicciola del dj pretenzioso. Cap 9. L’inevitabile ritorno

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Cala il buio come ogni venerdì sera a Goddam City. Negli ultimi anni i locali si sono moltiplicati, per uno di quegli effetti inspiegabili della crisi, o forse invece spiegabilissimi. La gente in mancanza di meglio si butta sull’alcol e sulla vita notturna, non vuole pensare agli aspetti negativi e noiosi dell’esistenza. Inutile starsi a chiedere dove trovino i soldi: li trovano.

 

Intere vie costellate di vetrine aperte e illuminate, posti nuovi che spuntano a mazzi da quattro, l’aria tiepida e inebriante di maggio come adrenalina, locandine di festival e concerti affisse su tutti i muri, gente che beve dai bicchieri di plastica per strada, fuma appoggiata alle auto, feste che si accavallano, compagnie vocianti in gran tiro che transumano da una birroteca a una vineria, da un pub a un cocktail bar, da un club a un kebabbaro.

 

E musica. Musica ovunque. Musica a volume altissimo. Musica di ogni genere. Musica per quasi tutti i gusti. Un incremento inusitato di potentissimi soundsystem professionali, un proliferare mai visto prima di dj.

 

I negozi di materiale elettronico hanno visto un’impennata senza precedenti nelle vendite di attrezzatura per giramanopole: controller, microfoni, mixer, cdjs, casse amplificate, luci strobo, addirittura giradischi! Ci sono decine di nuovi dj, nomi mai sentiti prima che rimbalzano da venue a venue, da party a party, da consolle a consolle. Dj che diventano popolarissimi nel giro di un mese, dj che grazie al loro vorticoso giro di amicizie sui social network riempiono bar senza nemmeno lo sbattimento di attaccare una locandina, distribuire un flyer, fare una telefonata. Dj che escono dalle fottute pareti.

 

Se hai il dj giusto il tuo locale è pieno, la gente balla, si diverte, beve di più. Se hai il dj giusto faresti bene a tenertelo stretto, a pagarlo bene, a trattarlo coi guanti, può essere una vera benedizione per le tue casse, di questi tempi. Se hai il dj giusto sei a posto.

 

I dj migliori sono già stati opzionati tempo fa dai locali più importanti. Ormai i superstar djs di Goddam City ci mandano i loro giovani apprendisti a mischiare dischi per l’aperitivo. Loro entreranno acclamati in scena tassativamente dopo la mezzanotte, quando le platee saranno già cariche e moriranno dalla voglia di ballare le canzoni più famose. Arriveranno scortati, fra gruppi di ragazze in deliquio, accolti da salve di ultrasuoni che diverrano insopportabili appena varcheranno la soglia della postazione e indosseranno, accigliatissimi, le loro cuffie placcate in oro massiccio.

 

Fra i gruppetti di nottambuli ambulanti si aggira con passo nervoso anche una figura scura, solitaria, ricurva, si direbbe un uomo. Abbigliamento invernale, cappuccio della felpa calato a coprire il volto, mani in tasca. Schiva rapido i capannelli di ragazzi che chiacchierano fuori dai locali, ma si ferma come impietrito ogni volta che da un impianto parte un pezzo nuovo. Si blocca. Poi ha un fremito come di rabbia che trattiene a stento e gli scuote tutto il corpo. Stringe i pugni in tasca, ma questo non lo può sapere nessuno. Se qualcuno avesse l’ardire di passargli accanto lo sentirebbe ringhiare sommessamente e farfugliare sottovoce dei fonemi incomprensibili, simili a litanie antiche di qualche esotica tribù amazzonica.

 

L’uomo misterioso rallenta il passo e capta la conversazione fra due bellissime ragazze che annoiate sorseggiano mojito annacquati appena fuori da un wine-bar

 

“Certo che con tutti questi locali c’è solo l’imbarazzo della scelta eh?”
“Sì, infatti solo che la musica… forse qualcuno potrebbe osare un po’ di più. Voglio dire, tanti posti ma quasi la stessa roba ovunque, è tutto così poco originale. Sarei molto più felice e disponibile a scatenarmi davvero se ci fosse un po’ di selvaggio rock!”
“Hai ragione! Magari di quello indipendente che piace così tanto a noi giovani di oggi, sai tipo i gruppi che suonano a quel festival enorme a Barcellona o di cui scrive quella rivista americana su internet, Pitchfork!”
“Guarda, non me ne parlare, se stasera potessi ascoltare un pezzo, ma non chiedo tanto eh, che ne so, degli His Clancyness, non so cosa darei. Una volta, dicono, c’era uno qui che metteva quella musica, o una cosa del genere, così mi hanno raccontato. Pensa che bello doveva essere!”
“Sì, ne ho sentito parlare anche io una volta, ma secondo me dev’essere qualche leggenda metropolitana, tipo il coccodrillo bianco nelle fogne di New York”
“Aahaha, hai ragione, figurati se permetterebbero mai a qualcuno di mettere su un pezzo dei Cloud Nothings!”
“Ahahah, ma sei pazza? Guarda, se uno di questi dj da strapazzo mettesse una canzone del genere stasera sento che sarei anche più aperta e disponibile a incontrare qualcuno”
“Ahah, incontrare, vorrai dire limonare!”
“Ahah, che scema che sei, dai vieni qua, facciamoci un selfie e mettiamolo su Instagram, sbottona un po’ quella camicetta, su!”
“Ahahah, sìì facciamolo, sex and drugs and indie rock! Ahahah!”

 

Finito il giro dei bar il losco figuro si incammina verso casa a testa bassa. Appena entrato punta verso il frigo, lo apre, prende una birra del Lidl, si siede davanti al suo pc, si scola la lattina, apre la posta.

 

Una mail nuova nella mailbox. Magari è la sua ex moglie che chiede spiegazioni sui ritardi nel versamento degli alimenti. Magari è la solita newsletter settimanale di una delle duemila imprescindibili label svedesi specializzate in synth-pop. Magari no. La apre.

 

“Caro dj pretenzioso, siamo i gestori del beer bar SBEERRO. Scusa se ti contattiamo così in ritardo, ma siamo in stato d’emergenza: Smurg, il nostro dj resident, ha vissuto recentemente un grave e bizzarro lutto in famiglia: sua nonna è venuta a mancare (sembra abbia ingerito cibo per topi!) e del suo socio, Dj Pong, non si hanno notizie da giorni. Ci chiedevamo se potessi farci la cortesia di sostituirlo, almeno per la serata di domani, poiché con tutti i dj della città già prenotati in giro ci troviamo in grossa difficoltà e non possiamo assolutamente cancellare l’evento all’ultimo minuto. Ovviamente per il compenso potremmo al massimo offrirti qualche birra. Facci sapere”.

 

Chiude la posta elettronica, spegne il pc, si alza. Prende un’altra birra del Lidl, ma non la stappa. Va in bagno. Schiude il vetro del box doccia dove si trova seduto a terra, legato e imbavagliato, un ragazzo che si dimena e tenta di urlare, con le lacrime agli occhi.

 

“Ciao Pong, com’è andata la giornata? Ti andrebbe una birretta? Se prometti di non strillare puoi avere questa lattina bella ghiacciata. Guarda, non l’ho nemmeno aperta, non devi avere paura del veleno per topi stavolta. Lascia perdere la nonna di Smurg! Era una donna malata, l’eutanasia un tema assai dibattuto, la terza età molto sopravvalutata. Le ho fatto un favore, credimi. Allora, che ne dici, brindiamo al mio nuovo ingaggio?”

martedì, 26 03 2013

Psicopatologia spicciola del dj pretenzioso. Cap 8. La Parabola discendente del dj pretenzioso

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Prima o poi accade. Anche il dj pretenzioso più ottuso smette di negare la realtà. Nonostante compri mensilmente dalle 4 alle 6 riviste musicali cartacee, consulti quotidianamente una pletora di blog musicali italiani e stranieri, continui imperterrito a scaricare intere discografie che non ascolterà mai, ordini osceni vinili di importazione con settimane di anticipo rispetto all'uscita, a un certo punto il dj pretenzioso si renderà conto di essere definitivamente sorpassato.

 

Non ha più scuse. Le discoteche ci sono. Le feste si organizzano. I bar aprono e propongono eventi. Facebook è tutto un ribollire di appuntamenti musicali immancabili. Le radio crescono come funghi dentro e fuori dal web. C'è una grande richiesta di musica in giro e anche di bravi dj. Di altri dj.

 

Lui ormai è fuori dal giro.

 

Primo: l'ammissione del problema. Ci possono volere anni prima che il dj pretenzioso, che passa inutilmente la vita a tenersi musicalmente aggiornato, riesca alfine a capitolare davanti all'evidenza. Nessun locale lo chiama più e non può essere che tutti abbiano perso contemporaneamente il suo numero di cellulare, come amava raccontarsi sottovoce. La verità è che nessuno ha bisogno della sua musica, anche se si è proposto ovunque a prezzi dimezzati o azzerati o in qualche caso rimettendoci soldi di tasca sua. Ormai è finita. Le sue interminabili collezioni di "rare dj tracks" e le pile di magazine di settore, le ore passate a leggere recensioni online e le sporadiche serate di successo (?!) degli anni passati iniziano a sembrare sinistramente inutili persino a lui. Dopo un primo tentativo di suicidio penosamente farlocco (impiccarsi con il cavetto rca della consolle? Davvero?) che non muove a compassione nessuno, subentra la depressione più cupa.

 

Secondo: l'analisi del disastro e l'individuazione dei responsabili. Ritorna il complottismo facile, roba che Grillo al confronto è uno equilibrato ("Non mi capiscono, la musica che propongo è troppo avanti, c'è troppa ignoranza, manca la cultura del bello, c'è la crisi") ma non basta più. Il pretenzioso prova quindi a incolpare l'eventuale consorte ("Non mi sei mai stata di supporto, cosa ti costava venire al club una volta l'anno scorso? Cosa significa ero incinta?!"), la famiglia di origine ("Non mi avete mai chiesto di mettere musica alle vostre feste di compleanno, a pagamento intendo. E poi mi dicevi sempre che ero bravissimo, mamma") e in ultima ipotesi il suo infante primogenito ("Da quando c'è questo impiastro non posso più uscire di casa la sera, potrei portarmelo con il passeggino in consolle, non capisco perché la madre non vuole"). Ma il dj pretenzioso ha già finito la lista dei capri espiatori. Non funziona. Piuttosto che ammettere di essere ormai una figura indesiderabile e appendere finalmente le cuffie al chiodo il nostro si arrovella per notti intere. Si chiude a riccio, muto e scuro in volto, dentro soffre le pene dell'inferno.

 

Terzo: l'illuminazione. Ma certo! Come aveva fatto a non pensarci prima! Il problema non è certo l'arrogante pretesa di imporre a gestori di locali e rari avventori musica inascoltabile ("Ma con ottimi voti su Pitchkork!") ed esigere per di più di essere pagato e ringraziato anche se non balla nessuno. Il problema è sicuramente la tecnologia obsoleta! Siamo nell'epoca di Spotify, della digitalizzazione degli archivi. Ormai mixer e cdjs sono superati! Trovarsi davanti un dinosauro che maneggia quegli strani dischetti di plastica e quel preistorico ambaradan senza l'autoironia di definirsi vintage e senza nemmeno uno straccio di laptop collegato è anacronistico. E antiestetico. Ma il pretenzioso ora ci vede chiaro e ha deciso: si cambia.

 

Quarto: la soluzione. Preceduto da settimane di febbrile studio e dal confronto fra decine di schede tecniche e tutorial su youtube, arriva ineluttabile il giorno della follia. Ipotecando gran parte delle risorse economiche familiari e con esse il futuro del suddetto primogenito, il dj pretenzioso sferra il colpo di coda, la mossa a sorpresa che lo rilancerà con forza, secondo i suoi calcoli, nel panorama musicale locale e nazionale. E compra un controller digitale vergognosamente costoso.

 

Quinto: le patetiche giustificazioni dell'insano gesto. Il dj pretenzioso, con gli occhi iniettati di sangue e un po' di schiuma ai lati della bocca fornisce anche a chi non gliene chiede conto le motivazioni che lo hanno letteralmente costretto all'acquisto ("Ma davvero non capisci? Questo è un investimento! Me lo ripago in tre settimane! Così si è evoluta la scena dei club, questa è la storia dei dj di successo mondiale, tutti gradualmente trasformatisi da meri esecutori mischiadischi a geniali produttori, venerati compositori, creativi remixatori. Pensa ai 2 many djs, a Fatboy Slim a Guetta a Skrillex! Non avrebbero certo potuto farlo continuando a utilizzare solo delle infime consolle. La ricombinazione creativa dei generi, il patchwork musicale, l'interpretazione post-moderna, il brillante ripescaggio, il nuovo concetto di dance floor consapevole! Ora niente è più come primaAHAHAHAH"). A chi gli chiede dove intende utilizzare il suo nuovissimo controller, visto che da mesi non ci sono locali che gli propongono di mettere musica, fa spallucce e poi cambia discorso.

 

Sesto: i prevedibili effetti collaterali. La moglie chiede il divorzio, prende il bambino e torna dalla madre. Ma alla fine a lui non dispiace: ora ha finalmente più tempo da dedicare al suo eccitante giocattolino che gli spianerà sicuramente la strada verso il successo.

 

Settimo: l'amara consapevolezza della senescenza. Avete presente quei cinquantenni che dopo una vita sedentaria danno di matto e si comprano una Harley Davidson per sentirsi più giovani, ma poi devono allungare la dieci euro al ragazzo che gliela consegna per farsi spiegare come metterla in moto? Così si sente il dj pretenzioso che alla soglia delle 40 primavere tenta di imparare a usare un controller ravanando fra le peggiori ipotesi proposte da yahoo answer e negli infimi forum per dj digitali. Il problema è che dopo una settimana non ha ancora imparato ad usare traktor o men che meno ad accendere il preziosissimo aggeggio.

 

Gran finale: dopo una spaventosa quantità di tempo dedicata a capire come funziona il suo delicato marchingegno, il pretenzioso apprende finalmente ad usarlo in maniera soddisfacente. Ora è davvero pronto per ricominciare. Può riconquistare le consolle dove imperversava (?!) un tempo, far impazzire le piste da ballo, riempire i club. Se lo sente.

 

Ma ormai le discoteche che avevano aperto hanno chiuso. Di feste non ne fanno più. Inoltre sono clamorosamente tornati di moda i giradischi tradizionali con i vinili e al limite i mangiacassette, che sono vintagissimi. Quindi, proprio come prima, non lo chiama nessuno a mettere musica, nessuno gli offre serate, nessuno vuole tra le scatole lui, il suo tecno-gioiello del missaggio digitale e la sua musica improponibile.

 

("E questa cazzo di consolle nuova non ha nemmeno dei cavi per fare finta di impiccarsi, maledizione!")

domenica, 30 09 2012

Tutto Molto Bello 2012 – contro il logorìo del calcio moderno

di

 

Sfera Cubica, Locomotiv Club & AICS Bologna

in collaborazione con Prodezze Fuori Area

presentano

 



TUTTO MOLTO BELLO

 

 
 
il primo Torneo di Calcetto per Etichette Indipendenti (e non solo!) giunto alla II edizione, in programma domenica 30 settembre 2012 presso il Locomotiv Club di Bologna.

Dopo il successo dell'edizione 2011 con 8 etichette partecipanti, banchetti, live e tanti artisti in campo, torna Tutto Molto Bello, il primo Torneo di Calcetto per Etichette Indipendenti (e non solo!) giunto alla II edizione, in programma domenica 30 settembre 2012 nell'area esterna al Locomotiv Club di Bologna in via Sebastiano Serlio 25/2.

Una seconda edizione ricca e variegata, con 16 etichette partecipanti (il doppio della prima edizione!), che si scontreranno su due campi dalle ore 15 fino a tarda sera, con intermezzi musicali, arbitri professionisti e sottofondi musicali. Accesissime partite di calcio a cinque con protagoniste agguerrite compagini formate da artisti, produttori, promoter, tecnici del suono, tour manager, operatori del settore indipendente italiano
L'evento sarà arricchito dagli showcase dei musicisti delle etichette in campo, open stage, food & drink, area expo con i banchetti delle label, finalissima in notturna, diretta radiofonica e ovviamente… prodezze fuori area!    

 
 
 
 
LIVE
 
 
Peppe Voltarelli
L'orso
Honeybird & The Birdies
Kafka on the shore
Med In Itali
Boxerin Club
 

Jennifer Gentle

sabato, 27 06 2009

Stoycismo

Stoya


Ospite dell’ospite, Signore e Signori, ecco a voi un pezzo di mm1.

Per chi non sapesse di chi si tratta, ha ottenuto l’AVN, l’XBIZ e l’XRCO award 2009 come best new starlet. Del porno, ovviamente. Leggo ora su google che parrebbe avere un flirt con Marilyn Manson.

In realtà il ruolo di Stoya all’interno del porno è piuttosto interessante, manovra commerciale simile a quella dell’oramai consolidata Sasha Grey: portare la blogger della porta accanto sullo schermo. La cosa è ancora più marcata se date un occhio alle pluripremiate produzioni digital Playground (Cheerleaders, per esempio), in cui lei ha un ruolo già canonizzato per quanto concerne il partner maschile, il contesto narrativo del rapporto, nonché la di lei recitazione e le espressioni del volto, ecc. ecc.

Con Stoya, Reclutata a quanto ne so nel giro suicidegirl/deviantart/softcore [update: ecco un’intervista che chiarisce un po’ di cose], l’industria del porno assolda una che ci ricorda il sundance, garden state o una qualche fan di Battlestar Galactica – ovverosia, come sarebbe fare l’amore con la diciottenne con la maglietta di slashdot che incontrate al solito negozio di dischi mentre si ascolta i vaselines? – sarebbe imbarazzata, e lo faremmo amandoci veramente, ma sempre molto imbarazzata. e ne sarebbe felicissima e con quel misto di candore e pudore (l’indieboy non può far trasparire pensieri impuri, nemmeno a se stesso, per cui meglio soffocare sotto ettolitri di teenage angst e chiamarla ennuì) lei mi direbbe che io sono l’unico al mondo e lo sarei veramente l’unico al mondo per lei e lei sarebbe per sempre l’unica al mondo – più che l’ennesima barbie stars & stripes così 1.0 quale ad esempio Jesse Jane.

Insomma, da farci una tesi allo iulm, per dire, e consigliatissima agli amanti di Blankets di Craig Thompson.