indie-gestione

lunedì, 22 05 2006

If you ever need a stranger (to sing in your commercial)

Da queste parti praticamente non passa mese senza che ci sia qualche news che riguarda Jens Lekman. Del resto il cantautore svedese è senza dubbio uno degli artisti più talentuosi della sua generazione, e il fatto che sia prolifico oltre ogni dire non può che fare piacere. Stavolta, però, la notizia che lo riguarda è un po’ più complessa del solito, ed è lui stesso a raccontarla sul suo blog Smalltalk. In breve: al nostro è stato chiesto l’uso della sua A sweet Summer’s night on Hammer Hill per una pubblicità della LG; come fa sempre, Lekman ha declinato (per motivi spiegati estesamente nel post e che meritano la lettura), e questo è quanto è successo:



My reason for declining is strictly connected to my gut feeling. And I get sick when I think of one my songs associated with a product. I do have a sense for business though, it’s something that has developed over the years. So while reading their offer and laughing at the stupid filmclip my eyes got caught by the line "if the song has samples in it, maybe he’ll be ok with re-recording it?". I quickly replied : " Hey, why don’t I record something similar for you?". They were interested, I called up a trumpet and a trombone player. In less than a day I had the track re-worked. New melody, new chords, same feeling. I sent it off, weeks went by. I gave up. But yesterday I saw a comment on my Myspace site "Holy crap, this LG commercial just featured a Sweet Summernight on Hammer Hill".  I got worried , I contacted my recordlabels. Today I got the verdict: It’s not your song, but it’s something very similar.


Purtroppo pare che online non si trovi ancora una registrazione del plagio. Tutto quello che abbiamo era la proposta di Lekman, linkata da lui stesso sul suo sito:


Jens Lekman – Washing machine commercial (MP3)



In effetti atmosfera e sound sono gli stessi della canzone, e la LG ci avrebbe solo guadagnato in immagine ad utilizzare questa invece di una brutta copia di quella. Una mossa miope e neanche tanto furba.
Frattanto, come al solito, a cercare per bene sul web si scovano sempre alcune ottime perle firmate Lekman.
Obscure sound linka una bella cover live delle Shangri-Las e La Blogoteque ha in esclusiva due video con il nostro che interpreta due versioni quasi nude della meravigliosa F-word e di Happy Birthday, sweet Lisa. Senza dimenticare i soliti CD-R in free download, in cui ci sono non poche sorprese come la cover del pezzo del 1942 di Cesare Andrea Bixio La strada nel bosco e la versione in svedese di Maple Leaves. Intanto il nostro, quatto quatto, è entrato di nuovo in studio per registrare del nuovo materiale..



Jens Lekman – Past, present and future (live) (MP3) (via)

Jens Lekman – F-word (live) (MP4 video) (via)

Jens Lekman – Happy Birthday, sweet Lisa (live) (MP4 video) (via)

Jens Lekman – La strada nel bosco (MP3)

Jens Lekman – Jag tyckte hon sa Lönnlöv (MP3)

mercoledì, 17 05 2006

I quattro piccoli miracoli musicali di Maggio

Phoenix – Consolation prizes (MP3)
Il terzo disco è sempre un problema, si sa. Ma è ancora peggio quando i tuoi primi due dischi, piccoli capolavori di pop patinato ma non scontato con venature elettroniche di altissima qualità, sono diventati dei classici. La band francese prova a confondere le carte con un sound più urgente e suonato che però, inevitabilmente, non regge il confronto col passato. Ma questo pezzo, categoria canzone-da-ascoltare-appena-svegli, è un piccolo e esaltante miracolo pop.

Midlake – Head home (MP3)
Ci hanno già stregati mesi fa prima con Roscoe poi col singolo Young Bride, e adesso un altro centro: i Midlake si candidano seriamente a diventare una band di cui sarà difficile fare a meno. Head home è un pezzo più classico, che evoca solitari viaggi in macchina a tarda notte attraverso pianure sterminate e deserte, col groppo in gola che non va giù e l’ostinazione che pare eroica di chi non ha quasi più nulla da perdere. Non solo un pezzo classico; direttamente un classico, senza passare dal via.

Giardini di Mirò – Othello (MP3)
Se un anno fa mi avessero detto che la primavera successiva avrei ascoltato insistentemente un pezzo dei Giardini di Mirò cantato da Jukka (!), probabilmente non ci avrei creduto. E invece, seguendo il link che avrete già visto altrove (da Enver o da Max, ad esempio) sono arrivato a questa perla indietronica tratta dal nuovo EP North Atlantic Treaty of Love, in uscita a Giugno per la tedesca 2nd Rec. Se il disco nuovo è tutto così, non ce n’è per nessuno.

Beirut – Postcards from Italy (MP3)
Si chiamano come la capitale del Libano, sono americani ma in certi pezzi sembrano venire da Belgrado e intitolano il loro singolo al nostro Bel Paese; confusi? E’ normale. Eppure i Beirut sono il gruppo più linkato e osannato del momento dagli m-blog americani, e con la sua proposta a metà tra Jens Lekman (basterebbe già la voce, ma c’è anche l’ukulele) e, perchè no, una sorta di Bregovic indie (?!) mi hanno fatto completamente secco. Questo pezzo, poi….Canzone dell’estate?

martedì, 16 05 2006

La piccola agenda dei concerti

Anch’io come voi ogni settimana consulto il fondamentale Affittasi ubiquità di Mr. Polaroid, è chiaro. Ma stavolta ho bisogno di fare due conti più per esteso; come altre volte in passato, un post che serve più a me che a voi. Ogni suggerimento, in ogni caso, è benvenuto.
Si comincia giovedì 18 al Covo con l’imperdibile presentazione del nuovo ‘molto’ EP, dei beneamati Disco Drive; il disco è una meraviglia, della nuova formazione si dice tutto il bene possibile e a un evento del genere non si può mancare. Domenica 21 al Container appuntamento col folk nuovo ma vecchio di Adem (+ Vashti Bunyan); un live che fa male, fidatevi. Dieci giorni fa a Milano già al secondo pezzo era come se mi stessero passando sopra ripetutamente con un rullo compressore, e ci ho messo giorni a riprendermi del tutto. Il giorno dopo ci sarebbero gli Shout Out Louds a Milano (al Transilvania), e non fosse che un’altra trasferta nella capitale meneghina è un po’ troppo, dopo il concerto spettacolare dello scorso dicembre non me li perderei per nulla al mondo. La settimana, in ogni caso, regala già parecchi motivi di interesse: il 24 allo Zoo Cafè l’interessante progetto Pillow di Luca dei Giardini di Mirò, il 25 al Vox i Belle & Sebastian (il solito goal a porta vuota, ovviamente) il 26 la curiosità porterà probabilmente dalle parti dell’Estragon a vedere i Babyshambles (sempre che Doherty non faccia scherzi) e il 27 via andare al Covo con gli Ordinary Boys (update: data annullata). Queste ultime due date fanno parte del Rocker Festival, di cui salterò il resto dei nomi perchè già visti meno di un anno fa o perchè concomitanti. A parte, ovviamente, i Violent Femmes l’1 Giugno all’Estragon; non so se Gordon Gano e soci siano ancora in forma o meno, ma vale la pena di scoprirlo di persona.
Il 2 e 3 giugno l’evento regionale sarà il ritorno di Musica nelle valli che però, un po’ per colpa dei fagiani e un po’ per la line-up poco in linea con i miei gusti (mi spiace solo per gli ottimi Rivulets), probabilmente mi perderò. Se tutto va bene, infatti, la sera del 2 sarò a qualche centinaio di chilometri di distanza, impegnato in uno dei miei rarissimi (e quindi, imperdibili) DJ set. Ma ci sarà tempo per parlarne per bene. Tornando a Bo, il 7 ci sarà la deliziosa Nedelle allo Zoo Cafè per l’ultima serata di Murato, che, in qualche modo, chiude per un po’ la stagione di concerti della città; nei giorni successivi ci sono ‘solo’ i Tool il 22 al Palamalaguti e -sarò terribilmente fuori moda- io non me li perdo per nulla al mondo.
Poi in città non c’è più nulla, e sarà il caso di guardare fuori, verso l’afa di Milano per l’affollato cast del MiAmi, verso Ferrara per le sempre impagabili serate sotto le stelle (su tutte: 24 Giugno – Giardini di Mirò, 1 Luglio – Flaming Lips, 13 Luglio – Eels) o verso l’ormai iconica Montesole (7 Luglio – Offlaga Disco Pax, 28 Luglio – Cesare Basile + Paolo Benvegnù). Notevolissimo ma come al solito poco incastrabile è anche il cast del Traffic a Torino (14 e 15 Luglio con Franz Ferdinand, Strokes, Sons & Daughters e tre ottime serate in compagnia di tre ottime etichette indie nostrane), che temo mi perderò anche perchè negli stessi giorni è in giro per il paese nientemenochè l’ineffabile Morrissey, per cui qua si medita la doppietta (a Villa Solaria a Sesto Fiorentino il 12 e al Teatro Romano di Ostia Antica il 16).
Ma a quel punto sarà Luglio, e ci sarà, di nuovo, un’altra agenda da fare.

lunedì, 15 05 2006

I’m just trying to show my best

C’è stato un momento, a metà anni ’90, in cui non vedevo l’ora di averne 25. Andavo ancora a scuola, ma mi ero stufato di quell’ambiente e delle incancrenite e insoddisfacenti dinamiche sociali della vita liceale di provincia. Di lì a poco sarei andato all’università, ma più che quel periodo -che, ora lo so, all’interno di una vita è probabilmente il più denso di stimoli e novità- quello che attendevo era il periodo ancora successivo, gli anni del lavoro, dell’indipendenza, di una concretezza ancora in parte creativa e fancazzista che magari non lascia respiro, ma che difficilmente riesce a cancellare il sorriso dalle labbra. Guardavo con curiosità film come Clerks e Singles e le vite suburbane che dipingevano, e, per gli stessi motivi per cui ora quelle vite mi sembrano pericolosamente simili a dei vicoli ciechi di solitudine e rassegnazione, le trovavo terribilmente affascinanti. E’ esattamente a quel momento, e al mondo del lavoro della suburbia americana di metà anni ’90 proiettato da un tardoadolescente sull’ignoto del proprio futuro, che mi fanno pensare le canzoni dei Mersenne.
I Mersenne faranno grandi cose. Sono un trio con base a Bologna, c
on un’ottima resa live, una manciata di canzoni formidabili e un’identità musicale sorprendentemente matura e ben definita che si colloca da qualche parte tra indierock e pop rotondo. C’è, come forse avrete letto, chi superficialmente li accosta ai Pavement, nonostante di questi ultimi non abbiano nè il cantato afono nè le linee melodiche sghembe, e nonostante queste fossero proprio la cifra stilistica della band di Malkmus. La musica dei Mersenne fa piuttosto pensare al pop da college radio degli anni ’90, a partire dai Weezer per arrivare ai pezzi più tirati e orecchiabili dei Death Cab for Cutie, forse poco originale nel sound (del resto non è mica quello, ciò che viene richiesto al pop) ma con personalità da vendere. Pare che il loro disco d’esordio, ormai in dirittura di arrivo, stia attirando l’attenzione di più di un’etichetta nostrana; e non vedo come sia possibile il contrario: le carte perchè faccia il botto ci sono tutte.
Ascoltare canzoni simili adesso, mentre lotto ogni giorno con una quotidianità
così lontana e così vicina a quella che immaginavo una vita fa, è una strana quadratura del cerchio. In un senso è la riconciliazione con un immaginario disatteso, nell’altro uno sprone a trovarne i motivi di realizzazione anche in una realtà che a prima vista sembra completamente diversa. In entrambi i casi, è un ascolto esaltante. Please let me try.



Mersenne – There’s a place (MP3)

Mersenne – Clerks (EP version) (MP3)

mercoledì, 10 05 2006

Black Heart, è fatta

Ieri sera The Black Heart Procession all’Estragon. Come previsto, uno splendido concerto, come prova l’effetto noto come piallatura emotiva tipicamente provocato dai live della band. Su tutte hanno lasciato il segno Square Heart, Tropics of love, Guess I’ll forget you e la recente The letter, una delle ballate migliori mai scritte dalla band di San Diego.

The Black Heart Procession – The letter (MP3)

A latere, un estratto dell’intervista rilasciata dal cantante Pall Jenkins al Denver Post, che in qualche modo ci riguarda:

Q: I’ve heard your band is more popular in Europe, particularly Italy, than in the States. Is that true?
A: It’s not massive but we’ll have like 800 people at a show. We have more of a cult following there. Italians have fine taste. I like both American and European audiences, but in Europe the food’s definitely better and you always have a cool, interesting place to check out and decent hotels.
Q: BHP recently collaborated with Solbakken for the "In the Fishtank" series, and you have written songs for The Album Leaf and Ugly Casanova. Any future plans of that sort?
A: (BHP) has been working on an album with Calexico for a while. It will include some more collaborative stuff and then a couple songs of each of ours that are separate.

L’ormai leggendario tributo ai Red Red Meat è sempre più vicino. 

martedì, 09 05 2006

I silenzi pieni di urla

Questi giorni, da queste parti, sono gli ultimi giorni di inverno. Ieri pomeriggio c’è stato un temporale che mi ha molto innervosito, poi è stata la volta della nebbia; nei giorni precedenti c’è stato un po’ di sole, ma il fine settimana precedente era ancora, inesorabilmente, inverno. Ho passato lunghe giornate in casa a guardare dalla finestra la pioggia e le nuvole spinte dal vento. Ho passato lunghe serate fuori con gli amici o a qualche concerto, per lo più stretto nella mia giacca. Ma, soprattutto, il mio ultimo weekend d’inverno prima di uno sprazzo milanese di estate e dei fasti nefasti di questi ultimi giorni freddi, è stato pieno di silenzi da colmare. Di vuoti da riempire, di lacune faticosissime e di occhi che si muovono veloci alla ricerca di un soccorso qualunque. Un weekend d’inverno pieno di silenziose grida di soccorso, questo è stato. Ho pensato che se fosse già stata Primavera sarebbe stato diverso. Ho pensato anche che non era vero. Ma che era bello pensarlo.

Ieri sera mentre mi infilavo un maglione e meditavo se prendermi un’aspirina mi sono accorto che era il momento: l’ultima occasione
buona per ascoltare il disco dei The Knife prima che il suo fascino glaciale stonasse in modo clamoroso con il sole e con il caldo. Ho recuperato una coperta, mi sono steso sul letto, e mi sono perso, di nuovo, negli angoli sintetici e luminescenti di Silent Shout.

I The Knife sono in due, fratello e sorella, vengono dalla Svezia ma sembrano venire da Marte. Hanno l’ipersensibilità glaciale ma buia che avrebbero i Mùm se dovessero fare la colonna sonora di un film horror. Hanno certi synth spaziali e palpitanti che fanno pensare a dei Kraftwerk innamorati. Hanno voci e suoni alieni come i Radiohead di Kid A che rimangono affascinati dagli occhi a mandorla di Bjork, o viceversa. I The Knife suonano un’elettronica cupa e atmosferica, ossimoricamente glaciale ma calda, che non si allontana mai troppo dalla forma canzone pur risultando tutt’altro che pop; del resto sono loro gli autori originali di quella Heartbeats reintepretata dal connazionale Josè Gonzalez e poi finita nel celebre spot delle palline rimbalzanti.
Silent shout è il loro terzo disco, un’opera
complessa ed estremamente affascinante, tutt’altro che furba nel rifiutare di sana pianta qualunque tentazione modaiola o anche solo vagamente attuale per seguire la strada perigliosa dell’involuzione e del ripiegamento su di sè. Come con certe serate fatte di freddo e silenzi, anche avere a che fare con Silent Shout è faticoso; al primo ascolto non piace e spesso neanche al secondo, suscitando una perplessità che nasconde di solito la paura che la sua elettronica desueta e le sue stramberie vocali siano solo fumo gettato negli occhi per mascherarne la mancanza di sostanza. In realtà di sostanza ce n’è, e neanche poca; ci si mette un po’ a vederla e forse non è per tutti, ma come al solito anche in questo sta il suo fascino. Una sola serata dell’ultimo weekend di inverno in compagnia di silenziose grida d’aiuto, però, basta ad aprire gli occhi. E a vedere oltre quei silenzi pieni di urla, dove c’è un gelo che forse neanche la primavera può riuscire a sciogliere.



The Knife – Silent shout (MP3)

The Knife – We share our mother’s health (MP3)

The Knife – Marble House (single edit) (MP3)

venerdì, 28 04 2006

The whitest boy least likely to starlight mints in Helsinki

Il ragazzo meno incline alle mentine stellari è una persona triste. Cammina sulle sue scarpe lucide andando al lavoro con la ventiquattrore in mano, mentre osserva con sguardo severo i ragazzini che si inseguono andando a scuola e le cacche di cane sotto i portici. Il ragazzo meno incline alle mentine stellari si è fatto crescere il pizzetto per sembrare più vecchio, mette solo camicie a tinta unita e cravatte di colori seri, alla tv guarda solo il TG, i dibattiti politici e i film in cui c’è qualche morto ammazzato, e non ride più o meno da quando si è laureato e ha deciso di essere diventato grande. Il ragazzo meno incline alle mentine stellari è contento di essere diventato grande, e rifiuta severamente di ammettere che, da qualche parte dentro di lui, c’è ancora un bambino che morirebbe dalla voglia di fare un girotondo o le bolle di sapone, o anche solo di cantare una canzone stupida solo per il gusto di sentire la propria voce che fa tra la la.
Se
il ragazzo meno incline alle mentine stellari si fosse trovato al concerto degli Architecture in Helsinki, due giorni fa, sarebbe scappato quasi subito, faticando a trovare un senso nel delirante entusiasmo degli 8 australiani; e sì che, al netto degli intrecci volutamente eccessivi e dei pezzi volutamente spezzati, un senso c’era eccome, e solo un cieco poteva non vederlo.
Se si fosse trovato al concerto di The whitest boy alive, nuovo e promettentissimo progetto solista di Erlend Øye dei Kings of Convenience (dettagli e corredo sonoro qua), avrebbe retto mezzo concerto, limitandosi a mostrare perplessità per il grande circolo ARCI a metà tra balera e discoteca in cui aveva luogo e ad odiare intensamente il manipolo di avventori parrocchiali che si lanciava in un handclapping per canzone. Avrebbe, forse, finanche apprezzatto le sfumature più rock FM di alcuni pezzi, e non avrebbe resistito a tenere fermo il piede negli episodi più platealmente disco anni ’70; ma sarebbe fuggito, sotto i colpi dei ricordi di gioventù e dei sensi di colpa, davanti al clamoroso medley finale che mischiava You just keep me hangin’ on, Show me love e
Music sounds better with you e concludeva un concerto notevolissimo.

Se per strani, inimmaginabili, motivi il ragazzo meno incline alle mentine stellari si imbattesse nel disco dei The boy least likely to, spegnerebbe la radio al primo primo falsetto o alla prima nota di xilofono. Che, incidentalmente, è anche la prima nota del disco. E poco importa se quel disco -tutto coretti stupidi, nostalgia di ritorno e arrangiamenti giocosi- è uscito circa un anno fa, è finito in terza posizione nella top 10 del 2005 di un certo blogger (i blog? roba per chi ha tempo da perdere) e ancora adesso è tra le scoperte più autentiche e sorprendenti degli ultimi anni.
Se il nostro ragazzo meno incline alle mentine stellari si imbattesse nel disco degli Starlight Mints forse arriverebbe un po’ più in là, fino alla canzone in cui fischiettano oppure a quella che, fin dal titolo, tenta di evocare una marcia di rinoceronti. Se avesse un amico appassionato di musica indie (cosa invero impossibile, visto che a) non ha amici b) comunque non li ascolterebbe c) la musica indie non esiste) questo gli potrebbe anche spiegare che sì, sono carini e ricordano un po’ i Flaming Lips, ma alla fine sono banali e poco interessanti; l’ennesima prova che gli appassionati di musica indie non capiscono assolutamente nulla, e ogni volta più che ai riferimenti dovrebbero ascoltarle davvero, le canzoni.
Il ragazzo meno incline alle mentine stellari, intanto, tira dritto guardando davanti a sè con sguardo sicuro. Ma arriverà il giorno in cui se ne pentirà.

Architecture in Helsinki – Do the whirlwind (MP3) (via)

The whitest boy alive – Dead end (MP3)



The Boy least likley to – Rock upon the porch with you (MP3) (via)

The Boy least likely to – Live @ KCRW, April 06 (link -> 9 pezzi)


The Starlight Mints – What’s inside of me? (MP3)

The Starlight Mints – Rhino Stomp (MP3)

mercoledì, 26 04 2006

Cleaning up my closet

_E’ un po’ che, come avrete probabilmente notato, da queste parti ci sono un po’ di lavori in corso: immagini che vanno e vengono, file che vanno e vengono, Splinder che va e viene. Prima o poi sistemo tutto e mi accaso su un servizio di hosting almeno vagamente affidabile; nel frattempo, portate pazienza.
_Il Socio è perseguitato dalla figa
. Detto così è fatto in modo perchè non possiate non cliccare su questo link, e rimanere delusi. 
_Sempre il Socio, nella sua ormai imperdibile rubrica audiovisiva della domenica, la scorsa settimana segnalava un filmato giapponese
assolutamente indefinibile. Guardatelo (solo un pezzetto, se non volete impazzire) e impallidite.
_Mp3shits.com, Whorepresents.com, Therapistfinder.com e Powergenitalia.com: sono solo alcuni degli inopportuni nomi di dominio segnalati su Easily mispronouced domain names
.
_In molti li tengono d’occhio dai tempi dell’ottimo singolo (anti)natalizio Christmas is canceled, e qualcuno anche da prima: sono gli inglesi The Long Blondes. Salvatore, che è andato fino al Fabric di Londra per vederseli, conia per loro l’improbabile definizione di aspiranti next big things. Promettenti sono promettenti, e 
avendo appena firmato per Rough Trade, suppongo proprio che il prossimo autunno non potremo non sentire parlare di loro. 

The Long Blondes – Autonomy Boy (MP3) (via)

_Tenevo d’occhio la piattaforma di social bookmarking di del.icio.us da un po’, ma solo ora ho iniziato ad usarla, e ovviamente ne sono subito diventato dipendente. Soprattutto per serendipità semantica, in realtà; in campo di identità editoriale i blog non hanno (ancora) rivali. Però..
_Periodo imballato di concerti come non succedeva da un po’, questo. Finora me li sono persi quasi tutti (anche se questa settimana vedrò di recuperare); niente mi ha però impedito di fare una trasferta nella bassa modenese per i 65daysofstatic all’Aquaragia di Mirandola. Via dall’indie-fighettume di città, con il bravissimo combo che sposta i confini del post-rock ancora un po’ più in là e coniuga il classico paradigma Mogwai con interessantissimi inserti elettronici a metà tra glitch e Aphex Twin. Gran band e gran concerto.

65daysofstatic – Await rescue (MP3)

giovedì, 20 04 2006

Let the Lego play

Lego e musica: quale connubio potrebbe essere più sublime?
L’espressività degli omini lego è quello che è, ma vi propongo un gioco: chi sono le band e gli artisti qui sotto? Si va dal mainstream all’indipendente, dal classico al nuovo, dal molto somigliante alla rappresentazione a casaccio…





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mercoledì, 12 04 2006

Electro days

In Italia e nel mondo succede di tutto, la primavera sembra essere già finita e io ho davvero (ma davvero) cose più importanti a cui pensare, eppure…eppure negli ultimi giorni non faccio altro che ascoltare della becera electro. Fuck all, let’s dance.


MSTRKRFT
Aspettando che esca il disco del combo capitato da mr. Death from above 1979, sto consumando i suoi remix. Roba di prima qualità, spesso e volentieri capace di andare a segno dove gli originali falliscono (come in Two more years dei Bloc Party) o, al meglio, lasciano a desiderare (No wow dei The kills, per dire). Ma in particolare a farmi impazzire è il gioiellino electro-funk Sexy Results (di cui ho già linkato il disturbante video), un po’ french touch un po’ french kiss.

Death from above 1979 – Sexy results (MSTRKRFT mix) (MP3) (via)


Le Sport
Il delirante punto d’incontro tra Please don’t go e i New order, tra italodisco e dance becera degli anni ’90 (quelli che odorano ancora di anni ’80, però) viene dalla Svezia e si chiama Le Sport. Ascoltate il loro intero disco e in men che non si dica vi ritroverete coi capelli cotonati a ballare in chromakey con una bionda in fuseaux. Tra i link del loro sito c’è quello a un forum di fan dei Pet Shop Boys, ho detto tutto.

Le Sport – Tell no one about tonight (MP3)
Le Sport – I do renounce them (MP3)


Hot Chip
Dire che le nuove leve di casa DFA saranno gli LCD Soundsystem del 2006 è esagerato, d’accordo. Manca il filosofare scavezzacollo di James Murphy e ogni pretesa generazionale, manca la potenza per giocare di finezza e proprio per questo il quintetto inglese rischia quasi di colpire più a fondo. Perchè si balla (come nel singolaccio Over and overvideo), si gioca, ma ogni tanto ci si ferma e si lascia il repeat sulla delizia per xylofono e pattern che dà il titolo al disco. Ogni tanto ci si perde, ed è quello il bello.

Hot Chip – Over and over (single version) (MP3) (via)
Hot Chip – The warning (MP3) (via)



Tiga
Chi è Tiga lo sapete tutti. Forse però non sapete che il suo disco mi piace. Forse, del resto, non ve ne frega nulla. Ed è esattamente la prospettiva giusta; che sia il piacere del (dal) basso a guidarvi, e poco altro. Qua ignoro i pezzi noti, chè tanto li avrete già ballati 100 volte, e mi soffermo sul rullo compressore di Good as gold. Vorrei una discoteca labirinto, giuro.


Tiga – Good as gold – Flexible skulls (MP3)


CSS – Cansei de ser sexy
Potevo esimermi dall’amare un gruppo che si chiama CSS? Giammai. Ancor di più se viene dal Brazil, suona un indescrivibile indie-electro divertente e sgangherato e ha appena firmato per la cara vecchia Sub Pop. Il suo nome è una citazione di una frase di Beyonce (guess who) e significa più o meno «Stufa di essere sexy». Che è un po’ il problema che abbiamo tutti, no?

Cansei de ser sexy – Alala (MP3) (via)
Cansei de ser sexy – Let’s make love and listen death from above (MP3)

lunedì, 10 04 2006

Gran Magazzeno Mogol


Di Magazzeno Bis e di quale meravigliosa utopia radiofonica questo incarni si è già parlato un mesetto fa, in occasione dell’ospitata degli Offlaga Disco Pax: uno show radiofonico con pubblico, presentatore e gruppo live, tanta improvvisazione quanto testi di gran livello e quella missione di intrattenere, nel senso più alto del termine, portata a termine a mani basse e senza concessioni di sorta al mercato. Ai microfoni e in regia c’è la banda di Trovarobato, e le puntate si possono ascoltare, oltre che sul web, in ventiquattro emittenti inconsapevoli in giro per l’Italia (a Bologna il mercoledì sera sulla ‘mia’ Radio Città Fujiko).
Un paio di settimane fa è sul treno di Magazzeno Bis sono saliti gli Amari, gli stilosi e goliardi friulani autori del miglior pop che si possa ascoltare al momento in Italia. La band dell’arcobalena si è profusa in un live set tiratissimo, che mi ha fatto ancora una volta pentire di averli finora completamente mancati in concerto in questo tour. Tra una Bolognina revolution e una Squadritto, tra una Love management e una megolamaniaca Un altro basso di polvere ho estratto per voi l’anthem indie Whale Grotto e Conoscere gente sul treno, uno di quei pezzi che vorrei tanto ballare su un dancefloor ma che i dj si ostinano a non mettere. Intanto, sul treno di Magazzeno, non c’era uno che tenesse il piede fermo.


Amari – Whale Grotto (Live @ Magazzeno Bis) (MP3)
Amari – Conoscere gente sul treno (Live @ Magazzeno Bis) (MP3)
Magazzeno Bis – Puntata 13 – Amari (I) (MP3)
Magazzeno Bis – Puntata 13 – Amari (II) (MP3)

giovedì, 06 04 2006

Dopo che

Dopo che la Primavera, che depressione, ma anche le nuvole, che depressione
_Dopo che hai appena cominciato a leggere per la prima volta un libro di Houellebecq e lo adori e lo odi e lo adori già dopo poche pagine
__Dopo che hai passato buona parte della serata di ieri ad ascoltare col repeat New Slang degli Shins rifatta in acustica con controcanti di Mr. Iron and wine, una cosa che altro che Natalie Portman, altro che cambiarti la vita, te la distrugge la vita
___Dopo che hai passato il resto della serata a concepire e registrare la puntata di Gocce d’inkiostro di oggi, facendo un’immane fatica per trovare un argomento che non avesse a che fare con le elezioni (soggetto tendenzialmente da evitare, in par condicio); e dire che ne hai le palle (pardon, i coglioni) pieni da giorni, fosse per te si voterebbe domani, e invece
____Dopo che hai sperimentato l’ottusità del filtro IP antispam di splinder, davvero geniale, non c’è che dire
_____Dopo che hai comprato la solita ovvia limited edition di Ringleader of tormentors di Morrissey con bonus DVD e, nientemeno, ‘poster’ (virgolette d’obbligo, visto il formato)
______Dopo che, appunto, sempre le elezioni, ti hanno mandato questo link a 4 minuti di Travaglio che racconta le meraviglie del mausoleo di Berlusconi e non so, cioè, non si può davvero dire niente (grazie a Checco)

_______Dopo che da stamattina invece hai in heavy rotation quella delizia voce e ukulele di Jens Lekman che alla TripleJ suona Your arms around me, e anche qui subito secco, in questo periodo sei davvero una mammoletta
________Dopo che anche questo finirà.


The Shins & Iron and wine – New slang (live acoustic) (MP3) (via)
Jens Lekman – Your arms around me (live) (MP3)

martedì, 04 04 2006

Cover me

Sugababes – I bet you look good on the dancefloor (MP3)
Sublime, siamo all’instant cover; il singolaccio pigliatutto degli Arctic Monkeys, in mano all’improbabile combo inglese di pop di basso livello diventa uno spudorato mercimonio di coretti e vocoder. Anche a voi sembra meglio dell’originale? Intanto, I bet it looks very good on the dancefloor. (via e via)

Ana Carolina e Seu Jorge – E Isso ai (The Blower’s daughter) (MP3)
Seu Jorge ci ha preso gusto, e dopo i pezzi di David Bowie presenti nella colonna sonora de Le avventure acquatiche di Steve Zissou, ora se la prende con il pezzo di Damien Rice più amato dai registi.  Portoghese a parte, versione abbastanza fedele. Forse appena più sanremese.


Final Fantasy – Peach Plum Pear (live) (MP3)
Proprio mentre ascolto il suo nuovo, ambizioso, He poos clouds, mi imbatto in questa versione di un pezzo un po’ oscuro dall’esordio di Joanna Newsom. Curiosa (anche se vederla dal vivo, stratificata di loop, dev’essere un’altra cosa), ma l’originale è meglio. Come si fa battere il suo coro fotonico? (
via)

Kings of Convenience – Garota de Ipanema (live) (MP3)
Il classico della bossanova (ovviamente firmato Tom Jobim) è stato per anni una specie di araba fenice per i fan del duo norvegese, che l’hanno suonato poco dal vivo e mai inciso; introvabile anche su bootleg. Finalmente, eccola qua: non si sente benissimo, è assolutamente identica all’originale, eppure è bellissima.

The Magic Numbers – Take me out (live) (MP3)
La marcetta dei Franz Ferdinand, in mano agli amati ciccionissimi inglesi, diventa quasi un valzerino. Che al primo ascolto mi ha lasciato freddo, mentre adesso, non so bene perchè, mi piace assai. (via)

Matt Pond PA – Champagne Supernova (MP3)
Ovviamente il classico degli Oasis degli anni d’oro. Qualcuno sa perchè.

Editors – Feelgod Inc. (live) (MP3)
Per quanto sia improbabile è così: la brava band iper-derivativa reinterpreta in chiave acustica un pezzo molto lontano dalla sua estetica come il successo post-moderno dei Gorillaz, e tira fuori un piccolo capolavoro. Heavy Rotation.

venerdì, 31 03 2006

Video Aggregator /Marzo

Tiga – You gonna want me (MOV)
In attesa del nuovo video del «novello sanfrancesco metrosessualo» (cit.), ritiriamo fuori il clip del suo pezzo più famoso, in cui Oliver Gondry (sì, il fratello) ci dà giù con degli effetti digitali appena appena revivalistici trasformando la finta band rotante del giullare dell’electro in giochi di pura luce e movimento. Prima o poi finiranno per sembrare teneramente patetici come i chroma key atomici degli anni ’80 e il cerchio sarà chiuso. Forse, però, lo sembrano già.

Morrissey – You have killed me (MOV)
Sì, lo so, di questo video hanno già scritto tutto: la presentazione in italiano (così esotica!), il clima da Eurofestival (Eurovision, per i filologi), il microfono a sigaretta e il Mozzer sempre più imbolsito. Su pezzo e disco non mi pronuncio ancora, anche perchè guardando questo video non riesco che a pensare a una cosa: non sembra anche a voi che la scenografia del palco e le capigliature del pubblico siano cronologicamente incongruenti?

Yuppie Flu – Glueing all the fragments (MOV)
E’ strano veder uscire
solo ora come singolo la canzone che ha incorniciato buona parte della mia tarda primavera scorsa; mi provoca un inconsueto corto circuito, come se i frammenti incollati allora, all’arrivo di una nuova primavera, vacillassero scossi dallo scirocco carico di pollini. La canzone è magistrale e il video, luminoso e molto ben fatto, quasi riesce a rendergli giustizia. Un sollievo.

Ant – When your heart breaks (into many little pieces) (MP4)
Altro video di casa Homesleep, altri frammenti di qualcosa che si è rotto, altro corto circuito stagionale; qui non più primavere vecchie e nuove ma inverni nevosi e boschi ghiacciati. Stavolta, però, ci sono le impronte sula neve lasciate da Ant (sabato al Covo) da seguire, e tanto basta ad uscirne. Bedroom pop gentile il disco, onestamente lo-fi il video, e tutto torna.

Broken Social Scene – 7/4 (Shoreline) (MOV)
«Sax, lights and audiotapes»: così è stato brillantemente etichettato il nuovo video del collettivo canadese più amato da grandi e piccini, che incrocia il solito canadindie con un soul quasi funkeggiante ben guidato dalla voce della beneamata Leslie Feist. Se mi date retta (ma non mi date retta, lo so), l’unico grande pezzo dal loro mediocre ultimo disco; il video aggiunge poco ma non toglie niente, e tanto basta.

The Racounters – Steady as she goes (MOV)
Un signor singolo con un signor video d’altri tempi, rurale e in bassa fedeltà come non se ne vedevano da tempo, per il nuovo progetto di Jack White e Brendan Benson. Il pezzo va gù che è una meraviglia, il video è fatto con due soldi, ma da un divertissment mica ci si può aspettare altro. Una giacca un po’ meno di gattivo gusto, appena quello.

Calexico – Cruel (MOV)
C’è nel mondo qualcuno che non ha stroncato l’ultimo disco dei Calexico? Qualcuno che sia siuscito a trovare argomenti per parlarne bene? Se sì, vi prego illuminatemi, perchè tanto le vecchie produzioni mi piacevano (non tutti tutti i pezzi, magari, ma 3 o 4 assi in ogni disco c’erano sempre) quanto Garden ruin mi sembra piatto e deludente. A cominciare dal suo singolo, insipido come pochi e con un video che non lascia quasi traccia sulla retina. Delusione.

Hot Chip – Over and over (RM)
Inglesi che escono per DFA, che roba. Nelle parole di Pitchfork: «Innegabilmente synth-retrò, innegabilmente indie schoolyard pop, innegabilmente dance rock, insopportabilmente cool».
Lo ammetto, il mio pezzo preferito del nuovo disco è la ben più tamarra Boys from school, ma anche il primo singolo, arrivato il ritornello, ha un tiro che lévati. Il video, geniale delirio croma(key)tico, fa del suo. E abbiamo delle nuove celebrità.

Midlake – Young Bride (MOV) 
Sempre quelli di Roscoe, sì. Il disco esce a Giugno ma c’è già un video: bello, triste e fatto a matita. Anche la canzone è bella, triste e un po’ fatta a matita, e la certezza che non usciranno a breve dal circuito indie ce li rendeno più simpatici.

Casiotone for the painfully alone – The Subway home (MOV)
Owen Ahfort suona come suonerebbe Aidan Moffat degli Arab Strap se bevesse meno pinte di birra e  uscisse più raramente dalla propria cameretta. Il parlato strascicato è quasi lo stesso, i temi e le atmosfere proprio no, come ben illustra la curiosa scelta di questo lentone d’atmosfera come brano da abbinare a un video. L’acquerello fa il resto, ma quando è più autoironico e morrisseyano ci piace di più.

Mates of State – Fraud in the 80’s (MOV)
I Mates of State sono gli Aqueduct del 2006: escono anch’essi per l’etichetta del cane con il disco in bocca (la Barsuk), e con la band di You sold gold condividono certi riferimenti all’adolescenza nei decenni passati. ALla fine, anche se ti verrebbe da catalogarli come carini e poco più, il loro disco rimane nel lettore per mesi, e anni dopo ti scopri a saperne ogni dettaglio a memoria. Mi piace persino il loro video, che ha come protagonisti una cassettiera e dei ritagli fotografici animati. Sono senza speranza?

giovedì, 30 03 2006

Carico e Scarico

Capito abbastanza spesso sul sito di M-o-d, di solito per leggere il loro bel blog, ed ogni volta non posso fare a meno di chiedermi una cosa: davvero c’è qualcuno che usufruisce dei loro servizi per l’iPod? Cioè, davvero c’è qualcuno che grazie ad iCarico si fa riempire l’iPod a pagamento (1,7€ per un cd, 0,99€ a pezzo comprato da iTunes, 50€ per un’ora di musica scelta da loro) e usa IMPod per farsi riempire e programmare l’iPod con musica da usare nel proprio studio/negozio/locale? La mia curiosità è genuina, e la mia ammirazione fa il paio solo con lo stupore che davvero da qualche parte esista qualcuno disposto a pagare per una cosa simile, eventualità, deduco, non così assurda. E’ affascinante.

mercoledì, 29 03 2006

Quattro canzoni per nulla primaverili

O sì?

Adem – Spirals (MP3)
Dopo una manciata di ascolti, il nuovo disco di Adem (che segue il capolavoro del 2004 Homesongs) appare decisamente inferiore del suo predecessore.
Questa devastante ballata è l’unica che sembra reggere il confronto; sperando, più avanti, di cambiare idea sul disco.

Amy Milan – Skinny Boy (MP3)
Album solista in arrivo per la voce femminile dei beneamati Stars. Il solito pop rotondo e cristallino: questa anticipazione già promette bene.

Jolie Holland – Springtime can kill you (MP3)
Una banalità, ma una verità inconfutabile. La solita classe per la chanteuse d’altri tempi in procinto di tornare con un nuovo disco con lo stesso titolo. (
via)

Midlake – Roscoe (album version) (MP3)
Non so se questa sarà la canzone dell’anno, ma il pezzo, in repeat da mesi, è già un classico tanto degli m-blog americani quanto di Airbag. Ho il sospetto che non se ne andrà tanto facilmente. (
via)

lunedì, 27 03 2006

Erlend lava più bianco

Dev’essere strano essere Erlend Øye. Un momento sei semplicemente «lo sfigato dei Kings of Convenience», quello alto e allampanato con gli occhiali da nerd che fa i controcanti e suona la seconda chitarra, un po’ triste e un po’ ridicolo nel ruolo del buffone che tenta, grazie alla personalità, di non farsi surclassare dal collega bello e bravo che scrive le canzoni migliori e assomiglia a Elija Wood. Una manciata di anni dopo, però, sei una piccola star, tanto un’icona del mondo indie che un piccolo mito all’interno della club culture, l’animatore infaticabile di decine di progetti che ha prestato la voce a star del dancefloor tra le più blasonate (Royksopp, Passarani, DJ Hell), ha pubblicato un bello e sottovalutato disco solista elettro-pop (Unrest), ha creato con il suo DJ Kicks la bizzarra figura del Singing DJ e, nonostante tutto, è spesso e volentieri protagonista di set acustici più o meno improvvisati e più o meno affascinanti.
A ulteriore testimonianza dell’irrequietezza del nostro (Unrest, appunto), ora è la volta di un nuovo progetto, dal curioso nome The whitest boy alive: un trio con base a Berlino nel quale
Øye, con il nome di Orlando Oko (traduzione in polacco di Øye, cioè «Occhio») canta e suona la chitarra. La proposta musicale della band è difficile da descrivere: punk-funk quieto? Electro suonata e spaesata? Pop malinconico ma ballabile? Definizioni più creative sono le benvenute.
Per il momento la band ha pubblicato solo un 7" split; ma girano alcune registrazioni (più o meno dei demo) indubbiamente affascinanti e molto, molto promettenti. Tra queste spiccano Dead end, in cui l’inseguimento tra chitarra e basso della strofa sfocia in un trascinante refrain strumentale e Golden Cage, dal basso sinuoso e dalla voce impalpabile. Una quadratura del cerchio insolita e quasi miracolosa, se volete dare retta a me; che, però, non gli verrà riconosciuta. Perchè -che diamine- lui è lo sfigato dei Kings of Convenience, e niente di più.


The whitest boy alive – Dead end (MP3)
The whitest boy alive – Golden cage (MP3)
The whitest boy alive – Inflation (MP3)
The whitest boy alive – Inflation (7" version) (MP3)
The whitest boy alive – Promise less or do more (MP3)

[i The whitest boy alive saranno il 27 Aprile al People di San Damaso (MO)]

venerdì, 24 03 2006

Il mio orsacchiotto legge gli emmepitrè


[da Top ten strangest mp3 players]

giovedì, 23 03 2006

Points and com(m)as

_Questo inverno che diventa primavera ma che sembra autunno, per il sottoscritto, è insolitamente confuso e meditabondo, colmo di certa nausea da vecchiume quanto di pensamenti e ripensamenti lungamente covati. La qualità del blog, che proprio in queste settimane polverizza i propri record di accessi sorpassandoli di più di 100 unità, finisce per farne un po’ le spese.
_Questo inverno che diventa primavera ma che sembra autunno si sposa alla perfezione con l’ennesimo ascolto del gioiellino stile Nancy e Lee di Isobel Campbell e Mark Lanegan, tentando di superare le brume psichedeliche di You in reverse dei Built to spill e aspettando che il clima si adatti in pieno al nuovo Startlight Mints, i The boy least likely to (ma in salsa O.C.) del 2006. Poi ci sono il nuovo Fiel Garvie e alcuni dischi italiani piccoli ma molto pregiati, ma di quelli si parlerà più avanti.
_Questo inverno che diventa primavera ma che sembra autunno, il tempo che normalmente passerei sul blog lo passo a divorare The good life di Jay McInerney, il genere di libro che ordini appena esce in america e che adori non senza sentirti un po’ in colpa nè senza ignorarne il perchè. Anche di questo, ovviamente, se ne riparlerà.
_Questo inverno che diventa primavera ma che sembra autunno si perde tempo a leggere i post di Nota disciplinare, l’esilarante blog che raccoglie una selezione di note nel registro improbabili e surreali. Essendo stato a mio volta interprete di questioni simili -ma non dalla parte della penna che credete voi- la tematica mi colpisce abbastanza da vicino. [grazie al Socio e al Boss]
_Questo inverno che diventa primavera ma che sembra autunno si rotola dalle risate ascoltando l’mp3 dell’inno del’Udeur, un delirio assolutamente imprescindibile con alla voce un incrocio tra Nek e Pelù e un arrangiamento stile sigla di cartoni animati. [Grazie a Checco e ad Achille]
_Questo inverno che diventa primavera ma che sembra autunno ci sono meno concerti interessanti del solito e si guarda ad Aprile (con Ant, Fiel Garvie, Tender Forever, Ms. John Soda, The Organ, Architecture in Helsinki, Isobel Campbell), Maggio (Josè Gonzalez, The Black Heart Procession, Belle & Sebastian, Calexico + Iron and wine, dEUS e pare persino Vashti Bunyan e Adem (!)) e Giugno (Violent Femmes, Tool). Mentre ci si perde in alcuni amletici interrogativi: i Devics suoneranno davvero al Covo? Perchè sul loro myspace c’è una data che sul programma del Covo è già occupata, mentre sul sito del Covo ieri c’era una data per il 29 aprile che è stata tolta? Si può sapere quando suonano? O, per precauzione, devo andare a vederli venerdì prossimo al Bronson? E poi: chi canterà negli Alice in chains nella data del Gods of metal?
Perchè l’anno che al Flippaut vengono nientemeno che i Massive Attack spostano il festival da Bologna a Milano e dall’1 giugno al 21 luglio? E perchè tutti i tour europei già annunciati per la primavera-estate (Radiohead, Morrissey, Strokes, Stars) non hanno neanche una data in Italia?

mercoledì, 22 03 2006

The music-loving novelist and the book-loving musician

Douglas Coupland vola a Roma per intervistare Morrissey.
Ed è già leggenda.

«To me, interviews are mostly about trying not to make the interviewer think I’m too much of an asshole. I think that’s the experience with most interviews these days, mine and most everybody else’s. Let’s face it, pretty much any info you need is already out there on Google. Interviews never go away any longer. They just pile up and up and up for the rest of time. If people want to know something about a subject, they can just find it themselves. All that remains is control of the asshole yes/no switch. Do you want an interviewer to flip it? Remember – if you don’t want people thinking you’re an asshole, it means you allow your interviewer to torture you. It all boils down to how strongly you believe in the totemic Sony.»

«And maybe what all this further boils down to is the fact that Morrissey is interview-proof. Don’t bother. He’s not an asshole and he’s not the Dalai Lama, but you could interview him for a thousand years and you’d learn nothing. And this is just fine.»

martedì, 21 03 2006

MacchemMuz

Di solito viene dato da tutti come un fatto assodato: l’Italia è un paese senza cultura musicale, in cui si vendono pochissimi dischi e ancora meno giornali musicali, praticamente nessuna band indipendente riesce a vivere con la musica e le più importanti manifestazioni del campo sono baracconate tipo il Festival di Sanremo e il Festivalbar. Anche se a occhio e croce io non sono così genericamente pessimista, la mia opinione in merito non è molto differente. E non lo ero neanche la settimana scorsa, quando per puro caso in edicola mi sono imbattuto in una nuova rivista musicale. Foto di Morrissey in copertina, riferimenti a Mogwai a alla Warp subito sotto, prezzo ridicolo (2 euro): accantonata la sorpresa (c’è un nuovo giornale musicale, già al terzo numero, e non ne ho letto niente in giro, possibile?) non ci ho pensato due volte, e mi sono portato a casa la mia copia di Muz.
Se una rivista osa uscire in un mercato così imballato, in cui non muore una testata da anni (tengono duro pure Jam e il Buscadero) e negli ultimi due anni ne sono nate almeno due nuove (Rolling Stone e Losing Today, per non parlare della mutazione di Musica in XL), che sono andate ad aggiungersi alle varie già esistenti (Il Mucchio, Rumore, Blow Up, Rockerilla, senza parlare poi dei vari Rockstar, Rocksound, Tribe, ecc) e che trattano con tagli diversi una buona porzione di cose in comune, sicuramente questa dev’essere una rivista con i controcoglioni, ho pensato.
Non proprio, ecco. Diciamo che Muz non è molto diversa dalle altre. Solo, più corta. Più bruttina. Un po’ meno avanti. Un po’ meno interessante, in definitiva. Ricorda un po’, per formato e impaginazione, i numeri meno brillanti del vecchio Mucchio settimanale; senza la politica e senza le firme, e con 10 anni di ritardo. La grafica è a dir poco spartana, i nomi dei collaboratori –
a parte quello di Valerio Corzani- non suonano noti (il che non sarebbe necessariamente un male), i contenuti non sono esattamente originali e l’unico sussulto lo danno i nomi bizzarri delle rubriche. Tipo Gli orrori del cuore (Come imparare a non preoccuparsi e ad amare dischi che tutti odiano), L’urlo del coyote (dedicata a musicisti morti e band sciolte, presumo) e l’assolutamente improbabile Abbecedario, ovvero Deleuze e le storie tese (giuro).
In conclusione,
non è che Muz sia un brutto giornale; un po’ inutile, semmai, ma è agli inizi e magari migliorerà. La sua esistenza, però, che sfida le leggi del mercato e quelle del buon senso, non può che essere un po’ inquietante. In fondo è comunque qualcosa.

lunedì, 20 03 2006

Quattro singoli per prepararsi all’equinozio


Built to spill – Conventional Wisdom (Single edit) (MP3)
L’imminente ritorno della fondamentale e influentissima band di Doug Martsch è già uno dei dischi dell’anno. Questa single version di uno dei suoi pezzi migliori è lunga la metà dell’album version, rimanendo l’anthem indie-rock che quest’anno ancora mancava e scartando le pur succulente derive psichedeliche in puro stile Television del finale. Non vedo l’ora di ballarla.

Zero 7 feat. Josè Gonzalez – Futures (MP3) (via)
Il nuovo singolo del combo downtempo inglese si avvale
alla voce del prodigio acustico svedese di cui da queste parti si è più volte parlato negli scorsi mesi. Il risultato è una pop ballad indolente ma di altissima classe, con echi quasi seventies e, anche qui, inevitabile deriva psichedelica alla fine. Non cambierà la storia della musica, ma raddrizzerà qualche pigro risveglio primaverile, quello sì.

Belle & Sebastian – The life pursuit (MP3)
Life is far and beyond / your present situation / and it’s wide and it’s broad / beyond all extimation: le parole dei Belle & Sebastian sono sempre preziose, anche e soprattutto nei lati-B (del singolo di The blues are still blue, in questo caso); ancor di più se sono incorniciate da una canzone gloriosa e schifosamente ottimista, con tutti i cori al posto giusto, le rullate frenetiche che non stanno nella pelle e una melodia in maggiore che non potrebbe inerpicarsi più in alto di così. In loop.

Mark Ronson & Alex Greenwald – Just (MP3) (via) [Radiohead cover]
Mark Ronson & Alex Greenwald – Just (MOV)

Brillante reinterpretazione del classico dei Radiohead firmata dal DJ newyorkese insieme al cantante dei Phantom Planet (quelli di Californiaaaa, you know), diversissima dall’originale ma in qualche modo, secondo me, rispettosa dello spirito della band di The Bends. La sua base hip-hop e il tripudio di fiati, tra l’altro,
ben si sposano al video di graffiti animati. Tutto il contrario di quanto si può dire dell’agghiacciante A wolf at the door firmata Dolcenera..

mercoledì, 15 03 2006

Just a note to beg


[Sistemi anticopia sì, sistemi anticopia no: i Matmos scelgono di evitare di utilizzare quei programmini -spesso e volentieri non troppo dissimili a virus- che ostacolano la copia e l’ascolto su computer e lettori portatili e chiedono per favore che il loro ultimo CD non sia messo online. Sforzo apprezzabile? O richiesta completamente fuori dal tempo?]

lunedì, 13 03 2006

At the department of the worst taste songs

Ai Radio Dept. da queste parti si è affezionati da tempo, e in modoi molto più profondo e inspiegabile di quanto a volte ci si renda conto. Oltre ad aver contribuito ad organizzarne quel concerto che, secondo qualcuno, resterà nella storia, certi passaggi di When the damage isn’t already done, Strange things will happen e I don’t need love, I’ve got my band hanno ormai una tale quantità di ricordi attaccati che il loro valore personale è paragonabile a quello dei grandi classici.
Dopo Lesser Matters e un paio di EP la band svedese è pronta a tornare con un nuovo LP, Pet Grief, che uscirà ad Aprile, ed è anticipato in questi giorni dal singolo The worst taste in music. Nonostante sia tutt’altro che un brutto pezzo, il responso appare evidente: come appariva già chiaro dal precedente EP This past week, i Radio Dept sono ormai persi tra le brume di certi riverberi anni ’80 che odorano tanto di Pet Shop Boys e che, se sono da sempre nel loro DNA, hanno
ora decisamente preso il sopravvento alle spese delle chitarre più acide e rumorose ma anche delle inflessioni più strettamente indie. Dalla press release:

You’ll hear from the very first chord of ”The worst taste in music” that you’re listening to The Radio Dept. Still, something has definitely changed. The mood is darker, more epic, grander and even more beautiful than ever. Every single time they strike that lonely piano note it’s a drama in itself. Maybe you hear this 10 times a day…but this might very well be the single of the year.

Oltre al singolo e al suo drammatico pianforte solitario, a rimpolpare il CDs ci sono due remix (uno quasi deep house con raddoppi di cassa stile Blue Monday, l’altro più disgregato) e un inedito che non cambia molto le carte in tavola. Aspettiamo il disco, e speriamo che il miracolo si ripeta. Altrimenti forse è giunto il momento di dissotterrare le collezioni di dischi proibite, e di darsi al cattivo gusto musicale.

The Radio Dept. – The worst taste in music (MP3)
The Radio Dept. – The worst taste in music (Flow Flux Clan remix) (MP3)

venerdì, 10 03 2006

A little cloud

La musica dei Perturbazione, da sempre, mi fa pensare a Joyce. Come cosa suona un po’ strana, me ne rendo conto; e certo se si prendono le divagazioni più cervellotiche dell’Ulisse o il periodare sperimentale di Finnegan’s Wake i punti di contatto, a ben vedere, sono pochi un po’ in tutti i sensi. C’è però un racconto in particolare che mi fa pensare a loro, ovvero Una piccola nube, dalla raccolta Dubliners. A parte le ovvie affinitità metereologiche e il concetto per eccellenza pop dell’attenzione altra alle piccole cose, ad accomunarli c’è la rara capacità di vedere e mostrare epifanie cariche di senso anche in cose che sembrano non aver più nulla da dire, che siano gli sguardi bassi di Little Chandler come gli anni sbagliati ma diversi nascosti dietro una ‘e’ aperta o chiusa.
E venendo, dalla gente di Dublino alla gente di Torino, mercoledì scorso a Murato i Perturbazione sono stati protagonisti di uno sgangheratissimo set in duo, in cui Tommaso Cerasuolo (voce) e Gigi Giancursi (chitarra e cori) hanno proposto versioni all’osso di parecchi pezzi dei loro ultimi due dischi (su tutti una magistrale I complicati pretesti del come e Il senso della vite, irresistibile anche in chiave acustica) e varie cover, tra cui la riuscitissima e inattesa reinterpretazione di John Wayne Gacy, Jr. di Sufjan Stevens e I don’t want to spoil the party dei Beatles. Hanno poi riproposto i tre pezzi che avevano già suonato il pomeriggio nel salotto del Maestro di Cerimonie Fede Bernocchi dai cugini di Radio Città del Capo, ovvero il classico Agosto (che anche con una chitarra sola rende in maniera insospettabile, non credevo), una versione quasi dylaniana della controversa Se Mi Scrivi e la sentita cover di I will follow you into the dark dall’ultimo dei Death Cab for Cutie. Piccole epifanie tra amici, praticamente.

Perturbazione – Agosto (Live @ RCdC) (MP3)
Perturbazione – Se Mi Scrivi (Live @ RCdC) (MP3)
Perturbazione – I will follow you into the dark (Death Cab for Cutie) (Live @ RCdC) (MP3)