venerdì, 11/12/2009

Will you hold my hand when I go?

Ogni tanto capita che bei dischi che avrebbero tutte le caratteristiche per sfondare (o almeno attirare un po’ di attenzione da stampa e blog) cadano invece in uno strano gorgo di indifferenza e vengano immediatamente dimenticati anche se non lo meritano.

E’ più o meno quello che è successo a Yeah So, il disco d’esordio degli Slow Club pubblicato a inizio anno dalla sempre trendissima Moshi Moshi, che avrebbe avuto tutte le carte in regola per sfondare (sono un duo uomo-donna con formazione à la White Stripes, sono inglesi, suonano un brioso folk-pop molto orecchiabile) e che invece non si è filato quasi nessuno.

Peccato perchè è un disco caruccio, con belle ballate, veloci cavalcate folk che diventano quasi country ma che contemporaneamente flirtano con il rock’n’roll e un paio di testi naif ma ispirati, come quello del mio pezzo preferito, la opener When I go, che racconta una variazione sul tema «se per quell’anno nessuno di noi due è sposato, ci sposiamo tra noi?».

 

If we’re both not married by twenty-two
Could I be so bold and ask you?
If we’re both not married by twenty-three
Will you make my year, and ask me?

 

If we’re both not married by twenty-four
Will you pass me those knee pads and I’ll get on the floor
If we’re both not married by twenty-five
I hope that there’s some childish spark still alive

 

Cos there are so many lessons
That I just never get to learn
And there are so many questions that still burn, like

 

Will you hold my hand when I go?

 

Slow Club – When I Go (MP3)

 

 

giovedì, 10/12/2009

Il regalo di natale dei Portishead (per Amnesty)

Portishead have released a brand new track – ‘Chase the Tear’ for Amnesty International.

It’s now available as an exclusive download single from 7 digital with all earnings going towards Amnesty’s human rights work. ‘Chase the Tear’ is a reference to a paper tear-style ‘tear’, not a tear from an eye!

Nuovo pezzo dei Portishead, che si può acquistare online per supportare Amnesty International. Spettacolo.

 

giovedì, 10/12/2009

Po po po poker face po po poker face

Vocalmente non è niente di particolare, ma la coreografia VINCE.

 

mercoledì, 09/12/2009

The Evolution of the hipster

[Clicca sull'immagine per ingrandire]

 

Un paio di settimane fa citavamo Paste Magazine e le sue classifiche con il meglio di fine decennio. E dall'ultimo numero di Paste viene questo ritratto dell'evoluzione dell'hipster, che dall'emo di inizio millennio, passando per lo scenester, il twee, il montanaro, la vintage queen e il Williamsburghese fino al recentissimo meta-nerd, tenta di descrivere fasi e tipologie di una subcultura che non esiste.   

E' ovvio che vederle come fasi successive e così cronologicamente connotate è un mero pretesto per emulare il celebre e pluri-parodizzato grafico dell'evoluzione, ed è anche ovvio che il giochetto delle descrizioni brevi e ironiche funziona solo fino a un certo punto (e presta il fianco a tutte le ironiche prese per il culo del caso); però provate a fingere di non conoscere gente che ricade a puntino in uno stereotipo o nell'altro, se ci riuscite. E a fingere di non esserci caduti anche voi, almeno qualche volta…

lunedì, 07/12/2009

La cuffia di lana

Neff knitted headphones

 

(grazie a thisKID)

 

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lunedì, 07/12/2009

Movie Villain speed dating

Movie Villain Speed dating, da Mad Atoms.

 

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venerdì, 04/12/2009

Il cinema indie, un non genere già andato a male

Cosa cercate, voi, in un buon film?

Quando decidete cosa andare a vedere al cinema, cosa affittare al videonoleggio, cosa guardare sulla pay-tv o cosa scaricare da Bittorrent, in base a cosa scegliete un film? Cercate qualcosa di noto o qualcosa di ignoto? Preferite film che parlino in modo quanto più fedele di vite simili alla vostra, o sperate di evadere lontano? Cercate di rispecchiarvi il più possibile nei personaggi o venite irritati dalla pretesa di parlare di cose a voi familiari?

Io pendo spesso per la prima ipotesi, lo ammetto. E lo considero in buona parte un difetto, che mi tiene lontano da generi che sovente scarto a priori (scoprendo poi anni dopo di essermi perso dei capolavori), in favore di storielle senza sale che srotolano riferimenti di cultura pop in cui mi ritrovo. Storielle senza sale come quelle del cinema indie.

 

Il cinema indie è una mostruosità. Il cinema indie (in cui il vaghissimo termine che tanto amiamo è da intendersi nel senso pitchforkiano del termine, di quella cultura pop per lo più anglosassone che vorrebbe opporsi al mainstream ma è di fatto costretta a metterne in piedi una versione distorta e snob, condannata tanto all’irriducibile inseguimento del futuro quanto alla venerazione del passato) era una rarità fino a qualche anno fa, mentre ora, scoperto un segmento di mercato ingenuo e appetibile, è diventato un vero e proprio filone, con capostipiti nobili (dalle grandi commedie degli anni ’80 a recenti film di culto come Eternal sunshine of the spotless mind, I Tenenbaums o Lost in translation) e produzione abbondante. Il suo target (e i suoi protagonisti) siamo noi, tardoadolescenti, twenty e thirty-something occidentali con buoni titoli di studio, discreto potere di acquisto e una declinazione di gusti su musicacinemalibriinternet che ci fa sentire migliori di coloro che ci circondano.

 

 

 

Nel momento in cui si è rivelato come un genere, il cinema indie era già morto.

L’inizio della fine è stato Garden State. Un film terribile, diretto e interpretato dall’icona del puccismo Zach Braff (meglio noto come J.D., protagonista di Scrubs), tenuto in piedi unicamente da una bella colonna sonora, infilata a forza nella storia nella celebre scena "Devi sentire questa canzone, ti cambierà la vita" che ha consacrato gli Shins. Un film impossibile da raccontare, tanto la trama è esile e i dialoghi pretestuosi.

 

 

 

In mezzo c’è stato Juno. Inaspettatamente apprezzato dal pubblico, Juno è stato in grado di parlare a pubblici diversi, smarcandosi dai luoghi comuni delle commedie tutte indie-pop e dialoghi quirky (che pure incarna) con una storia ben scritta e un po’ più carne al fuoco del solito.Sotto sotto rimane una commediola di poche pretese e media gradevolezza, ma in mezzo agli altri film del suo genere riesce a fare un figurone.

 

 

 

Il punto più basso del genere è stato probabilmente toccato da Nick and Norah’s infinite playlist, un film così brutto che al confronto Juno sembra un’opera di Truffaut. Mai vista un’esibizione tanto sfacciata di riferimenti fin dalla prima scena (una carrellata dei poster appesi in camera dal protagonista; sottile), un namedropping così furibondo, una storia così inverosimile. Il fatto che in teoria sia una commedia da teenager rischia di essere un’aggravante invece che un’attenuante.

 

 

 

Ormai, come dicevo, esce una commedia indie ogni paio di mesi. Adesso anche in Italia è il turno di 500 days of Summer (da noi 500 giorni insieme), che vuol raccontare una storia d’amore atipica che, guarda caso, cade in tutti i luoghi comuni del caso: vestiti vintage per lei, vulcanica e appassionata (Zooey Deschanel, già chanteuse retrò con She & Him e ora moglie di Ben Gibbard dei Death Cab for Twilight Cutie), cardigan e sneakers per lui, timido ma sensibile (l’ex bambino prodigio Joseph Gordon-Levitt); e (oltre a un imbarazzante product placement dell’IKEA su cui è meglio sorvolare) un paio di scene topiche sulle note degli Smiths. Audace!

 

 

 

A confronto con 500 days of Summer, Away we go (già presentato con grosso timore su queste pagine mesi fa) fa un vero figurone, perchè quanto meno è un film vero; il regista (Sam Mendes, quello di American Beauty) conosce il mestiere e gli attori pure, ed è già un inizio. Ma è anche una fine: la trama (firmata dall’ex formidabile genio Dave Eggers e da sua moglie) vede il verosimile scenario di una coppia di trentenni in attesa di un figlio che vagano per gli States alla ricerca di una città in cui stabilirsi a vivere. Succede un po’ a tutti, del resto.

 

 

 

Negli states è da poco uscito Paper Heart, che osa di più nella forma quindi fallisce in modo ancor più sonoro. Si tratta di un finto documentario/reality sulla protagonista Charlene Yi e la sua difficoltà a innamorarsi (son problemi); il protagonista maschile è Michael Cera (già in Juno e in Nick and Norah; get a real career, dude) nel ruolo di se stesso e la cosa fa accapponare la pelle al solo pensiero. La sua faccia da culo fa prudere le mani per tutto il film, così come le risatine della protagonista e la vacuità dell’intera operazione. Quando la Yi imbraccia la chitarra e si mette a registrare col suo Macbook una canzone twee-pop / freak folk per il suo amato (la trovate qui sotto) si comincia ad augurarsi l’estinzione del genere umano. O, quantomeno, ci si sente pronti per darsi all’horror.

 

 

 

[sullo stesso argomento ma spettro un po’ più ampio e opinioni un po’ diverse e meglio argomentate: Blueblanket su queste pagine, mesi fa]

 

 

 

The Shins – New slang (MP3)

The Moldy Peaches – Anyone else but you (MP3)

Charlene Yi – Perfume (MP3)

 

giovedì, 03/12/2009

nel dubbio: postare nick cave su inkiostro è come postare tette su asphalto, no?

di

scrivendo una mail ad un’amica sono finito a rileggermi, a distanza di 14 anni, il testo di disco 2000, scoprendo all’improvviso tutta un’aura di malinconia glam che all’epoca era rimasta (almeno per me) sepolta sotto i synth e di cui mi sarei accorto solo con help the aged. all’epoca tutti – giornali, giornalisti e fanzinari assortiti – cercavano "i nuovi smiths" e se ne venivano fuori coi gruppi piú improbabili. io ricordo i gene, per dire, e credo di essere l’unico al mondo (rumore aveva cercato di pomparli per qualche numero, e per me all’epoca rumore era il vangelo – ah, beata ingenuità adolescenziale).

 

ecco, a distanza di un quindicennio sono ormai sicuro che "i nuovi smiths" fossero proprio i pulp, ce li avessimo di fronte agli occhi e non ce ne siamo accorti perché eravamo troppo fessi e snobisti e poi perché in fondo i pulp erano nati pure prima degli smiths. chissà perché questa illuminazione mi riempie di una tristezza infinita, come se fossi deborah e all’improvviso mi accorgessi di jarvis il nerd appostato fuori dalla mia finestra.

 

dovendo illustrare il post, ero incerto fra una cover di nick cave (in onore di inkiostro, che co-ospita questo post) e una dei franz ferdinand, entrambe vecchie di lustri ma che non ricordo di aver mai visto postate su un blog italiano. nell’incertezza, eccole entrambe.

 

 

giovedì, 03/12/2009

L’unica band che non fa video per promuovere la musica, ma musica per promuovere i video

Qualcuno se li ricorda gli OK Go? Nel 2006 avevano avuto i loro 15 minuti di celebrità grazie ai coreograficissimi video A million ways (quello dove ballano senza tapis roulant) e Here it goes again (quello dove ballano con i tapis roulant); poi sono scomparsi nel dimenticatoio che la loro anonima musica meritava.

Ora i nostri ci riprovano: in occasione dell'uscita del nuovo disco Of the blue color of the sky (che esce a Gennaio ed è prodotto nientemeno che da Dave Fridmann) è appena stato diffuso il video del singolo WTF?. Ancora una volta un pezzo non proprio immortale (ma meno ruffiano dei vecchi singoli, va detto) con un video assolutamente distintivo, che fa un uso creativo di una tecnologia datata e sembra, ancora una volta, interessare alla band più della musica.

Visto l'impegno che ci mettono, viene da chiedersi se non gli convenga direttamente cambiare mestiere.

 

mercoledì, 02/12/2009

Ordinary Day

mercoledì, 02/12/2009

Now you may (wait for it) update your status

di

"I surprised not only my guests, but also Tracy by pulling out my phone and posting on Facebook and Twitter from the altar during out wedding. I had her phone ready in my pocket, so when she asked for it I could hand it to her. No one knew about this except the minister, and myself".

Qui sotto il video, questo è il tweet. (via)

mercoledì, 02/12/2009

It’s complicated

(via)

 

martedì, 01/12/2009

XKCD Book

Finalmente è arrivato.

Con solo un paio di mesi di ritardo (l’avevo ordinato a settembre), qualche giorno fa mi è arrivato il libro di XKCD , la clamorosa nerd comic strip che Randall Munroe pubblica ogni lunedì, mercoledì e venerdì sul suo sito. Se bazzicate la parte abitata della rete e avete amici geek non potete non aver incrociato almeno una volta le sue vignette; il libro ne raccoglie una selezione delle migliori, insieme a un po’ di inediti e di annotazioni (spesso a prima vista incomprensibili).

 

Purtroppo, come testimonia Anobii, ancora dalle nostre parti a parte me non l’ha comprato nessuno. Datevi da fare! Se avete amici o parenti nerd, geek, informatici, ingegneri, smanettoni, tecnomani & co., XKCD Volume 0 è il regalo di Natale ideale.

[on a slightly unrelated note, stasera a Impronte digitali parleremo di Anobii e del suo controverso libro, appena pubblicato da Rizzoli. Dalle 19 sui 103.1 FM a Bologna e dintorni, streaming qui]

 

 

lunedì, 30/11/2009

Phone booth > Phone book

Da Repubblica, Dio e inkiostro mi perdonino.

 

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lunedì, 30/11/2009

PillowFight Bolonnia

 

Mi riprometto sempre di andarci, ma poi all’ultimo momento inevitabilmente me ne scordo. Sabato a Bologna c’è stata una Pillow Fight in Piazza Maggiore e io me la sono persa. Fortuna che c’è questo bel set di flickr (da cui viene la foto qua sopra) e questo video (girato dalla redazione di Radio Città del Capo) in cui si vede in tutta la sua bellezza la battaglia di cuscini e la nube di piume sul crescentone con Palazzo D’accursio e il Nettuno sullo sfondo. La prossima volta me lo segno. 

 

 

 

venerdì, 27/11/2009

I’m warm in the shadows here

Se qualche mese fa mi avessero detto che avrei passato mezzo autunno ad ascoltare con il repeat un pezzo di una band che richiama gli Abba, l’eleganza disco di Donna Summer e un pizzico di frecchettonismo familiare alla Mamas and Papas e che ha un nome stupido come Music go Music probabilmente mi sarei messo a ridere. E invece da quando ho sentito per la prima volta la loro Warm in tha shadows (e ancor di più, da quando ho visto i nove minuti del suo filologicissimo video pseudo-live) mi sono completamente innamorato. Se il loro disco d’esordio fosse tutto a questi livelli avrei probabilmente uno dei miei dischi dell’anno. Invece quasi tutte le canzoni di Expressions (uscito un paio di mesi fa su Secretly Canadian) si perdono dietro al gioco di seguire pedissequamente questo o quel modello e dimenticano un po’ il songwriting. Poco male: l’operazione Music go Music è chiaramente un gioco (tutti i membri fanno parte di altre band dell’area di Los Angeles: Bodies of Water, Beachwood Sparks, Mezzanine Owls, Chapin Sisters) e non c’è bisogno che vada particolarmente lontano. Finchè fa almeno un pezzo così bello per disco, per me va più che bene.

 

 

Music Go Music – Warm in the shadows (MP3) 

Music Go Music – Light of love (Mp3)

 

giovedì, 26/11/2009

Il meglio del decennio secondo Paste

Il gioco delle classifiche con il meglio del decennio (una raccolta di quelle di musica o di libri su Large-Hearted Boy) che (forse) sta per concludersi ha già stufato da un po’, lo so.

 

Però le classifiche del giornale musicale americano Paste Magazine (una specie di Mucchio con più folk e niente politica, ammesso che sia possibile immaginare un Mucchio senza politica) sono una fonte di spunti niente male. Per tutto Novembre Paste pubblica una nuova classifica al giorno, di argomento non solo musicale, e il gioco secondo me funziona.

Ci sono le classifiche ovvie come quella del disco (Illinoise di Sufjan Stevens. Boooring.), del film (City of God di Meirelles. E’ davvero così bello? Devo recuperarlo?), del libro (Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay, di Michael Chabon. Diavolo, mi manca. Della top 20 ne ho letta solo la metà) o del video (B.O.B degli Outkast. Gondry è solo al secondo posto con Fell in love with a girl, che non è certo tra i suoi migliori. Jonze e Cunningham non arrivano neanche nella top 10, ma mi viene dubbio che il meglio l’abbiano fatto nel decennio scorso).

 

Ma ci sono anche classifiche un po’ più creative, come quelle della colonna sonora (Fratello dove sei? dei Fratelli Cohen. Bella soundtrack ma non sono sicuro sia proprio la migliore), del gadget (ve lo devo dire?, l’iPod. Seguono il Tivo, un navigatore satellitare, la Datacard Vodafone e la Wii. L’iPhone si fa battere pure dal Kindle), del live act (vincono gli Arcade Fire, seguono i Flaming Lips. Io forse avrei invertito, o forse no), della serie tv (prima Arrested Development, seconda The Wire. A me paiono un po’ di pianeti diversi), dello stilista (Marc Jacobs. Vorrei tanto avere un’opinione al riguardo. Ragazze, aiutatemi) e della album cover (Middle Cyclone di Neko Case?? Evidentemente siamo impazziti. Altissima densità di scelte questionabili qui, anche se Animal Collective e Andrew WK al secondo e terzo forse ci stanno).

 

Alla fine, preso con lo spirito giusto, è un buon modo per ripassare gli ultimi anni e cercare di dargli un po’ di prospettiva. Oltre a farsi delle seghe mentali, non è appunto a quello che servono le classifiche?

 

mercoledì, 25/11/2009

John, Paul, Greg e Scottie

di

"It’s astounding to realize that it’s been over one thousand years since The Beatles walked the Earth"

Beatles 3000 di Scott Gairdner [via]

mercoledì, 25/11/2009

Questo è rock’n’roll

Se pure Berlusconi è rock’n’roll, allora cosa i Kings of Convenience, metal?

A vedere lo stage diving di Erlend Oye durante il concerto della sua band a Oslo di 5 giorni fa (su I’d rather dance with you than talk to you) viene quasi il dubbio di sì. Non ci credete? C’è il video: