lunedì, 25/01/2010

In ricordo di Max

Max era una persona speciale, di quelle che, anche se sei fortunato, ne incontri poche in una vita.

Con una capacità e una determinazione inimmaginabili è stato l’anima e il cuore del Covo per quasi 15 anni, portandolo a raggiungere una fama internazionale che rasenta il culto, con una programmazione di concerti che compete con quella dei club delle città più grandi del mondo e un dancefloor dallo stile unico. Max è partito da niente, e animato solo dalla sua passione è arrivato a fare uno dei più bei mestieri del mondo in uno dei più bei posti del mondo.

Che è tale in buona parte grazie a lui.

 

Max non era una persona facile. Lo sguardo sardonico, il sarcasmo acuto di chi la sa lunga, una quantità di responsabilità impossibili da indovinare da fuori e il desiderio di rimanere sempre a margine delle luci lo rendevano sfuggente e difficile da conoscere. Era una persona che ti dovevi conquistare.

Qualche anno fa un paio di volte andai a cena a casa sua. Mangiammo una pizza, bevemmo vino, chiacchierammo fitto e guardammo 24 hour party people, uno dei suoi film preferiti, che racconta la storia di Tony Wilson e del meraviglioso disastro della scena musicale di Manchester di fine anni ’80 (quella dei New Order, della Factory Records, degli Stone Roses, dell’Hacienda, degli Happy Mondays). Quella storia, spiegò, rappresentava in pieno la sua visione delle cose: l’attitudine do it yourself sempre in bilico tra genialità e pura incoscienza che riesce a costruire qualcosa di immortale, fragile e irripetibile. Era un modello chiaro e dichiarato, perseguito con tenacia per anni e a poco a poco raggiunto e, forse, superato.

 

Negli anni Max è riuscito a fare cose enormi, guidando un locale che è sulla cresta dell’onda da più di 20 anni, attraversando opposte mode musicali, crisi economiche, ricambi generazionali e dissennate politiche comunali, regalandoci centinaia di concerti indimenticabili e alcune delle migliori serate della nostra vita. Ma soprattutto, è riuscito a mettere in piedi pezzo dopo pezzo una squadra solida e capace che porterà avanti la sua visione delle cose e che tra un paio di mesi accompagnerà il club a festeggiare i 30 anni di vita. Una longevità che pochissimi club del genere possono vantare nel mondo. Forse nessuno, a questi livelli.

 

Da ora in poi, ogni volta che andremo al Covo non riusciremo a guardare l’angolo dietro al bar dove Max era solito stare, taciturno ma sempre presente, anche se sappiamo che lui sarà per sempre lì. E ogni volta che mi capiterà di mettere i dischi al Gate 1, la sua sala, la sua assenza renderà l’umile mestiere del DJ contemporaneamente più difficile e più imperativo di quanto sia mai stato.

Nei mesi e negli anni a venire continueremo a ballare, cantare, vedere concerti, ubriacarci e ascoltare la migliore musica che ci sia in circolazione come abbiamo sempre fatto e non possiamo fare a meno di fare, e come la musica che amiamo ci richiede. Da ora in poi lo faremo anche per lui.

 

venerdì, 22/01/2010

Scoop: ecco cosa presenterà la Apple tra qualche giorno

 

 

[Il Reggibracciochereggeliphone!
Fonte ignota Joshua Held, grazie a Woland. Clicca per ingrandire]

 

giovedì, 21/01/2010

Eye of the Rural Alberta Tiger

Il disco d’esordio dei Rural Alberta Advantage Hometowns è stato senza ombra di dubbio uno dei migliori dischi usciti lo scorso anno. Molti, come il sottoscritto, col tempo se lo sono un po’ dimenticato perchè in realtà l’album risale (almeno) all’anno prima, quando era stato autoprodotto dalla band stessa e aveva avuto una certa fortuna in alcuni festival americani e su qualche blog. Io ne parlai su queste pagine ad agosto del 2008, e poi ebbi modo di vederli dal vivo al South by Southwest dello scorso anno, occasione in cui il loro indie-folk sguaiato e NeutralMilkHotellico mi conquistò senza possibilità di ritorno.

 

Ieri l’etichetta della band (la benemerita Saddle Creek) ha pubblicato un 7 pollici che, dietro il singolone Drain the blood presenta una curiosa versione acustica di Eye of the Tiger, grande anthem dei misconosciuti Survivor pubblicato nel 1982 e reso celebre da Rocky III (di cui era il tema).

So che c’è chi si sta adoperando per portare i Rural ALberta Advantage in Italia a fine primavera. Facciamo in modo che la cosa si avveri, ok? Altrimenti vengo là e vi spiezzo in due.

 

 

 

The Rural Alberta Advantage – Eye of the tiger (Rocky III OST cover) (MP3)

 

 

 

[sì, lo so che «Ti spiezzo in due» è da Rocky IV. Ma poi non mi veniva la chiusura]

mercoledì, 20/01/2010

LO VOGLIO

[grazie a Chiara]

 

martedì, 19/01/2010

Best celebrity Street View sighting EVER

Sembra davvero troppo bello per essere vero: Wayne Coyne, già cantante e uomo-che-cammina-in-una-biglia-gigante-sulle-teste-del-pubblico nei Flaming Lips, è stato fotografato per caso da Google Street View mentre fa il bagno in una vasca all’aperto nei sobborghi di Oklahoma City, dove vive (e, come è noto, dove gli hanno pure intitolato una via). A riportare la notizie è il Daily Telegraph, che l’ha ripescata su un forum di fan della band che sono riusciti a riconoscere Coyne su Street View da "Blob in the bath", l’installazione che mise in piedi sul suo giardino in occasione dell’Halloween del 2007, quando la foto evidentemente è stata scattata:

Coyne can be seen lounging outdoors beneath a hand-painted sign that reads "Blob in the Bath", in what must be a contender for strangest ever celebrity Street View sighting.

 

The bizarre display was spotted by fans of The Flaming Lips as they explored the suburb of Oklahoma City where the 49-year-old performer was raised and still lives with his family.

 

"Wayne, you’re a beautiful weirdo," posted one commenter on the band’s official forum, whose members alerted the Google Sightseeing blog to their find. […]

 

A video posted on MySpace indicates that the "Blob in the Bath" installation was part of the neighbourhood Hallowe’en celebration hosted by Coyne and his wife Michelle in 2007. The bath was apparently rigged up to boil like a cauldron.

 

Other images on the social networking website show Coyne dressed in a long white wig sitting on a lavatory next to the bath, both of which appear to be splattered with fake blood. [#]

Potete vedere Coyne su Street View e fare 4 passi nei dintorni di casa sua qui. Se qualcuno capita dalle parti di Oklahoma City mi raccomando salutatemelo. 

 

 

 

The Flaming Lips feat. Peaches & Henry Rollins – The great gig in the sky (Pink Floyd cover) (MP3)

 

 

lunedì, 18/01/2010

Musiche, maschere, vita

E’ da un po’ che volevo scrivere qualcosa su PJ Harvey – Musiche, maschere, vita, il bel libro scritto da Stefano Solventi e da poco pubblicato da Odoya Edizioni sulla cantautrice del Dorset e sulla sua ormai quasi ventennale carriera. Volevo lodare Solventi (già tra le migliori penne de Il Mucchio e Sentire Ascoltare) per essere riuscito come forse nessuno prima di lui a rendere giustizia alla figura di Polly Jean e alla sua complessità; e volevo consigliarvelo, ai fan come ai neofiti, perchè è un bel modo per ripercorrerne la carriera (e avere una scusa per riascoltarne i dischi) o per approcciarsi per la prima volta alla sua multiforme grandezza.

 

Poi però, prima di mettermi a scrivere, ho cercato in rete una canzone da linkare a corredo del post, e visto che ho già pubblicato l’estate scorsa video e MP3 delle sue canzoni più recenti, mi sono messo a cercare qualche nuova cover. E purtroppo mi sono imbattuto in questa inutilissima versione di This is Love (da Stories from the city, stories from the sea) firmata dagli inutilissimi The Feeling (un gruppo tra le cui fila milita il marito di Sophie Ellis Bextor, per dire), e mi è passta la voglia di scrivere il post.
Il libro però leggetelo, ché è bello.

 

 

The Feeling – This is love (PJ Harvey cover) (MP3)

 

 

domenica, 17/01/2010

Bookwave hanging storage

[Bookwave Hanging storage. Dev’essere comodo prendere i libri in cima]

 

venerdì, 15/01/2010

Che font sei?

Secondo What type are you? (la password è character) io avrei un carattere da New Alphabet. Fortuna che non sono un pallosissimo Times New Roman o ancor peggio un Comic Sans (brr); ho pure sforato il Courier per un soffio.

 

[che è una buona scusa per linkare A secret Message to you dei Devics di Sara Lov e la sua devastante macchina da scrivere. Sara Lov suona proprio stasera al Covo]

 

 

Devics – A secret message to you (MP3)

 

 

giovedì, 14/01/2010

Totally feeling like the cat

giovedì, 14/01/2010

Altroconsumo nerd

Questo simpatico omino qua sopra è Jason Chen di Gizmodo, e le cose che ha addosso sono 4 variazioni sul tema coperta con le maniche che negli ultimi mesi da Mediashopping in giù (anzi, in su) ha invaso mezzo mondo ed è diventata l’oggetto del desiderio di tutti i pigroni casalinghi e freddolosi del mondo. Chen ha confrontato i 4 modelli più diffusi, evidenziando per ciascuno pregi e difetti come si fa normalmente per prodotti di ben altro livello di serietà.
A uscire vincitrice pare essere la Slanket (mentre la Snuggie -il modello venduto da Mediashopping- viene demolita in quanto «appena superiore al tessuto simil-carta di un camice da medico»); chi me la regala?

 

mercoledì, 13/01/2010

If it’s not rough it isn’t fun

Su questo blog nominiamo Lady Gaga e Poker Face un giorno sì e uno no (non siamo snob schifosi). È con particolare piacere quindi che vi introduco al primo grande leak del decennio. Una monumentale discussione sul forum del Mucchio (aka FdC) intorno al fenomeno Lady Gaga (aka Stefani Joanne Angelina Germanotta) sta deragliando su binari sublimi e sul culto di Paul Van Dyk (aka Paul Van Dyk). Al suo interno un importante contributo come il Reboante Edit di Poker Face per mano di Pikkiomania (aka nihil82 aka Widex aka Caizzy) ha ispirato nelle menti veggenti di (appunto) Caizzy e Busy P. Sbirulino (aka Officina Gommy aka tOm) un progetto di cover senza regole registrate male.

PKFace Project

Gabberpunk, ambient satanico, l’inno dei mondiali, Bollywoodfunk, crauti cosmici e pop evoluto. La raccolta in uscita per Borla Records è già leaked (che sia colpa di the man machine aka traffic heart aka boblopette?) con tanto di bonus disc contenente l’esclusiva digital bonus track che ho registrato da esterno (aka ffwd aka batteriaricaricabile) indossando la cotenna ancora calda dello scuoiato Apparat. Per la vostra gioia in calce a questo post potrete sentire la gemma lush p(h)op di Cymbal Beurre. Dalle mie parti invece potete ascoltare il temibile dub pieno di dread di Bessemerr (aka betrayal aka ikke).

Cymbal BeurreMeet Pukkelface At The Festival, In Da Club, Floating In The Space. Mr. Pukkelface Everypapapaplace [MP3]

PKFace Project
AAVVPKFace Project [RAR]

martedì, 12/01/2010

Avatar Hontas

Non so se lo sapevate già (forse avete già visto il trailer ibrido su YouTube): Poca Hontas e Avatar sono fondamentalmente lo stesso film.

 

(via)

 

martedì, 12/01/2010

Best fails of 2009

 Ridere della gente che cade e si fa male o dei passanti innocenti colpiti da un palazzo che crolla è un passatempo buono giusto per il Gabibbo, è noto. Eppure la compilation video Best fails of 2009 di College Humour (che contiene un’abbondante quantità di video catastrofici tra i più linkati in rete negli ultimi 12 mesi) è senza ombra di dubbio il modo giusto per cominciare la giornata. E la settimana. E pure l’anno.

 

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lunedì, 11/01/2010

Game, Set, Match

Ovvero: differenze nelle frasi cercate su Google tra giovani donne e giovani uomini.
Da Predictably Irrational.

 

venerdì, 08/01/2010

Inkiostro 2009/2010 – A floating nastrone

Da queste parti gli ultimi mesi sono stati un po’ strani. Accadimenti di segno opposto si sono susseguiti senza comporsi in uno scenario sensato, di quelli che se li guardi da un lato dovresti essere soddisfatto in modo imbarazzante mentre se la guardi dall’altro ti chiedi come fai ogni giorno a stare ancora in piedi.

Un paio di giorni fa, peraltro, questo blog smarrito ha compiuto 7 anni (fa paura, sì), e l’unico modo giusto per festeggiare la ricorrenza (o piangerla) è un nastrone. Che rispecchia fedelmente la completa mancanza di senso e direzione di questi mesi, cambia atmosfera repentinamente, insegue cose dell’anno passato di cui mi sono reso conto troppo tardi e promesse future che con buone probabilità non verranno mantenute.

 

Scaricatelo traccia per traccia, o in un unico ZIP in fondo. Dovrebbe essere in formato comodo pure per iPod e affini.

 

 

01. Real Estate – Beach Comber (MP3)

Un beach comber è una persona che vive rivendendo gli oggetti trovati sulla spiaggia. Letteralmente, però, vuol dire «colui che pettina la spiaggia». Che mi piace di più: è naif, poetico e un po’ sonnacchioso come tutto il disco dei Real Estate.

 

02. Via Audio – Hello (MP3)

Il pezzo che apre il nuovo disco dei Via Audio mi ricorda Goodnight Moon degli Shivaree, ed è un complimento. Elegante, flemmatico e un po’ fatale. Prodotto dal Jim Eno degli Spoon.

 

03. Notwist – Come in (MP3)

Come da copione, la B-side (dal singolo di Boneless) che è migliore di tutti i pezzi dell’ultimo disco messi insieme. Come in, but One step inside doesn’t mean you understand.

 

04. Massive Attack – Pray For Rain (feat. Tunde Adebimpe) (MP3)

I Massive escono indenni da due decenni di attività vissuti al ralenty, pubblicando un disco nuovo -bellissimo- che non ci fa rimpiangere l’attesa. La collaborazione con il lead singer dei TV on the radio (già anticipata nell’EP di qualche mese fa) è praticamente perfetta.

 

05. Toro Y Moi – Blessa (MP3)

Fenomeno annunciato per l’anno che si apre, l’alfiere del chillwave Chazwick Bundick sa il fatto suo. Atmosfere amniotiche che partono dagli Animal Collective per arrivare all’indietronica ambientale e al soul più riverberato. Il genere non mi esalta, lui invece mi piace un sacco.

 

06. His Clancyness – Mistify The Ocean (MP3)

Del progetto solista del buon Mr. Clancy (Settlefish, A classic education) abbiamo già parlato, e nel mentre il nostro si è fatto notare anche sui blog e sulle webzine che contano oltreoceano. Questo, che risale a pochi giorni fa, è di gran lunga il suo pezzo più bello. Stuck on repeat.

 

07. Local Natives – Wide Eyes (MP3)

Il Guardian scherzosamente li definisce «The Weekend Foxes, A Fleet of Arcade Vampires On Fire», per i loro intrecci vocali e l’attitudine a certa grandiosità nelle melodie che ricordano i suddetti 3 beniamini di PItchfork. Ma c’è qualcosa di male ad essere accomunati ad alcune delle indie-band più di successo degli ultimi anni? Io, come ciliegina sulla torta, ci sento anche certi tribalismi post-milleniali che mi ricordano gli Yeasayer…

 

08. Yeasayer – Madder Red (MP3)

…Yeasayer che col nuovo disco scelgono di farsi talora più accessibili, sposando le inquietudini sciamaniche e ipnotiche che ce li hanno fatti scoprire con un indie-rock classico e dalle basi solide che spesso non disdegna ritmiche da pista da ballo. In alcuni casi (come questo), l’equilibrio è perfetto.

 

09. Bear in heaven – You Do You (MP3)

Le coordinate geografiche (Brooklyn) e musicali non cambiano molto, anche se i BPM si rallentano e compaiono un arpeggiator e una spaesatezza quasi kraut, a colorare lo splendido disco di una di quelle band di cui non sai niente se non che ti piace, e va benissimo così.

 

10. Wild Beasts – All The King’s Men (MP3)

Voce à la Anthony, cavalcate di tom e timpani, chitarre liquide e una struttura quasi teatrale, per il realismo magico della band britannica che suona un genere indefinibile di cui in definitiva so dire solo una cosa: mi piace.

 

11. Sleigh bells – Ring ring (MP3)

Indie-pop meets r’n’b, con volume e distorsione di tutt’altro tenore rispetto alla violentissima e spettacolare Crown on the ground che già abbiamo celebrato. Ma risultati non meno eccitanti.

 

12. Christmas Island – Twenty Nine (MP3)

Jangling guitar, ritmo basilare, coretto surf e una melodia che si stampa nella testa. Non serve altro per fare un grande pezzo. L’isola di Natale, tra l’altro, esiste davvero.

 

13. The Swimmers – A Hundred Hearts (MP3)

Chi sono The Swimmers? Perchè non ho mai letto niente di loro? E perchè questo pezzo mi ha fulminato al primo ascolto, e da innocuo pop orecchiabile è diventato un piccolo tormentone del mio jukebox personale?

 

14. The Soft Pack – Down On Loving (MP3)

Tra i miei preferiti al SXSW dello scorso anno, gli ex Muslims arrivano finalmente al disco d’sordio, che come è ovvio non può che confermare le ottime premesse. Rock’n’roll blueseggiante veloce e scazzato senza pose o pretese. Is this it? Yes.

 

15. Surfer Blood – Floating Vibes (MP3)

Un’abbondante dose di Shins, la freschezza dei Vampire Weekend meno world, un riff stile Death Cab epoca Photo Album: pensate un po’ se non mi possono piacere. E se non possono piacere a voi.

 

16. The Drums – Let’s Go Surfing (MP3)

Indie-pop bass-driven con ottime intuizioni e un paio di piccoli anthem; ce n’è di che ben sperare. In Inghilterra sono già super-hype da mesi, e ora che sono anche sulla cover di NME non li ferma più nessuno.

 

17. Devendra Banhart – 16th & Valencia, Roxy Music (MP3)

Io Devendra Banhart lo odio. Agli esordi il suo freak-folk poteva incuriosire, alla lunga ha rotto le balle come le sue frequentazioni radical-chic e le fascinazioni latine da due soldi. Il disco nuovo, però, è su major. Ha un singolo banale e orecchiabile con un testo bruttissimo. L’hanno stroncato tutti. A me qualcosa ricorda addirittura Beck. Mi piace.

 

18. Midlake – Acts of man (MP3)

Al disco nuovo mancano degli instant classic come Roscoe o Head Home, ma il mood volutamente affranto, monotono e soffocante rafforza un’identità più forte di quanto credevamo. Occhio alle vene.

 

19. Madeleine Peyroux – Between The Bars (Elliott Smith cover) (MP3)

Può una nuova versione (super-classica,  jazzata, bellissima) di un pezzo che hai ascoltato milioni di volte incastrarsi sul tuo lettore senza speranze di fermarsi? Eccome se può.

 

20. Bon Iver – For Emma (live Feat. Eau Claire Memorial Jazz Band) (MP3)

Da solo o con un’orchestra jazz, l’esordio di Bon Iver rimane il disco più bello degli ultimi anni.
Per Emma, una vita fa.

 

 

FULL DOWNLOAD – Inkiostro 2009/2010 Floating nastrone (ZIP > Hotfile)

 

 

 

[la copertina viene da qui]

 

giovedì, 07/01/2010

La verità vi prego sulle classifiche di fine anno

Anche quest’anno ho lietamente saltato il tradizionale rituale della classifica dei dischi di fine anno. A un po’ di sano sarcasmo sull’argomento (firmato Diesel Sweeties), però non posso rinunciare.

 

martedì, 05/01/2010

Tuesday (and wednesday, thursday, friday…) gaming.


Every Day the Same Dream è un piccolo e splendido gioco (se così si può chiamare) realizzato da Paolo Pedercini dell’italianissima Molleindustria per l’Experimental Gameplay Project. Non vi porterà via più di dieci minuti ma per quei dieci minuti vi farà guardare alle vostre giornate con occhi diversi.
Capire lo scopo del gioco (un po’ come nella vita reale) è il punto vero e proprio dell’esperienza, quindi non ve lo spiego. Ma per non lasciarvi a secco di guida, riporto la presentazione del creatore:

"Every day the same dream è una variazione esistenziale sul tema dell’alienazione e del rifiuto del lavoro. L’idea era di caricare la natura ciclica della maggior parte dei videogiochi con un qualche significato (il "gioca ancora" non è un game over). E si, c’è una fine, il gioco si può finire."

Buona routine.

martedì, 05/01/2010

Tuper Tario Tros

Prendete due tra i videogame più famosi di tutti i tempi (Super Mario Bros e Tetris), fondeteli insieme ed otterrete Tuper Tario Tros. Se non riuscite a immaginare come due giochi così diversi possano diventare uno solo, cliccate sul link e non rimarrete delusi. Il grado di giocabilità è ottimo, e sospetto che un ibrido del genere potrebbe funzionare anche al di fuori del mondo dei retrogaming nerd che si ritrovano online. Tutto a parte il mostro finale: dopo un paio di tentativi ho lasciato perdere, davvero troppo difficile. Se qualcuno di voi riesce a superarlo mi direte se esiste un anche un secondo livello..

 

lunedì, 04/01/2010

Il miglior mash-up di tutti i tempi?

Quando ti imbatti in un mash-up che sembra talmente scontato e naturale che ad ogni acolto le canzoni originali che lo compongono diventano sempre di più un ricordo sfumato, vuol dire che il DJ (in questo caso DJ Bootox) ha fatto centro. Seven Nation Army dei White Stripes e Smells like teen spirit dei Nirvana: a match made in heaven.
(via Giavasan)

 

lunedì, 04/01/2010

Una carriera disegnata male

E’ difficile dire il contrario: Damon Gough, in arte Badly Drawn Boy, ha avuto una carriera tutta sbagliata.
E’ partito 10 anni fa col botto di The hour of the bewilderbeast, un disco trascinato da tre singoli clamorosi che ha contribuito a ridefinire il concetto di pop inglese, e che ha imposto l’iconico nerd schivo, burbero e ipersensibile con barba e cappello come uno dei nuovi messia della musica d’autore britannica.
Promessa mantenuta dalla successiva colonna sonora di About a Boy, che oltre a essere un divertissment un po’ meno impegnativo di un reale LP di inediti riusciva ad essere un gran disco (anche qui con dei singoli spettacolari), suggellando l’appropriatissima associazione con l’arguta sensisbilità a metà tra mainstream e underground del film, e con l’alta fedeltà adulta e genuina di Nick Hornby.

 

Da allora il ragazzo disegnato male si è un po’ perso. I tre dischi successivi hanno fallito il confronto con gli esordi in modo più catastrofico di quanto chiunque potesse immaginare, e anche se la penna, quando fa centro, rimane davvero inarrivabile (come nella mia preferita Another devil dies), Gough è gradualmente scomparso da tutti i radar musicali ed è stato rubricato come una bella promessa ormai non mantenuta.

 

Dopo più di 3 anni di assenza quasi totale dalle scene (di questi tempi davvero un’eternità), Badly Drawn Boy è ritornato in punta di piedi, e nessuno sembra essersene accorto. Il nostro ha infatti scelto un ritorno tutt’altro che in grande stile, mantenendo un basso profilo che non stupisce e che anzi gli calza a pennello.

Da 15 giorni è uscito il nuovo album Is there nothing we could do?, colonna sonora del film per la tv inglese The fattest man in Britain che racconta la storia vera del ciccionissimo Georgie Godwin e del record che era fiero di detenere; con un argomento del genere pare proprio che Gough faccia di tutto per rimanere uncool. Il disco è presentato dall’omonima ballata Is there nothing we could do?, che ci mostra un Badly Drawn Boy in ottima forma, con la sua inconfondibile calligrafia dolceamara e il tocco dei giorni migliori. La versione su disco è penalizzata da un arrangiamento un po’ mellifluo, che appesantisce inutilmente quella che dalla versione acustica pare invece un piccolo gioiellino. Centro mancato di poco.
Ma ci siamo abituati a storcere il naso, col ragazzo disegnato male.

 

 

 

Badly Drawn Boy – Is there nothing we could do? (acoustic – live) (MP3)
Badly Drawn Boy – Is there nothing we could do? (MP3)