mercoledì, 27/04/2011

Impronte pasquali

di

Tra ponti e vacanze, gite molto fuori porta e intensi banchetti, dobbiamo recuperare due puntate di Impronte digitali su radiocitta'fujiko.

 

Il 19 aprile abbiamo sentito Beatrice Finauro, Business Digital Manager di Condè Nast Italia, che ci ha raccontato il suo lavoro: come aumentare traffico e la partecipazione alle attività dei siti legati alle rivisti del gruppo editoriale. 

 

MP3  IMPRONTE DIGITALI Beatrice Finauro

 

 

Ieri invece puntata Zibaldone, con notizie e segnalazioni trovate in giro per la rete: Al Qaeda e gli orologi Casio, Marijuana e nucleare, Alta cucina e writers online.

 

MP3  IMPRONTE DIGITALI Zibaldone 2011

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martedì, 26/04/2011

Questa cosa mi sta mandando fuori di testa

Si chiama Otomata, ed è una figata spaziale. E' il tipo di cose che è assai più semplice provare che spiegare (a patto di avere le casse del computer accese), ma se vi serve:

 

Otomata is a generative sequencer. It employs a cellular automaton type logic I’ve devised to produce sound events.

Each alive cell has 4 states: Up, right, down, left. at each cycle, the cells move themselves in the direction of their internal states. If any cell encounters a wall, it triggers a pitched sound whose frequency is determined by the xy position of collision, and the cell reverses its direction. If a cell encounters another cell on its way, it turns itself clockwise.

This set of rules produces chaotic results in some settings, therefore you can end up with never repeating, gradually evolving sequences. Go add some cells, change their orientation by clicking on them, and press play, experiment, have fun.

If you encounter something you like, just press “Copy Piece Link” and save it somewhere, or better, share it!

Immediato da usare, ma assai più complesso di quanto sembra, e la sua capacità di cambiare melodia nel tempo è mesmerizzante. Le melodie create si possono anche salvare (a me per dire è venuto fuori questo che ha qualcosa che mi piace un sacco) e tra un po' arriveranno anche le versioni iOs e Android. Sai quante serate ci perderò?

venerdì, 22/04/2011

Ci pensi ogni tanto alle rane?

L'uscita era stata annunciata per più di un anno fa poi però non se n'era saputo più niente, e il dubbio che il romanzo d'esordio di Francesco Bianconi, leader, autore e vocalist dei Baustelle, non sarebbe mai uscito era abbastanza lecito. Come un fulmine a ciel sereno, però, arriva ora l'annuncio che il libro uscirà tra una decina di giorni (per Mondadori Strade Blu), si intitolerà Il regno animale e, a giudicare dal riassunto, non sarà una storia per nulla autobiografica. E, soprattutto, per nulla Baustelliana.

Alberto è arrivato a Milano dalla provincia toscana, attirato da un lavoro precario. Vorrebbe fare lo scrittore, o almeno il giornalista. E ha dei problemi di erezione. Susi è bella e magra,vorrebbe volare via da quel puzzo di piscio, hashish, benzina, cocaina bruciata e Chanel numero 5 e i milioni di essenze del piano terra della Rinascente. Nel frattempo si taglia il corpo con una lametta. Sandro da bambino pescava le rane con Alberto. Lui è rimasto in provincia, è molto ingrassato, è in cassa integrazione e sta ubriaco di Fernet al bancone del bar. Francesco, cantante di una band indie di successo, è l'unica vittima di un attentato in una festa alla moda nella quale si sentiva pure un po' a disagio. Le loro vite sprecate si toccano in una Milano dalle mille sfaccettature in un mondo in cui sembra perduta ogni speranza di purezza. Lirico, spietato, immaginifico e sfacciatamente contemporaneo. 

Tiriamo la pagliuzza: chi è che si sacrifica e lo legge per la comunità?

(via)

venerdì, 22/04/2011

Paradiso per nerd, una definizione

Ha avuto un certo successo in rete, quindi forse nei giorni scorsi questa vignetta del solito ineffabile XKCD l'avete già vista anche voi:

 

 

Quello che forse non avete visto, però. è che a tempo di record Gud Magazine si è fatto ispirare dalla vignetta e ha effettivamente realizzato una versione di Tetris in Flash che funziona nello stesso modo. Aspettate il tetramino irregolare, e godete. 

 

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giovedì, 21/04/2011

iPhone by Leonardo da Vinci

di

mercoledì, 20/04/2011

Potrei guardare questa cosa per ore

[gli 8 minuti più esaltanti della vostra giornata]

martedì, 19/04/2011

Fuck you now!

E' un triste giorno per Bologna. Sembrava ce l'avesse fatta, invece la lista di Willie non è stata ammessa alle elezioni comunali del mese prossimo. Le firme non erano autenticate, e pare che comunque lo sciamano dell'undeground non abbia la cittadianza italiana.

Noi però lo ricorderemo per sempre come il migliori sindaco che non abbiamo mai avuto, insieme a Beppe Maniglia (che però se possibile aveva un programma ancora meno serio. E non ci ha neanche provato, a candidarsi).

lunedì, 18/04/2011

Ecco a voi la band italiana dell’anno

Vengono da Roma, suonano una specie di indie-electropop autoconsapevole, si chiamano I Cani e parlano di noi.

Esattamente come gli Offlaga Disco Pax parlano di un socialismo tascabile sempre più fuori dal tempo, Le Luci della Centrale elettrica di un maledettismo di provincia in cui siamo troppo vecchi per poter cascare e i Baustelle di un dandysmo spietato e letterario che esiste forse solo nella testa di chi può permettersi di crederci, i Cani parlano invece di noi, 20- o 30-something degli anni zero, sempre attaccati a internet. a riferimenti di cultura pop che siamo lieti nessuno capisca, a mode che proclamiamo solennemente di non seguire, e a relazioni che non funzionano per incompatibilità di gusti musicali o di taglio di capelli.

 

Dopo i due pezzi assai promettenti circolati l'Estate scorsa (I pariolini di 18 anni e Wes Anderson) e l'inedito regalato alla compilation natalizia di Polaroid (che li aveva anche intervistati), ecco ora una nuova canzone, che fa parte anch'essa del loro disco d'esordio che uscirà prossimamente per la 42 Records.

Velleità parla delle cose da cui ci facciamo definire, delle identità, spesso completamente fittizie o, al meglio, puramente ipotetiche, che ci costruiamo, che sono in definitiva ciò che ci permette di riuscire a dormire la notte con un minimo di pace e soddisfazione interiore, da soli o con una rappresentante del sesso opposto che ci consideri degni di questo onore. Spesso proprio in virtù di esse.

 

Esattamente come Velleità, tutto il disco d'esordio dei Cani è un piccolo trattato di sociologia in forma electropop, un sussidiario illustrato della giovinezza due punto zero, una lunga Disco 2000 ambientata al Pigneto, un resoconto dell'educazione per lo più sentimentale della generazione sempre troppo ironica e drammaticamente autoconsapevole dell'era di Facebook.

Nessuno dei pezzi usciti finora è tra i migliori del disco. Che è tutt'altro che perfetto, sia dal punto musicale (il registro è monotono e poco vario) che da quello lirico (tanta verbosità tende a stancare presto), ma che con margini di crescita notevoli è già un'opera enorme, nello stesso senso in cui lo erano le pur diversissime (tra loro e da quella dei Cani) opere prime delle band italiche che citavo prima.

Come tutti i grandi gruppi, soprattutto se italiani, dividerà (o li ami o li odi, come si dice), perchè un approccio così laterale e meta non è per tutti, e tende a annoiare e infastidire chi non si rispecchia (o non si vuole rispecchiare) nel disco e nella visione del mondo che ci sta dietro. Come è logico che sia.

 

Ma dalla prima volta che l'ho sentito mi si è stampato in testa e non se ne va più. Sentirete, e ne riparleremo. Oh se ne riparleremo.

 

sabato, 16/04/2011

Today’s Record Store Day (lalalalalà lalà etc)

 

 

C’erano una volta i vinili di mio padre […]. Quelli che quando posizionavi la puntina sul primo solco, il cuore ti batteva fortissimo nelle orecchie e aspettavi quel rumore inconfondibile, quel fruscio affascinante che ti lasciava con il fiato sospeso per qualche frazione di secondo.

 

Sabato sarà una festa memorabile per coloro che amano dire: “il giradischi ha un suono caldo e corposo” […] Poi arriveranno quelli de “L’ODORE DELLA CARTA!” e si accorgeranno di aver sbagliato giornata.

 

Il testamento di Kurt Cobain, morto qualche mese prima, era nelle mie mani. Lo portai a casa, lo scartai e venni invaso dall'odore di carta del libretto, ruvido, composto da foto e illustrazioni con i colori saturi, che stridevano con la tristezza del disco.
Lo annuso sempre, quel cd e, credetemi, l'odore di carta c'è ancora, solo un po' affievolito dagli anni.

 

Corro a casa col sorrisone stampato in faccia e tiro fuori il disco. Puzza. Diobono, mamma, senti che puzza, accidenti, ecco perché costava meno. Mia madre prende il disco e ride. Non è puzza, è patchouli, si vede che a Madonna piace il patchouli.

 


All’odore del vinile ho rinunciato da tempo.

 

“Devi scrivere un pezzo su Disfunzioni? Fantastico, scrivi dell’atmosfera, dell’odore…”

“Quale odore, scusa?”

“Quello dei vinili…”

Se la mia non è stata la generazione più inutile della storia, poco ci manca.

 

 

Captatio

 

Questo post parla del Record Store Day 2011, che è oggi. È nato da una cortese richiesta collettiva del piccolo Franci per Vitaminic, e avrebbe dovuto essere scritto ieri. Quando ancora, nella mia testa, era una cosa breve e piacevole. Però ieri dovevo fare altre cose, poi cucinare, poi sono venuti a casa Thom Yorke e Walter Veltroni, abbiamo discusso molto dell’argomento, ed è diventata questa specie di mastodontico romanzo di formazione che mi ha preso più tempo del previsto – però ho evitato la deriva marxista cui inizialmente continuavo a tendere. Le citazioni sono più o meno decontestualizzate, e comunque ridotte ai minimi termini; sono una piccolissima parte dell’enorme mole di post prodotti in questi giorni e non sono state scelte in base al gradimento (ho omesso molte cose che ho trovato stupende), ma solo per la loro pertinenza con quanto segue. Le potete ritrovare per intero nei riepiloghi giornalieri di questa settimana di post a tema RSD, sempre su Vitaminic, che vi consiglio sinceramente di leggere. Inoltre, se fate caso al nome dell’autore, lì in alto, vedrete che non è inkiostro. Sono io. Il signor blueblanket. Alcuni di voi sanno cosa significa: un monologo chilometrico, in parte vero in parte no, pieno così di link. Per gli altri, buona giornata. Io vi ho avvisato.

 

 

Un negozio di dischi è un luogo antropico a metà fra un parco dei divertimenti e il salotto dell’analista che desideri avere e che non puoi permetterti.

 

Bettole impolverate nascoste in viette sperdute, dischi ammassati come cassette di arance, commessi ultra quarantenni con lo sguardo basso che non dicono neanche "ciao" quando entri. […] Zero promozione, zero eventi, zero innovazione, zero volontà di farcela e di reinventarsi.

 

Perché nel buco di culo di mondo in cui sono cresciuto i negozi di dischi erano questo: impresentabili.

 

 

Secondo me per certe cose è sottovalutato, lo scotto della provincia (e bisogna anche vedere quale provincia). Ovvero, chi non ci ha vissuto certe cose è abituato a darle per scontate.

Io sono stato destinato dal Fato alla più anonima periferia della provincia laziale. Negozi di dischi: due o tre. Decenti: nessuno.

Il negozio di dischi cui avevo giocoforza deciso di appoggiarmi ha un nome futuribile ed esiste tuttora. Il proprietario, un tipo sulla quarantina coi capelli rasati ed una smorfia fissa sul viso, dava l’impressione di essere uno che come partito più a sinistra aveva votato la DC, a malincuore.

La sua competenza si estendeva in un arco oggettivamente piuttosto ampio e apprezzabile, che copriva, se ben ricordo, il peggio pop italiano, diversi tipi di dance, una discreta quantità di progressive ed un buon mazzetto di metal.

Io in quel negozio c’ero capitato la prima volta per caso, ma poi ci avevo comprato cassette destinate ad essere ascoltate (da me) più di quanto il buonsenso non suggerisca (gli 883; ma anche: Zucchero. Ma anche: Massimo di Cataldo. Etc.).

Non me ne vergogno, o non quanto dovrei; ci ho messo degli anni, per farmi una cultura musicale, ed ogni cosa è stata una mia piccola conquista. Vivevo in provincia, sono il primogenito (niente fratelli maggiori a suggerire nulla), mio padre ascoltava moltissima musica ma non me ne ha parlato per anni (suppongo perché scioccato da Zucchero; in compenso mi ha inflitto, sempre per anni, Paolo Conte in macchina, prima che io acquisissi finalmente la facoltà di intendere e di volere e potessi essergliene eternamente grato, come sono ora). Ero un sociopatico, molto più di adesso, e i miei pochi amici ascoltavano musica orribile o cantautori italiani (su cui in effetti ero più che preparato anche all’epoca).

Fino quindi ad un’età in cui il mio attuale coinquilino decideva di smettere per sempre di ascoltare i Beatles (troppo pop) e la mia coinquilina si dava anima e corpo ad un proto-punk vissuto con insolita moderazione dei costumi (la mia coinquilina è una punk ossimorica), io ho ascoltato prevalentemente robaccia. Avrei potuto continuare così ed avrei vissuto una vita felice, suppongo, e piena senz’altro di argomenti di conversazione con l’enorme Paesotto Reale che ti circonda in provincia.

 

 

Negozi del genere campano in parte sui clienti abitudinari (che diminuiscono anno dopo anno), in parte sul pubblico digitalmente analfabetizzato che, con la scomparsa dei cd pirata venduti in strada, è tornato a comprare dischi da sentire sull'impianto stereo della loro macchina, (rigorosamente privo di lettore MP3), e in parte sulle ragazzine che vanno a comprare il disco del loro idolo adolescenziale del momento.

 

Nessun negoziante mentore mi ha introdotto alla scoperta di band che hanno rivoluzionato la mia formazione, nessun esercente dai gusti articolati ha messo su un cd che mi ha fatto appizzare le orecchie. Come è possibile? […] La realtà di fatto è che nella mia adolescenza i negozi di dischi si dividevano in due categorie: quelli coi greatest hits di Celine Dion, e quelli in cui il gestore ti teneva d’occhio perché non ti inculassi i cd. Che poi, incularti cosa, se esposte c’erano solo le custodie vuote?

 

 

Se ciò non è accaduto, lo devo quasi esclusivamente ad un amico e collega di papà. Di lui ricorderò sempre con cifre probabilmente lontane dal vero la mole smisurata di cd che comprava ogni mese. Per corrispondenza, importati direttamente.

Era ed è una persona piuttosto schiva, e molto raramente me li consigliava, i dischi. Più spesso lo infastidivo io, chiedendogli se avesse questo o quel cd di gruppi di cui avevo sentito solo una canzone, per caso, su Tmc2. Che, sì, quand’ero piccolo io, da me MTV mica prendeva.

Lui mi prestava il cd, che spesso con mio sommo stupore suonava enormemente diverso dal singolo che già conoscevo, e ce ne aggiungeva uno o due di gruppi simili, che secondo lui mi sarebbero potuti piacere. È merito suo, e solo suo, se io ho potuto ascoltare i Pixies, i Pavement, gli Eels, Liz Phair, i Delgados, Beck. Cito a caso i primi nomi che mi vengono in mente, quelli che all’epoca smossero di più la mia idea di musica. Ricordo che nel ’98 fece qualche mixtape (ho un momentaneo lapsus sul termine italiano) a mio padre, che io rubai, chiaramente, da subito. C’era Chocolate Genius, più canzoni di quell’album favoloso; c’era, mi pare, Elvis Costello. E un sacco d’altra roba.

Della volta in cui mi mise su Novocaine For the Soul e dal suo preamplificatore a valvole partì il suono (campionato) di un vinile che fruscia non posso parlare, o sembrerei patetico. Però è successo, ed è una cosa che davvero mi ha cambiato la vita.

 

 

Ecco la cosa bella era che il comprare un disco, il farselo consigliare era una cosa di un “social” infinitamente più grande di qualsiasi altro social network dei giorni nostri.

 

Ai tempi io non avevo internet e per me l’informazione musicale arrivava unicamente dalle persone che conoscevo a scuola. Quindi andavo al Musicland e passavo gli espositori, chiedendo consigli e pareri. Era divertente.

 

 

Nel frattempo avevo iniziato a leggere il Mucchio (sempre su consiglio, o per emulazione, del mentore di cui sopra), e sulla base del Mucchio, cercando di non logorare oltremodo la pazienza del sant’uomo, andavo al negozio musicale sovradescritto. Nel ’98, mi ricordo, ero rimasto sconvolto da Last Stop: This Town. Avevo provato a chiedere in prestito il cd al Guru, ma l’aveva già prestato. Così mi feci forza ed andai dal signor Negoziodalnomefuturibile.

Gli Eels, gli dissi. E glielo scrissi. Contemporaneamente. Non nutrivo enormi speranze. Electro-shock Blues. Me lo cerca?

La trafila che si era stabilita da un po’ è che io gli chiedevo roba che lui, normalmente, non aveva. Lui andava a Roma, la comprava, amo pensare, clamorosamente sottocosto (spesso erano cd usciti anni prima, iniziavo a tentare di tappare buchi che ancora oggi ho) e me la rivendeva a prezzo politico: trentotto mila lire. Poi quaranta. Poi quarantadue.

Per gli Eels fu un po’ più complicato. Dopo tre settimane affermò di non averlo trovato. Poi che doveva arrivare. Poi che non c’era.

Lo ottenni dopo un paio di mesi d’insistenza, ma qualcosa si era incrinato.

Contemporaneamente, l’internet dei 56 kb e dell’inquietante rumore di composizione del modem stava conoscendo una delle sue più significative rivoluzioni. Si stava diffondendo Napster.

Io da Napster non mi procuravo solo musica. Ci chattavo, mettendo alla prova il mio inglese buono ma scolastico di 16-17enne (e non solo: una volta un fan dei Mambassa mi mise sotto processo perché avevo tra i miei file Se dei Naftalina. Ti piace la musica semplice, disse con un marcato tono dispregiativo, prima di un’accesa reprimenda. Da quel giorno cominciai a giustificare i file meno decenti affermando “sono di mia sorella minore”). Ricordo ancora con un certo senso di vergogna una volta che volevo dire “mi sento stupido” e dissi “I feel dump”. Dump, chiese il mio dirimpettaio, un pignolo rompicoglioni di qualche parte dell’America. Yes, dissi io, dopo una corsa a prendere il vocabolario monolingue che tuttora mi vuol bene (bene reciproco). You know, a heap of rubbish (il fatto che dopo anni ricordi l’esatto scambio di battute dovrebbe misurare la quantità di vergogna che provai, esattamente, a posteriori). Lui abbandonò la conversazione.

Un americano più paziente, però, un pomeriggio mi disse di segnarmi tre nomi che mi sarebbero certamente piaciuti. Erano i Belle & Sebastian, i Modest Mouse ed i Neutral Milk Hotel.

 

 

Ovunque mi trovo, anche adesso, un giro in un negozio del genere rappresenta una tappa obbligata. Tanto lo so che poi “succede qualcosa”. E succede sempre.


Questa introduzione non serve a nulla se non a specificare il fattore della casualità. Entrare in un negozio di dischi e imbattersi in qualcosa che non fa altro che metterti curiosità e voglia di scommettere con te stesso: “Va bene, lo compro. Mi piacerà? Chissà. E se poi mi fa schifo? Ho solo buttato dieci euro ma ho comunque conosciuto qualcosa a cui forse non sarei mai arrivato.”

 

 

I Belle & Sebastian li avevo trovati per caso a Roma qualche mese prima, in una delle ore libere durante una gita (non andavo a Roma altrimenti: dal mio fazzoletto di provincia sono due ore e passa di pullman fino all’Anagnina, ed io ero molto pigro già all’epoca). Avevo trovato quel disco da Messaggerie Musicali – o almeno credo fosse MM. Ricordo che non avevo mai visto niente di così smisurato dedicato unicamente ai dischi; che c’era la possibilità di ascoltarne alcuni, evento che mi pareva inverosimile, e che sentivo che dovevo sanzionare la cosa in qualche modo compatibile col mio ristretto budget. Dei Belle & Sebastian avevo letto sul Mucchio, anche se non ricordavo bene a che proposito. La copertina era bella e il disco, a metà prezzo, lo comprai e lo ascoltai mezza volta, e non mi impressionò positivamente. Lo accantonai in un angolo dove rimase fino alla conversazione col giovane americano su Napster. Quindi, sentii per la prima volta, seriamente, If You’re Feeling Sinister. E.

Poco dopo, piccola città di provincia vide l’apertura di un nuovo negozio di dischi. Aveva una sezione di dischi usati, e questa era una cosa sconcertante in sé, ed anche se pagava la location con un’amplissima sezione metal aveva dischi che non avrei mai pensato di avere sottomano senza attendere il viaggio a Roma di Negoziante.

Soprattutto, aveva buona parte del catalogo Homesleep.

Di come l’ascolto ripetut(issim)o di Rise And Fall Of Academic Drifting abbia portato anni dopo all’incontro, per me infelice, con JR ho già detto altre volte (troppe) in sedi differenti, ma si sappia che la colpa è del Caso e della follia che aveva convinto quelle tre deliziose persone ad aprire un negozio così in mezzo al nulla. Chiuse in due o tre anni, ça va sans dire.

 

 

Insomma, avevo un sacco di cassette duplicate dagli amici di straforo, e quasi niente di originale.

 

Erano belli i tempi in cui ero piccolo io ed i cd si noleggiavano. Non c'erano nemmeno i masterizzatori (anzi no c'erano ma costavano cifre esorbitanti, e poi tanto il pc in casa non ce l'aveva praticamente nessuno, figuriamoci il masterizzatore – l'unico che io ricordi fortunato possessore di un masterizzatore era un mio amico che noleggiava i cd, li masterizzava e poi rivendeva le copie, ma ha dovuto smettere dopo che gli hanno bucato le gomme della macchina) e si passava tutto su musicassetta, resa sonora incerta ma almeno potevi continuare ad ascoltare anche dopo aver restituito il cd ed andava più che bene.

 

 

Io però nel frattempo avevo finito il liceo e mi ero spostato a Bologna.

In breve tempo ebbi modo di scoprire due cose ugualmente inverosimili: Bologna non aveva solo una biblioteca (paesello, all’epoca, non l’aveva ancora, o era in ristrutturazione perenne – parlo del 2002, non di epoche precedenti all’invenzione della stampa). E in quella biblioteca c’era una sezione di cd. Enorme.

Devo saltare, anche qui, il pesantissimo resoconto della prima (e unica, temo, finora) volta in cui ho stretto il Sussidiario fra le dita. Posso dire che ero sinceramente emozionato, e che già non si riversavano più i cd su cassetta, ma si estraevano i file sul pc.

Così, quando il coinquilino mi parlò della Phonoteca, cui già ero passato davanti un po’ di volte, rimuginando su cosa fosse (entrarci e chiedere mi pareva brutto), fu, comprensibilmente, l’ennesimo nuovo inizio per le nostre grame finanze da universitari fuori sede.

Mi sorprende il fatto che, se provo a concentrarmi, non mi viene in mente quali cd abbia preso in prestito lì. Credo fossimo, io e il coinquilino, perlomeno in fase post-rock. Ma non sarei pronto a giurarlo, e del resto non è un dato fondamentale.

Poco dopo, e siamo nel 2003, cominciai a leggere, oltre alle riviste, Ondarock e Scaruffi un paio di blog che parlavano di musica: Polaroid ed Inkiostro. Da lì iniziai a leggerne molti di più, fino alla malsana idea di scriverne uno, poi fortunatamente chiuso per manifesta inutilità. Un anno dopo, in un clamoroso impeto di socialità, decisi di attaccare bottone con una ragazza su un autobus diretto verso l’Estragon (concerto – ed elogio dei latticini – di Damien Rice), che avrei incontrato di nuovo la settimana successiva andando al Covo, e senza la cui esistenza oggi la mia vita, per una serie di buffe e fortunose coincidenze, non sarebbe neanche lontanamente simile a quella che è (e no, non siamo mai stati insieme)(spiace, eh. Sarebbe stato un bel twist, così fa davvero troppo Brizzi).

 

 

Ho comperato degli album tramite servizi online ma non me li sono mai goduti pienamente. ho ricomprato gli stessi titoli su cd e me li sono gustati meglio. niente cagate tipo “l’mp3 degrada la qualità audio” o cose simili, è proprio un feticismo verso l’oggetto disco/cd/cassetta.

 

Voglio vederli, i miei dischi. Voglio accumularli in pile traballanti, di fianco a divano, per poi metterli su seguendo sentieri di passioni e ricordi. Perché dovrebbe essere meglio avere dei fantasmini digitali, sperduti nel computer?


L’impulso che muove all’acquisto è il desiderio
e non il bisogno. […] voglio il supporto, voglio il vinile, ma di fatto la musica e il supporto su cui viene registrata (e venduta) sono due cose separate. Voglio il supporto fisico anche se non ne avrei bisogno! […]Quello che devi chiederti è: quanto sono disposto a pagare per il valore aggiunto di cui sopra?

 

Il supporto è solo il supporto e alle volte – per questioni connesse a quell’innato bisogno di poesia e di possesso materiale che ci distingue dagli automi – può essere irrinunciabile.

 

La musica è il medium che, più di ogni altro, non risente dell'abbandono del supporto fisico.
E non venitemi a dire che un cd si sente meglio di un file digitale. La qualità del file digitale dipende dalla compressione e la rete mi permette di trovare file non compressi che hanno una resa audio superiore a quella dei cd. Fermo restando che io, comunque, non ho un impianto in grado di valorizzare questo aspetto (e dubito che ce l'abbia la maggior parte di voi) e non ho l'orecchio abbastanza affinato per capire appieno la differenza di qualità.

 

 

Non continuerò con l’aneddotica, anche perché ho l’impressione che qualsiasi potenziale lettore sia già stramazzato al suolo esanime. Se qualcuno fosse sopravvissuto, penso sia chiaro il punto a cui miravo: i negozi di dischi non sono l’unica via per conoscere ed amare la musica, né la migliore.

Io i negozi, specie quelli piccoli, li ho sempre frequentati poco. Sono sempre stato troppo timido per parlare con i commessi, senza contare che, ora che ci penso, per un paio d’anni ha lavorato come commessa alla Ricordi una mia amica bella di una bellezza imbarazzante, con cui per anni ho sognato invano di farmi avanti e che tampinavo farfugliando da piccolo stalker in erba. Tanto sarebbe stato un fallimento clamoroso. Ma dicevo?

Ah, sì. Io i negozi, specie quelli piccoli, li ho sempre considerati un fastidio, in provincia, per la maggiorazione economica e cronologica su ogni singolo cd che esulasse dal ristrettissimo catalogo posseduto, e un percorso obbligato, a Bologna, per acquistare i dischi. Non ho mai avuto con nessun negozio/negoziante nessun rapporto di confidenza, di amicizia, di mutua dipendenza. Il paragone di Enzo con il Bar Sport si sovrappone ad un’immagine che mi era già venuta in mente: nel Bar Sport, le paste, fanno schifo (come il vino all’etanolo che ti offrono i vecchi sottolineando che è fatto in casa: è velenoso, quel vino). E la mitizzazione del romanticismo a scapito della convenienza (o della qualità, a seconda dell’esempio) non mi ha mai convinto del tutto.

I consigli, le discussioni, le scoperte su un disco, le ho sempre fatte o lette altrove: davanti a una birra con gli amici, leggendo forum su internet, leggendo blog e webzine, leggendo giornali, leggendo giornali mentre si beve una birra con un blogger che nel frattempo sta controllando internet (come se fosse uno scenario inverosimile). E oggi sui socialcosi, come chiunque utilizzi internet con un minimo sindacale di dimestichezza.

Quando ho avuto la possibilità di acquistare lo stesso cd ad un prezzo minore da Ricordi, o alla Virgin, o da Nannucci, che piccolo non era, piuttosto che da Disco d'oro o da Underground, da quando c’è la possibilità di farlo su internet ad un prezzo spesso enormemente più basso del prezzo del piccolo negozio, io l’ho fatto. Perché i miei principi più idealistici, temo, non valevano i soldi del mio pranzo (pranzo a cui rinunciavo comunque se volevo comprare chilate di cd, libri e dvd E uscire la sera). Potevo comprare di meno, ma comprare meglio? Probabilmente sì; ma non l’ho fatto, e non sono sicuro di rimpiangerlo.

E non prendiamoci in giro: la possibilità di procurarsi musica gratuitamente, in maniera legale o meno, è una rivoluzione dei costumi con cui tutti ci siamo confrontati, a cui tutti ci siamo abituati. Persino i Metallica si sono messi l’anima in pace.

 

 

Sono tornato in questo vecchio negozio per ritrovare la magia del comprare i dischi "veri" ma l'unica verità è che non c'è nessuna magia. Non c'è mai stata. Era solo una mancanza di scelta che ha generato un'abitudine a cui ho legato dei ricordi piacevoli perché connessi alla scoperta e all'ascolto della musica. Il piacere non è mai derivato dall'oggetto ma dal contenuto.


Oppure ecco, prendo molte copie digitali di valutazione (ehm, scaric… coff) ma poi compro anche tanto. Colpevolmente via internet? Oddio, fosse per me comprerei anche la benzina via internet. Oppure finisco a comprare molto più all'estero sto notando: principalmente per il prezzo.


Da svariati anni il 95% dei dischi che entrano in casa mia sono portati da un postino o da un corriere. […] Perchè praticamente non ci sono più negozi di dischi decenti a Verona e dintorni! […]Il Male è la Fnac, che ha fatto chiudere praticamente tutti i negozi di Verona facendo dei prezzi incredibili nei primi due anni di vita (novità a 11/12 euro, offertacce a 6 euro; credo di aver comprato più dischi in quei due anni che in tutta la mia vita, se parliamo di acquisti effettuati in negozio).


Cercate di dimenticare per un attimo quello a cui siete abituati, e pensateci: un bene immateriale come la musica è fatto apposta per essere acquistato online, anche per chi come noi non può fare a meno dell’oggetto disco. E’ la piattaforma più completa per avere un assaggio di cosa si sta acquistando, prezzi onesti che tagliano le intermediazioni inutili, disponibilità illimitata che rispecchia la sempre più sterminata produzione discografica.

 


Con questo non voglio affermare che sia meglio così. Le sterminate discografie ascoltate solo per un decimo, i dischi sentiti mezza volta distrattamente, per motivi analoghi e paralleli l’inaffrontabile offerta di album potenzialmente interessanti sono tare negative dello stesso sistema, risvolti della medaglia.

Ed il minimo che una persona pragmatica e consapevole può fare è comprare, se non tutta la musica potenzialmente interessante, almeno quella che gradisce davvero e che ha già apprezzato: su internet, in un negozio di una qualsiasi dimensione, ai banchetti dopo i concerti. Che se gli artisti dovessero solo perderci denaro, con quello che fanno (e la stragrande maggioranza ci va sì e no in pari, con i frutti del proprio lavoro intellettuale), sarebbe difficile capire cosa li convinca a continuare.

I piccoli negozi di dischi sono posti suggestivi, spesso tenute da persone deliziose, sinceramente appassionate al loro mestiere. Però soffrono una crisi strutturale dovuta all’impietoso avanzare della tecnologia, e (dio mi perdoni la demagogia) non mi pare esista la giornata del calzolaio.

Per difendere questa suggestione, legata a doppio filo ad uno dei lati più feticistici, ma contemporaneamente più irrazionalmente irresistibili, che un appassionato di musica possa avere – cioè il bisogno di un supporto fisico, ottenuto da una persona fisica, possibilmente in circostanze che creino quel senso di condivisione d’élite proprio di ogni piccolo gruppo ed accrescano il valore immateriale di quell’oggetto che si sta comprando (e magari regalino anche degli aneddoti, perché chi vive di musica vive d’emozioni e generalmente li adora, gli aneddoti) -, oggi si festeggia il Record Store Day.

In molti negozi di dischi si tengono concerti e showcase vari, si vendono uscite speciali e ristampe (elenchi qui e qui). È comunque una cosa bella: la festa della mamma non salvaguardia il ruolo della mamma né ne cambia lo status, ma a lei fa piacere che io le faccia gli auguri ed io mi sento più contento (e mia madre non stampa edizioni limitate).

Approfittatene, se vi va.

 

 

Il fatto è che andare a cercare negli scaffali polverosi di cd o vinili […] ci ha fatto, e continua, a farci stare bene. E solo per questo che continuiamo a farlo.

 

I dischi e gli strumenti musicali erano gli unici modi per fare l’amore con la musica. Ripeto: un rapporto carnale, vero e tangibile. Quando provi questa intima passione è impossibile che tu riesca a liberartene.

Il nuovo non esiste, è solo la forma più mascherata della nostalgia dei clienti, né io negherò il loro diritto inalienabile alla nostalgia. Però non sono un cliente. E’ da ben prima di lavorare qui che non compro musica, e continuerò a non comprarla dopo che avrò finito di lavorare qui.

 

Signori, è finita, ma è stato un onore servire per voi.

 

 

P.S.

Ci sono tre belle interviste ed una non-intervista sull’argomento: Enzo con il titolare di Play Loud, Paolo con Alessandro Gallicchio del Black Candy Store, Giulia con Marco di Nordovest e Federico. Dopo un post in cui sono riuscito a non citare Alta Fedeltà, gli Offlaga di Tono Metallico Standard e L’ultimo disco dei Mohicani (ricordato persino da Repubblica, wow) il minimo mi sembra segnalare un libro sui negozi di dischi indipendenti per Arcana ed il fatto che Letizia Bognanni mette in free download il suo, di argomento affine, qui. Voleste altri media, qui (scoperto via mytaperecorder) c’è il trailer di un film che pare interessante, qui il reportage esclusivo per Vitaminic opera dell’insonnia del beneamatissimo Daniele Piovino e qui l’odierna colonna sonora a tema proposta dai 400 calci.

venerdì, 15/04/2011

This is how rich nerds must play

Vi ricordate il gioco di carte collezionabili Magic – The gathering? Quando ero un ragazzino andava forte, e ricordo di aver mandato in fume diverse paghette nella speranza di trovare un Mutaforme Vesuviano o un Signore dell'abisso, e diversi pomeriggi a testare un mazzo nero blu o il mio virtuosistico nero puro. L'immagine qua sotto (che viene da Geekologie) mostra un insopportabile ragazzino ricco che invece delle carte ha un mazzo fatto di soli iPhone. Ovvia possibilità di barare a parte, mi chiedo cosa succede se il suo avversario si arrabbia e decide di ribaltare il tavolo. Sai le risate.

 

giovedì, 14/04/2011

Una gigantesca serenata kamikaze per Jovabrondi

 

Jovabrondi – Nei garage a Milano Nord ci si skiaccia (È qui la festa del SERT?)

 

Dire le parolacce, essere molto lontano
Fare i camerieri a Parigi, a Kabul, a Beirut
Tornare a casa solo quando ti finisce il grano
E dichiarare guerre alle astronavi di San Patrignano
E partire col camion che raccoglie la spazzatura alle sei di mattina
E scrivere sui muri con i pennarelli scarichi che voglio andare a casa (la casa
dovè?)
E poi appendere un altro albero alla tua schiena per irrigare questo mare nero
nero
Ci provo gusto
Ci provo gusto
A prendere le cose per il verso giusto
E bombardare l'Iraq con i pennarelli scarichi di Mussolini
E leggere su internet i discorsi dei tossici storici
E brillare come le mine e le stelle polari
E conoscere le storie, ognuna originale,
Sapere che nel mondo nessuno è normale
Raccontami un'altra bugia sui fori dei piercing che si richiudono,
Sulle armi dei supermercati che mettono i "beep" nei vaffanculo
Sugli occhi spenti con gli estintori,
Sui conti correnti coi cognomi finti
Fammi riscaldare davanti al fuoco caldo della malinconia
E leggere il giornale prima di tutti,
Degli antifurti, dei carnivori, degli incendi estivi,
Dei truffatori, dei grattacieli, dei clandestini, dei finanzieri
Alberi, bestiole, re, profeti, presidenti, calciatori, poveretti ed animali
Sapere in anteprima tutti i fatti belli e brutti,
Raccontami un'altra bugia con la voce forte di tua madre
Raccontami di un prete di periferia crocifisso in una città d'agosto nonostante
il Vaticano
Dell’avanzata dei deserti a Belgrado

 

Parlare in una macchina davanti a un portone
E ridere a dirotto di distributori di sigarette fosforescenti
Ed alle quattro e mezzo fare colazione
Con cieli indecifrabili e il caffelatte da trecento euro al mese
E lavarsi i denti con le antenne della televisione durante la pubblicità
E non poter andare in moto perché ci sono le targhe dispari
E inchiodare stelle alle lune storte della mia ragazza
Col serbatoio pieno e col giubbotto nero
Le cravatte blu, il tuo fuoco amico
Con gli zaini sulle spalle pieni di cianfrusaglie
E gli occhi lucidi come le mercedes
Fazzoletto al collo e lo sguardo incazzato
L’eyeliner per andare in guerra
La nostra anima che ansimava
Era per un’occupazione temporanea
La notte mi ha adottato
E mi ha dato un lavoro ai tempi dei licenziamenti dei metalmeccanici
Che mi piace un sacco anzi io l'adoro
Mi chiamo Jovabrondi faccio il partigiano in Cina,
Non vado mai a dormire in alberghi appena costruiti che coprono i tramonti (tu
non preoccuparti, tu non preoccuparti)
Saremo come dei dirigibili nei tuoi temporali inconsolabili

 

Ciao mamma guarda come mi diverto!
Dammi cinquanta centesimi!
Ciao mamma guarda come mi diverto!
Dammi cinquanta centesimi!
Per me una birra media e per te un gelato!
In giro per il mondo come sopra un razzo!
Anche se poi abbiamo fatto il giro della centrale a a turbogas!

 

E quando sorge il sole rivenderlo a qualche spacciatore e dire buonanotte!
E le cicatrici sui volti dei magrebini distrutti come dei paracarri
Facce meticce da razze nuove come il millennio che sta arrivando
Questo è l'ombelico del mondo e noi stiamo già ballando

 

Mentre alcuni si impiccavano in garage
Lasciando come ultime volontà le poesie di Vasco
No, Vasco ! No, Vasco, io non ci casco
Per quelli che alla notte ritornano alle tre
Sono sugli autobus sfiniti che dormono in piedi
È qui la festa del SERT?
È una libidine è una guerra fredda!
È un catastrofe è una rivoluzione!
E il basso pompa
E il basso che pompa
Speriamo che la COOP
Che non si rompa!
Musica musica musica (della madonna) gente gente gente divertente
Spacchiamoci le orecchie, pompiamo di più!

 

Fatevi prendere dai per un momento!
Liberati dai treni merce per i diluvi universali dei tuoi pianti!
Facciamo casino, bella storia!
Liberati dai cieli coperti dai copertoni bruciati !
Facciamo casino, bella storia!
Liberati dai lunedì difettosi!
Facciamo casino, bella storia!
Liberati dalla reazione dei residenti !
Facciamo casino, bella storia!

 

Bella forte come l’alta marea dei nostri sguardi
Dolce di dolore come i conoscenti morti negli incidenti
Bella come i cadaveri degli astronauti e i cani avvelenati
Gioia primitiva di saperti viva vita piena giorni e ore batticuore
Pura come gli aironi che abitano vicino al campo nomadi
Nuda come sposa ai tempi del burka
Mentre t'allontani stai con me forever
Metteremo dei letti dappertutto
Dei materassi sporchi volanti
Ci provo gusto
Ci provo gusto
A prendere le cose per il verso giusto
Stasera voglio fare una festa
Insieme alla ragazza mia
Stasera voglio fare una festa
Prendiamo la moto e via via via
E allora via si va via si va si va via in culo a questa notte e pure alla
polizia

 

Il suo alito tremendo mi fa girar la testa
Quando sto su di lei è proprio la mia festa
Mi guardo quando passo sui tetti di eternit degli anni ottanta
E rido e piango e mi fondo con il cielo e con il fango
Mi accorgo che con lei mi sento proprio Vian
Senza di lei sarei solo un ciarlatano,
Come una barca che non esce mai dal porto
Sono un ragazzo fortunato perché m'hanno regalato un sogno
Volo sul ponte più bombardato d'Europa con la mia macchina non catalitica
Sono fortunato perché non c'è niente che ho bisogno
E quando viene sera e tornerò da te e andremo fare l’amore nei container
E a raccogliere i petardi che non sono esplosi
Sei bella come il sole a me mi fai impazzire sei bella come il sole a me mi fai
impazzire
Che a forza di ferirci siamo diventati consanguinei
E sempre come un amuleto tengo i tuoi occhi nella tasca interna del giubbotto
Il nostro scambio d’organi ha imbrattato le pareti dobbiamo ridipingerle
Considerando che l'amore non ha prezzo
Lo pagherò offrendo con la costatazione amichevole del nostro niente

 

Altro che il luna park, altro che il cinema,
Altro che internet, altro che l'opera,
Altro che i CCCP, altro che i cani di piazza Verdi,
Altro che il cielo malconcio di Chernobyl,
Altro che gli eserciti israeliani schierati,
Il più grande spettacolo dopo il big bang siamo noi…
Io e te!
Te che sei
Come un supermercato per me sei sempre aperta
Semplicemente sei
Come un supermercato per me sei sempre aperta
Sostanza dei giorni miei
Che i sogni siano sintomi siano armi nucleari
Serenata rap serenata metropolitana
Mettiti con me non sarò un figlio di puttana
E se gli alberghi appena costruiti coprono i tramonti tu non preoccuparti tu non
preoccuparti
E chiudi tutti i cancelli le tue porte blindate
Le tue braccia magre le tue celle frigorifere
Te che hai preso la mia vita e ne hai fatto molto di più
Chiudi ermeticamente le tue gambe i mari mossi le finestre
Te che cambi tutti i giorni e resti sempre la stessa
E hai i vestiti adatti per i cimiteri monumentali
Affacciati alla finestra amore mio
Ti lascio le tue basi aeree
Affacciati alla finestra amore mio
Ti lascio le tue basi aeree
Affacciati alla finestra amore mio
Ti lascio le tue basi aeree
Senza di te sarebbe stato tutto vano,
Come una spada che trafigge un corpo morto, e gli elettrocardiogrammi piatti
E finiti i tuoi terremoti ci eravamo addormentati
Ti vedo scritta su tutti i muri ogni canzone mi parla di te questa notte questa
città mi sembra bellissima chissà se stai dormendo
Si schianteranno ancora in cielo sopra di noi le frecce tricolori come quella
sera
Dalle province del grande impero sento una voce che si sta alzando:
E cosa racconteremo ai figli che non avremo di  questa cazzo di onda che viene e
che va?

 

 

[Sulla base della notizia del giorno (di ieri), e del conseguente delirio lanciato da Pop Topoi su Twitter]

giovedì, 14/04/2011

E il fondamento della nostra società è

Da Dorkly, il diagramma di Venn delle cose amate da nerds, goths e jocks, ovvero sfigati, dark e «sportivi» (che sono una razza che da noi per fortuna non esiste, o non in questi termini). Il succo, alla fine , è che tutto il mondo è paese.

mercoledì, 13/04/2011

Amore ai tempi dell’IKEA

Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando, poco più di un anno fa, ho avuto occasione di presentare su queste pagine Lo Stato Sociale:

Ladies and gentlemen, there's a new band in town. Si chiama Lo stato sociale, e suona un indie-electro-pop verboso debitore in egual misura sia ai synth e ai beat post 80s dei Postal Service (con un po' di cassa dritta in più) sia a certa musica leggera italiana che, a volte te lo scordi, abbiamo un po' tutti nel DNA. Un coraggioso tentativo di declinare l'educazione per lo più sentimentale della scalmanata teppa bolognese in chiave di pop italico, con i suoni gommosi che piacciono a noi giovani, la cassa che spinge e già un po' di nostalgia per l'assistenzialismo pubblico drammaticamente in via di disfacimento. [#]

Erano partiti con un EP autoprodotto e con un po' di concerti in giro (che sono via via aumentati, fino a raggiungere la ragguardevole cifra di 90 date su e giù per la penisola) e hanno finito per approdare a un contratto con la Garrincha Dischi, che in autunno pubblicherà il loro disco d'esordio e oggi pubblica un nuovo EP, Amore ai tempi dell'IKEA, che potete ascoltare in streaming integrale in esclusiva su inkiostro.com. Costruito intorno all'ennesimo piccolo anthem pop per cui i nostri sembrano avere un talento particolare (dopo averla ascoltata provate a comprare una scatola dell'IKEA senza canticchiarla, se ci riuscite), l'EP non sposta le coordinate musicali della band ma perfeziona la formula e segna un deciso passo in avanti in termini di produzione e arrangiamento. Scrive bene Giorgio su Vitaminic, «Ironia stralunata che mescola personale e sociale, politico e privato, Germania dell’Est ed Eneide, li mette su un tappeto elettronico e costringe il cervelletto a dare l’impulso di ballare».

 

La band presenterà il disco stasera all'Arterìa di Bologna (tra l'altro apre il sempre ottimo Mr. Brace) e ha già fissato un bel po' di date per le prossime settimane.

E, se ve lo steste chiedendo: sì, ci sono anche le istruzioni.

 

 

martedì, 12/04/2011

Soundtrack to our lives

Come già sapete, sono un devoto fan del social network di condivisione di foto «truccate» via iPhone Instagram e del miracoloso equilibrio tra virtuosismo e serendipità che riesce a incarnare. Ma come scrivevo su twitter qualche mese fa, dopo essersi abituati a immortalare un momento dal punto di vista visivo, ti viene subito voglia di poterlo fare anche dal punto di vista musicale o sonoro. E siccome «There's an app for that», è qui che entra in gioco il nuovo Soundtracking.

 

Frutto della stessa idea di mash-up di diverse applicazioni di successo (se Instagram era Hipstamatic + Twitter + Foursquare, Soundtracking è Instagram + Shazam + Twitter + Foursquare), Soundtracking consente di condividere in tempo reale una foto ma anche un collegamento a un brano audio (preso dall'app iPod, riconosciuto in tempo reale o semplicemente ricercato a mano), immediatamente ascoltabile da parte dei tuoi follower che ovviamente possono laicarlo e/o commentarlo. L'App è appena nata ed è chiaramente acerba, ma l'idea è buona e gli sviluppi sono promettenti. Se i suoi sviluppatori lavorano per aggiungere alcune funzioni abbastanza fondamentali, e sostituiscono il collegamento a iTunes con quello con altre librerie musicali gratuite e con canzoni intere (basterebbe anche, che ne so, YouTube) e se riescono a tirare su una community numerosa come quella di Instagram, il successo è assicurato. Per ora non sho trovato nessuno da followare (iscrivetevi! followatemi! ovviamente il mo nome è @inkiostro), ma se vi conosco ora andrete tutti a iscrivervi. E secondo me fate bene.

lunedì, 11/04/2011

Different Strokes

Voi dite quello che volete, ma questa versione orchestrale di Under cover of darkness (l'ultimo singolo degli Strokes, che non smetterò mai di elogiare perchè lo trovo una tra le loro migliori canzoni di sempre) ad opera dei Jingle Punks è strepitosa. E, alla faccia dei detrattori, sentire come rende arrangiata così dà anche una discreta idea della sua ricchezza melodica.

[via]

 

domenica, 10/04/2011

Il becco del cuore

«Gastanis», «Diccio», «Renè Paperoghetti»: pare che la scorsa settimana su Topolino abbiano pubblicato una parodia di Boris. Riusciamo a recuperarla?

[via]

venerdì, 08/04/2011

Sempre a Massimo Volume

Sono nel mezzo di una settimana incasinata e non ho il tempo che vorrei per scrivere del Massimo Volume Weekend che è di scena stasera e domani al Covo. Sarà che ho da poco finito di leggere la splendida biografia a loro dedicata da Andrea Pomini (consigliatissima) e che il loro ultimo disco Cattive abitudini si è piazzato sul podio dei miei dischi dell'anno del 2010, sta di fatto che avrei veramente troppo da scrivere, e se devo rischiare di farlo male è meglio non farlo per niente. Del resto  tutte le parole che servono sono già all'interno dei testi di Mimì Clementi, quindi esserci (stasera per il concerto regolare e domani per quello con la scaletta costruita dai fan) è un imperativo. Ed  essere in consolle dopo il loro concerto (in Sala Grande con Y:DK, stasera) questa volta è un onore di cui mi sento particolarmente fiero. Perché io non ho speranza. Io ho fede.

 

MP3  Massimo Volume – Morse (Bachi da pietra cover)

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mercoledì, 06/04/2011

Impronte digitali e i deliri di Radio Padania

di

"I deliri di Radio Padania": così nel blog L'AntiComunitarista Daniele Sensi definisce gli insulti razzisti e la chiamata alle armi xenofoba con cui la Lega Nord propaganda e diffonde il suo credo tra i propri elettori. Una meritoria opera di monitoraggio che ha avuto i suoi problemi quando YouTube ha rimosso il video intitolato "I deliri di Radio Padania: Gli zingari come un'epidemia" per "contenuti non appropriati", anche se Sensi ha cercato di far capire che la sua era una evidente denuncia e non un supporto incondizionato (anzi). Una storia che insegna molto sulla libertà di espressione e sulle regole delle granzi aziende online, ma anche sulla comunicazione politica in Italia. Ieri ne abbiamo parlato su radiocitta'fujiko

 

MP3   Impronte digitali Daniele Sensi

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martedì, 05/04/2011

La mensola segnalibro

[Bella idea, la Catalyst Shelf]

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lunedì, 04/04/2011

This is happening

Oggi non si può postare nient'altro che il video dell'intero concerto di addio degli LCD Soundsystem al Madison Square Garden di sabato scorso (sperando che per una volta la tirannia del copyright non lo faccia immediatamente togliere da Youtube). Quella che è forse la band più importante dei nostri tempi (non necessariamente la migliore, non necessariamente la più influente, non necessariamente la mia preferita, anche se ci siamo vicini), capitanata dal music-geek per eccellenza degli anni 2000, nonchè dalla cosa più vicina a un filosofo della musica pop che ci sia in giro in questi anni, si scioglie mentre è ancora al top. E qua ci dispiace un sacco, anche se sappiamo cheprobabilmente era la cosa giusta da fare. Gli paghiamo il giusto e inevitabile omaggio, immaginando già quanto sarà dolce il sapore di una reunion, se mai ci sarà. You will be missed.

[e se li cercate bene online trovate anche già video e audio da scaricare]

venerdì, 01/04/2011

Mi ha fatto ridere

| # | futile e disdicevole | I Commenti sono chiusi