martedì, 22/11/2011

iJobs arriva a Impronte Digitali

di

Ebbene sì anche qui ci accodiamo a coloro che hanno da dire e scrivere su Steve Jobs e il suo genio. Lo facciamo stasera alle 19 a Impronte Digitali su radiocitta'fujiko con Riccardo Bagnato, giornalista esperto di non profit e nuove tecnologie, che ha pubblicato iJobs, una biografia non autorizzata uscita per Manni Editore.

 

Un libro molto documentato e di agevole lettura che racconta la cronologia Apple accostando le strategie industriali e invettive dell'azienda ad un ritratto di Jobs, franco e avventuroso quanto richiede il personaggio. Nella nostra chiacchierata metteremo anche curiosità varie e frivole, il confronto editoriale con l'altra grande bio e le inevitabili domande sul futuro. Qualche spunto verrà anche ispirato dall'intervista fiume di Leonardo, da usare come antipasto alla nostra.

 

MP3 IMPRONTE DIGITALI – Riccardo Bagnato iJobs

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martedì, 22/11/2011

Dizionario della Crisi / 2

di


debito (s.m.)

 

Debito è parola antichissima, che probabilmente nasce assieme alle primissime regole del diritto. Prima di essere un sostantivo è un participio passato e vuol dire dovuto. Rimanda quindi a un impegno preso, che s'intende vincolante. Nella prima edizione del Vocabolario della Crusca (1612) è definito come "obbligazione di dare, o restituire altrui, che che si sia, e s’intende più comunemente di danari". In altre parole, come dice il Dizionario Universale Critico Enciclopedico di Francesco Alberti di Villanuova, del 1825, si tratta della "obbligazione di pagare altrui qualche somma di danaro".

 

Tuttavia la cosa non è così triviale come potrebbe sembrare. Il dovere che sta dietro al debito è il fondamento del diritto civile. Pacta sunt servanda, dice il motto latino. Cioè: i patti vanno rispettati. O, se si vuole, le promesse vanno mantenute. E se la promessa riguarda la restituzione di una somma presa in prestito, be', quei soldi vanno ripagati. Come sbotta Shylock, nel Mercante di Venezia (Atto III, Scena III): I’ll have my bond; speak not against my bond. Dove bond, qui, vuol dire proprio quello di cui stiamo parlando – visto che deriva dal verbo bind, cioè "legare, vincolare". Bond è legame, ma anche debito. (Un'altra parola della crisi, molto alla moda tra i più indebitati, è eurobond – cioè: che il debito lo paghi l'Europa). Per Noah Webster, autore del primo dizionario americano della lingua inglese, bond vuol dire "any thing that binds", qualsiasi cosa che vincola – cioè, aggiunge "obligation".

 

Il debito è quindi, per quanto fastidioso possa essere, ciò che lega gli uomini al rispetto degli impegni assunti. Volendo filosofeggiare, qualcuno potrebbe dire che il debito è il fondamento del vivere civile. Possiamo liberarci così, a cuor leggero, di un impegno così essenziale e basilare? Disconoscere i nostri doveri, come se non li avessimo mai assunti?

 

Il debito dello Stato è detto pubblico, perchè gira e rigira ricade su chi di quello Stato è cittadino. Per il Sabatini-Coletti, debito pubblico è "il complesso dei debiti contratti dallo Stato prendendo a prestito denaro da privati, laddove gli introiti fiscali non siano sufficienti, allo scopo di coprire il proprio fabbisogno finanziario". In America si parla di government bonds o Treasury bonds. E noi diciamo infatti "buoni" del Tesoro. Ma il buono (dal latino bonum, che secondo il Dizionario Etimologico Le Monnier deriva da una radice indoeuropea che vuol dire "utilità") è tale solo per chi i soldi li deve ricevere, non per chi li deve dare (per gli uni è buono, per gli altri è bond). Fu Alexander Hamilton, primo Ministro del Tesoro USA, a inventarsi il debito pubblico federale americano, dopo un lungo braccio di ferro con chi voleva che ogni stato badasse al suo, di debito (Jefferson in testa). Ma questa è un'altra storia (che ci riporta all'Eurobond che i Tedeschi non vogliono sentir nominare). Dopo 220 anni dall'approvazione del progetto di Hamilton, il debito pubblico americano ha aperto un account twitter. Un po' triste, in verità: twitta solo link per avere informazioni sul debito e segue solamente 4 altri twitterer: il Dipartimento del Tesoro, la Casa Bianca, un'altra agenzia del Tesoro e la Zecca Federale (che, nonostante quel che si potrebbe pensare, ha un account un po' più movimentato).

 

Il debito pubblico italiano è invece sempre stato fonte di guai. Già nel 1870, in una "lettera di un deputato a' suoi elettori" intitolata Politica finanziaria e riduzione del debito pubblico nel Regno d'Italia, un parlamentare lamentava:

 

Dappoichè si fu costituito il regno d'Italia , già molte esposizioni finanziarie abbiamo udito; tutte si rassomigliano: tutte espongono: situazioni del tesoro con gravi e progressivi disavanzi — bisogni urgenti di cassa — domande di straordinarie provvisioni di fondi, alienazioni, incameramenti, regìe, imprestiti sotto tutte le forme — domande d'imposte nuove — speranze nel progresso della ricchezza pubblica — ipotesi, calcoli, promesse d'un prossimo pareggio. Ebbene, che avvenne? Si divorarono i prodotti delle vecchie tasse e delle nuove che raddoppiarono le vecchie gravezze, e inoltre si divorò in ogni anno una provvisione straordinaria di oltre quattrocento milioni procacciata sempre con sciagurati accatti (quattro mila milioni in dieci anni), e finalmente or ci troviamo — pressochè in fin di risorse — con un disavanzo […] Dell'orribile dissesto quali sono le maledette, le infernali cagioni? L'Italia, amici miei, come altra volta dai barbari, è invasa da un'orda di selvaggi interessi: sono interessi di ambizioni immoderate, immense; interessi di cupidigie insaziabili, sfacciate; interessi di militarismo; interessi di partiti, di provincie, di regioni — di chi poco o nulla vorrebbe conferire alla cassa sociale, e prendervi la parte più opima; in una parola, sono gli interessi di un egoismo insensato, che conduce alla rovina universale o al disonore.

 

Insomma, a parte la punteggiatura bizzarra, i soliti vizi atavici. Che fare quindi? Uno slogan di qualche anno fa diceva: Cancella il debito. Ma nessuno pensava che dopo l'Uganda sarebbe toccato a noi. Oggi qualcuno lo pensa. E lo chiede. Come Padre Alex Zanotelli che firma un appello in cui si chiede la cancellazione del debito pubblico italiano. E il vincolo? il dovere? il legame? Chi è indignato dice: non è il nostro debito. E formalmente ci può anche stare, perchè lo Stato è lo Stato e i cittadini sono i cittadini (anche se lo Stato si indebita per spendere e questa spesa si chiama anche sanità, cassa integrazione, difesa, servizi sociali, sicurezza, insegnanti eccetera eccetera). Ma anche ammesso che il debito non sia nostro, lo è, ahimé, il credito. I dati dicono che poco più di metà dei buoni del tesoro sono in mano a Italiani. Il che vuol dire che cancellare il debito significa cancellare il credito – e chi di voi ha prestato soldi allo Stato non li riavrà indietro.

 

Perchè, scrive von Pufendorf ne Il diritto della natura e delle genti (nella traduzione di Giovanni B. Almici del 1757), con la nascita di una obbligazione da parte degli uni "gli altri acquistano un diritto, che avanti non avevano. Conciosiacché l’obbligazione va sempre insieme, e del pari con il diritto. Onde subito che una persona entra in qualche obbligazione, ad un’altra succede in istanti un qualche diritto, che vi risponde”. E, viceversa: morto il debito, muore il credito. Che è appunto, dice il Vocabolario della Crusca "quello, che s' ha ad aver da altrui, e per lo più moneta".

 

La preghiera che unisce tutti i cristiani recita: dimitte nobis debita nostra. Cioè: cancellaci il debito. Ma aggiunge: sicut et nos dimittimus debitoribus nostris. In breve: rinunciamo ai nostri crediti purché ci siano tolti i debiti. Siete pronti a farlo? Perchè, ricordiamoci, le promesse, poi, vanno mantenute.

martedì, 22/11/2011

I don’t do too much talking these days

[Robin Peckold (Fleet Foxes) & Alela Diane – These Days (Nico Cover – live al Teatro Smeraldo, Milano, 20/11/2011). No, a Bologna non l'hanno fatta, maledetti]

lunedì, 21/11/2011

Ritorno al futuro

Il progetto Back to the future della fotografa argentina Irina Werning è una di idee cose semplici semplici realizzate da Dio che finiscono per mandarmi fuori di testa. Non c'è bisogno di spiegare cosa sia: guardate le coppie di foto qua sotto e capirete.

 

 

[Lea B 1980 & 2011 Paris]

 

 

 

[Fer 1981 & 2011 Buenos Aires]

 

 

 

[Daphne 1986 & 2011 Paris]

 

 

 

[The Zurbanos 1999 & 2011 Buenos Aires]

 

 

 

[Christoph 1990 & 2011 Berlin Wall]

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venerdì, 18/11/2011

Sono stato in libreria

Nonostante abbia ordinato più di un centinaio di euro di libri appena a fine Agosto per approfittare degli ultimi scampoli di super-sconto prima che entrasse in vigore la legge Levi, in questo periodo in libreria stanno uscendo talmente tanti titoli interessanti che c'è da spendere di nuovo praticamente la stessa cifra.
Degli acquisti più recenti ho letto ancora solo Cosa volete sentire, e ci metterò mesi a smaltire il nuovo A. M. Homes (che se sbaglia anche questo si gioca tutto il credito accumulato con Questo libro ti salverà la vita), il nuovo Coe (che il credito per i romanzi se l'è giocato tutto; ma questa è una biografia, e la sua vecchia biografia di Bogart era molto carina) e il Foster Wallace postumo (per cui mi sa che aspetterò l'Estate, per controbilanciare la tristezza).
Ho però un altro paio di titoli (che da noi sono appena usciti ma che ho già letto in inglese nei mesi scorsi) da consigliarvi senza se e senza ma.

 

 

Craig Thompson  – HABIBI (Rizzoli Lizard)

Mi sono avvicinato alla nuova, mastodontica, graphic novel di Craig Thompson con tantissima paura. Sono passati 8 anni da Blankets, e non sarebbe la prima volta che un autore, dopo aver creato quasi casualmente un capolavoro universalmente riconosciuto, si blocca e non riesce più a produrre niente di alto livello. Thompson si è fatto attendere e ci ha fatto sudare, ma il pericolo è scampato: Habibi è bellissimo. E' seriamente uno dei fumetti graficamente più belli che io abbia mai visto (aiutano il formato gigante e la copertina deluxe), dotato di una fantasmagoria visionaria e molto evocativa, di un modo di narrare complesso ma scorrevole e molto moderno, e di una storia che uccide.
Costa 35,00 euro, ma li vale tutti.

 

Compra Habibi (Amazon.it / IBS)

 

 

 

Jennifer Egan – Il tempo è un bastardo (Minimum Fax)

Ignorate il titolo, vi prego. Di solito dalle parti di Minimum fax fanno le cose per bene, ed è vero che A visit from the goon squad (una cosa tipo «Una visita dalla squadra degli sgherri») non vuol dire quasi niente neanche in originale; però scegliere la strada frase da bacio perugina, per di più svelando la metafora del titolo che nel libro è chiarita parecchio avanti nel testo, è veramente un crimine. Cercate si soprassedere, però, perchè il libro lo merita. Il romanzo più recente di Jennifer Egan ha vinto tutti i premi che poteva vincere (su tutti il Pulitzer e il Booker prize) ed è uno splendido patchwork di storie e voci intrecciate intorno ad alcuni personaggi, che sperimenta (con parsimonia) forme diverse, e risulta naturalissimo sia quando il punto di vista è quello di una manager discografico di una certa età, sia quando è quello di una publicist troppo poco priva di scrupoli, sia quando a parlare è un'adolescente californiana che suona in un gruppo punk, o anche 30 anni dopo, un'altra adolescente che scrive il suo diario in forma di presentazioni di Powerpoint (sic). Una specie di affresco in stile Franzen sminuzzato come lo farebbe un Foster Wallace meno cervellotico (ma femmina), pieno di ottimi passaggi e dotato di una voce autentica e ispirata. Pare che la HBO ne farà una serie tv, e ci sta. Consigliatissimo.

 

Compra Il tempo è un bastardo (Amazon.it / IBS)

giovedì, 17/11/2011

Dizionario della Crisi / 1

di


 

disinteresse (s.m.)

 

Appoggiare il Governo Monti? Festeggiarlo? Tollerarlo? Fargli opposizione? Le ragioni che muovono i nostri parlamentari sono complesse. A volte indecifrabili. L'idea che tutti vogliono offrire al popolo è quella della responsabilità, del sacrificio, del mettersi a disposizione del Paese, anche contro i propri interessi personali. Per il PDL si tratta di rinunciare al governo guidato dal proprio leader e ritirare la richiesta di elezioni. Per il PD si tratta di rinunciare a elezioni in cui avrebbe buone probabilità di vincere. Tuttavia, per entrambi i partiti maggiori, si tratta anche di non essere direttamente immischiati né fisicamente presenti in un governo che con ogni probabilità aumenterà le tasse, taglierà la spesa pubblica e varerà riforme dolorose.

 

La rinuncia all'interesse di parte – in nome del famigerato Interesse del Paese – nasconde anche una forte attenzione ai propri interessi. E questa ambiguità è tutta racchiusa in una parola che i secoli hanno sottilmente trasformato e svilito – con un'incredibile accelerazione negli ultimi anni.

 

In una scena di Bugsy di Barry Levinson (1991), il gangster interpretato da Warren Beatty corregge un tizio perchè confonde due parole americane: uninterested, che vuol dire non interessato; e disinterested, che vuol dire invece (secondo l'Oxford Advanced American Dictionary) not influenced by personal feelings, or by the chance of getting some advantage for yourself, cioè non mosso dall'interesse personale. L'errore del compare di Bugsy Siegel è divenuto con gli anni un significato accettato nella lingua inglese. Tant'è che il Garner's Modern American Usage ci dice che disinterest  nell'accezione di "mancanza di interesse" è ammesso, anche se è meno corretto e i più autorevoli scrittori ne condannano l'uso (che però è diffusissimo)

 

Sarà forse la sempre maggiore scarsità di gente disinteressata – a vantaggio dei sempre più numerosi non interessati – ma è la stessa cosa che è successa nella lingua italiana. La parola disinteresse compare infatti nel XVIII secolo. Infatti, la prima edizione del Vocabolario della Crusca (1612) non la riporta. Spunta, invece, nei Discorsi Accademici (1735) di Anton Maria Salvini, un erudito fiorentino che fu Arciconsolo dell'Accademia della Crusca. E di lì in poi viene diligentemente registrata dai linguisti nella sua accezione originaria e più vera. Infatti, nel Dizionario della Lingua Italiana di Nicolò Tommaseo e Bernardo Bellini (1869) troviamo che disinteresse vuol dire "disistima del proprio utile, noncuranza di guadagno". E nel Dizionario ortologico pratico di Lorenzo Nesi (1824) abbiamo la definizione "noncuranza del guadagno o della propria utilità". Il disinteresse ha quindi un significato nobilissimo: è la condizione dell'imparzialità, prerequisito della perfetta fairness – visto che chi agisce non può trarre nessun beneficio personale da quell'azione.

 

Il disinteresse è, se vogliamo, l'opposto di quella locuzione che ha invece imperversato per vent'anni: il conflitto di interessi. Nell'assenza di interesse (personale) in ciò che si fa c'è la migliore garanzia dell'agire giusto e del buon governo.

 

Ma la lingua è specchio dei tempi. Ci si è evidentemente accorti che il disinteresse è una rarità o un'ipocrisia. Negli ultimi mesi, mentre l'Italia si accinge al baratro finanziario e si invocano interventi giusti, nobili e non faziosi, il disinteresse dilaga tra i commentatori. Ma in un'accezione negativa. Sul Corriere della Sera, in un editoriale del 5 agosto 2011, Marcello Messori bacchetta il governo Berlusconi perché pone scarsa attenzione alla crescita del paese. Il titolista titola "Il disinteresse per la crescita". (Bugsy avrebbe reagito malissimo). Oggi, il buon Francesco Costa loda il Governo Monti a confronto di un PDL "completamente allo sbando e disinteressato alle sorti del Paese". Sul Futurista, il 20 ottobre 2011, si individua nel disinteresse la ragione per cui la Rai taglia un servizio sulle morti bianche. Mentre sul Mattino, il 18 gennaio 2011, Teresa Bartoli scrive che il silenzio di Napolitano sul caso Ruby non vuol dire che il Presidente non segua la faccenda con attenzione, perché "riserbo e distanza non significano… disinteresse". E già il 7 febbraio 2002, sul Foglio, si dice che "il disinteresse pubblico accompagna ormai stancamente la battaglia sul conflitto di interessi del premier": che non vuol dire che il popolo agisce in maniera disinteressata mentre Berlusconi fa il contrario, bensì che dell'agire per nulla disinteressato di Berlusconi non gliene frega ad anima viva. E infatti i moderni dizionari certificano l'avanzare del dark side del disinteresse. Il Devoto-Oli ha due definizioni: la prima, nobile e antica, è "attitudine o comportamento di chi non bada al tornaconto personale, in nome di principi etici, religiosi, umanitari"; la seconda è quella sempre più comune, cioè "colpevole noncuranza nei riguardi dei propri compiti o dei propri impegni". Il Sabatini-Coletti, infine, ammette il sorpasso: la prima definizione, spietata, è "assenza di interesse, di impegno, di cura".

 

L'apatia, dunque, predomina. Se interesse c'è, non può che essere personale e fazioso. Se qualcuno fa qualcosa, lo farà per un suo tornaconto. E se non ci sono tornaconti da guadagnare, meglio disinteressarsi, cioè appunto lasciar perdere. L'ottimismo di questi giorni lascia ben sperare anche sulle sorti di questa parola. Con l'aiuto di Monti (e di Bugsy Siegel) speriamo che prevalga il buon disinteresse – anche se il movente dovesse essere, per qualche mese, l'interesse dei poco disinteressati a non immischiarsi in decisioni difficili.
 

giovedì, 17/11/2011

The foxes are coming to town

 

Barbe, camicie di flanella, cappelli di lana pelosa e cori armonizzati altrettanto morbidi: non riesco a immagine un periodo migliore di Novembre per un concerto dei Fleet Foxes. La band di Seattle dopo il clamoroso esordio omonimo e la solida conferma di Helplessness Blues sta arrivando in Italia per 3 date (stasera all'Atlantico live di Roma, sabato all'Estragon di Bologna e domenica al Teatro Smeraldo di Milano) che se fossi in voi non mi perderei per nulla al mondo. Il loro repertorio è ormai zeppo di pezzi splendidi, la resa live è eccellente e quando ho avuto occasione di vederli questa Estate a Barcellona, dove suonavano sul palco grande al tramonto, sono rimasto ancora una volta molto colpito.
A Bologna è prevedibile la folla delle grandi occasioni, e dopo il concerto avrò l'onore di essere ospite in consolle da Mingo e mettere un po' di dischi. Dopo tanti coretti e melodie gentili ci starà benissimo un po' di rock'n'roll.

 

 

MP3  Fleet Foxes – Grown Ocean (Maida Vale Live Session)

MP3  Fleet Foxes – Mykonos (Maida Vale Live Session)

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mercoledì, 16/11/2011

#occupyLegoland

Impossibile non postarlo.

(via)

 

 

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martedì, 15/11/2011

Sottobosco.info @ Impronte Digitali

di

G: Hai scritto il post per Inkiostro ?

P. Sto finendo, pensavo a una cosa tipo:  è online il nuovo www.sottobosco.info, web magazine bolognese che si occupa di ecologia e ambiente, progetto di giornalismo civico a basso costo (cioè senza finanze alle spalle), un gruppo di amici esperti di comunicazione che si mette insieme per iniziare un cambiamento partendo dal proprio vicinato …
G. Si ok, ma non va bene … non è divertente !
P. Uno spiegone non lo è mai.
G. Appunto, i lettori di Inkiostro sono esigenti, dovresti saperlo meglio di me.
P. Sì certo. E tu parli come se avessi già un'idea, no ?
G. Devi scrivere che a Sottobosco parliamo di ambiente ma non siamo dei rompiballe.
P. Ah ah. E' perfetto
G. :)
P. Almeno che la redazione di Sottobosco sarà a Impronte Digitali stasera alle 19 in onda su Radio Città Fujiko, posso dirlo ?
G. Sì ma alla fine, come se fosse una postilla.
P. Dovrei assumerti come ghost writer.
G. Dovresti
 
 
 
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martedì, 15/11/2011

Big Band Theories

Non so chi ci sia dietro a Big Band Theories (anche se ho l'impressione che sia qualcuno che potrei conoscere), ma l'idea è carina e la realizzazione brillante:

Per chi ha sempre sognato di diventare una rockstar. Ma soprattutto per chi, almeno una volta nella vita, ha pronunciato le parole “Se avessi un gruppo, lo chiamerei…”.
••• Bands you could play in, but you don’t. •••

Manda il nome della tua band teorica a bigbandtheories@gmail.com I nomi più creativi saranno trasformati in loghi veri – o quanto meno, verosimili.

Erano già bellissimi i teaser:

 

Poi già i primi loghi realizzati sono veramente splendidi:

 

Followateli (FB, TW)! Scrivetegli!
Io quasi quasi gli scriveo e gli chiedo se mi fanno il logo degli Unbelievable Cazzons.

lunedì, 14/11/2011

La rosa dei dieci – “In circolo” dei Perturbazione compie dieci anni

Come già sapete, sui Perturbazione in quasi 9 anni di blog ho scritto un numero notevolissimo di post.
Il perchè è abbastanza ovvio (sono una band eccezionale), come ho cercato per l'appunto di scrivere quasi tutte le volte:

 

Perturbazione sono una band che non ha più nulla da dimostrare.
Qualitativamente ha già dimostrato tutto mille anni fa con il suo capolavoro In circolo, che fotografa un collettivo perfetto sotto praticamente tutti i punti di vista e contiene quella che è forse la più bella canzone italiana del decennio scorso (Agosto, ovviamente, che si contende con Estate di Bruno Martino il titolo di canzone estiva più triste di tutti i tempi, e che come Estate avrà sicuramente una vita molto lunga). Negli anni successivi, poi, i Perturbazione hanno dimostrato che in un paese di merda come il nostro una band che produce del pop così sopraffino non avrà mai il successo che merita: troppo priva di pose e pretese modaiole, troppo incapace di velleità e compromessi commerciali, troppo poco ggiovane per piacere agli adolescenti e troppo cazzona e volutamente sghemba per conquistare i seriosi amanti della musica d'autore. Una band quasi unica che probabilmente non ci meritiamo.[#]

 

La musica dei Perturbazione, da sempre, mi fa pensare a Joyce. Come cosa suona un po’ strana, me ne rendo conto; e certo se si prendono le divagazioni più cervellotiche dell’Ulisse o il periodare sperimentale diFinnegan’s Wake i punti di contatto, a ben vedere, sono pochi un po’ in tutti i sensi. C’è però un racconto in particolare che mi fa pensare a loro, ovvero Una piccola nube, dalla raccolta Dubliners. A parte le ovvie affinitità metereologiche e il concetto per eccellenza pop dell’attenzione altra alle piccole cose, ad accomunarli c’è la rara capacità di vedere e mostrare epifanie cariche di senso anche in cose che sembrano non aver più nulla da dire, che siano gli sguardi bassi di Little Chandler come gli anni sbagliati ma diversi nascosti dietro una ‘e’ aperta o chiusa. [#]

 

L'ho già scritto, e non sto a ripeterlo. Anche se le celebrazioni servono di solito proprio per cose del genere, ed oggi è una giornata da celebrare, perchè dieci anni fa usciva In circolo, il capolavoro della band piemontese, forse il più bel disco italiano degli anni zero e certamente il più importante. Per festeggiarlo degnamente, oggi esce in tutti i negozi In circolo – dieci anni dopo, ristampa in edizione deluxe con 2 cd che oltre ai brani originali include Fuori dal giro, raccolta di 24 brani inediti, lati B, versoni alternative ed esperimenti vari risalenti all'epoca. Tra Gennaio e Febbraio poi la band sarà in tour per dieci date speciali in cui suonerà la scaletta originale del disco. Una macchina del tempo, praticamente.

 

MP3  Perturbazione – La rosa dei 20

venerdì, 11/11/2011

Per la serie “nerd con troppo tempo libero”: la madre di tutte le piste Hot Weels

Ecco una cosa che lascia abbastanza senza parole:

This is a 3 minute long video of a 2,000 feet long powered Hot Wheels track that goes up and down the stairs, through 14 rooms of a house, around the outside of the house, and a jump over a hot tub. [#]

 

venerdì, 11/11/2011

#occupyBreakingBad

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giovedì, 10/11/2011

Cosa volete sentire?

Il meglio della scena musicale indipendente italiana in un libro di racconti? E' un'idea improbabile, ma, se ci pensate bene, per niente peregrina. Ed è l'idea che hanno avuto Minimum Fax e la curatrice Chiara Baffa (una che quella scena la conosce bene), e che ha portato alla pubblicazione di Cosa volete sentire – Compilation di racconti di cantautori italiani, uscito qualche giorno fa in tutte le librerie. Dentro ci sono tutti o quasi i nomi che contano: Giuseppe Peveri (Dente), Vasco Brondi (Le luci della centrale elettrica), Dario Brunori (Brunori S.a.s.), Max Collini (Offlaga disco pax), Rossano Lo Mele (Perturbazione), Simone Lenzi (Virginiana Miller) e parecchi altri. I testi sono quasi tutti in qualche misura autobiografici, ed è molto curioso sentire alcuni dei propri cantanti e musicisti preferiti esprimersi con un registro diverso dal solito e raccontare un aneddoto o una storia con un respiro più ampio dei pochi minuti di una canzone. I risultati sono -come è inevitabile in questi casi- molto discontinui, ma forse i migliori sono i racconti di Darione Brunori e del beneamato Offlaga Disco Max, di cui potete leggere l'incipit in questo bell'articolo di Affari Italiani

 

Come scrive nella presentazione Chiara Baffa:

La musica indipendente è tornata ad attingere all’immaginario nazionale e alla ricchezza espressiva della nostra lingua, per produrre canzoni evocative, forti, coraggiose. A farla da padrone sono, insomma, i testi. Ecco perché abbiamo chiesto a tredici nuovi autori di scrivere un racconto. Il risultato è una mappa non solo dello stato della musica italiana ma anche delle persone a cui questa è rivolta: gente che si ride addosso, che è capace di immaginarsi un lavoro e un grande amore, di vivere e non di sopravvivere, e di reinventare la realtà. Si spazia dai ricordi di gioventù alle difficoltà dell’autopromozione, dai primissimi concerti alle vicissitudini del tour, dalla solitudine delle stanze d’albergo ai miraggi della notorietà, rivisitando e modernizzando l’intero concetto di rockstar. Il tutto con un unico, saldo filo conduttore: la musica.

Andate e compratene.

mercoledì, 09/11/2011

Non fa una piega

mercoledì, 09/11/2011

The evolution of western dance music

Spettacolare infografica animata sull'evoluzione della musica da ballo occidentale dall'800 ad oggi. Un tantino americanocentrica, ma bella.
[grazie a Benty]

martedì, 08/11/2011

L’impronta digitale di Bologna

di

Nella città del futuro che tutti immaginiamo e desideriamo ci saranno connessioni gratuite ovunque, tutti i servizi saranno fruibili via web, non ci sarà nessuna coda all'anagrafe o al catasto, e gli amministratori risponderanno alle domande (precise e non) dei residenti in tempo (quasi) reale. In attesa che questa allegra utopia venga a compimento, ci sono vari problemi: quanto manca a quella data, quali sono le tappe intermedie e con quali soldi finanziaremo questo scoppiettante progresso. Interrogativi che gireremo a Matteo Lepore, Assessore al Comune di Bologna, ospite stasera (ore 19) a Impronte digitali su radiocitta'fujiko.     Lepore ha 31 anni, è molto attivo sui social network (@matteolepore), si è insediato da pochi mesi, ha assunto numerose deleghe tra cui quelle relative alla comunicazione, al marketing urbano, all'innovazione e al lavoro. Ambiti molto diversi eppure intrecciati fra loro perché girano tutti intorno a quali idee pensa di realizzare con quella che viene definita "Agenda digitale per Bologna", e che comprende: wi-fi gratuito, rapporto diretto delle istituzioni con i cittadini, incentivi alle imprese che lavorano sul e con il web e molto altro.   Domani il podcast.

 

MP3  Impronte digitali con l'Assessore Matteo Lepore

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martedì, 08/11/2011

In church with Aidan Moffat

Quando era il cantante degli Arab Strap, Aidan Moffat ha scritto alcune delle mie canzoni preferite di quegli anni, e forse di tutti i tempi. Here we go, Love detectiveThe shy retirer, Don't ask me to dance sono le prime che mi vengono in mente, ma ogni volta che rimetto su un loro disco ne scopro qualcuna che con gli anni mi sono dimenticato, e non posso non scoprirmi a pensare a quanto siano stati (e forse siano tuttora) sottovalutati, e a quanto non ci sia più stata una band come loro, capace di mischiare nebbia alcolica, semplice (e fiera) depravazione e cupezza senza speranza.

 

Questa sera Aidan Moffat porterà il suo progetto solista insieme al polistrumentista Bill Wells tra le ormai famigliari mura della chiesa di Sant'Ambrogio a Villanova di Castenaso, appena fuori Bologna, per un'altra delle imperdibili session organizzate dal Covo. L'incontro/scontro tra un luogo sacro e un personaggio tanto profano è praticamente imperdibile. Ci vediamo là. 

 

 

MP3  Aidan Moffat & Bill Wells – Cruel Summer (Bananarama cover)

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lunedì, 07/11/2011

Quelle due volte che ho messo i dischi a New York City

Per descrivere adeguatamente le mie due serate da DJ a New York e quello che hanno significato per me dovrei essere uno scrittore assai più bravo di quello che sono. Essere ospite di Matte alla consolle di un locale figo come Pianos è stato il proverbiale sogno che diventa realtà,e non ci sono molte altre parole che possono esprimere il grado di esaltazione che un evento simile ha generato. Cioè: ho messo i dischi a New York. As lame as it may sound, there's nothing more to add.

 

Nelle varie ore che ho avuto a disposizione ho messo un po' di tutto, dall'indiepop ai classici, dalle chitarre all'elettronica (per lo più roba europea, per marcare il territorio; anche se a un certo punto ho passato un po' di cose americane e, per rispondere idealmente a FdL che mi ha preceduto alla stessa consolle il mese prima, neanch'io ho messo alcun pezzo di Mago Panzone Murphy, anche se ho messo Do it again degli Holy Ghost in cui il nostro è il titolare della voce che dice appunto «Do it again», quindi forse non vale).

Nei due set sono riuscito a infilare anche alcuni pezzi di artisti italiani, che non hanno sfigurato e in due casi (Banjo or freakout remixato da Allez Allez, già suo socio nei Walls e Quakers & Mormons) hanno portato anche a richieste di informazioni da alcuni astanti. Importare hip hop italico (di più: bolognese) nella terra che l'hip hop l'ha inventato è stata una piccola soddisfazione. Qua sotto -se non ricordo male- tutti i pezzi di artisti italiani che ho messo: me n'ero portati diversi altri che però non hanno trovato posto nel set. La prossima volta, magari.

 

 

MP3  The Jacqueries – I try (Macy Gray cover)

MP3  Banjo or freakout – Mr. No (Allez allez remix)

MP3  Quakers & Mormons  – Speechless sentence

MP3  Heike has the giggles – Crazy in love (Beyonce cover)

MP3  Porcelain Raft – Tip of your tongue

giovedì, 03/11/2011

L’ultimo posto dove ti aspetteresti di trovare Berlusconi oggi: NME

E mentre là fuori l'economia e la politica vanno in vacca ogni giorno di più, finisci per imbatterti in Berlusconi persino sul sito del più celebre giornale musicale inglese. Forse qualche lettore britannico alla vista della notizia avrà pensato a uno scherzo. Noi invece sappiamo che no.

 

 

Controversial Italian Prime Minister Silvio Berlusconi has apparently delayed the release of his new album, ‘True Love’, because of his country’s financial troubles and his own trial which sees him accused of paying for sex with an alleged underage prostitute.

 

The album, his fourth with guitarist and former parking attendant Mariano Apicella, was due for release in September. However, it has been pushed back to November 22, reportedly because he is busy dealing with Italy’s huge debt as well as his own troubles in office, according to The Guardian.

 

Berlusconi, who used to sing on cruise ships, has sung for a host of his fellow world leaders, including Tony Blair, Vladimir Putin and George W Bush at his villa in Sardinia – the same place that his notorious ‘bunga-bunga’ parties took place. 

 

One of the other musicians on the album, Angelo Valsiglio, said in an interview with Italian music magazine Viva Verdi that the record is a "really elegant and refined production with Brazilian hints". [#]

mercoledì, 02/11/2011

Veltrusconismo 2.0

A parte ovviamente Leonardo (che, lo sanno tutti, non sbaglia praticamente mai), la migliore analisi del fenomeno Renzi e del Big Bang dello scorso weekend alla Leopolda l'ha fatta ieri Luca Telese:

Comunque vada, i giorni della Leopolda sono stati un terremoto. Una riscrittura della lingua mediatica del centrosinistra, soprattutto del Pd. Uno sparigliamento da riassumere in un nuovo vocabolario, quello che Matteo Renzi (nel bene o nel male) sta imponendo alla politica. BIG BANG. E ’ il momento primo, il principio di un nuovo inizio. Ma anche il turbine che sconquassa il vecchio equilibrio. Il Big Bang di Renzi ha acquisito una forza motrice imponente, anche perché colma un vuoto. Non esisteva, dentro il Pd, un punto di forza protagonista che si stagliasse oltre le correnti. Renzi spara sul quartier generale e non solo: su Bersani, e anche sul suo primo sfidante, Vendola. Ma, soprattutto, Renzi rompe la regola dei “Compagni di scuola” (copyright Andrea Romano) cresciuti a Botteghe Oscure. La regola per cui cane non mangia mai cane, e i peggiori dissidi vanno composti con il patteggiamento fra nemici. Renzi aveva rotto questa regola fin dalle primarie a sindaco. Ora, ripetendo lo schema a livello nazionale, rompe l’unanimismo ipocrita con cui le correnti non hanno mai messo in discussione Bersani pur facendogli la guerra tutti i giorni. Il big bang del Pd rompe il dogma da Politburo per cui può esserci un solo candidato del partito, ed è quello deciso dal partito. […]

 

VELTRUSCONINISMO 2.0 Nella lingua della Leopolda c’è qualcosa di Veltroni, e persino di Berlusconi. L’idea del contenitore Omnibus, che Renzi aveva già immaginato nel suo primo libro “Da De Gasperi agli U2”. Rispetto al veltronismo, però, il renzismo non cammina con il freno a mano tirato del ma-anche. Non attenua tutto nella sincreticità delle differenze unite dal sentimento. Non è buonista, anzi. Quando può, un calcio negli stinchi lo rifila volentieri. Veltroni leggeva con il leggìo e con i gobbi elettronici di vetro, Renzi cammina con il microfono in mano appoggiato sul cuore, come Silvio quando imita Frank Sinatra. Ma perché quando si mette una libreria in scena, ci sono i libri finti? Costano più di quelli veri, e fanno molto “L’Italia è il paese che amo”. Il renzismo, dunque, è un upgrade 2.0: migliora i difetti, ma ricicla software già sul mercato. [#]

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lunedì, 31/10/2011

History of rap part 3

Quando era uscito avevo postato il primo (che ora è visibile qui), pensavo di averlo messo su ma a quanto pare ho bucato il secondo (che ora si vede qui) e adesso ovviamente non posso non postare anche il terzo incontro tra Jimmy Fallon e Justin Timberlake che con l'aiuto dei The Roots si lanciano in uno clamoroso medley che ripercorre la storia del rap. Stavolta, tra gli altri, ci sono i Beastie Boys, i De La Soul, Kanye West, gli House of pain e Snoop Dogg. E la qualità è sempre eccelsa.

 

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