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giovedì, 05/03/2009

Le domeniche dell’Hana-bi in pericolo?

Gli autoctoni lo sapranno giò da un po’, ma qua in città la notizia gira da poco e in modo frammentario: pare che per la prossima Estate a Ravenna sarà in vigore un’ordinanaza comunale che di domenica vieta lo svolgimento di ‘feste danzanti’ in spiaggia dopo le 8 di sera. La cosa avrà un’immediata ricaduta su tutti i bagni del ravennate, per cui la domenica è la giornata più affollata e redditizia, e le domenica sera la ciliegina sulla torta che, associata alla giornata di mare, spesso giusitifica le trasferte di una buona fetta della popolazione delle insopportabilmente calde cittadine dell’entroterra emiliano. E avrà un’immediata ricaduta anche sulle domeniche dell’Hana-bi, l’eccezionale indie-stabilimento balneare di cui spesso si è parlato su queste pagine, le cui domeniche, come scrivevo un paio di anni fa, per il sottoscritto sono uno dei motivi per cui vale la pena di vivere.

 

La notizia dell’ordinanza è riportata dall’Agenzia Dire e da RavennaNotizie con dovizia di dettagli e, soprattutto, di dichiarazioni indignate da parte di chi lavora nel settore. Non ci sono infatti motivi ragionevoli per vietare il ballo in spiaggia: la quasi completa assenza di case nei dintorni, l’abbondanza di etilometri schierati sulle strade e la chiusura imposta comunque a mezzanotte, sono sempre state misure più che sufficienti ad evitare grossi problemi di ordine pubblico o ricadute particolari per la -peraltro scarsa- popolazione della zona.

 

Online è già partita una petizione di Facebook a cui finora hanno aderito circa 7300 persone (aderite anche voi!), e, se l’ordinanza verrà effettivamente emanata, sono previste iniziative più eclatanti e visibili. Con tutto quello che succede al mondo pare una cosa di poco conto (e probabilmente lo è, a parte per le persone che a causa di essa perderanno il lavoro), ma è esattamente il tipo di minuzia che ti consente di  arrivare vivo al fine settimana. Non so voi, ma io senza queste cose non vado lontano. Oppure vado lontano, e non torno più.

 

mercoledì, 04/03/2009

Charles Schultz reloaded

Snoopy Thought Chair (via – grazie a Loris)

 

martedì, 03/03/2009

Down the rabbit hole

In un periodo in cui, da Nannucci alla Virgin di Union Square, i negozi di dischi non fanno che chiudere, e in molti profetizzano che tra un po’ i dischi come li conosciamo non usciranno neanche più, c’è chi ha capito tutto o forse niente, e invece di seguire la massa fa di testa sua. E per celebrare l’imminente morte dei supporti audio sceglie di tornare alle origini, dando alle stampe dischi piccolissimi che coniugano una straordinaria cura per i dettagli con l’approccio povero del miglior do-it-yourself, a base di CDR e dell’amatissimo, quasi dimenticato, formato dell’audiocassetta.

 

Secret Furry Hole parte così, con un paio di dischi sbucati dal nulla e la nobiltà d’altri tempi di chi, non avendo nulla da perdere, rischi di ottenere risultati migliori di chi ha nomi più storici e blasonati.
Dietro ci sono due nomi noti di chi frequenta la rete musicale italiana: Tommaso Bellletti (già Mr. Umanuvem e valida penna di Vitaminic) e Jukka Reverberi (che è talmente iperattivo che, dopo questo e questo post, inkiostro pare essere diventato il suo organo ufficiale).

 

Dopo l’interessante antipasto della compilation Borghesia, le cose si fanno già serie con la seconda uscita dell’etichetta, che segna il debutto di His Clancyness, progetto solista di Jonathan Clancy, già voce e chitarra di Settlefish e A classic Education.

Hissometer Cassette è volutamente sfuggente e frammentario, una composizione di schegge di canzoni appena abbozzate che saranno mai, e che traggono buona parte del loro fascino proprio dalla durata esigua e dalla natura effimera. La sensazione però è che Hissometer Cassette sia ben di più di un semplice ripostiglio di canzoni abortite delle due band di Clancy, ma un progetto compiuto nella sua incompiutezza, che esplora la strada di un indie-songwriting che si muove senza i vincoli dei generi e i canoni della musica pop e rock, che punta a costruire momenti molto belli per poi stufarsene subito dopo, più per coscienza che per capriccio. 

La prima tiratura di 30 pezzi (tutti fatti a mano) è ovviamente andata sold-out all’istante, e mi si dice che anche la seconda (che ha l’interno di un colore diverso) non durerà molto. Si ordina qua per 5 euro, e si paga con Paypal. Dura poco, ma vale molto.

 

 

His Clancyness – Next year is ours (MP3)

His Clancyness – Dream Tune (MP3)

 

venerdì, 27/02/2009

Una volta ti chiedevano se ti drogavi

(Ieri. casa natale di Inkiostro. Tutto vero.)

 

Mamma: «Ma tu sei Emo?»
Ink: «Eh?!?»
Mamma: «I tuoi capelli assomigliano un po’ alla faccina di Skype che si chiama Emo»

[ndInk: questa: ]
[neanche per sbaglio, peraltro]

 

Ink: «Scusa ma tu che ne sai?»
Mamma: «Ieri ho visto un servizio al Tg1»

 

(Guardatelo, è fantastico)

 

 

 

martedì, 24/02/2009

Wikipedia Names Your Band

Ecco un nuovo Internet meme di quelli che fanno impazzire la rete; una stupidaggine di nessuna importanza che raggiunge spesso risultati in qualche modo sorprendenti.

Direttamente da Buzzfeed (ma si sta diffondendo pure su Facebook), Wikipedia names your band è l’esperimento che invita all’uso di Wikipedia, QuotationsPage.Com e Flickr per costruire in modo casuale il nome della vostra band, il titolo del disco e la copertina del medesimo. Le istruzioni: 

Go to "Wikipedia." Hit "random" and the first article you get is the name of your band. Then go to "Random Quotations" and the last four or five words of the very last quote of the page is the title of your first album. Then, go to Flickr and click on "Explore the Last Seven Days" and the third picture, no matter what it is, will be your album cover. [#]

 

Ecco cosa è uscito a me (con questa voce di wikipedia, questa citazione e questa foto). Niente male, no?

[se qualcun’altro vuole provare, mi fate vedere il risultato nei commenti?]

 

 

 

sabato, 21/02/2009

Frontiere della promozione discografica

Josh Freese, già batterista degli A perfect Circle, dei Devo e dei Vandals, e in passato anche dei Nine Inch Nails, dei Guns’n’roses, dei Queens of the stone age, degli Offspring e di dozzine di altre band, ha fatto un nuovo disco solista. Per promuoverlo, il nostro ha messo in piedi una campagna "a pacchetti" assolutamente clamorosa. Non fosse che è confermata da più parti (qui, qui e qui, ad esempio), sembrerebbe davvero una bufala. A seconda di quanto offrite (e le offerte più costose sono disponibili solo per un numero limitato), oltre al disco vi portate a casa più o meno piccoli pezzi di vita di Freese e dei suoi amici (e che amici).

Per capirci:

 

Per 7$ vi scaricate il disco.

Per 15$, vi arriva il cd.

Per il 50$ il cd, la maglietta, e una telefonata di 5 minuti con Freese.

[e già non è male]

 

 

Per 250$: cd, maglietta, bacchette della batteria autografate, e un pranzo con Freese da PF Changs o alla Cheesecake Factory.

 

Per 500$, oltre al resto, un giro per Venice, California con Freese, e poi cena a base di bistecca o gamberi.

 

Con 1000$ i pezzi della batteria aumentano, e oltre alla cena, Freese vi lava la macchina o vi fa il bucato (o voi fate il suo, a scelta), e alla fine vi tagliate i capelli a vicenda in un parcheggio.

 

Con 2500$ nel lotto c’è una lezione di batteria, una gita al museo delle cere insieme anche a un membro dei Vandals o dei Devo a scelta, e 3 indumenti presi dal suo armadio.

 

[il meglio deve ancora venire, eh]

 

 

Con 5.000$ Freese scrive una canzone su di voi e poi la mette in vendita su iTunes; in più vi fa co-dirigere il videoclip per la canzone stessa. Poi vi fa da cicerone in un tour di Disneyland, vi ubriacate insieme (se volete a casa di suo padre) e Stone Gossard dei Pearl Jam vi manda una lettera per parlarvi della sua canzone preferita del disco di Freese.

 

Se pagate 10.000$, tra le altre cose, Freese e Twiggy Ramirez (ex chitarrista di Marilyn Manson, ora nei Nine Inch Nails) vi offrono una cena da Roscoe’s Chicken ‘n’ Waffles a Long Beach. Poi fate un giro a Disneyland, e alla fine Freese vi regala la sua Volvo Station Wagon (a patto che gli diate almeno un passaggio a casa).

 

Per 20.000$ Freese, Maynard Keenan dei Tool e Mark Mothersbaugh dei Devo vi portano al minigolf e poi vi abbandonano sull’autostrada e vi filmano per mettervi su YouTube. Freese vi fa fare un tour estensivo di Long Beach, compresa la scuola dove andava Snoop Dog e il barbiere di due dei NOFX; poi passate la notte sulla Queen Mary (cabine separate). Freese scrive due canzoni su di voi, le mette su iTunes e sul prossimo disco, e voi potete partecipare (vanno bene anche i cori o l’handclapping).

 

E infine, per 75.000$, vi fate un po’ di giorni in tour con Freese, le canzoni scritte su di voi diventano cinque (un intero EP sulla vostra vita), vi portate a casa una sua batteria intera, e vi fate un giro per Hollywood sulla Lamborghini di Danny Carey dei Tool. Freese entrerà nella vostra band e ci resterà un mese; se non avete una band, per lo stesso periodo vi farà da assistente personale. Vi fate un giro in limousine a Tijuana a fare cose illegali non meglio specificate, e nel lotto c’è anche una lezione di trapezio acrobatico con due dei Nine Inch Nails.

 

 

Poi magari il disco fa schifo. Ma quest’uomo è un genio.

 

[tutti i dettagli qui]

 

venerdì, 20/02/2009

Rave on, this crazy feelin’

Visto che nel paese reale le cose negli ultimi mesi vanno di male in peggio, proviamo almeno a distrarci con la musica (non troppo, però).

Per evadere un po’ dal presente non c’è niente di meglio che rifugiarsi nel passato mitico evocato dalle melodie di Hold Time, il nuovo disco di M Ward. Una carriera solista lunga e mai troppo di successo la sua (che però negli anni ha prodotto alcuni pezzi bellissimi), salita agli onori delle cronache l’anno scorso, grazie al disco d’esordio del progetto She and Him (che Ward condivide con la divina Zoey Deschanel, ora fidanzata con Beniamino Gibbard dei Velveteen, Death Cab for Cutie), un vero e proprio bagno di atmosfere retrò e melodie anni ’60. Ed esattamente come quest’ultimo progetto, Hold Time stavolta si distanzia un po’ dal classico modello folk cantautore-con-chitarra, e osa di più mischiando vari generi del presente e del passato, che riescono a combinarsi nella mirabile alchimia propria dei capolavori pop senza tempo.

Ascoltare il singolo Never had nobody like you, oppure la cover di Buddy Holly Rave on, per credere: mi fanno venire voglia di mettere un completo nero, il fiore all’occhiello e andare al ballo della scuola con la mia bella. Sperando che assomigli sempre a Zoey Deschanel.

 

M Ward – Never had nobody like you (MP3)

M Ward – Rave on (MP3)

 

Previously (uno dei suoi pezzi migliori, del 2005):

M Ward – Hi-fi (MP3)

 

mercoledì, 18/02/2009

Urca Urca Tirulero Oggi splende il sol

Ho aspettato un po’ a pubblicarlo perchè prima volevo avere il tempo per guardarle tutte e decidere quale fosse la migliore. Ora ho raggiunto il verdetto: la migliore versione di Urca Urca Tirulero (Robin Hood e Little John van per la foresta – in originale Oo De Lally) è sicuramente quella in Catalano, intitolata Durul·lari:

 

Waxy ha raccolto in un post tutte le versioni in lingue differenti che è riuscito a trovarae, e il risultato finale è strepitoso (fa morire anche solo leggere i titoli: Oo de Lally, Tirly Tirly Truly Truly, Jodeladie Jodelee, O-La-Ri-Lo-Le…). Se poi spingete Play in tutte contemporaneamente…

 

lunedì, 16/02/2009

Punk-funk torinese in salsa balearica emiliana

I Did sono uno dei più promettenti nomi italici emersi nell’anno appena passato. Partiti da un bell’EP in free download (per la sempre benemerita netlabel piemontese Kirsten’s Postcard), in cui spiccava quella Ask U2 che ha ottenuto una certa visibilità sui blog non solo italiani e che fa sempre la sua porca figura sul dancefloor del Covo, sono da poco arrivati alla pubblicazione del primo EP ‘fisico’ (Time for shopping, pubblicato da Circolo Forestieri), che perfeziona il primo EP integrandone due pezzi con due nuove composizioni. Il riferimento più vicino sono i migliori Rapture, quelli che mischiano punk e funk in parti uguali e che partono dalla new wave più danzereccia per arrivare ai synth e alla cowbell, o i primi Disco Drive, con i continui raddoppi alle percussioni e il virus avant-rock ancora fuori dall’organismo. A confronto con tali modelli musicali, i Did -peraltro ancora giovanissimi- escono già a testa alta.

 

Crimea X è un neonato progetto «balearic/kraut/cosmicdisco/moroder / carpenter/ecc» con base a Reggio Emilia. Dietro ci sono Jukka Reverberi (i cui vari progetti –Giardini di Mirò, Die stadt der romantische punks e Bastion elencavo giò nel post relativo al suo più recente progetto Racconti Emiliani) e Luca Roccatagliati (storico DJ del Maffia come Rocca DJ, ed ora parte del progetto nu italo disco Ajello che sta attirando molta attenzione sui circuiti internazionali) che non paghi dei rispettivi mille impegni hanno trovato il tempo per mettere in piedi questa nuova creatura musicale. All’attivo per il momento solo un paio di remix, in arrivo un EP d’esordio (previsto per aprile sotto marchio Hell Yeah) e forse i primi live/Dj set sul finire della primavera.

 

I Crimea X hanno appena remixato la title-track dell’EP dei Did, riuscendo nell’apparente mission impossible di «balearizzarne» il sound metropolitano, smussando gli spigoli e portandoli a bersi un cocktail in un bar lungo la spiaggia. Ascoltare per credere, e segnarsi i due nomi. Ho il sospetto che ne sentiremo ancora parlare.

 

 

Did – Time for shopping (Crimea X remix) (MP3)

 

Did – Ask U2 (MP3) 

Did – Ask U2 EP (link -> ZIP con 4 MP3)

 

giovedì, 12/02/2009

Inkiostro does SXSW

Il South by Southwest di Austin è il sogno dell’appassionato di musica che diventa realtà. Ormai diventato uno dei festival musicali più importanti del mondo (ma noto anche per le sue versioni Film e Interactive), il South by Southwest (SXSW) si differenzia dai festival che conosciamo per l’assenza di palchi giganteschi, nomi altisonanti e folle oceaniche, e gli preferisce invece più di 50 luoghi medio-piccoli (club, bar e parchi, case private) in cui si suona più o meno ininterrottamente per 5 giorni. E così, per i musicofili di tutto il mondo, per 120 ore il centro di Austin (Texas) si trasforma nel centro del mondo.

 

Il focus è tutto sulle band giovani e sulle nuove sensazioni, che tipicamente trovano nella platea di Austin, composta in buona parte da addetti ai lavori, il pubblico giusto per emergere dall’anonimato o fare il salto che li porta sulle riviste, radio e siti web indipendenti di tutto il mondo. Andate a cercarvi gli autori dei dischi che compaiono più spesso nelle top 10 di fine anno; scoprirete che quasi tutti, a Marzo di quell’anno, sono passati per Austin.

E quest’anno al festival ci sarò anch’io, e, come è ovvio, vantarmene è lo scopo principale di questo post.

 

Per il momento la line-up (non ancora definitiva) elenca circa 1600 band, in cui i pochi nomi grossi (Primal Scream, PJ Harvey & John Parish, Echo and the bunnymen, The Decemberists, Tori Amos, Okkervil River, Katy Perry, Meat Puppets, New York Dolls) annegano nella marea di nomi medi e piccoli (tra cui cercherò di non perdermi Ra Ra Riot, +/-, Lisa Hannigan, Cut off your hands, Passion Pit, Crystal Stilts, M Ward, The pain of being pure at heart, Andrew Bird, Peter Bjorn e John, Gomez, Lemonade, Grizzly Bear, Department of eagles, Late of the pier, Au revoir Simone, Fanfarlo, The Soft Pack, Phosphorescent, The Whip, The Wrens, Telekinesis!, Cause co-motion, The Little Ones, Dent May, The Rural Alberta Advantage e poi ce ne sono ancora, non finiscono davvero più) che mi costringeranno spesso a scelte ardue o alla trilocazione.

Anche la delegazione di band italiana quest’anno è di tutto rispetto, e conterà su nomi molto apprezzati da questo blog come A Classic Education, Les Fauves e Afterhours per cercare di ottenere un po’ dell’attenzione estera che certamente meritano.

Strumenti indispensabili per orientarsi in questa marea di band sono la lista di DO512, la straordinaria web-app di Paul Lamere e il SXSW Blog di Shed.Org che aggregano dati e bio prese dalla rete, costruiscono classifiche sulla base degli ascolti su Last.fm, postano quotidianamente news su eventi, showcase e parties del festival e consentono di costruirsi la propria scaletta personalizzata.

 

 

Sulla strada per Austin, all’andata e al ritorno, mi fermerò per qualche giorno a New York City, giusto il tempo sufficiente per mangiare una bagel, fare un giro nel Lower East Side, trascinare mia sorella a concerti di band che non conosce, bere galloni di Red Stripe con Matte e twittare cose insopportabili che vi faranno venire voglia di uccidermi. E vedere i Modest Mouse al Terminal Five e Morrissey alla Carnegie Hall, certo.

Sarà dura aspettare ancora un mesetto (con tutto quello che sta succedendo in Italia, poi…se continua così provo a chiedere lo status di rifugiato, magari Obama ha pietà), ma con quello che mi attende, scommetto che ce la farò. Voi che dite?

 

martedì, 10/02/2009

Sanremo: unire i puntini

Eddy Anselmi è un guru. Oltre ad essere probabilmente il miglior speaker radiofonico bolognese e una persona di rara simpatia, Eddy è senza ombra di dubbio il più grande esperto mondiale di quello straordinario evento di costume che è il Festival di Sanremo. Da ieri è in edicola (e la prossima settimana in libreria) Festival di Sanremo – Almanacco Illustrato della canzone italiana, prima, mastodontica, opera enciclopedica dedicata alle 58 edizioni del festival, scritta da Eddy con la passione di un innamorato e dedizione di un pazzo. Ci fa l’onore di presentarlo qua, in prima persona, spiegandoci le ragioni di questa bizzarra (e davvero anticonformista) ossessione, raccontandoci (senza lesinare una doverosa previsione sull’edizione di quest’anno) una storia in cui molti di noi, in fondo, almeno un po’ si riconoscono.

 

 

Sanremo: unire i puntini

di Eddy Anselmi

 

 

Una passione che nasce nel marzo 1977.

 

Mentre le radio private si moltiplicano, gli autonomi sampietrinano, la celere carica, Cossiga al Viminale e i blindati in piazza, una sola settimana prima che la forza pubblica sfondi la porta di Radio Alice in Via del Pratello 41, io vedo per la prima volta il Festival di Sanremo.

 

Faccio la seconda elementare, di anni ne ho 7. Del Festival ho già sentito parlare. La locuzione non mi è nuova, ma non ho mai capito di cosa si tratti di preciso. A musica leggera non sono propriamente uno sprovveduto. Nell’estate 1976, avevo guadagnato il potere sul mangiacassette lasciato da papà a casa nel momento della separazione. La mamma aveva comprato una cassetta taroccata dove c’erano Fernando degli Abba, Dolce amore mio dei Santo California e Ramaya di Afric Simone. Il Festival del 1977 è bellissimo, rapido, a colori, una formula semplice semplice, tutta a eliminazione diretta: quarti, semifinali e finale a tre.

 

Vince Bella da morire: io non colgo le sfumature del caso, mi sfugge cosa voglia dire che "a sedici anni non si perde il cuore nemmeno se tu provi a fare l’amore". Santo cielo, un sacco di gente nelle canzoni "faceva l’amore" io non sapevo cosa volesse dire, sapevo solo che si cantava nelle canzoni. Io avevo perso la testa per una mia compagnuccia delle elementari con uno sguardo un po’ fricchettone da Uma Thurman, per dire, e il massimo della vita sarebbe stato invitarla a pranzo a casa e poi fare i compiti.

 

Sul serio, da lì a contestualizzare espressioni come "Sul tuo seno da rubare io non gioco più" ne mancava. Non me ne rendo mica conto, ma in quel momento ci deve essere stato una sorta di baco, nel mio hard disk. Vuoi per l’adrenalina della gara, vuoi per gli accordi in maggiore, vuoi per i forti sentimenti di cui tutto mi sembrava permeato: va a finire che tutto quello che erano canzoncine, e in particolar modo quello che erano canzoncine di Sanremo, zum, non se ne andavano mica via, rimanevano lì.

 

 

A forza di ricordarsele tutte, queste canzoncine, finì che sembrarono tanti puntini. Come il gioco della Settimana Enigmistica. E la figure che ne vennero fuori furono quelle di quelle irripetibili stagioni, con gli archi di Ruggero Cini che punteggiavano l’Emozione da poco di Anna Oxa, con la chitarra di Alberto Radius che suonava La canzone del sole, ma con le tastiere di Filippo Destrieri e la voce di Alice vinceva Sanremo. Figure complesse, come Lene Lovich, che canta tra i big nel 1982 ed è una delle poche volte che Sanremo precede una tendenza anziché seguirla con affanno. Pochi anni più tardi e Madonna e Cindy Lauper riproporranno con estremo successo il suo personaggio pre-newromantic. Ogni anno ci sono le canzoni di Sanremo, ogni anno diventano come madeleinettes intrise dell’unico sapore di quella particolare primavera, compresa quella Maledetta di Loretta Goggi.

 

Poi, era il Natale 1989 e i telegiornali parlavano della fuga di Nicolae Ceausescu e del colpo di stato in Romania, e io mi imbattei per caso in libri e riviste che raccontavano di com’era il mondo, la musica leggera, l’arte popolare, lo spirito del tempo prima di quel marzo 1977. E il Festival di Sanremo era una tappa annuale, una ricorrenza immancabile, con le sue foto che dal 1951 acquistavano il colore, con le sue canzoni che si vestivano di nuove sonorità, con i suoi protagonisti che acquisivano nuova personalità. Se i puntini da unire nel 1981 erano diversi da quelli del 1987, il gioco avrebbe funzionato anche per stagioni di cui non potevo conservare un ricordo nemmeno remoto? La risposta, sorprendentemente, fu sì.

 

E così scoprii un’Italia che esce dal conflitto senza una memoria veramente condivisa, rifugiandosi nei cori alpini e nel mito della I guerra mondiale, scoprii un paese profondo per cui tutto continuava immutato, con canzoni che potevano essere indifferentemente state scritte all’epoca dei telefoni bianchi. A fare la rivoluzione non fu il rock’n’roll. Furono i Platters, con quel ritmo "terzinato" su cui è costruita quella Nel blu, dipinto di blu che riporta le lancette della musica leggera italiana al passo con i suoi tempi il giorno stesso in cui il Senato approva la legge Merlin e gli americani mandano in orbita il loro primo satellite artificiale. Scoprii una generazione, quella dei bambini del dopoguerra, che arriva alla ribalta nel 1961, proprio a Sanremo, e da allora domina la scena italiana, musicale e non solo. Si chiamano Adriano Celentano, Milva, Giorgio Gaber, Edoardo Vianello, Tony Renis, Gino Paoli, Gianni Meccia, Umberto Bindi. Scoprii Mina, nemmeno maggiorenne: una forza della natura, in scena e fuori scena, come quando nel 1961 riceve nella sua stanza d’albergo l’inviata di cronaca rosa e costume dell’Europeo Oriana Fallaci e, a questa che le chiede cosa la giovane pensi delle donne saudite obbligate all’uso del velo, Mina risponde «Maometto, che nome carino: se un giorno avrò un figlio, voglio chiamarlo Maometto!».

 

E nel frattempo Sanremo continuava, intrecciandosi ai ricordi personali, diventandone pietra miliare, cerimonia, festa di precetto. Nel 1995 vengo invitato a raccontare la storie delle canzoni storie alla radio. Lungimirante e coraggioso, il direttore di Radio Città 103 Alfredo Pasquali dà il suo OK al numero zero di Fuori Target, rotocalco settimanale di musica leggera e di costume che per dodici anni ideo e conduco insieme a Mister Pink. Parlare di Pupo a Radio Città 103, tra gli Stormy Six e Enrico Capuano non fu indolore né accettato all’unanimità. Ma una volta in onda, la trasmissione divenne un piccolo classico. Da uno spin-off internet di Fuori Target nasce festivaldisanremo.com, il sito indipendente sul Festival di Sanremo, che -in un mondo che non conosce ancora la parola blog- viene fondato pochi anni più tardi, nell’autunno 1998 (ma che parte solo in occasione del Festival 2000).

 

Da lì parte l’idea di Festival di Sanremo Almanacco Illustrato della Canzone Italiana, che passa attraverso la rilettura di (quasi) tutti i quotidiani, rotocalchi, libri e riviste sul Festival degli ultimi quasi sessant’anni, l’ascolto (e la ricerca) di tutte le canzoni. Del baco dell’hard disk ve l’ho detto. Dopo questi ulteriori tre anni mi sembra di essere diventato un mostro. Mi sento come l’Henry Jekyll, o il Quebecchese Andre Delambre dell’Esperimento del Dr. K..

 

E anche se il refuso è sempre dietro l’angolo come un brigante da strada, è andata a finire che ho scritto 960 pagine che sono la storia del Festival di Sanremo, che l’ha pubblicato la Panini e che ne ha tirate alcune decine di migliaia di copie. Oltre al Festival, c’è una storia che parte dal piano Marshall e finisce con Barack Obama, ci sono le programmazioni cinematografiche da Amedeo Nazzari ai Fratelli Coen, c’è il concorso Eurovisione della Canzone da Lugano 1956 a Mosca 2009. E poi ci sono loro, le canzoni, gli interpreti, i parolieri e i musicisti. I concorrenti, insomma. Perché Sanremo è una gara. Il resto fa colore, se ne discute, se ne parla. Ma resta inessenziale.

 

A proposito (ma non ho ancora letto i versi dei motivi in concorso): quest’anno vince Marco Masini. secondi (oso) gli Afterhours, terzo (ahimè) Marco Carta. Altri due nomi? Francesco Renga e Nicky Nicolai, noblesse oblige. Premio della critica agli Afterhours o a Patty Pravo.

 

N.B. Musicalmente ho una vita privata che va oltre Sanremo, talvolta. L’ultimo disco che ho comprato è quello degli Animal Collective. Ho adorato gli Stone Roses e tutta la scena di Madchester, gli Stereolab, i Radiohead. Perché Sanremo sarà pur sempre Sanremo, ma non esageriamo.

 

 

 

Festival di Sanremo – Almanacco Illustrato della canzone Italiana rappresenta il risultato di oltre 3 anni di lavoro di ricerca sulle 58 edizioni, sulle 1698 canzoni in concorso e sugli oltre 2.200 interpreti e autori che hanno concorso al Festival fino al 2008. Sarà in edicola dal 9 febbraio, e in libreria dal 18 febbraio 2009.

 

Eddy Anselmi – Festival di Sanremo – Almanacco Illustrato della canzone Italiana. Panini, Modena 2009
960 pagg. colori / copertina cartonata / prezzo al pubblico € 19,90

 

 

lunedì, 09/02/2009

Covers will kill you

Chiunque abbia mai sentito nominare Ben Lee, in genere se lo ricorda per due motivi: la sua hit del 1999 Cigarettes will kill you (diventata un piccolo tormentone anche da noi, cosa piuttosto improbabile per un musicista indiepop australiano) e la sua bella versione acustica dell’anthem dei Modest Mouse Float On. Due elementi che, se dicono poco della statura artistica di Lee (che ha prodotto un repertorio abbastanza vasto ma molto, molto discontinuo), ci fanno capire tre cose: il nostro ci sa fare con i tormentoni. E con le cover. E con le cover dei tormentoni.

E infatti come appendice del suo nuovo disco The rebirth of Venus (che, dopo un ascolto distratto, non mi sembra niente di che) Lee pubblicherà un EP di cover. Ci sono i connazionali The Grates, un vecchio singolo di John Lennon, gli Against me!, gli Ataris (con la loro invettiva contro lo stesso Lee) e, come ciliegina sulla torta, Kids degli MGMT, che a buon diritto può essere definita come uno dei pochi tormentoni usciti dall’anno musicale appena concluso. In mano a Lee, Kids diventa un delicata ballad acustica, con un arrangiamento che toglie quasi tutto e non aggiunge quasi niente al pezzo originale. Non proprio lo stesso trattamento che toccò a Float On, in effetti; ma a qualcuno -forse- piacerà.

 

Ben Lee – Kids (MGMT cover) (MP3)

 

Ben Lee – Float On (Modet Mouse cover) (MP3)

Ben Lee – Cigarettes will kill you (MP3)

 

sabato, 07/02/2009

Oscurati

Oscurarsi contro gli oscuranti.
Eluana Englaro. Per un giorno, contro i decretoni minacciati dai decretini, lasciate che a rappresentarvi su facebook sia un quadrato nero su fondo nero. Suprematismo tattico. Vediamo che succede. E se qualche amico giornalista ne parla.

Normalmente schivo cause e petizioni di Facebook con il fastidio di chi, anche quando è d’accordo, sa che cliccare su un link è troppo comodo, facile e inutile per avere il benchè minimo effetto per cambiare le cose. In questo caso, però, non solo ho aderito, ma me ne sono fatto attivo promotore, perchè la pagina di democrazia che stiamo vivendo è una delle più sconvolgenti, bieche e inverosimili che si siano mai viste, e anche se ciascuno di noi, a parte scendere in piazza, può fare ben poco, il colpo d’occhio delle foto del profilo oscurate ha una sua efficacia. Se non altro, in qualche modo mi conforta.

 

venerdì, 06/02/2009

Note in absentia

Quando non hai una ragazza, una fidanzata o una moglie, quando sei solo da secoli e quando ogni volta che sei in coppia non vedi l’ora di tornare libero e ogni volta che torni libero la solitudine brucia come una tortura insopportabile, certe volte a tarda notte ti ci vogliono dei dischi come quello di Barzin.

Notes to an absent lover, che esce a metà Febbraio per Monotreme, è il terzo disco del cantautore canadese, e sembra fatto apposta per suonare in sottofondo in certe sere troppo sconsolate e buie per i volumi alti e le manifestazioni evidenti di qualsivoglia animo. Un capolavoro di mestizia elegante e misurata, gode di arrangiamenti complessi ma quasi invisibili, della classe in sapiente bilico tra folk e pop che è solo dei migliori e di testi pronti a colpire nel cuore non appena gliene date la possibilità. Da maneggiare con cautela, e amare molto.

 

Barzin – Words tangled in blue (MP3)

Barzin – When it falls apart (MP3)

 

mercoledì, 04/02/2009

Halfway between Sweden and Ibiza

Prima, in pausa pranzo, stavo cercando di fingere di essere altrove guardando il nuovo video escapista degli Air France, alfieri del recente bizzarro ibrido musicale per lo più scandinavo che mischia in varie dosi dance balearica e indie-pop etereo, quando mi è tornato in mente un MP3 che ha stazionato sul mio desktop per tutto l’autunno e per cui a un certo punto sono entrato davvero in fissa. Si tratta del primo singolo dei Pallers, nuova promessa della Labrador (già etichetta dei Radio Dept, chevvelodicoaffà), un piccolo prodigio indietronico che non so bene come concilia gli orizzonti più glaciali della sua terra di origine (ricordando non poco The Knife o la Karin Dreijer Andersson solista) con un calore tutto mediterraneo (da copione, il pezzo pare essere stato prodotto durante una vacanza in Spagna). A metà strada tra due posti lontani, in una terra che non esiste. Esattamente quello che ci vuole per la mia pausa pranzo.

 

Pallers – Humdrum (MP3) 

 

mercoledì, 04/02/2009

I love Lego, I love NY, I Lego NY

Me l’hanno segnalato talmente tante persone che se non lo posto non la smettete: I LEGO N.Y. Piccole operte d’arte un po’ astratte che ritraggono una New York City minimale fatta di Lego.

[grazie a Emanuel, Matte, Lucy e .doc]