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giovedì, 18/12/2008

Doveroso post a base di librerie e cover natalizie

Shelf Christmas Tree (dalla collezione Unusual and creative Christmas trees)

 

 

 

Better enjoyed listening:

Pas/Cal – Last Christmas (Wham cover) (MP3)

Già lo sapete perchè la linko ogni anno: la mia cover natalizia preferita di sempre.

 

Heike has the giggles – All I want for Christmas is you (Mariah cover) (MP3)

Dalla spettacolare compilation natalizia di Polaroid. Go get it!

 

martedì, 16/12/2008

Alcool driver’s blues

Ieri leggevo l’articolo del Corriere sull’ennesimo giro di vite sulla guida sotto l’effetto dell’alcool, che pare diventerà legge tra appena un mese, spostando il limite legale per il tasso alcolico a un ridicolo 0,2%:

Non si potrà (quasi) più bere alcol se si vorrà guidare un’auto: sarà infatti sufficiente un tasso alcolico dello 0,2% (ora è 0,5%, espresso in grammi di alcol ogni 100 ml di sangue) per vedersi ritirare la patente. È quanto prevede una proposta di legge all’esame della Camera e che dovrebbe essere varata entro la fine di gennaio. Lo ha detto il presidente della commissione Trasporti della Camera, Mario Valducci dopo i recenti incidenti mortali che hanno visto coinvolti guidatori con tasso alcolico superiore al consentito. [#]

Impeccabile la chiosa di Icepick:

bravi, perché certo, voi avete fatto tanti tanti bei controllini, che hanno avuto l’effetto preventivo di far diminuire, anzi, quasi far scomparire, gli incidenti provocati da autisti con più dello 0,5% attualmente consentito.

in seguito però putroppo ulteriori controlli hanno evidenziato che tutti gli incidenti residui sono provocati da autisti con un tasso tra lo 0,5% attuale e lo 0,2% della nuova proposta.

vero? [#]

 

E’ la solita, banale, storia italiana: per cambiare una situazione si rendono le leggi più restrittive (tanto non le rispetta quasi nessuno comunque, contando sui pochi controlli), invece di pensare in grande e modificare alla base le condizioni che creano il problema. Così rimaniamo un paese in cui la viabilità notturna senza auto è praticamente impossibile anche in città (dove gli autobus sono quasi inesistenti e spesso hanno percorsi insensati, e i taxi sono carissimi; e figuriamoci in provincia) e i limiti così ridicoli che violarli e rischiare sembra spesso un’alternativa migliore a una serata forzatamente sobria. Un comportamente virtuoso non è incentivato ma quasi punito, e i locali non hanno il minimo aiuto statale o comunale per creare navette che permettano agli avventori di muoversi senza macchina (e so che in molti posti ci hanno provato).

 

Continuiamo così, a chi pesca la pagliuzza più corta e guida, e speriamo (per la sua patente e per la nostra salute) che sia uno di quelli affidabili.

Anche perchè lasciate perdere i rimedi fai-da-te per far scendere artificialmente il tasso alcolemico: a dar retta a Marco Berry de Le Iene (servizio completo qui sotto), non ne funziona neanche uno…

 

 

lunedì, 15/12/2008

Loro sono quelli che invece ce la fanno

«Io sono quello che non ce la faccio»: questo il celeberrimo incipit di Bassotuba non c’è, con cui cominciano i set del loro nuovo progetto congiunto due delle personalità musicali più creative d’Emilia (e forse d’Italia).
Max Collini, già voce e autore dei testi degli Offlaga Disco Pax (nonchè membro del multiforme team di Get Black, quando non è in tour -cioè quasi mai) e Jukka Reverberi, chitarra e voce dei Giardini di Mirò e titolare di vari progetti più o meno elettronici, rumoristi e ambientali come Die stadt der romantische punks e Bastion (e anche blogger) ogni tanto riescono a ritagliarsi un po’ di tempo dai rispettivi impegni e a portare in giro Racconti emiliani, spettacolo a base di droni e letture. Jukka ci mette la musica (per lo più desolate sinfonie atmosferiche e rumorismi livellati di grande impatto emotivo), Max la voce (con un paio di testi inediti, più brani di Tondelli, Nori, Simona Vinci, Morozzi, Philopat, Matteo B. Bianchi), e il risultato è spesso superiore alla somma delle parti.

E’ possibile ascoltare qualche brano live in bassa fedeltà sul loro nuovo myspace congiunto, oppure qua sotto. E sperare che passino anche dalle vostre parti.

 

Max Collini / Jukka Reverberi – La Maga Lorella (testo di Max Collini – live) (MP3)

Max Collini / Jukka Reverberi – Stanza 411 (testo di Simona Vinci – live) (MP3)

 

venerdì, 12/12/2008

Finiranno così

[da MBV, in occasione del lancio del videogioco natalizio di Sufjan Stevens]

 

 

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mercoledì, 10/12/2008

Nel Pd c’è una questione morale. Vero: è a terra.

Scoperto il mistero della (perenne) crisi del Partito Democratico (ci voleva tanto, direte voi): senza parole

[recuperato la settimana scorsa da Blob e messo online da Dr. Shoum]

 

 

[il titolo del post invece viene da Spinoza]

 

martedì, 09/12/2008

Economie alternative per l’industria musicale

L’industria discografica è in crisi, lo sanno tutti. Sono anni che il mercato musicale cerca disperatamente di trovare rimedio all’emorragia finanziaria che l’ha colpito ultimamente, di solito combattendo crociate inutili contro la diffusione dei file in rete o rendendo i cd copy-protected in modo che le copie originali finiscono per funzionare ancora peggio delle versioni piratate.

 

Nell’ultima settimana, però, sono spuntate fuori un paio di soluzioni decisamente più creative. La Ashtmatic Kitty (etichetta di Sufjan Stevens) ha lanciato un’iniziativa bizzarra: per un numero limitato di ore, ogni nuovo cd avrà un prezzo particolare, basato sul voto ottenuto dal disco nella recensione di Pitchfork (più alto il voto, più alto il prezzo).

Ecco la spiegazione dettagliata.

The record industry has reeled in the wake of Radiohead’s decision to sell their album at a price determined by the consumer. Likewise, we here at Asthmatic Kitty have also had many internal discussions on pricing and value. How much is our artists’ music worth anyway? Who gets to determine that?

Sure, there’s been a lot of focus on you, the people who buy the music. But while we were reading Pitchfork’s review of Grampall Jookabox’s new album, Ropechain, we started to wonder: who’s thinking about the music critics here? Everyone is looking to the consumer for guidance on pricing in an Internet-driven world, but don’t music reviewers deserve some attention?

Today we are officially experimenting with what we call the Critic-Based Pricing Structure. Instead of selling Ropechain for our standard $10, or letting consumers pick their own price, we have let Pitchfork determine the price. Pitchfork gave Ropechain a 5.4. So, for the next 54 hours, Grampall Jookabox’s Ropechain album is available for just $5.40 (+S&H). That’s right, $5.40. Be part of this experiment by buying it. [#]

Io ho l’impressione che ci stiano un po’ prendendo tutti per il culo (voi che dite?), ma invece magari no, è un’idea geniale e oltre all’ovvia pubblicità iniziale per la sua bizzarria, funzionerà benissimo aumentando i guadagni dell’etichetta.

 

Anche perchè là fuori c’è anche chi ha idee ancora più assurde. Come quelli di Bopaboo, il mercatino online degli MP3 usati

Q. What is bopaboo?

bopaboo is an online marketplace that allows you to legally transfer and resale digital music. Unlike, peer-to-peer file networks – bopaboo never creates duplicates of your music.

Q. Why bopaboo?

bopaboo was founded as a legal secondary marketplace to enable consumers to have the ability to resale their previously purchased music. With bopaboo, you now can upload and sell your unwanted music and buy your favorite artist music from other consumers just like you. [#]

 

La domanda sorge spontanea: Ma questa cosa è legale? Che significato ha sostenere che Bopaboo non crea duplicati dei file, contando che la cosa è virtualmente inverificabile, e comunque tecnologicamente priva di senso?

Se l’è chiesto anche l’avvocato di Idolator, e il succo della sua dissertazione in aglo-legalese infatti è "non ha senso". Ovvero: questa iniziativa ha i giorni contati. Però è una bella idea, no? Chissà che a forza di pensarne di così strambe un giorno a qualcuno non venga in mente la soluzione per evitare il definitivo collasso del sistema che altrimenti -dicono- è solo questione di qualche anno…

 

 

Soudrtrack di indie-pop borghese:

The Submarines – You, Me & the Bourgeoisie (ZShare MP3)

 

lunedì, 08/12/2008

FaceCool

Non essendo un suo lettore abituale mi era sfuggito, e dal suo mostruoso sito era ovviamente impossibile dudurlo: da un po’ L’Unità, come parte del suo rilancio sotto la guida di Renato Soru (come editore) e Concita De Gregorio (come direttore), ha lanciato EMME, l’inserto satirico del lunedì diretto da Sergio Staino che tenta di rinverdire i fasti del leggendario Cuore.

 

La copia di oggi mi è capitata tra le mani e ne sono rimasto favorevolmente colpito; ora non posso esimermi dal riportarvi qui la rubrica FaceCool, che presenta nientemeno che il profilo Facebook di Joseph Ratzinger.

Cliccate sull’immagine per vederla intera e ingrandita (e scusate per la pessima qualità, non avevo uno scanner a portata e l’ho fotografata al volo con la digitale).

 

venerdì, 05/12/2008

I don’t wanna hear you play guitar

Non è che io abbia niente contro le chitarre, anzi. Però, ogni tanto, non è bello ascoltare anche un po’ di musica suonata (senza laptop o piatti) che riesca ad essere clamorosamente rock -a tratti punk- senza fare uso di una sei corde?

 

Dei Don Turbolento e della loro soprendente proposta a base di synth e batteria, come qualcuno ricorderà, ho già parlato un paio di volte più di un anno fa, sulla scorta del loro sorprendente EP di esordio e di uno dei loro spettacolari live set. Nel mentre il duo bresciano ha pubblicato un LP omonimo che da queste parti è stato in heavy rotation per mesi, e poi abbondantemente passato sulle frequenze di Radio Città Fujiko e diventato ormai un appuntamento fisso sul dancefloor del Covo (di solito con la mia favorita, Take it up). Arrivato ormai in periodo di classifiche di fine anno, non posso non dare lo spazio che si meritano ai dischi che nei mesi hanno abbondantemente tenuto banco sul lettore ma, tra una cosa e l’altra, sono ahimè sfuggiti a queste pagine.

 

Uno spazio per cui in questo caso parlano le fantasiose soluzioni musicali trovate dalla band per tirare fuori dalla formula a due una varietà di sfumature di sorprendente freschezza. Tanto negli episodi più classicamente punk-funk (Spend the night on the floor) quanto nell’apocalittica cassa dritta a 8 bit di Jingo & Nina, tanto nei pezzi più atmosferici e spaziali (Snapshots) quanto nel pop cadenzato del manifesto IDWHYP Guitar e nell’acidissima e assai riuscita cover del classicone I wanna be your dog. Se fossero di Brooklyn sarebbero di certo già un piccolo fenomeno della scena indipendente mondiale; da noi non hanno ancora attirato l’attenzione che meritano, anche se il nuovo disco, in uscita a Gennaio, potrebbe cambiare le carte in tavola. Sempre senza chitarre.

 

[stasera i Don Turbolento suonano al Covo di Bologna. Indovinate un po’ chi sarà in prima fila a ballare]

 

Don Turbolento – IDWHYP Guitar (MP3)

Don Turbolento – Take it up (MP3) 

 

mercoledì, 03/12/2008

Storia di un cantautore un po’ sfigato

James Yuill è un cantautore talmente sfigato che la sua voce su wikipedia ha solo un paio di righe.

«James Yuill è un musicista folktronico inglese che viene da Londra, e che incide dischi per la Moshi Moshi» [#

Esauriente, non c’è che dire. Eppure Yuill è di Londra, terra nota per celebrare ogni promessa musicale come la next big thing ancora prima che questa abbia pubblicato alcunchè. Per giunta è arrivato già al secondo disco -uscito già da un paio di mesi- e online le recensioni (tutte assai favorevoli) si contano sulle dita di una mano.

 

Se lo merita? Direi di no.

Certo, Yuill si muove in un terreno già abbondantemente battuto (che ha come estremi da un lato i Tunng e i Mùm più pop, e dall’altro Styrofoam e i Postal Service), e lo fa con un’estetica da cameretta (cfr. l’immagine qui di lato, che viene dal suo sito ufficiale) ormai abusatissima. Eppure la sua è una proposta di ottimo valore, e il suo recente disco Turning down water for air è una delle cose che recentemente si è fatta più apprezzare da questo lato degli auricolari, grazie alla scrittura classica ma non scontata e alla produzione curata ma non patinata. Ma soprattutto grazie al pezzo migliore del lotto, quella No pins allowed che tocca le stesse alte vette da instant classic dei migliori Postal Service, mancando solo di poco la destinazione indie-dancefloor che pure gli sarebbe propria. Sempre la sfiga del suo autore, probabilmente.

 

 

James Yuill – No pins allowed (MP3)

 

 

giovedì, 27/11/2008

In cucina con Cat Power

Chan Marshall, meglio nota come Cat Power, cucina le patate dolci al forno, ospite in video su Oh-Audrey.com (una specie di Antonella Clerici del web). Se vi interessa, la ricetta è anche in versione testuale. (via)

[evitiamo gli ovvi commenti sull’inarrestabile imborghesimento della cara Chan. Ormai è cosa nota. E un po’ triste]

 

 

Lettura consigliata:

Kara Zuaro – I like food, food tastes good

Musica e cucina: l’abbinata è vincente. In questo libro più di 100 musicisti indipendenti segnalano e spiegano la loro ricetta, dai Kings of Convenience ai Death Cab for Cutie, dagli Okkervil River agli Interpol, dai Violent Femmes ai Descendents (da un cui verso prende titolo il libro). Comprato a NYC mesi fa, testato e approvato. Curioso, e pure utile.

 

Lettura sconsigliata:

Alex Kapranos – Rock Restaurant

Come ho scritto su Anobii: «Canti bene e magari sei anche un bravo cuoco, ma come scrittore lasciamo perdere». Il leader dei Franz Ferdinand -ex cuoco- racconta il cibo e i ristoranti dal mondo visti durante i suoi tour con la band. Poche idee, poco originali, e espresse in modo per nulla memorabile. Passate oltre.

 

 

Soundtrack dai bei tempi che furono:

Cat Power – Wonderwall (Oasis cover) (MP3)

 

lunedì, 24/11/2008

Penitenziaaaagite!

Nei periodi di crisi succede quasi sempre: tanto la società va in malora, quanto in tv satire e imitazioni la fanno da padrone, raggiungendo livelli di grande qualità. Penso al Brunetta di Crozza, alla Gelminipimer della Cortellesi (ma anche -benchè centri poco- alla risposta a Giusy Ferreri di Checco Zalone che segnalava ieri Simona) , che nell’era di YouTube anche chi guarda poco la tv come il sottoscritto può recuperare senza troppi problemi.

La vetta secondo me l’ha toccata Neri Marcorè la scorsa settimana a Parla con me, con una strepitosa interpretazione della Binetti, posseduta dalle mille anime del PD e da alcune citazioni che mi hanno fatto rotolare dalle risate. 

 

E ora preghiamo tutti con la preghiera che Ruini ci ha insegnato:

Casini nostro che sei nel centro
Opus dei che sei con la CEI
Sia santificata Famiglia Cristiana
Venga l’esenzione ICI
Sia fatta la volontà dell’Osservatore Romano
Come alla radio così in tv
Dacci oggi il tuo veto quotidiano
E rimetti a noi i nostri debiti
Come noi li rimettiamo l’8 per mille
E non ci indurre in tentazione di spostarci anche poco, anche poco poco poco, anche pochissimo, neanche una ‘nticchia a sinisttra
Ma liberaci dalle sentenze della Cassazione
Amen

 

giovedì, 20/11/2008

Works for me

 

In campo informatico, l’espressione «Works for me» è una brutta bestia.

Nella sua accezione più comune viene solitamente usata da un programmatore per indicare l’esito della sua verifica di un problema precedentemente segnalato da un tester. «Works for me« vuol dire «Da me funziona» ed è contemporaneamente un alleggerimento della coscienza («Non sono stato io!») e l’attestazione dell’impotenza del programmatore di fronte al presunto problema, che porta al dubbio strisciante che ci sia davvero un errore, ma che questo si verifichi solo in circostanza difficili da ricreare, che lo rendono particolarmente infido da individuare e quindi da risolvere. Non una bella situazione.

 

Sono abbastanza sicuro che i The Twelves non pensassero a questo quando hanno scritto il loro pezzone Works for me, ma mi piace pensare che un po’ dell’ambivalenza del significato informatico sia rimasta (però il testo è abbastanza inutile, da quanto sono riuscito a capire). Elegante e dolceamaro gioiellino di pop elettronico ballabile (strettamente parente di quello che una volta si chiamava french touch, direttamente sui passi di Phoenix e Daft Punk), Works for me è uno dei primi pezzi originali pubblicati dal duo di DJ e produttori brasiliani che nell’ultimo anno ha fatto parlare di sè mezza blogosfera. Dopo una notevole quantità di remix molto belli (tra i nomi più grossi Kylie Minogue e M.I.A., ma i miei preferiti sono quelli dei Black Kids) e un paio di mixtape diffusi in rete, i primi pezzi autografi promettono davvero molto bene. Un tocco di Francia dal Brasile con doppio senso informatico, chi l’avrebbe mai detto.

 

The Twelves – Works for me (MP3)

Black Kids – I’m not gonna teach your boyfriend how to dance with you (The Twelves remix) (MP3)

The Twelves – Episode 2 mixtape (Zshare > MP3 con 11 canzoni)

 

venerdì, 14/11/2008

New Foxes Old Foxes

Tra qualche ora il sottoscritto è in partenza alla volta di Milano, dove trascorrerà il weekend per incrociare un po’ di amici in occasione dell’imperdibile concerto dei Fleet Foxes (sabato 15 novembre, ai Magazzini Generali). Pare che tra il pubblico saranno presenti addirittura cinque tra gli autori di questo blog.

Dei Fleet Foxes, qualche mese fa, scrivevo:

A qualcuno ricordano il sound senza tempo dei Midlake, ad altri il folk americano elegante dei My morning Jacket, a qualcuno anche gli Animal Collective o gli Hidden Cameras, per la vena psichedelica e l’abbondante uso di cori; c’è chi ci sente un sacco di cose anni ’60 un po’ desuete (tipo i Byrds, gli Eagles o Crosby, Stills e Nash) e chi i recenti indie-heroes Band of Horses, loro concittadini e compagni di etichetta. Quando gli ascoltatori non riescono a mettersi d’accordo su quali siano le tue vere influenze, e quando il mondo musicale comincia a incensarti (9.0 su Pitchfork, Disco del mese su Mojo) anche se la tua band è interamente composta di giovani barbuti che indossano camicie di flanella, e il tuo disco d’esordio ha in copertina non una foto cool ma un dipinto di Pieter Bruegel il Vecchio, allora vuol dire che sta succedendo qualcosa di grosso. E infatti i Fleet Foxes sono qualcosa di grosso.

 

Le vie dell’hype sono strane e impredicibili, si sa. Ma la band capitanata da Robin Peckold non concede davvero niente alle mode ed ha attirato tanta attenzione su di sè solo ed esclusivamente grazie alle sue capacità. Canzoni splendide e senza tempo (la mia preferita, come sa chi ha ascoltato la fine della stagione di Get Black è il singolo White Winter Hymnal, una nenia che ti si incolla alle orecchie e che sembra qualche remoto classico dei Beach Boys cantato da un coro di monaci gregoriani), arrangiamenti antichissimi eppure modernissimi, e dei live -pare- straordinari (saranno in Italia il 15 Novembre, per una data unica a Milano).
Ma, soprattutto, la tranquillità e la classe di chi non deve dimostrare niente a nessuno, perchè è come se fosse sempre stato qui. [#]

 

Del loro live Matte, che li ha visti a New York a Luglio e, sull’onda dell’eccitazione, è tornato a vederli di nuovo il giorno seguente, scriveva:

Il concerto dei Fleet Foxes a cui ho appena assistito e’ stato semplicemente strepitoso, uno dei migliori (se non il migliore) dell’anno, senz’altro il piu’ emozionante. [#]

E se lo dice lui, che vede decine di concerti al mese nella città in cui passano tutti, c’è da fidarsi.

Se non bastasse, proprio ieri La Blogotheque ha pubblicato uno dei suoi concerts à emporter che ha come protagonista (di nuovo) la band di Seattle, che regala una splendida versione di Blue Ridge Mountain (aperta da Sun Giant) cantata e suonata all’interno di un’ala abbandonata del Grand Palais. Se non vi fidate di me o di Matte, fidatevi delle vostre orecchie.

 

 

 

Fleet Foxes – Mykonos (MP3)  (ALT)

Fleet Foxes – He doesn’t know why (MP3) (ALT)

 

mercoledì, 12/11/2008

Super Obama World

Non faccio in tempo a lamentarmi perchè su questo blog ultimamente si parla solo di Obama (come nel resto del mondo, peraltro; ma siamo ancora nella fase in cui possiamo credere ciecamente alle promesse che rappresenta: godiamocela) che mi segnalano il clamoroso Super Obama World, splendido giochino in Flash che riprende e aggiorna il classico Super Mario World di casa Nintendo.

Il gioco non è ancora completo; al momento c’è solo il primo mondo, l’Alaska (indovinate un po’ chi è il mostro finale), mentre mancano ancora l’Arizona (lo stato di McCain), l’Illinois (quello di Obama) e la capitale Washington D.C, ma è già godibilissimo e fatto davvero bene, e avrete filo da torcere ad evitare le Hockey Moms che fanno lo shopping da Macy’s, i Russi e varie altre bestie assortite.

Già così non sono riuscito ad arrivare alla Palin in motoslitta, ma è solo questione di tempo. E se non c’è la Principessa da salvare, salveremo il mondo. Ci possiamo accontentare.

mercoledì, 05/11/2008

Yes we could

[da Joy of Tech di oggi]

 

martedì, 04/11/2008

«Toh, al Covo è appena entrato Erlend Øye»

 

Sabato, mentre io e Arturo mettevamo i dischi al Covo, è entrato Erlend Øye.

 

Così: in un non brillantissimo sabato sera post-festivo (peraltro più affollato di quanto l’infelice collocazione da day after di Halloween facesse presagire), mentre stavo passando un po’ di classici della cassa dritta, lo smilzo e poliedrico musicista norvegese (noto per essere la metà occhialuta dei Kings of Convenience, tra le altre cose) è entrato dalla porta del club di Viale Zagabria come un avventore qualsiasi. Si è messo in coda coi suoi amici, ha pagato, ha ordinato da bere, e si è messo a ballare. Io, da grandissimo fan del duo norvegese, ho rischiato di svenire, e ho continuato a mettere i dischi con il cuore a mille e l’ansia da prestazione di chi si trova davanti a uno dei suoi piccoli idoli.

 

Avevo sempre saputo che portarmi nella valigetta una copia del tendenzialmente imballabile Riot on an empty street prima o poi sarebbe servito a qualcosa; così, quando abbiamo fatto partire I’d rather dance with you than talk to you, Erlend ha reagito con lo stile tranquillo e sportivo che gli si confà: ha alzato le dita in segno di vittoria, e si è messo a ballare la sua stessa canzone, in mezzo agli amici che ridevano. Ha fatto un paio di richieste, subito accontentate (gli Smiths e «qualcosa di italiano»; abbiamo messo Il Genio e i My awesome Mixtape, e pare aver gradito), e alle tre passate, sulle note di Young Folks dei suoi (quasi)connazionali Peter, Bjorn and John, ha lasciato il locale.

 

Così.

 

 

Kings of Convenience – I’d rather dance with you than talk to you (MP3) (ALT)

 

Bonus:

Erlend Øye – A sudden Rush (MP3) (ALT)

 

venerdì, 31/10/2008

Wild Wild Zen

Non c’è niente di meglio del nuovo video degli Zen Circus (in anteprima assoluta su questo blog) per fare una pernacchia ad Halloween. Wild Wild Life è una cover dei Talking Heads, ed è il terzo singolo estratto dal brillante Villa Inferno, sottovalutato opus magnus della band pisana composto e suonato insieme a Brian Ritchie dei Violent Femmes e pubblicato da Unhip Records. Il video è diretto da Filippo Francione e prodotto da zimbrAVideo.

 

Che c’entra Halloween? Con la canzone e il video, poco o niente. Gli Zen Circus, però, torneranno a calcare il palco del Covo domani sera, il giorno dopo Halloween, per un’ingombrante serata post-festiva in cui probabilmente buona parte del pubblico che normalmente affolla il club di Viale Zagabria sarà a casa impegnata a smaltire la sbronza della sera prima.

Io invece me ne frego di Halloween, stasera sto a casa o vado a bere una birra tranquilla in centro, e tengo le energie per domani sera; visti i travolgenti live set a cui ci ha abituato la band toscana (forte di un repertorio assai vasto e di una innata capacità di tenere il palco rarissima in Italia) ce ne sarà bisogno. A seguire, in pista grande, il sottoscritto mette un po’ di dischi insieme ad Art Compagnoni. Boicotta Halloween, vota Zen Circus.
[o almeno fatti entrambe le serate]

 

The Zen Circus – Wild Wild Life (MP3)