mercoledì, 29/03/2006

Moretti Aggregator*

Su Il Caimano ho ben poco di originale da dire. In giro, però, ne ho letto parecchie cose degne di nota.
[Occhio, spoiler]

Achille se la prende coi giornali.
Francesca tira fuori un test da urlo: «Quanto sei morettiano?».
Luca Sofri relativizza come al suo solito (e come dargli torto, stavolta).
Leonardo dice tutto come al suo solito. Perfetto.
Giuliano Ferrara dimostra (a modo suo) di apprezzare.
Enrico Ghezzi dimostra (a modo suo) di non apprezzare.

Bonus:
Moretti ospite ieri a Viva Radio Due
(rapidhsare MP3 – 51 MB)
Moretti che imita Califano? Moretti che imita la sua stessa imitazione fatta da Fiorello? Moretti che incontra lo smemorato di Cologno? L’ospitata nello show radiofonico di Fiorello è pressochè imperdibile.
Adamo – Lei (MP3)
E non La notte
, come precedentemente postato. E’ che entrambe si adattano alla perfezione ad essere cantate stonando in auto, mica altro.

[* «Aggregator»? Ma come parlo?]

martedì, 28/03/2006

L’oggetto misterioso

lunedì, 27/03/2006

Being 2.0

Nello scorso weekend il sottoscritto ha pronunciato almeno due volte, con tono e intento serissimi, «Non vedo l’ora di guadagnare abbastanza da potermi permettere un analista». Questa tabella di confronto tra terapia di gruppo e Web 2.0 (for geeks only, ovviamente) cade proprio a fagiolo.

lunedì, 27/03/2006

Erlend lava più bianco

Dev’essere strano essere Erlend Øye. Un momento sei semplicemente «lo sfigato dei Kings of Convenience», quello alto e allampanato con gli occhiali da nerd che fa i controcanti e suona la seconda chitarra, un po’ triste e un po’ ridicolo nel ruolo del buffone che tenta, grazie alla personalità, di non farsi surclassare dal collega bello e bravo che scrive le canzoni migliori e assomiglia a Elija Wood. Una manciata di anni dopo, però, sei una piccola star, tanto un’icona del mondo indie che un piccolo mito all’interno della club culture, l’animatore infaticabile di decine di progetti che ha prestato la voce a star del dancefloor tra le più blasonate (Royksopp, Passarani, DJ Hell), ha pubblicato un bello e sottovalutato disco solista elettro-pop (Unrest), ha creato con il suo DJ Kicks la bizzarra figura del Singing DJ e, nonostante tutto, è spesso e volentieri protagonista di set acustici più o meno improvvisati e più o meno affascinanti.
A ulteriore testimonianza dell’irrequietezza del nostro (Unrest, appunto), ora è la volta di un nuovo progetto, dal curioso nome The whitest boy alive: un trio con base a Berlino nel quale
Øye, con il nome di Orlando Oko (traduzione in polacco di Øye, cioè «Occhio») canta e suona la chitarra. La proposta musicale della band è difficile da descrivere: punk-funk quieto? Electro suonata e spaesata? Pop malinconico ma ballabile? Definizioni più creative sono le benvenute.
Per il momento la band ha pubblicato solo un 7" split; ma girano alcune registrazioni (più o meno dei demo) indubbiamente affascinanti e molto, molto promettenti. Tra queste spiccano Dead end, in cui l’inseguimento tra chitarra e basso della strofa sfocia in un trascinante refrain strumentale e Golden Cage, dal basso sinuoso e dalla voce impalpabile. Una quadratura del cerchio insolita e quasi miracolosa, se volete dare retta a me; che, però, non gli verrà riconosciuta. Perchè -che diamine- lui è lo sfigato dei Kings of Convenience, e niente di più.


The whitest boy alive – Dead end (MP3)
The whitest boy alive – Golden cage (MP3)
The whitest boy alive – Inflation (MP3)
The whitest boy alive – Inflation (7" version) (MP3)
The whitest boy alive – Promise less or do more (MP3)

[i The whitest boy alive saranno il 27 Aprile al People di San Damaso (MO)]

venerdì, 24/03/2006

Il mio orsacchiotto legge gli emmepitrè


[da Top ten strangest mp3 players]

giovedì, 23/03/2006

Points and com(m)as

_Questo inverno che diventa primavera ma che sembra autunno, per il sottoscritto, è insolitamente confuso e meditabondo, colmo di certa nausea da vecchiume quanto di pensamenti e ripensamenti lungamente covati. La qualità del blog, che proprio in queste settimane polverizza i propri record di accessi sorpassandoli di più di 100 unità, finisce per farne un po’ le spese.
_Questo inverno che diventa primavera ma che sembra autunno si sposa alla perfezione con l’ennesimo ascolto del gioiellino stile Nancy e Lee di Isobel Campbell e Mark Lanegan, tentando di superare le brume psichedeliche di You in reverse dei Built to spill e aspettando che il clima si adatti in pieno al nuovo Startlight Mints, i The boy least likely to (ma in salsa O.C.) del 2006. Poi ci sono il nuovo Fiel Garvie e alcuni dischi italiani piccoli ma molto pregiati, ma di quelli si parlerà più avanti.
_Questo inverno che diventa primavera ma che sembra autunno, il tempo che normalmente passerei sul blog lo passo a divorare The good life di Jay McInerney, il genere di libro che ordini appena esce in america e che adori non senza sentirti un po’ in colpa nè senza ignorarne il perchè. Anche di questo, ovviamente, se ne riparlerà.
_Questo inverno che diventa primavera ma che sembra autunno si perde tempo a leggere i post di Nota disciplinare, l’esilarante blog che raccoglie una selezione di note nel registro improbabili e surreali. Essendo stato a mio volta interprete di questioni simili -ma non dalla parte della penna che credete voi- la tematica mi colpisce abbastanza da vicino. [grazie al Socio e al Boss]
_Questo inverno che diventa primavera ma che sembra autunno si rotola dalle risate ascoltando l’mp3 dell’inno del’Udeur, un delirio assolutamente imprescindibile con alla voce un incrocio tra Nek e Pelù e un arrangiamento stile sigla di cartoni animati. [Grazie a Checco e ad Achille]
_Questo inverno che diventa primavera ma che sembra autunno ci sono meno concerti interessanti del solito e si guarda ad Aprile (con Ant, Fiel Garvie, Tender Forever, Ms. John Soda, The Organ, Architecture in Helsinki, Isobel Campbell), Maggio (Josè Gonzalez, The Black Heart Procession, Belle & Sebastian, Calexico + Iron and wine, dEUS e pare persino Vashti Bunyan e Adem (!)) e Giugno (Violent Femmes, Tool). Mentre ci si perde in alcuni amletici interrogativi: i Devics suoneranno davvero al Covo? Perchè sul loro myspace c’è una data che sul programma del Covo è già occupata, mentre sul sito del Covo ieri c’era una data per il 29 aprile che è stata tolta? Si può sapere quando suonano? O, per precauzione, devo andare a vederli venerdì prossimo al Bronson? E poi: chi canterà negli Alice in chains nella data del Gods of metal?
Perchè l’anno che al Flippaut vengono nientemeno che i Massive Attack spostano il festival da Bologna a Milano e dall’1 giugno al 21 luglio? E perchè tutti i tour europei già annunciati per la primavera-estate (Radiohead, Morrissey, Strokes, Stars) non hanno neanche una data in Italia?

giovedì, 23/03/2006

Dancer in the light


[White in (low-res qui, hi-res qui) è definito micrometraggio, ma è più un esperimento video sulle relazioni tra movimento, suono e luce, di durata assai breve ma con dettagli curatissimi e un paio di intuizioni davvero felici. Audiovisivamente, una delle cose più interessanti in cui mi sia capitato di imbattermi da un po’]

mercoledì, 22/03/2006

The music-loving novelist and the book-loving musician

Douglas Coupland vola a Roma per intervistare Morrissey.
Ed è già leggenda.

«To me, interviews are mostly about trying not to make the interviewer think I’m too much of an asshole. I think that’s the experience with most interviews these days, mine and most everybody else’s. Let’s face it, pretty much any info you need is already out there on Google. Interviews never go away any longer. They just pile up and up and up for the rest of time. If people want to know something about a subject, they can just find it themselves. All that remains is control of the asshole yes/no switch. Do you want an interviewer to flip it? Remember – if you don’t want people thinking you’re an asshole, it means you allow your interviewer to torture you. It all boils down to how strongly you believe in the totemic Sony.»

«And maybe what all this further boils down to is the fact that Morrissey is interview-proof. Don’t bother. He’s not an asshole and he’s not the Dalai Lama, but you could interview him for a thousand years and you’d learn nothing. And this is just fine.»

martedì, 21/03/2006

MacchemMuz

Di solito viene dato da tutti come un fatto assodato: l’Italia è un paese senza cultura musicale, in cui si vendono pochissimi dischi e ancora meno giornali musicali, praticamente nessuna band indipendente riesce a vivere con la musica e le più importanti manifestazioni del campo sono baracconate tipo il Festival di Sanremo e il Festivalbar. Anche se a occhio e croce io non sono così genericamente pessimista, la mia opinione in merito non è molto differente. E non lo ero neanche la settimana scorsa, quando per puro caso in edicola mi sono imbattuto in una nuova rivista musicale. Foto di Morrissey in copertina, riferimenti a Mogwai a alla Warp subito sotto, prezzo ridicolo (2 euro): accantonata la sorpresa (c’è un nuovo giornale musicale, già al terzo numero, e non ne ho letto niente in giro, possibile?) non ci ho pensato due volte, e mi sono portato a casa la mia copia di Muz.
Se una rivista osa uscire in un mercato così imballato, in cui non muore una testata da anni (tengono duro pure Jam e il Buscadero) e negli ultimi due anni ne sono nate almeno due nuove (Rolling Stone e Losing Today, per non parlare della mutazione di Musica in XL), che sono andate ad aggiungersi alle varie già esistenti (Il Mucchio, Rumore, Blow Up, Rockerilla, senza parlare poi dei vari Rockstar, Rocksound, Tribe, ecc) e che trattano con tagli diversi una buona porzione di cose in comune, sicuramente questa dev’essere una rivista con i controcoglioni, ho pensato.
Non proprio, ecco. Diciamo che Muz non è molto diversa dalle altre. Solo, più corta. Più bruttina. Un po’ meno avanti. Un po’ meno interessante, in definitiva. Ricorda un po’, per formato e impaginazione, i numeri meno brillanti del vecchio Mucchio settimanale; senza la politica e senza le firme, e con 10 anni di ritardo. La grafica è a dir poco spartana, i nomi dei collaboratori –
a parte quello di Valerio Corzani- non suonano noti (il che non sarebbe necessariamente un male), i contenuti non sono esattamente originali e l’unico sussulto lo danno i nomi bizzarri delle rubriche. Tipo Gli orrori del cuore (Come imparare a non preoccuparsi e ad amare dischi che tutti odiano), L’urlo del coyote (dedicata a musicisti morti e band sciolte, presumo) e l’assolutamente improbabile Abbecedario, ovvero Deleuze e le storie tese (giuro).
In conclusione,
non è che Muz sia un brutto giornale; un po’ inutile, semmai, ma è agli inizi e magari migliorerà. La sua esistenza, però, che sfida le leggi del mercato e quelle del buon senso, non può che essere un po’ inquietante. In fondo è comunque qualcosa.

martedì, 21/03/2006

Diventa un quadro di Escher


[da Turn your head te lo fanno su misura. Per soli 150 $]

lunedì, 20/03/2006

Quattro singoli per prepararsi all’equinozio


Built to spill – Conventional Wisdom (Single edit) (MP3)
L’imminente ritorno della fondamentale e influentissima band di Doug Martsch è già uno dei dischi dell’anno. Questa single version di uno dei suoi pezzi migliori è lunga la metà dell’album version, rimanendo l’anthem indie-rock che quest’anno ancora mancava e scartando le pur succulente derive psichedeliche in puro stile Television del finale. Non vedo l’ora di ballarla.

Zero 7 feat. Josè Gonzalez – Futures (MP3) (via)
Il nuovo singolo del combo downtempo inglese si avvale
alla voce del prodigio acustico svedese di cui da queste parti si è più volte parlato negli scorsi mesi. Il risultato è una pop ballad indolente ma di altissima classe, con echi quasi seventies e, anche qui, inevitabile deriva psichedelica alla fine. Non cambierà la storia della musica, ma raddrizzerà qualche pigro risveglio primaverile, quello sì.

Belle & Sebastian – The life pursuit (MP3)
Life is far and beyond / your present situation / and it’s wide and it’s broad / beyond all extimation: le parole dei Belle & Sebastian sono sempre preziose, anche e soprattutto nei lati-B (del singolo di The blues are still blue, in questo caso); ancor di più se sono incorniciate da una canzone gloriosa e schifosamente ottimista, con tutti i cori al posto giusto, le rullate frenetiche che non stanno nella pelle e una melodia in maggiore che non potrebbe inerpicarsi più in alto di così. In loop.

Mark Ronson & Alex Greenwald – Just (MP3) (via) [Radiohead cover]
Mark Ronson & Alex Greenwald – Just (MOV)

Brillante reinterpretazione del classico dei Radiohead firmata dal DJ newyorkese insieme al cantante dei Phantom Planet (quelli di Californiaaaa, you know), diversissima dall’originale ma in qualche modo, secondo me, rispettosa dello spirito della band di The Bends. La sua base hip-hop e il tripudio di fiati, tra l’altro,
ben si sposano al video di graffiti animati. Tutto il contrario di quanto si può dire dell’agghiacciante A wolf at the door firmata Dolcenera..

venerdì, 17/03/2006

Non svegliarmi, non ti sento


[
La prima la lanciano gli altri e non si ferma se non reinserisci la linguetta, la seconda ogni volta che la spegni sale, la terza rotola via e la quarta non si acquieta finchè i pezzi del puzzle non sono a posto. Tra le idee migliori della top ten of most annoying alarm clocks.]

venerdì, 17/03/2006

Questa chitarra fa proprio cagare


[E’ la Toilet guitar. Indispensabile quando si è alle prese con della musica di merda]

mercoledì, 15/03/2006

Love’s a two-way dream

Eternal sunshine of the spotless mind -aka Se mi lasci ti cancello– è stato senza dubbio, malgrado la nostra disperata volontà di considerarlo solo un esercizio di stile falso e tendenzioso, uno dei migliori film degli ultimi anni. Del resto dietro la macchina da presa c’era Michel Gondry, semplicemente il miglior regista di videoclip di sempre, con un tocco che per creatività visiva e stile autoriale si riconosce anche ad occhi chiusi.
Dopo un po’ di cose minori (tipo questa), Gondry sta per tornare con un film nuovo di zecca (già presentato con enorme successo sia al Sundance che a Berlino) che promette di fare faville. The science of sleep torna sull’eterna ossessione del suo autore per il sonno e il mondo onirico (argomento già ampiamente esplorato in Eternal sunshine of the spotless mind come in alcuni degli episodi migliori della sua videografia –Let forever be dei Chemical Brothers, Bachelorette di Bjork e Everlong dei Foo Fighters, ad esempio), con una trama che mischia ancora una volta storia d’amore e surreali mind games, e il consueto corredo di meravigliose follie visive. Protagonisti sono
Gael Garcia Bernal e Charlotte Gainsbourg (proprio lei, la meravigliosa figlia di Serge Gansbourg e di Jane Birkin), ma un ruolo di primo piano è interpretato anche dall’italiano Inigo Lezzi, già aiuto regista in vari film del primo Moretti. Pare che il film sia già uscito in Francia, ma non è ancora dato di sapere quando lo vedremo da queste parti. Per ora accontentatevi di un succosissimo teaser, e, anche questa volta, cominciamo con il conto alla rovescia.

Michel Gondy – The science of sleep (teaser) (MOV)

mercoledì, 15/03/2006

Just a note to beg


[Sistemi anticopia sì, sistemi anticopia no: i Matmos scelgono di evitare di utilizzare quei programmini -spesso e volentieri non troppo dissimili a virus- che ostacolano la copia e l’ascolto su computer e lettori portatili e chiedono per favore che il loro ultimo CD non sia messo online. Sforzo apprezzabile? O richiesta completamente fuori dal tempo?]

martedì, 14/03/2006

Le cose che ci fanno intelligenti

Mi sono avvicinato all’ultimo libro di Steven Johnson (già linkato già la settimana scorsa per il suo commento su Lost) con molta speranza e un po’ di paura. Dall’autore dell’ottimo Interface Culture non potevo non aspettarmi il solito brillante saggio in grado di usare scienze cognitive e media studies per riflettere sul mondo moderno e sulle tecnologie in quel modo laterale e mai banale che riesce ad essere al contempo sia scientificamente inattaccabile che piacevolmente divulgativo. Anche la paura, però, era ben motivata: cosa aspettarsi da un libro che, come da sottotitolo, mira a spiegare «perchè la televisione, i videogiochi e il cinema ci rendono più intelligenti»? Pochi luoghi comuni e un sacco di buone idee, questa -ora lo so- è la risposta.
Tutto quello che fa male ti fa bene è un libro che ribalta le prospettive, e non guarda tanto al cosa quanto al come, evitando di soffermarsi sulle banalità da rotocalco e sul facile catastrofismo da snob mediatico per concentrarsi sui processi mentali che stanno dietro al consumo dei diversi prodotti dell’industria dell’intrattenimento. Scoprendo cose inattese. La riflessione parte col piedi giusto, da Woody Allen:

In un film di Woody Allen di alcuni anni fa, che può ormai essere considerato un classico, Il dormiglione, un gruppo di scienziati del 2173 si domandava stupito come fosse possibile che la gente del ventesimo secolo non avesse compreso le straordinarie proprietà nutritive delle torte alla crema e delle merendine. Allo stesso modo, e senza essere gli scienziati del futuro di un film comico, oggi dobbiamo prendere atto di uno strano fenomeno: i videogiochi e la televisione ci rendono più intelligenti, anche se abbiamo sempre pensato il contrario.

Alla fine, dopo circa duecento pagine di ragionamenti, aneddoti, dati empirici e paradossi cognitivi, è difficile non essere d’accordo: The Sims, GTA, I Sopranos, i Simpson, 24, Dungeons & Dragons e il film de Il Signore degli Anelli sono ottimi esempi di come la complessità dei prodotti culturali di massa stia costantemente crescendo, e richieda risorse intellettive sempre più ingenti per essere apprezzata. Uno scenario che, benchè lontano dall’essere tutto rose e fiori, pare per una volta fotografare le cose dalla prospettiva che finora mancava, indicando una strada. Al riparo da ogni retorica.

lunedì, 13/03/2006

Be your own spammer


[una delle decine -se non centinaia- di magliette generabili da Spamshirt, un sito che con un’idea banale («riciclare inutile spam per creare t-shirt sfolgoranti») e mezzi modesti riesce a raggiungere risultati notevoli. Cose come Wet amateurs girl fucking, Your pr_esc^rip^t-ion info is included, Re: your instant access, Haven’t heard from you in a while e Be the 9 inch man your goddess craves, in certi contesti, possono dare più di una soddisfazione. Dalla Farraginoso Board via Enver]

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lunedì, 13/03/2006

At the department of the worst taste songs

Ai Radio Dept. da queste parti si è affezionati da tempo, e in modoi molto più profondo e inspiegabile di quanto a volte ci si renda conto. Oltre ad aver contribuito ad organizzarne quel concerto che, secondo qualcuno, resterà nella storia, certi passaggi di When the damage isn’t already done, Strange things will happen e I don’t need love, I’ve got my band hanno ormai una tale quantità di ricordi attaccati che il loro valore personale è paragonabile a quello dei grandi classici.
Dopo Lesser Matters e un paio di EP la band svedese è pronta a tornare con un nuovo LP, Pet Grief, che uscirà ad Aprile, ed è anticipato in questi giorni dal singolo The worst taste in music. Nonostante sia tutt’altro che un brutto pezzo, il responso appare evidente: come appariva già chiaro dal precedente EP This past week, i Radio Dept sono ormai persi tra le brume di certi riverberi anni ’80 che odorano tanto di Pet Shop Boys e che, se sono da sempre nel loro DNA, hanno
ora decisamente preso il sopravvento alle spese delle chitarre più acide e rumorose ma anche delle inflessioni più strettamente indie. Dalla press release:

You’ll hear from the very first chord of ”The worst taste in music” that you’re listening to The Radio Dept. Still, something has definitely changed. The mood is darker, more epic, grander and even more beautiful than ever. Every single time they strike that lonely piano note it’s a drama in itself. Maybe you hear this 10 times a day…but this might very well be the single of the year.

Oltre al singolo e al suo drammatico pianforte solitario, a rimpolpare il CDs ci sono due remix (uno quasi deep house con raddoppi di cassa stile Blue Monday, l’altro più disgregato) e un inedito che non cambia molto le carte in tavola. Aspettiamo il disco, e speriamo che il miracolo si ripeta. Altrimenti forse è giunto il momento di dissotterrare le collezioni di dischi proibite, e di darsi al cattivo gusto musicale.

The Radio Dept. – The worst taste in music (MP3)
The Radio Dept. – The worst taste in music (Flow Flux Clan remix) (MP3)

venerdì, 10/03/2006

A little cloud

La musica dei Perturbazione, da sempre, mi fa pensare a Joyce. Come cosa suona un po’ strana, me ne rendo conto; e certo se si prendono le divagazioni più cervellotiche dell’Ulisse o il periodare sperimentale di Finnegan’s Wake i punti di contatto, a ben vedere, sono pochi un po’ in tutti i sensi. C’è però un racconto in particolare che mi fa pensare a loro, ovvero Una piccola nube, dalla raccolta Dubliners. A parte le ovvie affinitità metereologiche e il concetto per eccellenza pop dell’attenzione altra alle piccole cose, ad accomunarli c’è la rara capacità di vedere e mostrare epifanie cariche di senso anche in cose che sembrano non aver più nulla da dire, che siano gli sguardi bassi di Little Chandler come gli anni sbagliati ma diversi nascosti dietro una ‘e’ aperta o chiusa.
E venendo, dalla gente di Dublino alla gente di Torino, mercoledì scorso a Murato i Perturbazione sono stati protagonisti di uno sgangheratissimo set in duo, in cui Tommaso Cerasuolo (voce) e Gigi Giancursi (chitarra e cori) hanno proposto versioni all’osso di parecchi pezzi dei loro ultimi due dischi (su tutti una magistrale I complicati pretesti del come e Il senso della vite, irresistibile anche in chiave acustica) e varie cover, tra cui la riuscitissima e inattesa reinterpretazione di John Wayne Gacy, Jr. di Sufjan Stevens e I don’t want to spoil the party dei Beatles. Hanno poi riproposto i tre pezzi che avevano già suonato il pomeriggio nel salotto del Maestro di Cerimonie Fede Bernocchi dai cugini di Radio Città del Capo, ovvero il classico Agosto (che anche con una chitarra sola rende in maniera insospettabile, non credevo), una versione quasi dylaniana della controversa Se Mi Scrivi e la sentita cover di I will follow you into the dark dall’ultimo dei Death Cab for Cutie. Piccole epifanie tra amici, praticamente.

Perturbazione – Agosto (Live @ RCdC) (MP3)
Perturbazione – Se Mi Scrivi (Live @ RCdC) (MP3)
Perturbazione – I will follow you into the dark (Death Cab for Cutie) (Live @ RCdC) (MP3)

giovedì, 09/03/2006

Thursday gaming (Retro-gaming aviario edition)

Non so se c’entri con la vittoria di Povia a Sanremo (e quindi con l’aviaria) o con altro, ma Iso-infected ha un nome inquietante che pare avere ben poche connessioni con la materia del gioco stesso. Che è, a conti fatti, una nuova versione del leggendario Marble Madness, uno degli arcade più belli di sempre. Presente e passato; mi auguro che il futuro non siano le prossime ore che passerete nel tentativo (arduo anzichenò) di portarlo a termine..

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giovedì, 09/03/2006

Lemmy anyone?


[The Proposition, il western australiano sceneggiato da Nick Cave di cui si è già parlato qui, e che continua ad essere acclamato in giro per il mondo (gli ultimi in ordine di tempo Sundance e Berlino) esce domani in UK. Da noi dovrebbe arrivare in autunno. Per festeggiare Cave abbandona ogni pudore e mette su due clamorosi baffoni che rivelano un’impietosa somiglianza con Lemmy dei Motorhead.]

mercoledì, 08/03/2006

Just press play

Visto che i video vi piacciono tanto, eccovene tre per cui basta solo spingere Play.


Real life Simpson Intro
[la sigla dei Simpson…vera]



Microsoft designs the iPod package

[assolutamente geniale, e molto sottile. comunicatori di tutto il mondo, sbellicatevi]




Natalie Portman raps

[catttiiiva]

[qui]


[e parecchi altri ne trovate su DomenicaCinema, l’ottimo appuntamento settimanale inaugurato dal socio sul blog di Airbag: qua, qua e qua]

martedì, 07/03/2006

Finding Lost

E così, mentre noialtri siamo intenti a interrogarci sui segni del Dharma e ci spacchiamo la testa nel tentativo di trovare un filo agli indizi contraddittori disseminati in 40 puntate da J.J. Abrams (una nuova, bizzarra e spoilerosissima teoria qui), finalmente ieri sera Lost ha fatto la sua comparsa anche al di fuori del circuito della pay-tv e di TeleBittorrent. Sono molto curioso di vedere se il culto si propagherà in grande  o se, come immagino, sulla tv generalista la cosa sarà un po’ più sfumata; da parte mia, praticamente tutti coloro che ho sottoposto alla visione delle prime puntate ne sono invariabilmente caduti vittima.
Il successo che sta mietendo la serie è indubbiamente straordinario, e molti si sono interrogati sulla strana alchimia e sull’equilibrio finzionale che, nonostante le ripetute oscillazioni a rischio caduta, non è ancora venuto meno. Su questa alchimia si interrogava
qualche tempo fa anche uno dei miei tech- guru, Steven Johnson, in un bel post:

Mystery, of course, is a staple of much serial drama. But when American television has withheld information for the purposes of suspense, it has historically focused on a single unanswered question, who shot JR? being the canonical example. As uncanny as it was, Twin Peaks itself would have never attracted a mainstream audience without a central, catchphrase mystery at its core: who killed Laura Palmer?
The genius of Lost is that its mysteries are fractal: at every scale — from the macro to the micro — the series delivers a consistent payload of confusion. There are the biographical riddles: why was the beautiful Kate accompanied by a federal marshal on the flight? There are geographic riddles (why have the rescue teams missed the island, and why does it appear to have a history of attracting castaways?) and historical ones (why has that SOS signal been playing for so many years?) And then there are existential riddles: are these people even alive at all? Perhaps there were no survivors, and these characters are just ghosts haunting an island of lost souls. Or does Abrams have up his sleeve an elaborate homage to The Island Of Dr. Moreau?

martedì, 07/03/2006

Obbligatorio lego link del mese



[Questo e molto altro nel fondamentale Top 10 strangest lego creations. Ci sono una Volvo a grandezza naturale, un Nintendo NES, una Polaroid, un case per l’iPod, un condizionatore (!), un clavicembalo, un flipper, un motore differenziale…]

lunedì, 06/03/2006

All this uncertainty is taking me over

Era una vita fa. Sono passati nove maledettissimi anni, numerosi annunci a vuoto, mode musicali di ogni genere, un disco solista carino ma insoddisfacente e un sacco di altri dischi inutili. Sono passati nove maledettissimi anni, ma finalmente stavolta l’attesa pare finita: i Portishead stanno per tornare.
Si può credere o meno al filmato promozionale diffuso su YouTube da cui è tratta l’immagine qui a lato (che potrebbe facilmente essere un falso), al messaggio sul sito ufficiale di Beth Gibbons in cui, per la prima volta esplicitamente, si dichiara al lavoro sul terzo disco in studio della band o al loro confuso ma promettente MySpace, ma non si può far finta di niente davanti alla prima nuova registrazione da anni a questa parte. Si tratta di una cover di Un jour comme un autre (Anna) di Serge Gainsbourg, che uscirà nell’imminente Monsieur Gainsbourg Revisited, tributo al leggendario chansonnier francese che vede la partecipazione di una marea di nomi noti. Il pezzo dei Portishead è uno dei migliori, e presenta una band in ottima forma, sempre persa in una landa desolata di ballate umbratili e inquiete, con un giro di batteria che si stampa in testa e una Gibbons insolitamente dietro le quinte. Anche se è il caso di aspettare il disco, è un ritorno in grandissimo stile. E’ lecito sperare.

Portishead – Requiem for Anna (MP3)
[alternative links: 1, 2]

Bonus:
Franz Ferdinand e Jane Birkin – A song for sorry angel (MP3)
Cat Power e Karen Elson – I love you (me either) (MP3)
Due duetti improbabibili (la superstar band scozzese con la musa dello stesso Gainsbourg e la Gatta Potere con la top model moglie di Jack White) per due versioni (rispettivamente di Sorry Angel e Je t’aime, moi non plus) sulla carta promettenti ma in realtà un po’ tirate via. Soprattutto dalla seconda ci si poteva aspettare qualcosa di assai più smutandato, e invece.. (via)