suoni

venerdì, 12 08 2005

nessun titolo

Se fai un post per punti bla bla bla
_Il tempo fa schifo, io sto per partire per 4 giorni, la prossima settimana in teoria sono in ferie e dovrei essere in 3 posti contemporaneamente che distano almeno 300 chilometri l’uno dall’altro. Chi trova l’incongruenza vince una bambolina.
_Niente di nuovo in Vista. O sì? Qua l’anteprima dell’aspetto che avranno icone del nuovo sistema operativo di casa Microsoft che impareremo ad odiare. Per motivi di affetto (?) personale mi colpisce molto il cambiamento del cestino.
_Vogliate gradire una decina di cover performate dai Belle & Sebastian. E se non sapete il tedesco, cliccate un po’ a caso come ha fatto il sottoscritto e vedete che il link diretto lo recuperate.
_Se durante la prossima settimana (lunedì pomeriggio, per dire) vi capita di imbattervi nella mia voce su Radio 2 Rai, niente panico; è un virus che ha avuto una certa diffusione da queste parti. A breve -forse- passa.
_QP, non gliela puoi fare. Tempo un paio di mesi che hai cambiato blog, e pure questo si è trasformato in un troiaio sibarita. Suggerisco di registrare subito il dominio.
_Quella dell’uomo morto mentre scopava con un cavallo la sapete già, immagino. Più che la faccenda in sè (che vabbè), è più interessante capire come sia possibile parlarne senza scadere subito sul volgare o sul sensazionalistico. Un po’ di cose qui e qui.
_La copertina di Cripple Crow, nuovo disco di Devendra Banhart, è una delle cose più brutte in cui mi sia capitato di imbattermi ultimamente. Un po’ come il disco, in effetti.
_Uno di quei link che fanno tutti tanto contenti: Encyclopedia of lesbian movie scenes. Assai completa, pare. Da queste parti si ricorda sempre con affetto (?) quella di Mulholland Drive.
_A Castellina, a Castellina! Da stasera per 4 giorni musica e altro tra i colli toscani. Tutte le info qui. Ci vediamo là, e dato che non credo avrò a portata alcun dispositivo connesso a internet, ci si risente non prima del 16.

mercoledì, 10 08 2005

nessun titolo

Inkiostro – Palinsesto estivo
Ricordi e rosmarino

Se siete stati almeno una volta a Granada, in Andalusìa, non avete potuto non notarle; durante il giorno, agli angoli delle strade del centro, le donne zingare avvicinano i turisti parlandogli senza vergogna o cortesia, tentando di convincerli ad accettare i rametti di rosmarino portafortuna che offrono in cambio di qualche spicciolo. Ve lo ricordate, il rosmarino? Sì, vero? Bene, è esattamente quello che Suzanne Vega vuole da voi. Di per sè, ovviamente, non si tratta di niente di eccezionale. Il rosmarino, però, è un simbolo, e come tutti i simboli permette di ricordare cose ben più importanti, come i momenti in cui li abbiamo ricevuti, e ciò che hanno significato per noi. E’ proprio per questo che Suzanne Vega ha scelto questa parola, Rosemary, per dare il titolo alla sua canzone più bella, che proprio di Granada -e del ricordo– parla.
Rosemary è una perla nascosta: non si trova su nessuno degli album della cantautrice newyorkese, ma esclusivamente come inedito suoi suoi due Best (Tried and True e Retrospective), e nonostante la sua grande bellezza (o forse proprio per questo), è praticamente sconosciuta al grande pubblico.

Do you remember when you walked with me,
down the street into the square?
How the women selling rosemary
pressed the branches to your chest,
promised luck and all the rest,
put their fingers in your hair?

E’ una canzone che vuol fare ricordare, e vuol farsi ricordare, che parla del viaggio in una delle città più affascinanti del mondo, dell’incontro fulminante che vi è avvenuto, e della magia delle cose che non possono essere. Parla di un accident of fate, della coincidenza che ha fatto incontrare Suzanne con una persona di cui noi non sappiamo (e non sapremo) niente di più, dei giorni passati insieme, e delle passeggiate primaverili attraverso i bellissimi giardini della città.
Quando sono stato a Granada, quasi tre anni fa, il primo posto che ho visitato non è il grandioso complesso di palazzi e giardini dell’Alhambra, nè il pittoresco quartiere moresco dell’Albaìcin, e neppure la monumentale zona cristiana, ma la sconosciuta e deserta Carmen de los martires, niente di più che una villa ottocentesca diroccata con un piccolo parco intorno. Non potevo esimermi, ovviamente, dal seguire i passi di Suzanne Vega, e dal farmi incantare dalla placida e quotidiana bellezza di un parco, arso dal sole, le cui glorie sono ormai passate, e le cui assenze sono più importanti delle presenze:

In the Carmen of the Martyrs,
with the statues in the courtyard
whose heads and hands were taken,
in the burden of the sun;
I had come to meet you
with a question in my footsteps.
I was going up the hillside
and the journey just begun.

La «domanda nei suoi passi» (anche voi ne avete conosciute di persone i cui passi erano delle domande?), l’attenzione per le parti delle statue rubate dal popolo nel corso dei secoli (per il loro presunto potere beneaugurante), lo sguardo non comune che si sofferma sui dettagli minimi invece che sui soggetto sotto i riflettori (ricordate l’arcifamosa Tom’s diner, con la sua descrizione di una tavola calda in un giorno qualunque?) sono tutte espressioni esatte della cifra stilistica di Suzanne Vega.
In Italy in Spring -probabilmente la sua migliore poesia (non contando i suoi testi, ovviamente)- l’autrice newyorkese spiega la sua poetica, illustrando chi sono le persone a nome di cui tenta di parlare:

«Who do tou speak for?»
he said to me.

«The man in the corner
with the wish to be free.
The girl with no voice,
and no choice against the hardened language»

L’attenzione al linguaggio, lo sfrozo nel modellarlo per fargli assumere la forma più vicina possibile al pensiero, è un tema tipico in Suzanne Vega. Ad esempio in Language (da Solitude Standing, 1987), la folksinger si rammarica per l’impossibilità delle parole, «solide», di cogliere le sfumature, «liquide», del pensiero, che in un attimo se ne vanno senza tornare mai più.
Ma sono i versi finali di Italy in spring, altissimi, a condensare in modo perfetto la particolarità e l’unicità della sua voce. Continuando a rispondere alla domanda «A nome di chi parli?», Suzanne Vega risponde:

«The person in the cell
with the window so high
that you fall to your knees
if you want to see the sky»

La potenza e la semplicità dell’immagine della persona in prigione, che a causa dell’altezza della finestra è costretta ad inginocchiarsi per vedere il cielo, e la rima che incornicia queste parole, sono l’esempio migliore dell’alchimia sottile su cui si regge l’efficacia lirica delle composizioni dell’autrice newyorkese. E ciò permette di capire appieno la strofa successiva di Rosemary, in cui una serie di rime e allitterazioni sono il modo migliore per alludere ai sogni che si affacciano alla nostra realtà senza potervi accedere:

My sister says she never dreams at night
there are days when I know why;
those possibilities within her sight,
with no way of coming true.
‘Cause some things just don’t get through
into this world, although they try.

L’interpretazione dell’assenza di sogni come rifiuto delle realtà alternative -a volte desiderabili, quasi sempre impossibili- che essi profilano non è casuale. Il legame con il tema principale della canzone -il ricordo- è chiaro: il viaggio a Granada è stato memorabile, e sarà ricordato soprattutto per le cose che non sono successe, per quelle che sono state sognate, desiderate, sfiorate (We skirt around the danger zone and don’t talk about it later, canta l’autrice in Marlene on the wall) ma non si sono compiute, assenti come le parti delle statue della Carmen de los martires.
E così arriva inaspettato il finale della canzone, dopo neanche 3 minuti, brusco e improvviso come un risveglio inatteso, ma dolce esattamente come la cosa che un attimo prima si stava sognando.
Ed è una semplice richiesta: Ricordami.

All I know of you is in my memory
And all I ask is you remember me

Ascolta Rosemary.

[Trovate Rosemary nel primo best di Suzannne Vega, Tried and True (A&M, 1998), mentre Italy in spring è nel libro Solitude Standing – Racconti, poesie, canzoni inedite (Minimum fax, 2000), di cui è comunque consigliatissima l’edizione originale (The passionate eye – The collected writings of Suzanne Vega, HarperCollins, 1999), molto più bella graficamente e ricca nei contenuti]
[link originale – 11 marzo 2004]

mercoledì, 03 08 2005

nessun titolo

Le Frequenze sono sempre Disturbate
_A meno di una settimana dall’inizio, finalmente il cast del festival più amato da grandi e piccini pare definitivo e tutti gli asterischi, gli E altri da definire e gli In arrivo sono scomparsi. Sul palco principale nessuna novità di rilievo (è giusto scomparso Micah P. Hinson, ma pazienza), mentre il nuovo Velvet Stage riserva alcune ottime sorprese, come gli amatissimi Sprinzi (con nuovo album all’attivo), l’ineffabile Artemoltobuffa, il sempreverde Bob Corn e i rinati Midwest (il cui nuovo disco, a differenza del precedente, mi piace assai). Il fantomatico palco con ospiti a sopresa pare scomparso dal programma, anche se da queste parti erano già giunte notizie di un nome poco noto dietro cui si nascondono personaggi di un certo calibro. Vedremo.
_Lancio la colletta: un grafico per Frequenze Disturbate. Devono aver speso tutti i soldi nell’organizzazione (ah ah!), perchè quest’anno i manifesti, i volantini e il sito sono terrificanti: sfondo stile tappezzeria del ‘700 direttamente riciclato da 2 anni fa, idem per il logo, testi in Times New Roman e sito di una sola pagina formattato peggio di come saprebbero fare certi diciassettenni di mia conoscenza. Un euro per uno, e magari le magliette escono fuori decenti.
_50 euro per un festival del genere sono troppe? Non sta a me dirlo (secondo me, in ogni caso, sì), ma certamente sono troppi i 7 euro di diritti di prevendita. Fatevi un favore: comprate l’abbonamento o i biglietti direttamente alla cassa, tanto il tutto esaurito è oltremodo fuori questione. E occhio ai parcheggi circostanti, diventati tutti a pagamento un annetto fa, e per cui è stato persino creato un (costosissimo, ovviamente) abbonamento ad hoc in occasione del festival. Ho già visto i vigili urbani fregarsi le mani, quindi fate voi…
[e -come sa bene qualcuno- sabato mattina c’è direttamente la rimozione causa mercato..]
_Se arrivate in città (vabbè, paese) già giovedì, scrivetemi 2 righe all’indirizzo in alto a sinistra; può essere che quella sera si faccia qualcosa.
_Passo e chiudo. Ci si vede questo weekend.

martedì, 02 08 2005

nessun titolo

Into the eye of the storm no sign of rain
L’Estate è l’ultima sera di Luglio. I Calexico suonano lontani, noi siamo in fila orizzontale davanti allo stand, accenniamo timidi movimenti a tempo e siamo stanchi ma con gli sguardi contenti. Una versione assolutamente incredibile di Quattro -una di quelle canzoni che preferisci citare sbagliando-, poi El picador, Alone again or che ormai è quasi troppo familiare e Guero Canelo che si stampa in testa e se ne va solo alle 4, arrivati a casa. Siamo tutti lì davanti, pochi e lontani dal palco, stanchi e forti di un distacco dalla folla che ci proietta direttamente in prima fila. Parliamo poco, ci scambiamo sguardi d’intesa, di serenità e di soddisfazione, quando non sono prese in giro con la crew dei Tasti neri o sorrisi con la ragazza del merchandising divertita da come, dimentico di tutto e tutti, io stessi ballando da solo The crystal frontier nel mezzo del nulla. Non c’era -e non c’è- quasi niente da dire. E questa, probabilmente, è la cosa più bella di tutte.
[bonus video: Calexico with Mariachi – Quattro (Live at Barbican)]

mercoledì, 27 07 2005

nessun titolo

Inkiostro music video aggregator /Luglio
_The Faint – Desperate guys (Tasto destro, Salva con nome) Se qualcuno li ha visti di supporto a Bright Eyes sa che i The Faint, oltre ad avere un tiro che gente come i Killers si sognano, avevano delle video-proiezioni di sfondo assolutamente bellissime. Guardate questo video realizzato interamente in stop motion e ditemi se non è splendido; ha persino troppe idee per un videoclip solo. Un piacere per gli occhi.
_Louis XIV – God killed the queen (Tasto destro, Salva con nome) I Louis XIV hanno ben chiara la strada per il successo: rock’n’roll venato di garage non troppo originale e non troppo raffinato, una major che li spinge a più non posso, e video con una congrua quantità di zinne. Già due mesi fa segnalavo il video di Paper Doll interpretato da tre discinte Suicide Girls, e anche qui c’è abbondanza di carne fresca in mostra. Secondo me alla lunga non paga; ma certo, è un bel vedere. [E la musica? Non pervenuta]
_
Clap your hands say yeah – Over and over again (Lost and found) (Tasto destro, Salva con nome) Un carrello circolare (argh!), un protagonista un po’ nevrotico, una stanza dalla volontà propria e qualche secchio di vernice, così la band più hip del momento sceglie di presentarsi sulle tv musicali. Ironica, di basso profilo, con uno dei pezzi meno sopra le righe del disco. Missione compiuta.
_Smoosh – La pump (Tasto destro, Salva con nome) NME le ha definite The hottest new band in the US underground, e ora stanno registrando un disco con Jason McGerr dei Death Cab for Cutie. Sono le Smoosh, due bambine di 13 e 11 anni, già celeberrime nell’indiemondo americano, che sollevano tanti dubbi sulla natura dell’operazione che le coinvolge quanto deliziano con le loro -davvero notevoli- canzoni (Salvatore ha detto tutto quanto c’era da dire sulla questione qui e qui). Sentite questa serratissima La Pump e guardatevi il suo video tutto pongo, pupazzi e soldatini e poi ditemi. 
_Fatboy Slim – The Joker (Tasto destro, Salva con nome) Che cariiiiiiini, i micini travestiti! E che cariiiiiiino il micio sul giradischi che fa fatboy slim!! Che idea cariiiina, che video cariiiino!
[Fatboy Slim ormai è definitvamente nel limbo delle cose carine. Che brutta fine che ha fatto]
_
Xiu Xiu – Muppet face (Tasto destro, Salva con nome) (Ci vuole Quicktime 7, per utenti Mac o PC, sennò si sente solo l’audio) Non avrei saputo cosa immaginarmi da un videoclip degli Xiu Xiu: follia, probabilmente. E in effetti ci avrei preso.
_Stars – Reunion (Tasto destro, Salva con nome) Il nuovo singolo della band di Torquil Campbell è uno dei pezzi migliori del disco, una gloriosa pop song d’amore che nel video si trasforma nel ballo di Reunion della Classe del ’90, un ballo che ha solo due invitati. Video semplicissimo ma perfetto, canzone clamorosa, e io -che in fondo sono un romanticone- ogni volta che lo vedo mi commuovo.
_Weezer – We are all on drugs (streaming) Non si esce vivi dagli anni ’80 – part 1. Evidentemente il titolo dell’ultimo singolo dei Weezer dice il vero: dovevano essere sotto l’effetto di qualche stupefacente mentre concepivano il nuovo video. Altrimenti non si spiega la sua estetica da metal fantasy di serie B rimasto fermo a una ventina d’anni fa. Come un po’ tutto nell’ultimo disco dei Weezer, non si capisce se sia una presa per il culo oppure se alla band questo tipo di cose piace davvero. A questo punto il dubbio è serio.
_Editors – Blood (streaming) Non si esce vivi dagli anni ’80 – part 2. Ennesima e calligrafica giovane band inglese all’esordio. Gli Editors sembrano un incrocio tra Interpol e Bravery (e quindi tra tutti i gruppi a cui questi pesantemente si ispirano); non sono affatto sgradevoli (ma originalità meno di zero, evidentemente), ed anzi questo singolo non è niente male. Il video da libro di biologia del liceo non è niente di che ma è ben fatto; ovvero, è meglio della quasi totalità della videografia degli Interpol.
_The Organ – Brother (Tasto destro, Salva con nome) Non si esce vivi dagli anni 80 – part 3. Prendete i Cure dei primi anni ’80, mettetegli una voce Morriseyana, miscelate il tutto con suoni attuali (tipo gli Interpol), e cambiate sesso a tutta la band ed otterrete le Organ, quintetto femminile che forse non ha niente di nuovo da dire ma che lo dice magnificamente. Nel video ci sono loro che suonano, e poco altro da vedere. La chitarrista è proprio una bella figliola.
_
VHS or Beta – Night on fire (Tasto destro, Salva con nome) Non si esce vivi dagli anni 80 – part 4. Ma il revival di due decadi fa non era finito da qualche anno? Qua continua il festival delle nuove band che scopiazzano senza pudore alcuno; questi VHS or Beta (il nome è notevole, in effetti), se non lo sapessi, diresti che sono i Cure. Meno male che il cantante ha gli occhi a mandorla.
[le vecchie puntate del Music Video Aggregator: 1, 2, 3, 4 , 5 e Giugno]

giovedì, 23 06 2005

nessun titolo

Il Beckzionario (Beck Live @ Ferrara, 22/06)
A come And the time is a piece of wax – Esattamente come cera, due ore scolpite nella memoria come capita solo ai grandi concerti. Completamente e definitivamente al di sopra di ogni aspettativa.
B come Bek – La maglietta col nome del cantante sbagliato è il feticcio concertistico definitivo. Ieri faceva bella mostra di sè uno splendido Bek sormontato dall’immagine stilizzata di un casco stile Star Wars. Non l’ho comprata per pudore, ma avrei tanto voluto.
C come Che spettacolo – Che il nostro sia un grande showman si sapeva da un po’, ma di fronte alle sue mille trovate -non solo musicali- e allo spirito con cui le mette in atto non ci si può che inchinare. Tra i tanti la tavolata imbandita, l’invasione di palco, la boombox, la gara di banjo e chissà quanti me ne sono perso.
D come Due batteristi e spesso e volentieri 3 percussionisti – Tu chiamala, se vuoi, sezione ritmica. Io la chiamo macchina da gue(r)a. Impressionante.
E come Everybody’s gotta learn sometimes – La sua cover dei Korgis è giunta completamente inattesa, in versione ancora più confessional di quanto sia sulla colonna sonora di Eternal Sunshine. Un intero anno che ti passa davanti agli occhi, o quasi.
F come Ferrara – L’atmosfera di Piazza Castello e del centro di Ferrara ha a che fare con la musica, ma non solo. L’armonia dei palazzi è quasi criminale, e noi, che da altre Signorie rinascimentali si proviene, si è un po’ invidiosi. E il modo in cui riesce ad adattarsi a concerti di generi musicali diversi e opposti con la stessa serafica maestosità ha qualcosa di insensato.  
G come Ghettochip Malfunction – Speravo che del mio pezzo preferito di GueroHell Yes, Beck suonasse questa versione pubblicata sull’EP per iTunes. Invece niente, mi è toccato (solo) un pezzo in human beat-box, vatti a lamentare. Che Cristina Ricci sia con voi. 
H come Hip-hop – Secondo Beck il Palazzo Ducale di Ferrara ha una buona vibrazione hip-hop, mattone per mattone. Che si sappia.
I come Invasione di palco – L’aveva detto, ma nessuno ci credeva; e invece, per la conclusiva Mixed bizness, il nostro ha fatto salire sul palco a ballare una ventina di persone. Come finale è un po’ da manuale e i maligni dicono che sembrava un tantino preparato. Ma alla fine chissenefrega, no?
J come Jack-ass – Uno dei suoi pezzi migliori di tutti i tempi, che ha eseguito in maniera standard senza cedere alle lusinghe delle altre versioni Strange invitation e Burro. Peccato però.
K come Kristo sì – Come altro tradurreste Hell Yes? Farsi bruciare sul termpo dai Quintorigo, che vergogna.
L come Loser – Stavolta non ha neanche provato a diversificarla dall’originale come fa di solito, per sfuggire ai cori da stadio e alla santificazione da inno generazionale. Via con una versione facile facile con handclapping inclusi, completamente singalong-friendly. Una piazza intera che canta Soy un perdedooooor, sublime.
M come MancanzeTropicalia, Lost Cause e Deadweight su tutte, personalmente. Ma per il resto non si è proprio fatto pregare.
N come Nero, tamburello – Dopo l’intro, l’apertura del concerto è stata affidata a uno dei pezzi più oscuri di Guero. Non dei miei preferiti, devo dire, anche se la versione potenziata ieri sera non l’ha veramente mandata a dire. Da riconsiderare.
O come Odelay – Fuor di dubbio, il suo capolavoro. Ed evidentemente anche lui lo sa, visto che ne ha suonato più della metà.
P come Posate – A 3/4 del concerto, il nostro ha suonato un set acustico di 3 o 4 canzoni, solo voce e chitarra. In questo periodo la band si è seduta a un tavolo e ha cominciato a mangiare; su The Golden Age la cena si è trasformata in un concerto per posate, piatti e bicchieri, da qualche parte tra la samba e la musica concreta. Senza parole.
Q come Que onda, Guero? – Come butta, fratè? 
R come Retrogaming – Tra Summer Girl, Hell Yes e una bella versione a 4 bit di Sexx Laws, Beck ha confermato che il sound da retrogaming è una delle tendenze del 2005.
S come Scientology – Perchè, Beck, perchè??? 
T come That great love sound – Menzione d’onore per i Raveonettes che hanno aperto la serata, e per il loro singolone di un paio d’anni fa. I Beach Boys incontrano una versione sexy di Jesus and Mary Chain e etrambi vengono folgorati sulla via del rock’n’roll. Dal vivo precisissimi e trascinanti, se vi capita non perdeteveli.
U come Un tripudio di magliette – Un concerto a cui c’erano tanto magliette dei Duran Duran quanto dei System of a down, tanto di Daniel Johnston quanto dei Postal Service, tanto con la faccia di Che Guevara quando con il nome di Totti. A pensarci bene, una follia.  
V come Vai col Playback – Per uno che usa così tanti campionamenti è impossibile non avere nei concerti una cospicua fetta di musica in base. Ma come porsi quando in base spesso e volentieri ci sono anche (tante) voci? Lì per lì un po’ di fastidio, poi non ci fai più caso. Ma la prossima volta per l’intro di New Pollution e il bridge di Rental Car vogliamo il quartetto vocale.
W come Winona – Sigh.
X come X, Fattore – Sembrerà scontato, ma io mi chiedo come faccia a metterci dentro tutta sta roba e a tirarne fuori comunque qualcosa di accessibile, buono pure per i palati di Mtv. Qual è il fattore X?
Y come Y, Generazione – Eccoci. Ed ecco il nostro messia riluttante.
Z come Zeitgeist – E’ una cosa da ABC della musica, ma non dopo una serata del genere non si può non pensarlo: Beck è la più perfetta incarnazione dello spirito del pop contemporaneo. Periodicamente me ne dimentico, e finisco per non esserne poi così convinto. Fortuna che ci sono serate del genere che ti costringono a ricrederti. 

martedì, 21 06 2005

nessun titolo

Inkiostro music video aggregator /Giugno
_Perturbazione – Se mi scrivi (SMS) (streaming) Con la presenza di Marina Massironi e Carlo Lucarelli la Mescal tira fuori l’artiglieria pesante, nella speranza di concretizzare la promessa di tormentone estivo annunciato che un pezzo del genere si porta dietro. Ci riuscirà? I dubbi, nonostante la dichiarata ruffianeria del brano, non sono pochi. E -come sempre- i fan della vecchia guardia non sanno se sperarlo o meno.
_Feist – One evening (Tasto destro, Salva con nome) Anvedi come balla Feist, verrebbe da dire, e anvedi come balla pure Buck 65.. Ammetto che non impazzivo per questo pezzo come per tutto il lato eighties della chanteuse dei Broken Social Scene, ma con un video del genere, semplice ma ipnotico, quasi quasi cambio idea. La presenza di uno dei più stimati indierapper canadesi in borghese aumenta i punti scena, e fa il resto. (via Mondo Oltro)
_Lcd  Soundsystem – Disco infiltrator (update! Tasto destro, Salva con nome) Bellissimo video, non c’è dubbio. Ma, al di là dell’idea -carina ma non esattamente originale- non saprei spiegarvi perchè. Forse per la single version cowbell-enpowered, forse per l’ottima regia, forse per le tonnellate di coolness svogliata che trasudano da tutti i pori. O forse perchè anch’io, in fondo in fondo, sono un disco infiltrator?
_Yuppie Flu – Our nature (Tasto destro, Salva con nome) Video all’altezza per un pezzo che è già culto; semplice e brillante l’idea del 555-rent-a-band e buona (anche se poteva essere migliore) la resa complessiva. La domanda ora è: lo vedremo mai sulle tv musicali? In più, un bonus: buon divertimento col facespotting.
_White stripes – Blue Orchid (streaming) Cosa sarebbero i White Stripes senza un buon consulente d’immagine? Dopo aver potuto contare sul genio di Michel Gondry, i fratellini incestuosi passano ora a Floria Sigismondi, una che si è fatta le ossa con Marilyn Manson e che da allora gira praticamente sempre lo stesso video. I WS non fanno eccezioni, e le intuizioni buone (Jack vampiro e Meg che spacca i piatti su tutte) sono ben poche. A ciascuno il suo, verrebbe da dire.

_Shout out louds – The comeback (Tasto destro, Salva con nome) Dal paradiso dell’indiepop (la Svezia, no?) alle braccia di una major, il percorso degli Shout out louds è stato diritto e spensierati come la loro musica. E con la Virgin alle spalle la band ha buone possibilità di sfondare: ascoltare questo pezzo weezeriano e guardare il suo (bel) video dall’apparenza costosa per credere.
_Daniel Johnston – Live a Bologna 2005 (CODEC TG) (Tasto destro, Salva con nome) Non è un vero clip, ovviamente; ma da metà in poi del servizio dell’ottimo CODEC TG di Flashvideo ci sono vari frammenti del concerto tenuto dalla leggenda del cantautorato indie ai Giardini del Baraccano meno di un mese fa. Per chi c’era un souvenir, per chi non c’era un’idea di cosa voglia dire vedere Johnston dal vivo. Qualcosa vuol dire.

_Bloc Party – Pioneers (update! streaming) Avendo nelle passate edizioni di questo Aggregator linkato praticamente l’intera videografia del quartetto inglese, non posso esimermi dal segnalare anche il loro nuovo singolo. Uno dei pezzi più deboli del disco (ma quando la faranno uscire Like eating glass?), con inutile clip con la band versione cartoon. Perdiamo già colpi? 
_Damien Rice – Unplayed Piano (Tasto destro, Salva con nome) Nuovo singolo per Damien Rice (ancora insieme all’amatissima Lisa Hannigan), senza un vero video ma con un mini-documentario di sensibilizzazione sulla situazione della Birmania e su Aung San Suu Kyi, unico premio nobel per la pace tuttora in carcere (tutte le info qui). Poco da dire sul lodevolissimo intento, e una cosa sola da dire su questa ballata pianistica a due voci: grande pezzo. (via Lonoise)
_Okkervil river – For real (Tasto destro, Salva con nome) L’idea è tutto fuorchè originale (file under il solito video a cartoni animati lo-fi con immaginario infantile e un po’ lugubre), ma si sposa alla perfezione con l’avant-folk della band texana, per il singolo apripista del nuovo, notevolissimo, Black sheep boy. L’estetica ci sta tutta, e conosco almeno un paio di persone che ne andranno matte.
_Beck – Girl (streaming) Siamo già al quarto video tratto da Guero? Pare di sì. Stavolta è il momento del singolo estivo, con il video simpatico e gondryeggiante e la più volte evocata mari-a-chi-band. L’esito non è male, anche se il pezzo non è certo il migliore del disco, e il video spreca un po’ un’idea altrimenti carina. Applicarsi di più.  

_Gentleman Reg – The boyfriend song (Tasto destro, Salva con nome) Tempo fa avevo un disco di Gentleman Reg che girava per casa; non ricordo perchè, nè ricordo nulla di come fosse. Brutto segno. Questo pezzo però non è male, e soprattutto a lui va il premio video ormonale del mese, con un’orgia (omo, etero e chissà cos’altro) in visione notturna che non la manda certo a dire. Quanno ce vò, ce vò.  
_Royksopp – Only this moment (streaming) Di quanto mi piaccia il nuovo singolo del duo norvegese ho già scritto. Il video, che odora del french touch degli anni d’oro, quando eravamo giovani e belli e la vita era piena di speranze e promesse, è tecnicamente raffinatissimo e meno scontato di quanto sembra, e gli rende piena giustizia. Ma, nonostante la bomba di pezzo, non lo vedo troppo Mtv-friendly. Sbaglierò?
_Nancy Sinatra – These boots are made for walking (Tasto destro, Salva con nome) E siamo alla fine: sedetevi un attimo, smettete di fare quel che state facendo e fermatevi ad ammirare con quanta classe e naturalezza 40 anni fa una sciampista in paillettes e 6 ballerine siano riuscite a fare uno dei video più belli di tutti i tempi. A degna conclusione. 
[le vecchie puntate del Music Video Aggregator: 1, 2, 3, 4 e 5]

venerdì, 17 06 2005

nessun titolo

Written down here, gentle reader, it seems too good to be true
Vi sarà sicuramente capitato di cercare le risposte alle mille domande che vi assillano nella vita quotidiana all’interno dei testi di una canzone. Se siete sfortunati non troverete niente che faccia al caso vostro, vi sentirete un po’ soli e incompresi, e alla fine farete quello che comunque siete destinati fare; se vi va bene troverete una canzone sufficientemente ambigua, che vi consenta di fare quello che davvero vorreste fare (ma forse non lo sapete), con in più una sorta di benedizione esterna da parte del destino. Se invece siete davvero molto fortunati (o avete dei blogger di fiducia che la sanno lunga) vi imbatterete in un disco che spaccia per finzione la vita vera, e vi guida verso gli angoli che vi sono propri con una nuova consapevolezza in più.
Warmer corners potrebbe raccontare una storia vera, e ciascuna delle sue canzoni potrebbe essere uno degli episodi che la compongono. Una storia che inizia dalla fine, e che paradossalmente comincia con le parole The start / is the hardest part; solo in un contesto simile (quello di un temporaneo incrinamento della serenità, only slightly, un semplice singhiozzo, in definitiva) una banalità del genere può sembrare così profondamente vera. E la capriola semantica meta-musicale di The music from next door continua a raccontarci ex post, descrivendo quei momenti in cui una canzone finisce suo malgrado per essere il correlativo oggettivo di una vita o di una storia, a far balzare per la testa certi periodi ipotetici dell’irrealtà che sono come dei tarli e certe scoperte colpevoli che sanno tanto di sollievo. E di periodi ipotetici dell’irrealtà il disco è pieno, con un sacco di avrei dovuto e avrei potuto che, pure, hanno assai poco a che fare con la nostaglia ed il rimpianto.
Warmer corners è uscito da poco, ed è il settimo disco dei Lucksmiths, uno dei più straordinari gruppi pop degli ultimi anni. La cifra stilistica della band australiana -in più di un senso dichiaratamente debitrice agli Smiths- è al contempo assolutamente distintiva e priva di una qualsivoglia originalità che non sia quella di scrivere canzoni virtualmente perfette. E Warmer corners, tra tutti loro dischi, rischia seriamente di essere il migliore. Non aspettatevi di trovarci nulla di più di alcuni ritornelli memorabili, ottimi giri di chitarra, la deliziosa voce di Tali White e una manciata di storie vere in cui specchiarvi.
Per dire: c’è la separazione, c’è la distanza (The chapter in your life entitled San Francisco), prima ancora c’è l’ostinazione (Putting it off and putting it off), il ricordo dolceamaro della conquista (Great Lenghts) e l’entusiasmo tripudiante e cieco dei momenti di massima idealizzazione (Sunlight in a jar); c’è tutto, praticamente, forse troppo. Ma basta arrivare all’ultima canzone, Fiction (che per un po’ trovate qui), che gioca sullo stesso campo del folk narrativo dei Decemberists surclassandoli su tutta la linea, perchè la band insinui il dubbio che tutto quello che ha raccontato finora fosse finzione, fantasia, un insieme di storie inventate. Che sia davvero così? O che sia la scontata arma di difesa di chi si è esposto troppo?
Non è quello il punto, in realtà. Il punto è quello che Warmer Corners ci ha raccontato, e soprattutto, quello che ci ha fatto capire. Gli angoli che ci ha mostrato.

martedì, 14 06 2005

nessun titolo

I had everything before anyone

I hear that you and your band have sold your guitars and bought turntables.
I hear that you and your band have sold your turntables and bought guitars.
I hear everybody that you know is more relevant than everybody that I know.
But have you seen my records?

L’esordio sulla lunga distanza con i suoi LCD Soundsystem -uscito a Gennaio- è carino, ma non rende giustizia alla statura di un personaggio come James Murphy. Musicista, ma soprattutto produttore, DJ, talent-scout e ideologo maximo della fusione tra rock e musica da ballo che alla fine degli anni ’90 ha scosso dalle fondamenta il panorama musicale (e che in realtà era tutto tranne che una novità), Murphy è uno dei pochi in grado di incarnare la purezza dello spirito DIY del vero appassionato con la lucidità del miglior critico che non vede solo le cose accadere, ma che è in grado di spiegarle. Basta rileggersi ogni tanto il mai troppo lodato testo del suo primissimo singolo, Losing my edge, per trovarci una brillante e ironica analisi di quanto è successo e sta succedendo nell’indiemondo da qualche anno a questa parte.
Vale la pena di spulciare per bene il testo del pezzo in versione arricchita (pienamente nello spirito della canzone, c’è da dire), comprensivo di un link per ciascuna delle band namedroppate da Murphy nei 7 minuti e 53 di durata della canzone. Una sessantina, a occhio e croce.

[noto anche Max ha linkato lo stesso post; dalle stesse fonti stereogommose, evidentemente]

lunedì, 06 06 2005

nessun titolo

Ve l’avevo detto io

[Gli Offlaga Disco Pax sulla copertina di Rumore -in edicola ora- sono come la tua squadra che vince lo scudetto. Quante volte è successo che una band italiana che ha appena pubblicato il suo esordio sia sulla copertina del più famoso mensile musicale italiano già 3 mesi dopo? Sono quasi commosso.]

martedì, 31 05 2005

nessun titolo

Unicorns fucking and beautiful boyz girls
Mi sembra passata una vita ma era solo un anno fa che le Cocorosie ci stregavano con le loro bizzarre filastrocche indiefolk e noi, pur rimanendo perplessi all’ascolto del disco, cadevamo vittima in più di un senso del loro fascino dal vivo. Non le ascoltavo più da allora o quasi, quando mi sono imbattuto nella notizia che a Settembre Sierra e Blanca pubblicheranno un nuovo disco, Noah’s Ark, il cui tema biblico è reinterpretato alla luce del peculiare senso dell’umorismo delle sorelle Coccherosa; dare un’occhiata alla copertina qui di fianco per credere. La tracklist presenta vari pezzi già noti e abbondantemente suonati dal vivo, tra cui la notevolissima Beautiful Boyz (già pubblicata nell’omonimo EP) che è uno dei pezzi più belli mai scritti dal duo.
AutoradioABordo linka un po’ di mp3 di pezzi nuovi in versione live, da cui si evince che, se gli arrangiamenti rimarranno simili alle versioni dal vivo, non ci saranno mutamenti di rilievo (giusto un po’ di ritmo in più in forma di basi pseudo hip-hop e human beatbox, ma quello già si sapeva) rispetto al vecchio disco. Il che è più facilmente un male che un bene, secondo me; ma staremo a vedere.  
[tra l’altro, a quanto è scritto qua, le Cocorosie saranno di nuovo in Italia per una data unica a Bologna (a un fantomatico Bologna Festival Estate, che suppongo essere al Baraccano o a Vicolo Bolognetti) il 9 di Luglio]

venerdì, 27 05 2005

nessun titolo

Sei dischi nuovi
Ho ascoltato un po’ di musica, ultimamente.
_White Stripes – Get behind me Satan – Il coraggio è da apprezzare, e i White Stripes sono riusciti a rimanere come sono pur avendo cambiato tutto. Il singolo mi sembra terrificante, acuni pezzi mi piacciono assai (soprattutto la stupidissima My Doorbell). Però…boh. Non sono convinto.
_Scout niblett – Kidnapped by Neptune – Ho detto Scout Niblett? Scusate, intendevo Cat Power. L’emulazione della gatta potere (che era già in nuce) ora sta diventando quasi imbarazzante. E anche se il disco è probabilmente migliore del precedente, la personalità lascia assai a desiderare. Si stava meglio quando si stava peggio?
_Piano magic – DisaffectedAl primo ascolto non mi convinceva, ora lo adoro. Non siamo ai livelli di The troubles sleep of piano magic, ma quasi. L’unica vera band al mondo che suona ghostrock, come l’ha definita il suo deus ex machina Glen Johnson nella bella intervista fattagli dal "piccolo genio" (cit.) JR.
_Weezer – Make believe – Forte di stroncature quasi ovunque, l’ultima fatica di Rivers Cuomo e soci a me non dispiace per nulla. Certo, siamo ormai completamente dalle parti di Mtv e compagnia (il target è evidentemente quello, come testimoniano anche i testi), ma ci sono un paio di pezzi (in particolare Perfect situation e We are all on drugs) che mi hanno arpionato e non mi mollano più. Ma è quasi Estate, suvvia. 
_65daysofstatic – The fall of math – Era un sacco che volevo scrivere qualcosa di questo disco. Ma -a un disco di poche parole- è giusto dedicare poche parole e far parlare la musica. Che, nel suo mix tra elettronica e post-rock, con risultati mai sentiti prima (o quasi), è assolutamente enorme.
_The boy least likely to – The best party ever – Indiepop is love: e tra me e questa band inglese all’esordio, è stato amore al primo ascolto. Canzoncine stupide arrangiate da dio, la cui complessità musicale è ben nascosta dalle melodie da Zecchino d’oro e dai testi surreali. Il disco dell’Estate?  

mercoledì, 18 05 2005

nessun titolo

L’agenda dei concerti (Hot Summer edition)
Da queste parti le stagioni dei concerti sono come le annate del vino: quelle memorabili lasciano il segno. Quella che si sta concludendo, con ogni probabilità, rimarrà ineguagliata. Non sto qua a farvi l’elenco di tutte le band notevoli che sono passate da queste parti, non credo che serva. Però questo finale di stagione, che inizia virtualmente stasera, rischia di fare veramente il botto.
Come si è detto, si comincia stasera; e si comincia ballando, con la doppietta degli amici-dei-!!! Out Hud + Discodrive (la migliore live band italiana?) al nuovo Link. Trovate tutte le info da Polaroid. Venerdì al Covo ci sarebbero gli Oneida, ma io con ogni probabilità me ne andrò con Valido a vedere un concerto di metal intellettuale (Isis + Jesu, all’Estragon). Che avete da ridere? Il giorno dopo sarà la volta di uno di quegli indimenticabili festival Fooltribe nella bassa (a Mirandola), che con Picastro, Mae Shi, Rapider than horsepower e vari altri tenterà (senza riuscirci, ovviamente) di non farci mancare Musica nelle valli. A concludere in bellezza, domenica al Club 74 ci sono gli Czars.
La settimana dopo Bologna sarà la capitale indie del mondo: nel giro di 5 giorni ci sono Masha Qrella (autrice di uno dei miei dischi dell’anno, il 25 al Club 74), i Kills con Scout Niblett (il 26 all’Estragon), l’ineffabile Adam Green (il 28 al Covo, unica data italiana, e chiusura del Covo) e il leggendario Daniel Johnston (il 29 ai Giardini del Baraccano; GRATIS). Cose da pazzi; alla faccia di chi in quei giorni va al Primavera.
Da Giugno, poi, in Emilia i nomi imperdibili si sprecano; e pensare che quest’anno non siamo neanche costretti a sorbirci i mega-festival come l’anno scorso il Flippaut (per Morrissey) e l’Heineken (per i Pixies, i Cure e PJ Harvey); dai 13 & God (ovvero Notwist + Themselves, è bene ricordarlo) il 3 al Link fino a Beck (il 22), i Sonic Youth coi Fantomas (il 27) e Bright Eyes + The Faint (il 29, gratis) a Ferrara. E se ci scappa la gita fuori porta magari il 25 si va a vedere i Kings of Convenience a Umbertide per Rockin’ Umbria.
A Luglio pure non si scherza, nel giro di 4 giorni ci sono Tori Amos (il 3 a Modena), i Kraftwerk (il 6 a Ferrara) e Nick Cave con il quartetto (il 7 a Modena); il 19 inoltre c’è il buon Devendra Banhart a Modigliana per modici 5 euri, mentre a Marina di Ravenna nel corso del mese ci sono gratis i Supersystem, The National, Patrick Wolf, i Liars e Geoff Farina dei Karate, e per Bologna si mormora di date quasi chiuse con Joanna Newsom e Art Brut. Il premio gita fuori porta va ad Arezzo Wave, il cui unico nome già reso noto (per venerdì 15) è quello imprescindibile degli LCD Soundsystem. Tra fine Luglio e Agosto, poi, ci dovrebbero essere (ancora condizionale) i due festival dell’Estate, Homesleep  e Frequenze Disturbate; il riserbo tenuto è massimo, e non se ne può dire nulla di definitivo. Per il primo comunque, i nomi più insistenti vedono un atteso gruppo scozzese che dovrebbe avere molti fan tra i più giovani (adolescenti, diciamo), dei loro conterranei molto amati in Italia e una nutrita rappresentanza italiana. Per il secondo si fanno i nomi di 3 pezzi da 90: un gruppo di amanti dei grandi pelouche e dei robot rosa, uno delle felpe autunnali (anche se -brutto segno- la data da qua è scomparsa) e l’attesissima reunion di alcuni dinosauri…giovani. Di più non sappiamo. E se sappiamo ci teniamo per noi. Altri aggiornamenti nelle settimane a venire.
Una stagione di quelle che non si dimenticano. Non è neanche finita, e mi manca già.

martedì, 17 05 2005

nessun titolo

Inkiostro music video aggregator
_Supersystem – Born into the world (Tasto destro, Salva con nome) Con un pezzo del genere gli ex El Guapo potevano fare il botto; probabilmente, tra l’altro, è stato scritto esattamente con questa idea in testa. Ma con un video del genere come pretendono di uscire dalla solita cricca (di cui una buona parte, tra l’altro, ora li odia per la loro progressiva e inarrestabile deriva tamarreggiante)?
_Prodigy feat. Juliette Lewis – Hotride (Tasto destro, Salva con nome) Ecco uno di quei video che non vedremo mai su Mtv; se Smack my bitch up vi sembrava peso, a questo non vi ci avvicinate neanche. Psicologicamente violentissimo, molto fastidioso e volutamente disturbante. Probabilmente bellissimo, se riuscite a prescindere.
_Postal Service – Against all odds (streaming) Perchè nessuno mi aveva detto niente dell’esistenza di questo video? E -soprattutto: da quando si fanno i video delle B-sides? La risposta è: da quando finiscono nella colonna sonora dei film di mezza Hollywood (in questo caso Wicker Park con Josh Hartnett e Diane Kruger). Se ne poteva anche fare a meno, anche se è sempre bello avere una scusa per riascoltare questa bella cover (di Phil Collins).
_Bright eyes – First day of my life (streaming) Allarme plagio: l’idea dietro a questo video è pesantemente ispirata a quella su cui si regge il celebre video di Short skirt/Long Jacket dei Cake. Che lì, però, aveva ben più senso. Fortuna che il pezzo non è di quelli che lasciano indifferenti. 
_Sons & Daughters – Dance me in (Tasto destro, Salva con nome) Io ero tra quelli che si aspettavano il botto dopo il loro primo EP e pezzoni come Johnny Cash e Broken bones. Invece il loro LP d’esordio è solo carino, e questo video ne è una buona testimonianza. Un flamenco rock un po’ troppo patinato, che si pianta in testa in fretta ma altrettanto in fretta se ne va. Rimandati a Settembre. 
_Eels – Hey man, now you’re really living (Tasto destro, Salva con nome) «Ciao, sono E degli Eels. Ho avuto una grande idea per questo video, ma ho speso tutti i soldi per fare il disco, e non ce ne sono più per il video. Ma ci serve un video. Quindi, non ci saranno grandi effetti speciali. Eccolo qua, spero vi piaccia». Comincia così, e segue una specie di delirante karaoke solitario interamente girato in camera a mano dallo stesso E. Inguardabile, giuro. Ma chissenefrega?
_Hot Hot Heat – Middle of nowhere (Tasto destro, Salva con nome) Se Goodnight Goodnight era spudorata ma in fin dei conti irresistibile, il secondo singolo di Elevator è invece davvero sciatto: canzone dimenticabile, video patinato e banalissimo, che vede protagonista il cantante Steve Bays. Che il Brian-May-chiomato leader della band stia studiando per un futuro da teen idol?
_Fatboy Slim – Look both ways (streaming) Eseguiamo l’ordine del mini-clip virale con Paris Hilton e segnaliamo il nuovo video di Fatboy Slim. Il pezzo sembra un brano di Moby e il video è didascalico in modo vergognoso. Fortuna che si salva il finale. Forse.
_Louis XIV – PaperDoll (Tasto destro, Salva con nome) Fare dei video con le Suicide Girls è sempre di moda, ma quanti finora ne avevano fatto uno in cui si vedesse qualcosa di più di un tatuaggetto e uno sguardo torvo? Qui si vede quel che c’è da vedere, e i maschietti apprezzeranno. Anche perchè, con un video del genere, chi è che si sofferma sulla banalissima musica degli inutili Louis XIV?
_Aberfeldy – Love is an arrow (Tasto destro, Salva con nome) Una delle perle più o meno nascoste delle’indiepop degli ultimi anni (file under: Belle & Sebastian & co.), che merita più attenzione di quante ne ebbe quando usci. Nonostante l’estetica un po’ HelloKitteggiante, un video decisamente delizioso. Mi starò rammollendo? 
_Antony & the Johnsons – Hope there’s someone (Tasto destro, Salva con nome) L’unico video possibile -girato interamente su un letto, dove sennò?- per l’inno lirico del farinelli della musica d’autore dei giorni nostri. Appropriatamente stropicciato.
 [le vecchie puntate del Music Video Aggregator: 1, 2, 3 e 4]

giovedì, 12 05 2005

nessun titolo

The downward spiral
Ok che già di per sè non è proprio bellissimo, ok che rispetto ai dischi precedenti è una delusione bella è buona, ok che gli accenni danzeggianti del singolo The hand that feeds avranno sicuramente fatto incazzare a morte i fondamentalisti dell’industrial dark, ok che -dall’essere una delle cose più cool del pianeta- ora i Nine Inch Nails sono tragicamente e inesorabilmente passati di moda; ok. Solo: siamo sicuri che il loro nuovo disco With Teeth si meriti questa recensione (se così vogliamo chiamarla)?

[secondo me è un po’ troppo. il disco rimane una delusione, ma non è così brutto, dai]

mercoledì, 11 05 2005

nessun titolo

Il più bel disco di Nick Cave…non è un disco
«Questo è il mio disco più bello»: di solito è così che ogni musicista, appena pubblicato un disco, lo presenta al pubblico. Il 95% delle volte è un’enorme cazzata; e il 90% delle volte il musicista neanche lo pensa. Del resto è ovvio: chi comprerebbe un disco di uno che dice: «Ho fatto un bel disco, ma quello prima era più bello»? Qualche volta, però, un musicista lo dice, ed è vero. Questa volta, ad esempio, è vero. E non si tratta neanche di un disco vero e proprio.
B-sides & rarities è il cofanetto che contiene tutte o quasi le canzoni che non sono finite negli LP ufficiali in più di 20 anni di carriera solista di Nick Cave insieme ai Bad Seeds. Tre cd, 56 pezzi in totale, per una veste grafica totalmente spoglia ed anticelebrativa e un prezzo onestissimo. Dai brani destrutturati del primo periodo ai ballatoni più recenti, passando per cover, versioni alternative, out-takes, colonne sonore e lati B: in questi 3 dischi ci sono molti dei pezzi in assoluto più belli di uno dei cantautori più grandi di tutti i tempi.
E’ quasi impossibile elencarli tutti: i blues sporchi di The moon is in the gutter e Rhye Whiskey, la cover quasi a cappella di Black Betty (di Leadbelly), la perfezione dei 2 minuti di Blue bird, l’arrembante e goliardica God’s Hotel e (I’ll love you) Till the end of the world, dalla colonna sonora di Fino alla fine del mondo di Wenders. Poi: la versione alcolica di What a wonderful world cantata in duetto con il sodale Shane McGowan, già leader dei Pogues, seguita da una clamorosa versione acustica di Jack the ripper, da una manciata di murder ballads, una Where the wild roses grow in cui al posto di Kylie Minogue c’è Blixa, l’inquientantissima Time Jesum Transeuntum et non rivertentum, suonata dai Dirty Three e finita sul cd di pezzi à la X-files Songs in the key of X, e l’epica versione orchestrale di Red Right Hand, dalla colonna sonora di Scream 3. E ancora: i pezzi del periodo The Boatman’s Call, tra cui spicca la B-side Little Empty Boat (uno dei brani migliori in assoluto di Mr. Cave), l’allegrissima (!) out-take Opium Tea e la biblica Sheep may safely graze, mentre, arrivando agli ultimi anni, si scoprono delle chicche come Shoot me down e la recentissima Under this moon, che -altro che B-side- è migliore di tutti i singoli di Abattoir Blues/The lyre of Orpheus messi insieme. 
Ok, è vero che i pezzi completamente inediti sono pochini; però vedere e sentire 21 anni di carriera in fila è una di quelle cose che non ha prezzo. E, per qualche anno, il buon Nick può anche continuare a fare dischi mediocri e a cercare con risultati alterni la sua musa ormai persa: finchè riuscirà a tirar fuori rarità e pezzi vecchi del genere, noialtri possiamo aspettare. Eccome, se possiamo.

lunedì, 09 05 2005

nessun titolo

Move your mp3
Un paio di giorni fa avevo un pensiero: mi serve un lettore mp3. Ora, un post e una trentina di commenti dopo, sto arrivando a delle conclusioni. Con le premesse da cui sono partito avrei 4 alternative, tutte in qualche modo poco convincenti. C’è lo Zen Touch: costa davvero poco, ma è tutt’altro che tascabile (e quella è forse la mia esigenza principale), e -per quanto mi riguarda- anche un po’ bruttino. C’è l’Iriver H320: ha tutte le caratteristiche che si potrebbero desiderare da un lettore, ma anche questo è poco tascabile, decisamente brutto ma -soprattutto- con un’interfaccia assai scarsa. C’è l’iAudio M3: bellissimo e iper-sottile ma…senza schermo, che è nel telecomandino a parte; immagino già il groviglio di cavi che provocherebbe, e non riuscirei a tollerarlo. Infine c’è il Sony NW-HD5; non costa proprio pochissimo, ma sembra la realizzazione di tutti i sogni: piccolo, carino, capiente e con tutte le caratteristiche che mi servirebbero. Il fatto che però sia appena uscito (e che quindi ci sia decisamente carenza di recensioni e pareri in giro) e che sembra esserci un unico posto *al mondo* dove comprarlo, depone decisamente contro: uno spende in totale 320 euro e rotti, e se poi si trova un pacco come il Rio Karma o i vecchi network walkman? Sono un po’ dubbioso.
La soluzione, probabilmente, è modificare le premesse: siamo sicuro che mi serva davvero un lettore da 20GB e che non me ne basti uno da 5, magari con qualche feature sempre utile come radio e microfono? Se la risposta è no, allora non ci sono alternative, il lettore per me è lo Zen Micro. Piccolo, versatile, economico (a Bologna si trova per meno di 200€) e carino. Vedete se riuscite a farmi cambiare idea. Altrimenti la decisione è presa.

venerdì, 06 05 2005

nessun titolo

AhiPod
Finora, seguendo il saldo principio del «Tanto non mi serve», avevo evitato questo momento. Mentre intorno a me uno ad uno tutti cadevano vittima delle attrattive del meraviglioso oggettino laccato di bianco, io stoicamente resistevo. Se non mi ascolto mai la musica in cuffia, non viaggio spesso e a casa ho già un buono stereo e un computer ad esso collegato, a cosa mi serve un iPod? A niente, è la risposta ovvia, e finora ne ho fatto tranquillamente a meno.
Adesso, però, le cose sono cambiate: ora che post-incidente sono tornato per lo più appiedato e che mi faccio svariate mezz’ore di camminata al giorno, comincio ad avere drasticamente bisogno di un dispositivo di portable audio decente. Il lettore di cd mp3 che ho tutt’ora è pessimo; talmente grosso che a malapena entra nelle tasche di un giaccone invernale (e adesso è Maggio), salta anche se lo tengo fermo e ha un’interfaccia progettata evidentemente da un ingegnere che in vita suanon ha mai usato neanche un walkman. Urge un lettore mp3, quindi, ma uno vagamente serio, uno con un hard-disk interno da una ventina di giga e non con una flash-memory da qualche centinaio di mega, un po’ di feature carine ma un costo non esorbitante.
So cosa state per dirmi. Ma -sapete una cosa?- io non voglio un iPod. E’ risaputo che non è affatto il miglior lettore della sua categoria, e viene surclassato da molti altri per qualità audio, durata delle batterie, funzionalità aggiuntive (radio, registratore) e prezzo. Probabilmente il più bello, sicuramente il più diffuso, ma non il migliore. E poi ora come ora ce l’hanno tutti; e io sono un anticonformista. La mia domanda quindi è: se non compro un iPod, cosa compro? Qualche suggerimento?

martedì, 03 05 2005

nessun titolo

Secondo voi questa pubblicità è di cattivo gusto?


Riformulo: secondo voi questo annuncio pubblicitario, destinato alla promozione del nuovo disco solista di Stephen Malkmus (mr. Pavement), è troppo di cattivo gusto per le pagine di un magazine musicale (perchè di quello staimo parlando, mica di Famiglia Cristiana o del Corriere dei piccoli…)? Tanto da non poter essere pubblicato? Secondo Paste, uno dei più noti giornali musicali ‘colti’ americani, lo è, e per questo motivo il giornale si è rifiutato di pubblicarlo. L’etichetta di Malkmus, la beneamata Matador, se n’è avuta un tantino a male, e nella sua ultima newsletter ci è andata giù pesante, e ha mandato sonoramente affanculo il giornale:

Finally, we’d like to offer a shout-out (ie. "fuck you") to the cowards and thought-cops at the Ad Dept at Paste Magazine who have deemed our proposed advertisement for ‘Face The Truth’ to be beyond the bounds of "good taste." God forbid that anything might challenge the sensibilities of Paste’s Yep Roc-loving, Starbucks-guzzling, Wes Anderson-worshipping readership. Seriously, if there’s anything we or SM have done that is a poor fit with Paste’s Ad Dept’s narrow worldview, that is the highest compliment we’ve been paid since the last time Spin refused to run one of our ads.

Da noi queste cose non succedono, oppure -se succedono- lo fanno sotto silenzio. Non so se sia meglio o peggio.
[del disco di Malkmus non c’è molto da dire, non è un capolavoro, ma del resto nessuno a questo punto se l’aspettava più.. ma è un disco onesto, con alcuni sprazzi del genio che fu. e per me è abbastanza]

venerdì, 29 04 2005

nessun titolo

Festivalia
_E’ a un passo dall’essere definitiva la conferma di Frequenze Disturbate. Si fa già il nome di una leggendaria band americana di pop sghembo; tenete pronti i vostri costumi da pelouche giganti.
_Quasi confermato anche un evento non da meno il weekend precedente all’ombra del monte Conero. Anche qui si fanno nomi di tutto rispetto. Stay tuned per ulteriori aggionramenti.
_Più o meno negli stessi giorni, si parla anche di una tre giorni curata da Howe ‘It’s a Classico!’ Gelb dei Giant Sand un paio di centinaia di chilometri più a nord. Attendiamo curiosi i nomi. Anche se io un paio di idee ce le ho già…
_Visto che -a differenza dell’anno scorso- quest’anno i grossi festival italiani (Flippaut e Heineken su tutti) si fanno evitare volentieri, quasi quasi noi si farebbe una puntatina al Neapolis, che con Nick Cave, Tori Amos e Kraftwerk (si sussurra pure di LCD Soundsystem, ma non so quanto sia attendibile) si candida ad essere il festival italiano con la scaletta più inkiostro-friendly. Non fosse così lontano…
_E’ uscita la line-up del
Festival di Benicassim. A parte il fatto che è classicamente negli stessi giorni di Frequenze Disturbate (il che mi taglia fuori, ça va sans dire), i nomi imperdibili tra gli headliner non sono poi mica tanti. Decisamente meglio il Primavera, per chi si può permettere di partire a fine Maggio.
_In ogni caso, da queste parti, se andremo davvero ad un festival internazionale, questo sarà La route du rock. I primi nomi (Le Organ!) promettono assai.

mercoledì, 27 04 2005

nessun titolo

Your ex-lover is dead
Col nome che ha, da Torquil Campbell ci aspetteremo quanto meno che sia un attore shakesperiano; invece ha recitato in una serie di Law and order e nella puntata di Sex and the city in cui Carrie esce con un ventenne bisessuale e Charlotte si fa ritrarre nuda da un fotografo. Amy Milan forse non sapete chi sia, ma buona parte di noi l’ha amata alla follia mentre, accompagnando gli amichetti Broken Social Scene nel loro tour italiano, ha cantato Anthems for a seventeen years old girl portandoci quasi alle lacrime. Insieme Torquil e Amy sono le voci degli Stars, quartetto canadese che con Set yourself on fire ha pubblicato uno dei dischi pop dell’anno.
E’ difficile spiegare perchè si tratti di un grande disco: il pop va ascoltato più che spiegato e raccontato. Non si può fare capire la bellezza di una melodia, la potenza di un ritornello particolarmente riuscito, l’intrecciarsi di due voci che raccontano di sesso, malinconia e amori liceali nel modo più semplice e autentico possibile: bisogna sentirlo con le proprie orecchie. Per innamorarmi perdutamente di loro, a me è bastata una sola canzone, la opener Your ex-lover is dead. Un pezzo dedicato a due ex-fidanzati che si ri-incontrano per caso, alla sensazione di imbarazzo misto a malinconia e a risentimento che l’incontro provoca e alla consapevolezza un po’ delusa che «queste cose non ti feriscono mai tanto quanto potrebbero». La stessa indefinita sensazione che anima anche le melodie in maggiore della title-track e del primo singolo Ageless beauty, l’entusiasta frenesia sessuale che sta dietro The first five times, la quieta malinconia della conclusiva Calendar Girl e il clamoroso tripudio di archi del ritornello di Reunion. Un cocktail dolceamaro che solo i migliori riescono a creare e portare avanti per un disco intero. A questi livelli, tra l’altro. 
Da queste parti lo andiamo dicendo da mesi, e adesso il disco comincia a riscuotere consensi diffusi; qualche settimana fa in radio anche l’auctoritas Arturo Compagnoni si è profuso in sperticati elogi, e di lui ci si può fidare. Perchè, se all’inizio del disco gli Stars dicono «When there’s nothing left to burn you have to set yourself on fire», è innegabile che là fuori ci sia già qualcuno la cui fiamma è alta e luminosa. Alta e luminosa più di quella di tutti gli altri.

venerdì, 15 04 2005

nessun titolo

Il colpo di frusta emotivo
Erano circa le 8 e mezza di sera e stavo aspettando l’autobus sul viale per tornare a casa dal lavoro, quando mi è arrivato tra capo e collo. Non è stato improvviso; a un certo punto mi sono accorto che c’era, e in qualche modo era come se fosse sempre stato lì. Sottile, profondo, insistente. Non era spiacevole, in realtà, e volendo la sua presenza era quasi confortante: sentire male vuol comunque dire sentire qualcosa. Il colpo di frusta emotivo non è stato improvviso ma è arrivato inatteso: la traccia inequivocabile di qualcosa rimasto irrisolto. Esattamente come Unsolved Remained di Masha Qrella.
Strumenti caldi, elettronica fredda, voce fledibile e produzione assolutamente perfetta; la formula non è nuova. Siamo -in più di un senso- dalle parti dei Lali Puna di Scary World Theory, con meno alienazione e più personalità (anzi, no: soggettività), infusa in modo deciso ma misurato dall’artista tedesca, già tastierista dei Mina e bassista dei favolosi Contriva. Dentro c’è I can’t tell che si apre e si chiude come un ventaglio metallico, Everything shows, pervasa di scariche di elettricità statica e di un’inquietudine che crepa di perplessità l’ottimismo del testo e Destination Vertical, mio personale anthem per la riconquista della postura eretta, una specie di cover di una propria cover di un pezzo di Rechenzentrum dal sapore sommerso di un’ipotetica deep-glitch-pop-house.
Non il tipo di disco che prende 10 nelle recensioni, nè quello che fa gridare al miracolo. ‘Solo’ il tipo di grande disco che scopri tutto d’un tratto dopo tanto che lo ascolti, e ti colpisce a tradimento quando non te l’aspetti più. Ed è come se fosse sempre stato lì.

mercoledì, 13 04 2005

nessun titolo

Phonoteque
Se avete vissuto a Bologna negli ultimi 5 anni, siete stati degli squattrinati studenti fuorisede e siete dei music-junkie sempre in cerca di un buon disco da ascoltare, non potete non conoscere la Phonoteca.
Si scrive ‘Associazione Culturale’ e si legge ‘Noleggio di cd e riviste musicali’, o almeno noi, in modo assai miope, l’abbiamo sempre interpretata così. Una ventina di metri quadrati scarsi nel centro -che più centro non si può- della zona Universitaria, uno spaccio semi-legale di musica bbbuona per le tasche vuote degli studenti fuorisede, grazie a cui documentarsi sui gruppi che sarebbero venuti in città, ascoltare le nuove uscite per non fare acquisti azzardati, documentarsi sui pilastri della musica e dare un’occhiata a Mojo o The wire per un euro. Un’associazione benefica, più che un associazione culturale.
Qualche giorno fa, però, la mail:

A fine aprile la Phonoteca chiuderà i battenti.
Fino a mercoledì 20 proseguirà il normale servizio di prestito a soci.
Per cui, se ancora non siete appagati e volete colmare i vostri "buchi neri" musicali, date un’occhiata alla materia musicale che trovate nel catalogo sul nostro sito!
www.phonoteca.it
Cogliamo l’occasione di questa newsletter per ringraziare chiunque in questi 5 anni ci ha aiutato, consigliato, supportato e sopportato!
A loro e a tutti i soci vogliamo esprimere il nostro più sincero saluto.
Carlo, Franco e Gennaro

Non c’è bisogno di dire cosa l’abbia uccisa. Non c’è bisogno di dire quali siano i motivi per cui da 3 o 4 anni non ci entravo se non saltuariamente, e non prendevo più dischi da ascoltare. E’ ovvio cosa l’ha uccisa, tanto quanto da almeno un anno a questa parte era ovvio che in tempo breve sarebbe morta.
Forse della Phonoteca non ce n’è più bisogno, e ora il suo ruolo lo fanno Soulseek, i blog e le webzine. Forse è una normale evoluzione delle cose. Forse non è un peggioramento nè un miglioramento, ma soltanto un cambiamento.
Ma -più probabilmente- siamo stati stupidi noi a lasciarla morire. E ho proprio paura che ce ne pentiremo.

venerdì, 08 04 2005

nessun titolo

Inkiostro music video aggregator
Bloc Party – Banquet (video version 2) (download) Nuova versione (la vecchia è qui) per il video del pezzo migliore dei Bloc Party. L’idea è carina, ma il video è stato probabilmente fatto con due soldi. E si vede. 
_Daft Punk – Robot Rock (download) La canzone più paracula dell’anno (vedi
qui) ha ora un video alla sua altezza. Più vanno avanti e meno li sopporto. Anche perchè, come in questo caso, di rado non c’azzeccano. 
_Kings of Convenience – Cayman Islands (download -grazie a Paola) Non esattamente memorabile, ma con un pezzo del genere non è che si potesse osare granchè. L’idea del mare di lampade vintage, però, non è niente male.
_The Decemberists – 16 military wives (torrent download) Pare solo a me o il gruppo di Colin Meloy sta studiando da supplente dei Belle & Sebastian? Un bignamino su come mischiare estetica indie, politica internazionale e sit-com scolastica e riuscire a mantenere ancora un’aria intellettuale.
_Paolo Benvegnù – Cerchi nell’acqua (streaming – ci mette un po’ a caricarsi) Animazione minimale ed espressionista per uno dei pezzi più nobilmente e sontuosamente pop del disco d’esordio dell’ex-leader degli Scisma. Disegnato da Tommaso Cerasuolo dei Perturbazione.
_Nine Inch Nails – The hand that feeds (download) Terra chiama Reznor: lo sappiamo che non c’è niente da vedere, ma qualcosa di più del tuo bel faccione e dei tuoi amichetti che suonano non ce lo potevi mettere? Il pezzo rimane ruffiano abbestia. Ma mi piace un sacco.
_Chemical Brothers – Believe (streaming) Dopo il passo falso tamarro di Galvanise, i fratelli chimici tornano ai loro consueti livelli stellari, con un gran pezzo cantato da Kele Okereke dei Bloc Party e un video meravigliosamente paranoico. Dieci e lode.
_M.I.A. – Galang (streaming) Io lo chiedo sempre, ma nessuno è in grado di spiagarmelo: cosa ci trova l’intellighenzia blog americana (e da un po’, pure quella italiana) in questa ragazza dello Sri-lanka che me ricorda tanto La Gasolina? Perchè piace? Perchè fa intellettuale farsela piacere? Perchè fa video poveri come questo? Mah.
_Settlefish –
Kissing is chaos (download) Lo-fi, ruspante e in più di un modo affascinante; come pezzo per un video è una scelta insolita: Ma molto riuscita.
_Aqueduct – Hardcore Days, softcore nights (streaming) Tanto il disco è bello quanto la loro grafica (cd, sito, video, e pure il doppio mento del cantante non aiuta) fa schifo. Questo video non fa eccezione; e non è neanche il pezzo più bello.
_Interpol – C’mere (download) Qualcuno, vi prego, faccia qualcosa per i video degli Interpol, in caduta libera dai tempi di PDA. Qua c’è un angelo con una torcia, un bosco innevato e quel simpaticone di Paul Banks che ormai è la perfetta reincarnazione di un pappone inglese dell’800.
_Weezer – Beverly Hills (streaming) Giorni fa ci chiedevamo se, col loro nuovo singolo, i Weezer ci sono o ci fanno. Guardando questo nuovo video, girato alla Playboy Mansion di Hugh Hefner, e scoprendoci a preferigli la recente pubblicità della Renault Scenic che ha la loro Buddy Holly come colonna sonora, la risposta è quasi scontata.
_Futureheads – Decent days and nights (download) Pezzo incendiario e video all’altezza, per il perfetto rock inglese post-Franz Ferdinand e pre-Bloc Party. We want more!
_Hot Hot Heat – Goodnight Goodnight (streaming) Non è che il pezzo diventi meno ruffiano col tempo; è solo che ci si abitua. E quando dietro la macchina da presa c’è nientemeno che Michel Gondry…. Che -diciamolo- in questo caso non si spreca. Ma il tocco si vede.
[le prime tre puntate del Music Video Aggregator: 1, 2 e 3]

mercoledì, 06 04 2005

nessun titolo

And now I know how Steve Jobs felt
Immagino lo sappiate già: la settimana scorsa è uscito Live at the Earl’s Court, disco dal vivo con cui Morrissey celebra la recente tournèe mondiale che ha seguito l’uscita del suo ultimo disco -uno dei suoi milgiori di sempre- You are the quarry. Il buon Moz suona pezzi nuovi, classici e b-sides in modo sentito ed impeccabile, recuperando anche vari pezzi degli Smiths tra cui la sempreverde How soon is now? e l’arcinota Bigmouth strikes again, che il nostro aggiorna ai tempi nostri coi versi And now I know how joan of arc felt / Now I know how joan of arc felt / As the flames rose to her roman nose / And her iPod started to melt. Ironia da manuale, lo so. Che il fan medio del Mozzer però, non può che trovare irresistibile.
Gli Smiths, peraltro, saranno oggetto di un convegno organizzato la prossima settimana dall’Università di Manchester. Il Guardian ha dedicato alla cosa (e all’inevitabile strascico di polemiche) due lunghi articoli, in cui vengono anche riportati i titoli di alcuni degli interventi dei relatori, di cui uno di un italiano, Pietro Leonardi (…) dell’Università di Roma. E si tratta di titoli splendidi: "Sing me to sleep: the Smiths and the demise of English rock", "Refractory poles: Manchester and London in the Smiths’ imagery", "The theatres of memory or radical chic? The Smiths and early 1960s British kitchen-sink cinema" e il geniale "I didn’t realize you wrote such bloody awful poetry: the performance of words and music in the boy with the thorn in his side". I cultural studies ci fanno un pippa.