suoni

giovedì, 05 01 2006

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Sogni dela vita: fare un disco metal
Rob Crow è un pazzo. Nel 2004, con la sua band principale (i Pinback) ha pubblicato più o meno sotto silenzio un disco assolutamente clamoroso, che dopo aver entusiasmato il sottoscritto (che ne ha scritto qui e l’ha messo al secondo posto tra i dischi di quell’anno) e pochi altri è scivolato molto rapidamente nel dimenticatoio generale a causa della poca promozione (o dei pochi m-blogs?). Summer in Abaddon è una vera e propria pietra angolare degli ultimi anni, un oggetto musicale non identificato che si muove tra pop, indie e math-rock con una sensibilità prodigiosa e un fascino alieno tuttora ineguagliato.

Pinback –
Fortress  (.mp3)
Pinback – Non photo-blue (rapidshare .mp3)
Pinback –
Fortress video (.mov)
Pinback – AFK video (.mov)

Da sempre avvezzo a suonare in tremila progetti, Crow ha pubblicato qualche mese fa un disco chimato Bagged and boarded con la sua nuova band dall’agghiacciante nome Goblin Cock. A un primo ascolto molto distratto ho notato che stavolta il nostro aveva deciso di battere territori più heavy del solito, ma non ci ho neanche fatto troppo caso. Quando, però, ho visto la copertina del disco (che rappresenta il suddetto Goblin, e non solo lui) con i caratteri gotici d’ordinanza, una foto promozionale (con la band interamente incappucciata) e letto i titoli dei pezzi (cose tipo Kegrah the Dragon killer o The revenge of Snufalufagus) per un attimo ho dubitato che il nostro avesse definitivamente perso ogni barlume di sanità e si fosse convertito al metal più becero.

Un ascolto più attento, la visione del video e l’attenzione ai tanti dettagli assolutamente parossistici (uno su tutti: il nome adottato da Crow all’interno de progetto è nientemeno che Lord Phallus) però ha chiarito ogni dubbio, e l’intento sfacciatamente ironico del progetto (chi non ha mai sognato di calarsi nei clichè più spudorati del metal, per una volta nella vita?) si è fatto evidente. Crow ha preso qualche amico, un’abbondante quantità di birra e la collezione di dischi di un 15enne di una decina di anni fa e ha finalmente realizzato il suo minacciosissimo progetto heavy-metal. Peraltro, alla fin fine, il disco non è neanche così male: i momenti migliori ricordano i Tool (che da queste parti, nonostante l’età e i gusti che cambiano, rimangono una delle band preferite di sempre), e anche il resto, depurato dagli ovvi riff rocciosi e sabbathiani, mantiene un’ispirazione niente affatto comune. Certo, come disco metal in realtà non è poi granchè. Meno male.

Goblin Cock – Stumped (.mp3)
Goblin Cock – Striped tiger snaps (rapidshare .mp3)
Goblin Cock – Stumped video (.mpg)

mercoledì, 04 01 2006

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Mi scappa proprio un post a punti
_Oh my geekness: la sciarpa di Super Mario 3 e la borsa di Space invaders. Entrambe fatte a mano. Super-geek!
_Leonardo (per i neofiti: uno dei migliori blogger di sempre, senza se e senza ma) è tornato dal futuro. Yipee!
[a me piaceva anche nel futuro, ma devo ammettere che ultimamente avevo perso un po’ di pezzi]
_Davanti a questo computer si gela: forse lo scalda-piedi USB potrebbe darmi una mano. (grazie Fio)
_Il video delle indie-yuppie stars Clap you hands say yeah che suonano In this home on ice da Conan O’Brian. E’ il mio pezzo preferito del loro disco, ma qui è un po’ deludente. Non era esattamente il loro ambiente, mi sa.
_Degli Italian Blog Music Awards egregiamente condotti da Luca ‘Cabal’ Castelli (e vinti rispettivamente dai Baustelle e da….me) non ho finora scritto nulla perchè aspettavo di avere prima qualcosa di intelligente da dire. Non ce l’ho, mi sa, e a parte un imbarazzatissimo grazie non so davvero che altro dire. Se questo è il miglior blog italiano siamo messi davvero male, però..
_Un interessante articolo di Business Week sullo straordinario successo di Myspace. Il succo è questo:
The real mystery is whether MySpace did any of this on purpose. To a Web professional, it looks like something of an accidental success, with features piled on top of features, and no visible evidence of a master plan behind them. A me è sempre sembrato un goffo giochetto con poco e nessun appeal, e sono uno dei tanti che non ne capisce il successo. Chi di voi ne ha uno me lo spiega?
_Concludiamo con una notizia seria: una donna ha sposato un delfino. Mi sembra di essere a Studio Aperto, che bello.

martedì, 03 01 2006

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Se uno ci pensa, non ci può credere
In questi casi dire «Ci hanno davvero preso tutto» è talmente facile che a Mtv se lo dicono da soli. Gli Offlaga Disco Pax sono Best new act del 2005 per la tv musicale dei gggiovani con i blu gins, battendo gente del calibro di Kaiser Chiefs, Bloc Party, LCD Soundsystem e Maximo Park. Il sito di Mtv dedica alla band una pagina ‘alta’ che definire straniante è dir poco («onirica», nelle parole del componente della band che abbiamo interpellato per l’occasione), che esula dai soliti toni dell’Mtv-style per fare considerazioni tutt’altro che peregrine sul disco italiano dell’anno. Ci avranno anche preso tutto, ma stavolta è davvero roba di prima qualità. Un estratto:

"Socialismo Tascabile (Prove Tecniche di Trasmissione)" è un disco sulla mancanza, un’ode alla perdita: dell’Innocenza, degli Ideali, della Voglia di Vivere, dell’Amore. A ognuno il suo lutto da elaborare e nel quale ritrovarsi, dunque. Narratori di specie rara, gli ODP: recitare sì, ma riflettendo il vissuto del pubblico. Pane per denti di gente tra 30 e 40 anni, anche se d’altro canto – pur non sospettando il passato punk sanremese della Oxa e non avendo mai assaporato le Cinnamon e neanche le Centerfresh "con dentro il liquido per il capo che mangia pesante" – il teen-ager evoluto troverà il suo slogan nella toponomastica di Cavriago, strade nelle quali riversare le frettolose rivoluzioni praticate al volo tra un centro sociale e uno commerciale.
Se non fossimo su MTV – dove il luogo comune pretende consumatori ignoranti & distratti – azzarderemmo un parallelismo tra la conservazione della tradizione antica dei cantastorie e la rendicontazione terrena dei propri interlocutori ideali. Interpretazioni quasi isteriche sofferte dal di dentro, malinconiche, spesso argute e divertenti nonostante l’amarezza. Oltre che artistico, alla fine ci piace pensare a quello di Enrico Fontanelli, Daniele Carretti & Max Collini come a un contributo linguistico per l’evoluzione delle coscienze musicali. Parole illustrate e ossessionate. I ‘marchi’, per esempio: che sia l’icona dei motori ‘Made in URSS’ comprata dai tedeschi (la Skoda) o il baluardo dei wafer d’Oltrecortina infangati dalla Danone (Tatranki), non si scappa. Persino il ricordo di un amore sconfitto porta impresso un’etichetta: deFonseca.
Oggi che "Robespierre" gode di un videoclip in rotazione su MTV e di una pagina dedicata su Mtv.It, possiamo ben gridare a voce alta: "Ci hanno davvero preso tutto!"

Per l’ennesima volta, il suddetto videoclip è sempre qui.

venerdì, 30 12 2005

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Inkiostro – I dischi del duemilacinque

10. Laura Veirs – Year of meteors (Nonesuch / Bella Union)
Un’erede credibile per Suzanne Vega, finalmente. Un occhio altrettanto obliquo e appassionato che ti spiazza con il suo acume e ti convince con una musica che guarda oltre il folk ma che al folk torna, ogni volta, con l’ingrediente che fa la differenza. Il fatto che sia pure adorabilmente impresentabile, poi, non fa che renderla più simpatica.
More: inkiostro.

Ascolta: Secret someones o Magnetized

9. Amari – Grand Master Mogol (Riotmaker)
Una band troppo. Troppo brava, troppo simpatica, troppo cazzona e contemporaneamente troppo cool, troppo capace di coniugare suoni quasi perfetti con una personalità unica e irresistibile, e troppo padrona nel confondere il pop più spudorato con i troppi generi che gli vengono in mente. Talmente bravi che ti fanno arrabbiare. E cantare.
More: Sentire Ascoltare.

Ascolta: Conoscere gente sul treno o Bolognina Revolution

8. Jens Lekman – Oh you’re so silent Jens (Secretly Canadian)
L’anno scorso l’abbiamo scoperto, e ciò che scrivevo allora si è avverato: Jens Lekman è già un classico. E pensare che il vero, grande, disco di Jens Lekman, è proprio questo, che raccoglie la produzione di tremila EP e singoli e contiene praticamente tutti i suoi pezzi più belli di sempre. Ascoltarli in fila è una vertigine. Pop at its best.
More: Indiepop.it.
Ascolta: Maple leaves o Pocketful of money


7. LCD Soundsystem – s/t (DFA/EMI)
E’ entrato e uscito più volta da questa classifica, l’esordio in LP del venerabile James Murphy e della sua spocchiosa intellighenzia danzante. Più una (anzi, due) raccolte di singoli che disco vero e proprio, con i vecchi anthems (su tutti l’epocale Losing my edge) a fare da contraltare a nuove produzioni per nulla inferiori. Un solo grido: More cowbell!
More: Stylus Magazine.
Ascolta: Tribulations o Losing my edge

6. Masha Qrella – Unsolved remained (Morr)
Mi è mancato un grande disco di elettronica glitchosa, quest’anno, ma in compenso ho avuto Masha Qrella. Beat geometrici e freddi come lame di ghiaccio (o come il suo sguardo), corde di chitarra acustica calde e familiari come i pensieri rimasti irrisolti che questo disco si porta dietro. Per troppa coerenza il capolavoro è solo sfiorato; ma le persone troppo coerenti, io, di solito le adoro.
More: inkiostro.
Ascolta: Everything shows o My Day


5. Art Brut – Bang bang rock’n’roll (Fierce Panda)
L’unica forma di punk possibile nel 2005? Probabile. Una band per nulla credibile con un disco sgangherato e divertentissimo che dissacra i Velvet Underground e NME, che parla di Arte Moderna e di fare cilecca a letto, e che infila qua e là frasi da diario postmoderno che non si può fare a meno di citare. Dietro l’apparenza, un progetto di una lucidità disarmante. Centro secco.
More: Pitchfork.
Ascolta: Emily Kane o Moving to L.A.

4. Offlaga Disco Pax – Socialismo tascabile (Santeria)
Il nostro piccolo caso. I blog mantengono la promessa, e scoprono per primi il trio reggiano che a fine anno sbanca ogni premio e riempe i locali come pochi in Italia. Qualcosa di grosso, quindi, ma anche qualcosa di piccolo e caro, una questione privata, che a distanza di mesi non perde il fascino e la capacità di generare sconcerto come solo le cose davvero aliene -o familiari- riescono a fare.
More: Losing Today.
Ascolta: De Fonseca o guarda il video di Robespierre



3. The boy least likely to – The best party ever (Too young to die)
Un fuorviante nome Morriseyano e un repertorio di ossessioni infantili mal celate dietro una giocosità ostentata e un arsenale di grattuge, xylofoni e coretti felici, e così un paio di pazzi inglesi tirano fuori un disco geniale e miracoloso. E che, dietro l’apparenza, fa davvero paura. I’m happy if you’re happy. But it breaks my heart. Cose così.
More: Batteria Ricaricabile.
Ascolta: Hugging my grudge o Be gentle with me



2. Stars – Set yourself on fire (Arts & crafts)
Il pop non si spiega, questo è un fatto. Anzi: più è ben fatto, e meno si spiega. Degli Stars, quindi, non si può dire quasi niente, se non che  se non vi piacciono, forse, è perchè non li avete mai ascoltati. O perchè non avete un cuore.
More: inkiostro.
Ascolta: Your ex-lover is dead o Reunion


1. Lucksmiths – Warmer corners (Matinèe)
Un disco che risponde alle domande, se va bene, capita una volta l’anno. Quest’anno, per fortuna, è capitato.
More: inkiostro.
Ascolta: The Music next door o Fiction

venerdì, 23 12 2005

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Fretta e Natale rendono Inkiostro un blogger-a-punti*
Completamente inglobato nella frenesie compra-i-regali-per-tutta-la-famiglia-in-due-ore, chiudi-tutto-sul-lavoro, fai-le-valigie-per-una-settimana-dai-tuoi e prepara-lo-speciale-natalizio-di-Airbag (stasera qua), oggi non ho molto tempo. Vi regalo solo qualche link:
_Due cover: gli Stars che coverizzano Fairytale of New york dei Pogues (i Pogues stanno tornando di moda?) e un nuovo pezzo dei Postal Service, Grow old with me, cover di John Lennon. Il mio commento per entrambe è: fortuna che per Natale siamo tutti più buoni, sennò due tirate d’orecchie non ve lo toglieva nessuno.
_Secondo Forbes, che di queste cose se ne intende, il personaggio fittizio più ricco del mondo è Babbo Natale. La notizia è Monty Burns batte Zio Paperone, che smacco.
_Circa un mese fa, in Irlanda sono usciti al lotto i numeri di Lost. Tutti tranne uno, in realtà, che è uscito a cifre invertite. Secondo me vuol dire qualcosa.
_Ve lo ricordate che domani notte è il termine per la votazione degli Italian Blog Music Awards indetti da Cabal, vero? Affrettatevi! Il Disco Bravo di Gecco invece non scade mai, ma l’invito vale anche per quello, ovviamente…
_Era da un po’ che volevo segnalare G2G, innovativo sistema di file sharing che per scambiarsi i file utilizzava GMail sfruttandone capienza e potenzialità in modo inatteso e brillante. Ma non lo farò mai: l’hanno già fatto chiudere.
[* e a trattini]

mercoledì, 21 12 2005

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Inkiostro – Gli EP del duemilacinque
A breve anche i dischi, ma nel frattempo gli EP, un formato di solito ingiustamente discriminato, e quindi, per definizione, molto più snob.

6. Wolf Parade – s/t (Sub Pop)
Il successivo LP non mi ha convinto del tutto, anche perchè poteva ben poco dopo questo sestetto di pezzi che dice già tutto dei vice Modest Mouse canadesi: post punk teso ma melodico, voce sguaiata quanto basta per ricordarci che siamo nel 2005 e un paio di pezzi killer. 
Ascolta: Dear sons & daughters of the hungry ghosts


5. Canadians – The north side of summer (Hoboken)
Come ho già scritto più volte, centro secco al primo colpo per la nuova promessa dell’indiepop italico. Senza alcuna pretesa di originalità, e con una spudoratezza che dalle nostre parti è rara, gli ex Slumber fanno cantare e alzare le braccia al cielo come riescono a fare solo i migliori. Se il buon giorno si vede dal mattino…
Ascolta: Find out your 60’s


4. The Go! Team – Are you ready for more? (autoprodotto)
Arrivo spesso tardi sulle cose, già lo sapete. Ma arrivare tardi è un piacere se dopo l’incensato esordio Thunder, Lightning, Strike il combo inglese fa un ulteriore passo avanti con questo EP che parte dal pezzo migliore del disco (Bottle rocket) per perdersi in un universo che si divide equamente tra i soliti coretti da cheerleaders, certo post-pop strumentale e un po’ di adorabile twee sgangherato. In continua evoluzione.
Ascolta: Bottle rocket


3. Marcilo Agro e il duo Maravilha – Tra l’altro (Room Service)
Non sono in molti a saperlo, ma anche l’Italia ha i suoi Kings of Convenience, che vengono da Novara e imbastiscono melodie sussurrate in punta di chitarra e linee vocali intrecciate come i loro cugini norvegesi. La scarsa esperienza e la lingua di Dante spesso non aiutano, ma un paio di episodi perfetti riscattano il resto. Una promessa.
Ascolta: Zanzara


2. Macromeo – s/t
(Aiuola)
Da dove spunta fuori Macromeo? Il suo pop sghembo dopato dai suoni degli Amari (qui in cabina di regia) era troppo bello per rimanere chiuso in un cassetto? Oppure è l’etichetta piccola ma curata del nostro cuore che non poteva non sfornare anche quest’anno un piccolo capolavoro di musica da cameretta? Comunque sia, l’esordio di Macromeo è quasi troppo bello per essere vero. Un imperativo: procuratevelo.
Ascolta: Gommarosa

1. Iron and wine – Woman king (Sub Pop)
Ancora lui? Eh sì. Come non iscrivere a verbale la produzione finora più a fuoco di Sam Beam, che contiene il suo pezzo migliore di sempre (Woman king, un prodigio di corde percosse e di percussioni accordate in cui niente è fuori posto) e che lo proietta addirittura oltre l’empireo dei cantautori acustici che finora dominava? Col prossimo LP -se servissero ancora conferme- non ce ne sarà più per nessuno.
Ascolta: Woman king

lunedì, 19 12 2005

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Inkiostro M-Blog linkaround (Xmas edition)
Cercando nuovo materiale per l’annuale speciale natalizio di Airbag che andrà in onda venerdì prossimo, mi sono imbattuto in una quantità pressochè smodata di mp3 che potranno agevolmente allietare il vostro indie Christmas. Qua c’è una compilation di 14 pezzi tra cui spiccano Death Cab, Go! Team, Sufjan Stevens, Raveonettes e Feist. Qua ce n’è un altra, in un pratico zippone che contiene quasi la stessa roba, ma in più un paio di perle di Jens Lekman e Daniel Johnson (senza ‘t’). Qua ce ne sono ancora. Qua c’è l’EP speciale della Memphis industries (con tanto di copertina scaricabile) con Pipettes, Go! Team e El perro del mar. Qua c’è una board straripante di link, con parecchi dei precedenti e molta roba in più. Per non parlare del fatto che Fidelio, You ain’t no Picasso e An aquarium drunkard continuano a linkare roba nuova a tema più o meno quotidianamente.
I consigli del sottoscritto sono:
Pas/Cal – Last Christmas
Forse persino migliore dell’ormai classica versione acustica di Erlend Øye. Per un attimo mi è sembrato di sentire del punk-funk.
Eels – Christmas is going to the dogs
Ha i campanellini, quindi è una canzone di Natale, ma ha la voce di E, quindi è una canzone degli Eels. Un mix che spacca.
The long Blondes – Christmas is canceled
Pop fotonico e schifosamente romantico, per una band di cui sentiremo ancora parlare. Come i Baustelle, meglio dei Baustelle. (via Indiepop blog)

Low – Just like Christmas
I Low allegri! Un miracolo di Natale.
Coldplay – Have yourself a merry little Christmas
Voce e piano, la voce di Chris Martin si fa leggera (o luce, a vostra scelta), come i cuori di chi ascolta la canzone. E’ già un classico.
Boy George e Antony – Happy Christmas
Eccessiva esattamente come ve l’aspettate, retorica e sublime. Perchè il Natale è soprattutto sofferenza, no?
Casiotone for the painfully alone – Cold white Christmas (un po’ lenta, ma si apre)
Anteprima dal nuovo disco, meno lo-fi del previsto, e per questo forse ancora più nerd. Perchè il Natale è anche molto nerd, dico io. E dice lui.

venerdì, 16 12 2005

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Conoscere gente su Airbag
Un breve reminder: stasera ad Airbag saranno ospiti Dariella, Pasta e Cero, ovvero il nucleo storico degli Amari, autori di uno dei dischi dell’anno e pronti a fare il grande salto a diventare la nuova boy-band più osannata del pianeta. Previsto un alto tasso di cazzate, la grande musica di casa Riotmaker e l’approfondimento di campisemantici più o meno insoliti e più o meno minati. I riferimenti sono sempre gli stessi: 103.1 MHz FM a Bologna e dintorni, e streaming per tutto il resto del mondo. Per comunicare con noi in diretta ci sono la mail e gli sms (333 1809494). Non mancate.

mercoledì, 14 12 2005

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And now, for something completely different /2
Oggi -ma tu guarda- ancora un post per punti.
_Qualcosa è cambiato: www.macromedia.com.
_Dopo quella di Sexy Boy degli Air segnalata la settimana scorsa, i Franz Ferdinand si cimentano anche con la cover (stavolta live) di What you waitin’ for? di Gwen Stefani, con risultati nettamente superiori. Una potenziale hit. Di nuovo.
_Qualche giorno fa ho visto al cinema Me and you and everyone we know, la rivelazione del cinema indipendente americano della stagione. Ci ho visto molto Clowes, tanto Solondz (ma senza cattiveria) e un po’ di Coupland, attori molto ben assortiti e un’atmosfera lieve che non mi è affatto dispiaciuta. Forse non esattamente il film dell’anno, ma il tocco c’è.
_Gli anni passano, le classifiche si moltiplicano, eppure Disco Bravo, the real classifica dei dischi dell’anno dei blogger curata da Gecco, rimane una certezza. Alzate le palettine, su…
_…ma prima di farlo, leggetevi la preziosa guida How to make an hip end-of-the-year ‘Best Album’ list che prende amabilmente per il culo il fenomeno e che, ovviamente, non sbaglia neanche un colpo.

_Se state pensando di farmi un regalo di Natale, ecco qua una lista da cui NON prendere ispirazione.
_Violetta e Manu che parlano per un’ora e mezza della carriera di Shannen ‘Brenda’ Doherty? Un contributo culturale fondamentale per l’umanità (esilarante, ça va sans dire) che potete ascoltare qua.
_Maledetto Ben Gibbard: solo una data in Italia, per giunta di martedì sera, per giunta a Milano, per giunta al Transilvania. Dopo il pacco dell’ultima volta ci penso due volte prima di programmare la trasferta, eppure il tarlo ormai è lì..
_La geniale copertina di Now that’s what I call blogging, un disco che nessuno ha scritto ma che ovviamente è in testa alla classifica di Technorati. Lost all my archives (when I moved to MT) e Dropped from my blogroll sono già dei classici.
_E, ultimo ma non ultimo, venerdì puntata speciale di Airbag con ospiti d’onore gli Amari, autori di uno dei dischi più belli e ambiziosi dell’anno, e in concerto al Covo la sera successiva. Alle 21 su Radio Città Fujiko, 103.1 FM a Bologna o in streaming nel resto del mondo. Praticamente, ma anche teoricamente, imperdibile.

martedì, 13 12 2005

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Inkiostro – Le canzoni del duemilacinque
In giro hanno già cominciato da un po’, e da questa settimana si comincia anche qua con le classifiche di fine anno. Si parte con le canzoni -una per mese- tutte scaricabili (ma alcune solo per un po’).

Gennaio. Stars – Your ex lover is dead
La canzone potenzialmente più romantica dell’anno non si rammarica di niente, ed è così che dovrebbe essere anche durante e non solo dopo: violini, duetti e nessuno nessunissimo principio morale. Qui, via Max, il nuovo, bellissimo ed eternalsunshinissimo, video. E tutto torna.

Febbraio. New Order – Krafty
Dire che siamo vecchi dentro ci piace tanto, ed ogni occasione è buona per ripeterlo. E’ vero, ma è una excusatio non petita. Quando ti trovi davanti a 4 nonnetti brizzolati in grado di tirar fuori ancora così tanto entusiasmo, puoi fare solo una cosa. L’ho fatta.

Marzo. Offlaga Disco Pax – De Fonseca
Le avevo regalato delle pantofole color arancio, e sulla busta avevo scritto a pennarello De Fonseca. Qualche mese dopo le ho fatto un nastrone, e abbiamo passato una serata intera a litigare perchè, secondo lei, l’omonima canzone degli Offlaga era una chiusa troppo triste per una compilation che, in effetti, aveva tutt’altra atmosfera. Qualche mese dopo ci siamo lasciati. Le pantofole, però, le ha ancora entrambe lei.

Aprile. Masha Qrella – Everything shows
Dovevo capirlo dall’elettricità statica. Dovevo capirlo dall’inquietudine del synth che crepa di perplessità l’ottimismo del testo. Dovevo capirlo dal quasi inudibile -ma fortissimo- rumore di fondo. Se non da quello, almeno dal suo sguardo assassino e dalla pericolosa frangetta bionda. Poi l’ho capito. Poi.

Maggio. The Lucksmiths – The music next door
Una capriola meta-musicale nascosta dietro una pop-song in maggiore, che suggella il disco giusto al momento giusto. L’inevitabile correlativo oggettivo di sè stesso, a far balzare per la testa certi periodi ipotetici dell’irrealtà che sono come dei tarli e certe scoperte colpevoli che sanno tanto di sollievo.

Giugno. Yuppie Flu – Glueing all the fragments
Che rumore fanno i pezzi di un puzzle che tornano insieme? Che melodia ha l’Estate che arriva nelle cuffie stereo delle alzatacce bolognesi immerse nel sole? E quale canzone suona più credibile nell’assicurarti che, prima o poi, i pezzi si ri-incollano, sempre?

Luglio. Art Brut – Emily Kane
Le giornate intrappolate nell’improbabile lavoro a tempo pieno ufficio-aperitivo-concerto hanno bisogno di punk-rock sgarrupato e di un’enorme dose di autoironia per non diventare la caricatura di se stesse. Perchè caricature sono già, di quelle a cui non puoi credere perchè, già da sole, sono vere. [mp3 courtesy of Polaroid]

Agosto. Death Cab for Cutie – Summer skin

Eravamo sulla spiaggia, in una splendida cala rocciosa decisamente inaccessibile. Non c’era un filo d’ombra neanche a pagarlo, e da fuori il ritratto di noi che ci scioglievamo al sole poteva sembrare una fine che pare un inizio, o un inizio mascherato da fine. Nessuna delle due cose.

Settembre. Clap you hands say yeah – The skin of my yellow country teeth
Di pelle in pelle: una scoperta tardiva offuscata dalla coltre dell’hype, che rivela la sua reale potenza solo dopo che la si è ballata e urlata per tutta l’Estate. Se non tutto il disco, almeno la canzone: tra qualche anno ce la ricorderemo ancora.

Ottobre. The Magic Numbers – Forever lost
Un altro mondo è possibile. Quello in cui 4 cicciobombi inglesi fanno un disco pop bellissimo e finiscono su Mtv. Quello in cui una canzone che parla di separazione è l’esaltante sottofondo ideale per il suo contrario. Quello in cui, comunque la interpreti, fai finta di non vedere l’ingombrante Forever del titolo. Funziona, ma solo per la durata di una canzone. O poco più.

Novembre. dEUS – Bad timing
E’ tutto, sempre, questione di tempismo. Qualunque cosa è giusta nel momento giusto, tanto quanto è sbagliata nel momento sbagliato, e i dEUS che sottolineano il concetto inducono in tentazione. La tentazione di buttare via tutto, come un disco che non ascolti più. Ma il dubbio è duro a morire: Was it bad timing?

Dicembre. Josè Gonzàlez – Heartbeats
Una canzone posseduta dal mantra del repeat obbligatorio: ed è subito ossessione. Di quelle perle rare che ti accompagnano in testa e nelle orecchie per giorni interi, e senza il mondo non sembra più lo stesso. Tutto questo, per qualcuno, è partito da una pubblicità. Che follia.

lunedì, 12 12 2005

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Scratch my name on your arm with a fountain pen
(that means you really love me)

A contorno delle intricatissime vicende giudiziare che stanno mandando il buon Morrissey sul lastrico e arricchendo a dismisura l’abbastanza inutile batterista degli Smiths Mike Joyce, ecco una pagina che raccoglie varie decine di tatuaggi Mozzer-related. Posto che i tatuaggi in genere non sono molto il mio genere, una ragazza che porta sul pancino una meraviglia del genere potrei pure sposarmela.

giovedì, 08 12 2005

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Inkiostro M-Blog linkaround
Come al solito quando mi capita di latitare da queste pagine, metto un po’ di musica.
_Laura Veirs – Live @KCRW
Nove ottime tracce da un live radiofonico per la mia folkie dell’anno. Meravigliose come previsto, stonature comprese. Dite a Laura che l’amo.
_Elefant – The clown
Un gruppo che dovrei detestare e che invece col suo strokesissimo esordio mi ha conquistato. Questa è una (non esaltantissima, ma comunque intrigante) anticipazione dal nuovo disco, fuori ad Aprile.
_Josè Gonzàlez – Tre cover: Teardrop (Massive Attack), Born in the U.S.A. (Bruce Springsteen), Hand on my heart (Kylie Minogue -!-)
Delle tre è al livello solo la terza (di cui però non conosco l’originale; ma immagino sopravviverò), ma ormai quest’uomo mi ha fatto secco. Punto.
_Josè Gonzalèz – Tre frammenti live (video!): la solita Heartbeats, la splendida Crosses e Love will tear us apart (sì, quella)
Cosa dicevo sopra? Meraviglia.
_The Knife – Heartbeats
Ultimo link Gonzàlez-related, prometto. Questo è l’originale coverizzato dal nostro nell’ormai celeberrimo video delle palline colorate. Tanto imbarazzante che rende il nostro ancora più geniale.

_Jens Lekman – Live in Gothemburg 2003 (video)
Anche questo è un video e non mp3, ma è una delle cose più belle che in cui io mi sia imbattuto ultimamente: 5 pezzi perfetti del più perfetto giovine cantautore in attività. Incantevoli. Che il processo di beatizzazione di Lonox abbia inizio.
_Iron and wine & Calexico – He lays in the reins (live – video)
Finalmente possiamo vedere in faccia il Pavarotti messicano che anche su disco rovina questo grande pezzo di un combo da infarto. I Calexico li ho già visti e ho sfiorato le lacrime. Per quanto riguarda Sam Beam, pagherei oro. E insieme? Brividi.
_Shout out louds – Streams of whiskey (live – The Pogues cover)
Di questa si faceva anche a meno, ma dà l’idea di quanto si divertano sul palco. Il 16 saremo tutti là sotto. Via SadPandas.
_The Rosebuds – Boxcar, Blue bird e Wildcat
Tre tra i pezzi migliori dal disco in heavy rotation della mia settimana. Una sorta di Maritime (meglio del Maritime?) post-Morriseyani con un po’ di indiepostemo in meno e un po’ di sixties (di matrice southern rock) in più. In più, Wildcat è un dichiarato omaggio a Teenage Kicks.
_Xiu xiu – Jack the ripper (Nick Cave cover)
Che’cce Jamie? Ci stiamo rammollendo? Sei alle prese con uno dei pezzi più tesi e violenti della (bistrattata) anima folk di Nick Cave e ti limiti a ululare con un po’ di eco e in sottofondo un loop di basso e batteria distorti? Ci vuole più impegno!

lunedì, 05 12 2005

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The power is on
Quello dei Go! Team venerdì scorso al Covo è stato facilmente il concerto più aerobico che io abbia mai visto associato al solito fumoso prototipo di indie. Certamente anni luce di distanza dalla roba anaerobica che ascoltiamo di solito, e molto più coinvolgente anche della media di ciò di danzereccio che riesce a far breccia nei nostri cuori. Merito, come insinuava qualcuno, di un attentissimo casting per cui la line-up e il look della band sembrava un bignamino di stili metropolitani? Se è davvero così, ben vengano i casting, risponderei io. Per quanto mi riguarda non c’è stato niente fuori posto, dalla scaletta agli arrangiamenti alla tenuta del palco, merito soprattutto della straordinaria front-woman Ninja, una sorta di instancabile Barbara Bouchet nera che, peraltro, scopro essere ben al quindicesimo posto della Cool List di NME. Highlights i due singolacci Bottle rocket e Ladyflash, insieme al momento Afterhours in cui la Maureen Tucker del caso («una versione più carina e meno schizoide della coreana di Gilmore Girls», come dice Valido) è uscita dall’ombra della sua batteria per twee-eggiare una clamorosa Did you feel it too?. Belle foto da Delay-Decay-Attack e da Max (che li ha visti a Roma, e che come al solito ne racconta molto meglio di quanto sappia fare io). Are you ready for more?

lunedì, 05 12 2005

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Air Franz
Non è esattamente una cosa da non dormirci la notte, però soffermatevi un attimo a pensare a come suonerebbe Sexy Boy degli Air rifatta dai Franz Ferdinand. Pensateci, davvero. Poi ascoltatela.
[io me l’immaginavo tutta diversa. Fatta così…boh, mi hanno spiazzato, non so mica se non mi piace. O se mi piace.]

giovedì, 01 12 2005

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A caccia di vita
C’è chi è capace, in un giorno di nebbia, pioggia e neve, di ascoltare per almeno 10 volte di fila una canzone che si chiama Another sunny Day e che fa più o meno così. C’è chi è capace di farlo senza notare gli sguardi allibiti di chi lo circonda, convinto com’è che non ci sia niente che una buona canzone pop non possa sistemare. Meglio se in maggiore. Meglio se dei Belle & Sebastian. Meglio se nuova, dal prossimo The life pursuit, in uscita a Febbraio. C’è chi è capace di aggrapparsi tenacemente al passaggio da Do# minore a La maggiore che precede il ritornello, e di trovare nella voce di Stuart Murdoch che vi si inerpica il senso delle proprie giornate; e vi si assicuro che non è per nulla facile. C’è chi si accontenterebbe anche solo dell’andante di For the price of a cup of tea (che trovate qui, courtesy of Il Boss), dei suoi falsetti, dei flauti, delle rime baciate e di quello che si immagina che la canzone dica -Billy Joel? Un 7 pollici?-, perchè già lì va grassa. E invece c’è tutto un disco da scoprire. A tenerci ancora in piedi, alive and running, son proprio queste cose qui.

martedì, 29 11 2005

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Inkiostro video aggregator /Novembre
[Flux è bella finchè c’è -ma c’è ancora?- ma il web è meglio. E il mio video aggregator di più]
_Offlaga Disco Pax – Robespierre (download) Che dire? Praticamente perfetto.
_New! – Amari – Campo minato (donwload) Ripeto quanto già scritto: il più bel piano sequenza dell’indie italico. Cioè, video praticamente perfetto pure questo; in Italia non ci sono mai stati così tanti video indipendenti clamorosi come in questo momento. Conquisteremo il mondo, coi nostri lavori part-time.

_White Stripes – Denial Twist (download) Michel Gondry gioca con le tre dimensioni tentando di emulare il suo capolavoro (Let forever be, ovviamente) ma anche se l’idea non è male il giochetto va ancora perfezionato e il video che ne esce -complice la canzone decisamente dimenticabile- non è un gran che. Il cameo di Conan O’Brian, abbastanza inutile, non cambia le cose.
_The Strokes – Juicebox (megaupload) Casablancas e soci non si fanno mancare nulla: giocano con gli ovvi riferimenti al tema di Batman, regalano scene lesbo e gay completamente gratuite (vi ricordate il casting call?), si bullano della categoria dei conduttori radiofonici (da quale pulpito..) e -quatti quatti- passano ad uno stile assai più pulito e glitteroso che in passato. Nonostante il pezzo alla fine non sia male, la scelta è decisamente discutibile.
_Josè Gonzàlez – Stay in the shade (download) Il simbolismo è un po’ oscuro ma potenzialmente interessante; un video lo-fi nell’illustrare un’inquieta ballata lo-fi. Non aggiunge granchè alla canzone (meglio le palline colorate di ieri, ovviamente), ma se non conoscete Gonzàlez, rimediate.
_Stephen Malkmus – Baby C’mon (download) Un altro, illustre, candidato per la categoria Video in stop-motion ricorsivo e surreale dell’anno. La canzone è quello che è (nel disco ricorda i fasti del passato solo il ballatone Freeze the Saints), il video non è male ma è forse troppo hi-fi per il nostro ex Pavement preferito. Stride.

_Bright Eyes – At the bottom of everything (download) Il malsano senso dell’umorismo di Conor Oberst è cosa nota, e questo video, a metà tra Elio e le Storie tese e l’incipit di Lost, lo testimonia in modo egregio. A me non fa ridere, ma forse è un mio problema.
_The Pipettes – Dirty mind (download) Premetto che l’entusiasmo suscitato dal trio di fanciulle di Brighton mi ha finora lasciato abbastanza perplesso. Detto ciò, mi aspettavo di più da questo video, che sembra fatto un po’ fretta e manca di tutti i dettagli che mi sarei atteso da una band stilosa come loro. Per dire, i pois si vedono a malapena.

_LCD Soundsystem – Losing my edge (download) Nuovo -geniale- video per il classico metamusicale più amato da grandi e piccini. Che Murphy avesse una faccia da schiaffi era cosa nota; ma le rullate?
_Broken Social Scene – Ibi dreams of Pavement (A better day) (download) Per il suo nuovo singolo (ma non era meglio Shorelines?) il collettivo canadese sceglie un video smutandato e casinista un po’ come la canzone, che sembra uscita direttamente da Crooked Rain Crooked Rain. A latere, il video è il seguito di quello di Cause=Time. Che però era meglio. (via Lonoise)
_T.Rauschmiere + Sandra Nasic – A very loud lullaby (download) Chi l’avrebbe detto che il boss della beneamata Shitkatapult si mettesse a rockeggiare così? E chi che quella camionista di Sandra Nasic, formerly kwnown as la cantante dei Guano Apes potesse Goldfrappizzarsi fino a questo punto? Il video non è male, dai, ma la canzone starebbe bene su Mtv, e ho detto tutto.
_Franz Ferdinand – Walk away (download) Video da cantanti confidenziali, tutto gilet e citazioni cinematografiche da noir anni ’40 per il pezzo più convincente della nuova anima balladeer della band di Kapranos e soci. Niente di speciale, ma ci piace.
_Weezer – Perfect situation (download) I Weezer non sono più buoni neanche per The O.C., ormai si sa, e invece di darsi al Dawson-core scelgono questo rock FM senza infamia e con una lode direttamente proporzionale alla vostra assenza di scrupoli. Io non ne ho giò da tempo, e adoro sia il pezzo che lo spudoratissimo video. Anche se Rivers Cuomo non ha gli occhiali. In compenso però c’è Elisha Cuthbert.
[i vecchi Video Aggregator]

giovedì, 24 11 2005

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Mp3 linking is the new nastrone
_Una gran bella compila di 16 pezzi liberamente scaricabile per festeggiare il compleanno dell’ottimo You ain’t no Picasso. Dagli Smiths ai Wilco, dai The boy least likely to ai Neutral Milk Hotel, dai Wolf Parade a Malkmus, fate pure incetta.
_Nuovo singolo per i Futureheads. Area ha tiro ma mi ricorda un po’ troppo i Duran Duran. E pensare che dal vivo ci mancava poco che tirassero giù il PalaNord… (via YANP)
_Questi Junip non li ho mai sentiti prima, ma la loro versione di The ghost of Tom Joad di Bruce Springsteen è davvero notevole. (via Gorilla Vs Bear)

_Un classico delle cover creative: Wonderwall degli Oasis scarnificata da Cat Power, prima che fosse illuminata sulla via della Capanna dello Zio Tom. Un lampo di pura bellezza. (ancora Gorilla Vs Bear)
_Feist è un’ottima chanteuse ma gli mancava il pezzo da aperitivo. Ci pensa questo bel remix di Gatekeeper, che incidentalmente è pure il mio pezzo preferito del suo disco. (via Dreams of Horses)
_Gran versione alt.folk di On a plain dei Nirvana rifatta dai grandi Rogue Wave. Sub Pop di ieri e di domani. (sempre YANP)
_Quest’anno è uscita poca elettronica glitchosa che riuscisse a colpirmi davvero. Ci sono riuscite di più canzoni singole, come questa, splendida, I hate you forever dei Domotic. (via Umanuvem)
_Il riempipista del dancefloor della mia cameretta degli ultimi mesi è l’esordio dei Clor. Outlines è il terzo singolo, e, come gli altri due, spacca. (via Take your medicine)
_Dei Math & Physics Club avevo già parlato mesi fa, linkando la loro canzone migliore finora, Movie ending romance. Il solito YANP -scatenato, questa settimana- ha dedicato ai nipotini dei Lucksmiths (ancora senza canzoni, ma si faranno) un post corposo con link alle loro produzioni più recenti. Teniamoli d’occhio.
_Vi ricordate degli Arctic Monkeys? Se ne parlava tempo faQui ci sono praticamente tutte le canzoni che hanno diffuso finora; vi dirò, più li ascolto e più mi piacciono. La mia preferita è Mardi Bum.
_Becera e irresistibile, la cover degli Eldissa della celeberrima Go west. La trovare da Copy, right?, insieme alla divertente versione di Mr. Sandman fatta dagli Oranger, che non vedrei male su certi dancefloor di mia conoscenza..
[e con questi siamo a posto per un po’]

lunedì, 21 11 2005

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I should be so lucky
La definizione che descrive la musica dei Maritime sul flyer del Covo, dove suoneranno venerdì, recita «indiepostemo». Roba da far ghignare i talebani dei generi musicali e da far sorridere anche quelli più scafati che, pure, ottengono da una definizione simile coordinate piuttosto precise e neanche troppo fuorvianti.
Il problema è che, ovviamente, indiepostemo non vuol dire niente.
Indie, lo sappiamo, è ormai arrivato a definire più o meno qualunque cosa e il suo contrario. Post (ancora più di avant) è il prefisso preferito di chi ha poca fantasia nel descrivere cose che non ha mai sentito. E emo, beh, l’emo non esiste; non in questa accezione, almeno. Negli States lo si usa per definire band che hanno ben poco di diverso da tutte le altre, qua da noi lo si usa spesso come contrazione di emo-core per descrivere gente che sul palco emette urla lancinanti e si contorce stracciandosi le vesti, ma se per emo si intende emotivo allora è ovvio che si tratta di un’aggiunta davvero inutile. Tutta la buona musica è inevitabilmente emotiva; anche quando, per contrario, gioca ad essere fredda e asettica, oppure ironica e superficiale. In particolar modo il pop. Il pop, se non è emo, non è pop. E i Maritime sono un grande gruppo pop, quindi non serve dire altro.
We, the vehicles è la loro seconda fatica (dopo quel Glassfloor da cui, godendosi il senso di colpa, qualcuno si è fatto conquistare la scorsa estate), ed è un disco che lascia la sua impronta. Esce in un anno in cui molte delle imminenti top 10 dei dischi dell’anno conterranno sicuramente dischi pop per cui non sono necessari prefissi o suffissi di sorta (per dire, le opere di Stars, Magic Numbers, The boy least likely to, Lucksmiths), e in mezzo a queste si faranno sicuramente spazio. A poco serve descriverne i ritornelli killer, i fraseggi di chitarra puliti ed essenziali e la micidiale voce spugnosa di Davey Von Bohlen, come serve a poco raccomandarlo come un disco perfetto tanto per una mattina di sole quanto per un tardo pomeriggio stanco e ripiegato su di sè. Spiegare il pop è una missione folle, visto che il pop, al suo meglio, ha il suo pregio proprio nella mancata necessità di essere spiegato. E allora hai voglia a magnificare il benvenuto Ballads laught at everyone di Calm, a spiegare i tentativi di interrompere il repeat compulsivo di Tearing up the oxygen, a giustificare il contagioso incedere in levare di Parade of punk-rock t-shirts, e ad illustrare le connotazioni couplandiane evocate dai raccordi austradali di German Engeneering, non serve a niente. Serve solo sospendere il giudizio e spingere play. Il resto viene da sè. E non c’è prefisso o suffisso che tenga.

venerdì, 04 11 2005

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Volevo postare qualche mp3 dei Belle & Sebastian
Per accompgnare link e citazione dall’intervista con le celebri Questions of Doom che Poptones ha recentemente fatto a Stuart Murdoch, e che contiene perle tipo questa:
Everyday, molecule by molecule, atom by atom, I try to become Debbie Harry.  I spent three months on a psychiatric ward once, convinced I was the only sane one there.
Però a parte ri-postare la versione live dell’inedito Another Sunny Day (il vecchio link non va più) che sarà contenuta nel nuovo disco (che esce a Febbraio e si chiama The Life pursuit, e non come precedentemente annunciato The goalkeeper’s recenge, interrompendo la tradizionale linea ‘professionale’), la seconda compilation di cover raccolta da Revolution in the head (con cover di Michael Jackson, Françoise Hardy, Sly and the Family Stone, per dire) e l’inedito in levare The eighth station of the cross kebab house (un po’ deludente, IMHO) contenuto nella solita Help: a day in the life, non ho nient’altro da farvi sentire. Mi spiace.
[non c’entra niente: da My old Kentucky blog -e ancor di più qui– ci sono montagnecatasse di cover di canzoni di altri suonate dai Decemberists, con in mezzo gli ovvi Morrissey e Smiths e i meno ovvi Kate Bush e Joanna Newsom]

mercoledì, 02 11 2005

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Cinque dubbi più o meno amletici /6
_Non trovate anche voi che il goffo ed eccessivo tentativo di traduzione ed esegesi dell’ormai storico post di Mondo Oltro su Morrissey avvistato in un leather bar di Roma, operato dal più completo e aggiornato sito di fanatici del Mozzer sia assolutamente esilarante? (via TrentesimoAnno)
_Un uccellino mi ha recapitato copia del più recente mini CD-R di Jens Lekman, stampato in occasione del suo tour americano dei giorni scorsi. Cosa vi faccio ascoltare? La natalizia e quasi ballabile Run away with me? Il parlato con cori angelici How much you mean to me? La ballata pianistica (in giapponese!) Me on the beach (Nagisa ni te)? La versione svedese di Maple leaves
per sola voce e ukulele Jag Tyckte Hon Sa Lönnlöv? Vada per la prima?
_Esiste al mondo qualcosa di più nerd di un virtuoso del bass tapping che si riprende mentre suona la musica di Super Mario Bros e la mette su internet?
_Dove trovare le parole per descrivere questa cosa?
_La plurilinkata pagina di Cassette Jam è talmente bella che è sprecato che resti una pagina web; cosa farne? Un manifesto? Una copertina per qualcosa? O la tappezzeria per una stanza?

venerdì, 28 10 2005

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Oggetti del desiderio

[Brixpod, il porta iPod shuffle di Lego. Da qui]

venerdì, 28 10 2005

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State of music biz
_il Guardian si chiede se gli Arctic Monkeys -la next big thing britannica di cui parlavo settimane fa, e che è poi puntualmente finita in cima alla classifica appena uscito il suo primo singolo- abbiano cambiato il mercato discografico. La questione è sempre quella dell’importanza del tam tam su internet e dello superamento del ruolo delle label discografiche (zzz):
The simple fact that the internet allows a fledgling band’s music to be heard without label assistance has heralded a joyous new musical socialism.

_i Perturbazione scrivono una lettera aperta al MEI rifiutando il premio per il miglior tour (e Mr. MEI gli risponde mandando tutto a tarallucci e vino e vanificando di fatto il loro gesto).
_Wired esamina il Motorola ROKR -primo telefono cellulare fingere di essere un iPod e a montare iTunes- spiegando perchè è un flop e cosa gli utenti vogliono davvero da un mp3 phone.
_chi è sordo potrà ascoltare la musica con le dita. Bravi.
_un paio di settimane fa la pista piena di un club bolognese ballava all’unisono un singolo allora non ancora uscito, e che non è ancora uscito neanche adesso che scrivo. Sembravano saperla tutti, e la cosa mi ha fatto effetto: non mi sono solo sentito vecchio -quello ormai succede una volta al giorno-, mi è proprio sembrato che le regole che conoscevamo stiano saltando una dopo l’altra. Cioè, sta davvero succedendo.

giovedì, 27 10 2005

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Gocce d’inkiostro sum-up
Oggi la mia rubrichetta trisettimanale con le notizie dal web e dai blog che va in onda alle 15, all’interno di Seconda Moka, sulle frequenze di Radio Città Fujiko (anche in streaming) compie un mese. Per festeggiarla ecco il riassunto degli argomenti di ciascuna puntata di Gocce d’inkiostro, la rubrica radiofonica che vanta il maggior numero di critiche per il suo nome. Prima o poi magari metterò anche le puntate in download; quando avrò il tempo, diciamo (ahaha). In regalo una bambolina a chi indovina che canzone ho messo in coda a ciascuna puntata (alcune sono banali, altre mica tanto).
1. La crisi della Lego (link)
2. Il fenomeno Clap your hands say yeah (link)
3. Lost in Lost (link)
4. Gli IGNobel prize 2005 (link)
5. Quelli della bassa archeologi con Googlemaps (link)
6. Morrissey in un leather bar di Roma (link)
7. L’ipod video e i leccamèle (link)
8. Gli Arctic Monkeys, l’ennesima next big thing? (link)
9. Just like a woman, il fenomeno realdoll (link)
10. Do they know it’s Hallowe’en? (link)
11. Una tv di politici (link)
12. Leggi, scarica, stampa: Self Comics (link)

mercoledì, 26 10 2005

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Inkiostro Music Video Aggregator /Ottobre
_Bloc Party – Two more years (Tasto destro*, Salva con nome) I Bloc Party si sono imborghesiti? A vedere questo video parrebbe di sì: l’irruenza e la sgarrupatezza dei primi video hanno lasciato lo spazio a questo nuovo singolo con clip pulitino e chitarre pericolosamente sotto il livello di guardia. Il tutto continua a essere niente male, ma è molto, troppo, Mtv-friendly.  Speriamo solo non sia (già) l’inizio della fine.
_Magic Numbers – Forever lost (Tasto destro, Salva con nome) Come gruppo pop, i Magic Numbers sono esteticamente improbabili; e, perciò, simpaticissimi. Loro lo sanno, e per questo il video li ritrae a cartoni senza un briciolo di fantasia in più; del resto hanno scritto il brano pop dell’anno (o giù di lì) e possono permettersi qualunque cosa.
_Dirty Three + Cat Power – Great waves (Tasto destro, Salva con nome) Da quando in qua i Dirty Three fanno i video? E da quando in qua la Gatta Potere si fa ritrarre in posa pacificata e messianica, stile fantasma che emerge dal frullare degli strumenti di Ellis e compagnia come la sua voce emerge dall’inconfondibile impasto sonoro dello sporco trio?
_Afterhours – White widow (Tasto destro, Salva con nome) Appurato che non bastano due effetti digitali a basso costo a far scomparire dal volto le rughe e a rendere originale un video in cui c’è una band che suona e niente di più, l’urlatissima versione inglese di La vedova bianca e il suo cupo video funzionano. O, almeno, lo fanno per i nostri standard italiani. Quanto al resto, sono curioso.
_AAVV – Do they know it’s Hallowe’en? (Tasto destro, Salva con nome) Poco da dire sull’appropriato e cazzone video a cartoon, molto sul progetto che benefit che fa il verso alla Do they know it’s Christmas di qualche anno fa riunendo buona parte del gotha indie-alternative di questi anni: da Beck agli Arcade fire, da Tamborello dei Postal Service a Feist fino a Thurston Moore, Malcolm McLaren, Karen O, Peaches e vari altri. Considerata l’accozzaglia di nomi, la canzone è inaspettatamente riuscita.
_Joanna Newsom – Live in Birmingham 2004 (Link) Intero concerto visibile online per l’arpista indie-folk direttamente uscita dal sogno fantasy di Alvin & the chipmunks. La vergognosa pettinatura pianeta delle scimmie e le smorfie canterine la rendono assai peggio di come sembrava nel video di Sprout and the bean. Sospetto che la visione di un suo concerto intero sia letale, ma io non posso farci niente, la adoro.
_Settlefish – Barnacle beach (Tasto destro, Salva con nome) Volutamente minimal, il video -diretto da Tim Rutili dei Califone- sceglie la via del digitale sgranato (o almeno credo sia digitale; quanto allo sgranato, su quello non ci sono molti dubbi) per raccontare un’infanzia passata a saltellare lungo la spiaggia. Anche se un po’ di articolazione in più non avrebbe guastato, una scelta che paga.
_Presidents of USA – Some postman (Tasto destro, Salva con nome) Del ritorno dei Presidents of USA si poteva anche fare a meno, sono d’accordo. Il tasso d’originalità della band rimane bassissimo e in più il tiro di una volta sembra definitivamente andato; per recuperare attenzione i nostri hanno fatto il primo video interamente girato con dei videofonini. Più interessante a dirsi che a vedersi, ma uno per la cronaca non può che fare il loro gioco, e segnalarli.
_Maria Taylor – Song beneath the song (Tasto destro, Salva con nome) Singolo meta-musicale dal disco solista della Azure Ray meno Orenda. Il disco non è male e ha almeno un paio di pezzi notevolissimi, peccato che questo non sia tra quelli, e che il video, fatto con tre lire e che con ancora meno idee, non dia una mano. Chissà cosa aveva in mente.
_Baustelle – La guerra è finita (Tasto destro, Salva con nome) Avere
per le mani una band stilosa come i Baustelle è più o meno il sogno di ogni regista di videoclip che si rispetti, almeno in Italia. Dopo i due video superdesign degli estratti da La Moda del lento al nuovo, micidiale, singolone tocca un clip decisamente più ordinario e visivamente meno interessante del previsto.  Non basta a demolire la canzone, ma è comunque un peccato.
_Gravenhurst – The velvet cell (Tasto destro, Salva con nome) Ossessiva la canzone, cupo, angosciante e bellissimo il video, in cui ombre inquietanti vagano a testa bassa in una struttura senza uscite mentre il tempo scorre inesorabilmente. Une vera e propria lezione, splendido.
_Simon Werle – Metro (Tasto destro, Salva con nome) Non c’è assolutamente nessun motivo per segnalare questo vecchio video electro fatto coi lego e il suo delirio narrativo a metà tra
storia d’amore, storia di alieni e Matrix. Se non per sancire, se ancora ce ne fosse bisogno, la schiacciante superiorità dei Lego sui Playmobil. Quanti video fatti coi Playmobil conoscete?
[* per chi ce l’ha]
[i vecchi Video Aggregator]

lunedì, 24 10 2005

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Buchi neri nel ghiaccio
I palazzi lontani sono in fiamme, e ad ascoltare l’urgenza del ride allarmato di The velvet cell sembra quasi di vederli: enormi palazzi che bruciano in lontananza, mentre nei dintorni tutto è immobile e sospeso. Immobile come la notte dei portici deserti e illuminati male, e come l’eco del suono dei passi di chi li percorre. Sospeso come il ghiaccio che ci si trova spesso a maneggiare con cura, temendo (o aspettando) che si rompa. Immobile e sospeso come vorrebbe essere
Fires in distant buildings di Gravenhurst.
Gravenhurst è il progetto di Nick Talbot, cantautore noir (già: cantautore noir) di Bristol che, come va di moda al momento, incide per la Warp ma non fa elettronica. Dopo un paio di dischi tetri e acustici e un EP che si intitolava programmaticamente Buchi neri nella sabbia, oggi esce
Fires in distant buildings, che segna un deciso allargamento nel sound di Talbot, alternando le ballate folk più o meno usuali a distorsioni impreviste che a volte virano nel pop, a volte nel post e a volte persino nel kraut. Le tinte fosche rimangono, e quando va bene finiscono per andare a parare dalle parti dei Radiohead o dei Wilco, o -per dire- del lato strumentale degli ultimi Massimo Volume (Down river). Un disco che prova ad essere obiettivo e glaciale in modo imperscrutabile e al massimo dolente, ma che si compiace, nel suo palese e ordinatamente complicato eccesso di zelo, di mancare il colpo. E che, così facendo, ne centra un altro.