suoni

lunedì, 20 11 2006

WeekEnd Recap


Venerdì sera – Tunng @ Covo

Se la definizione  post hippie-folk potesse mai avere un qualche significato, alla corrispondente voce del grande dizionario dei generi musicali ci sarebbe una foto dei Tunng. Vecchia e plurisegnalata conoscenza di questo blog (1, 2, 3, 4), il combo folktronico inglese riesce a farmi digerire anche sonorità cattocomuniste che normalmente mi farebbero scappare a gambe levate. E al secondo live in pochi mesi confermo quanto già scritto: si tratta di uno dei migliori live act in circolazione, sia per quanto riguarda il folk che nel campo dell’indietronica. Peraltro la loro cover di The Pioneers dei Bloc Party, da queste parti in heavy rotation da mesi, rischia di essere il mio pezzo dell’anno.

Tunng – The Pioneers (MP3)


Sabato sera – Sodastream @ Covo

Il duo australiano è considerabile ormai nel novero dei classici, e non è un caso che questa parola abbia la stessa radice di classe, dote di cui i Sodastream abbondano, riuscendo a tenere ipnotizzata una platea ben numerosa per quasi due ore con il solo ausilio di chitarra, voce e contrabbasso (ok, qualche volta anche una tastiera). A tanta intensità nuda e confessionale è sempre difficile abituarsi, e ho lasciato presto le prime file per sfuggire ai demoni che alcuni brani degli ultimi due dischi della band riescono a tirare fuori. Badate bene, non è roba che riesce a tutti.
[Ci sono ancora un sacco di date in Italia -una anche a Urbino!-, non perdeteveli]

Sodastream – Blinky (MP3)


Domenica sera – Peeping Tom @ Estragon

Varrebbe la pena di vedere live tutti i progetti di Patton, persino i più astrusi, anche solo per sentirlo arringare la folla nel suo italiano impeccabile. Anche ieri le perle sono state tante («Fuck Luca Carboni!», «I viali di Bologna: puttane, papponi….e piadine»), nonostante un pubblico non esattamente calorosissimo; e dire che il live set dei Peeping Tom è stato magnificamente paraculo, con Michele provvisto di camicia bianca e papalina a giocare a fare il gangsta in compagnia di Rahzel in modalità beatbox, corista soul gnocca e Dub Trio a tessere trame matematiche e spingere sulle chitarre. Nulla di fondamentale, ma uno show davvero ben fatto. Perchè essere presi per il culo può anche essere divertente, se chi lo fa lo sa fare bene.

Peeping Tom (feat. Odd Nosram) –
Five Seconds (MP3)

mercoledì, 15 11 2006

Il guardone che passa inosservato

Difficile immaginare un personaggio meno di moda di Mike Patton. Ancorchè abbonato ad aggettivi pass-partout come «eclettico» e «poliedrico», e da tutti riconosciuto come personalità artistica di grande caratura e responsabile di un enorme numero di progetti interessanti (dai Faith no more ai Tomahawk, dai Mr. Bungle ai Fantomas), Patton non è mai diventato un’icona della musica come molti suoi colleghi e coetanei anche meno meritevoli. Non ha firmato nessun anthem generazionale buono per il revival degli anni ’90 (ammesso che lo sia, Diggin’ the grave vale solo per noi in Italia, thanks to Jack Frusciante film). Ha partecipato a troooooppi dischi con troppe realtà diverse appartenenti a contersti troppo diversi per essere adottato come simbolo di alcunchè. E’ sconfinato spesso e volentieri in generi assolutamente uncool come la musica sperimentale e il noise (a volte imparentato col metal). E, last but not least, non ha mai prodotto nulla di anche solo vagamente associabile all’etichetta indie.
Quest’anno, lo saprete, Mike Patton è tornato alla carica con un nuovo progetto, chiamato Peeping Tom, che ha dato alle stampe un disco omonimo davvero notevole. Un disco al contempo estremamente immediato (è la cosa più pop che il nostro abbia prodotto da molto, molto tempo) e molto complesso, che snocciola generi (dall’hip-hop alternativo alla bossanova) come fossero caramelle e ospiti (da vari nomi Anticon fino ai Massive Attack, Norah Jones e Bebel Gilberto) come fossero figurine, e che è stato accolto in maniera appena meno fredda di una qualunque collaborazione con John Zorn o di un qualunque delirio cinematico dei Fantomas. Ovvero: non se l’è cagato quasi nessuno.
E sì che il disco ha tutti i singoli al posto giusto, una manciata di collaborazioni che incuriosiscono anche solo a sentirle nominare e una produzione forse non esattamente perfetta ma di certo foriera di soluzioni insolite e a volte sorprendenti. Invece niente: recensioni tiepide, pochi superlativi, pochissime copertine e l’impressione che, soprattutto in America, abbiano attirato meno attenzione di una qualunque band di 18enni al primo singolo che clonano i Gang of Four.
Quasi fosse una maledizione, il guardone Patton, che scruta dalle serrature della musica contemporanea, filtra quello che vede, e lo ritira fuori con la classe che lo contraddistingue, non viene notato da nessuno proprio quando produce la sua opera più accessibile da 10 anni a questa parte.
Per definizione, il guardone ci vede bene, ma non viene visto. Fossi in voi stavolta aguzzerei la vista, però.   

[I Peeping Tom saranno il 16/’11 alla Flog di Firenze, il 17/11 ai Magazzini Generali di Milano, il 18/11 al Deposito Giordani di Pordenone e il 19/11 all’Estragon di Bologna. Sono molto curioso di vederli. Chissà se ci sarà anche stavolta il piadinaro del Buon Gusto Romagnolo]


Peeping Tom (feat. Rahzel and Dan The Automator) –
Mojo (MP3)
Peeping Tom (feat. Odd Nosram) – Five Seconds (MP3)

 

martedì, 14 11 2006

No tone deaf

Il test di percezione musicale di Jake Mandell non è un Monday gaming, ma potrebbe anche esserlo. Un 77,8% (addirittura un po’ sopra al livello excellent) non è male, peraltro, ma sono sicuro che qualcuno di voi farà anche meglio.

martedì, 14 11 2006

Sweet and tender bossa hooligana

Difficile immaginare una versione del classico degli Smiths più sweet and tender della versione che ne hanno fatto i Nouvelle Vague, uscita solo sulla versione giapponese del loro ultimo Bande à part. Una reinterpretazione tanto scontata da essere quasi rassicurante, che coglie e accentua le venature ritmiche per nulla lontane dalla bossa che negli anni già in molti hanno evidenziato e le narcotizzano in salsa fatalista perchè in mezzo alla vita c’è sempre un po’ di morte.
Etcetera, etcetera etcetera.

Nouvelle Vague – Sweet and tender hooligan (Smiths cover) (MP3)

 

giovedì, 09 11 2006

Good news for people who love Modest Mouse

Che Johnny Marr, -chevvelodiccoaffà- leggendario chitarrista degli Smiths, si sia da un po’ unito come membro stabile ai Modest Mouse, è cosa nota da mesi. Che i Modest Mouse, già autori di quel Good news for people who love bad news che per molti (tra cui il sottoscritto) è stato il miglior disco uscito nel 2004, siano in procinto di dare alle stampe We Were Dead Before The Ship Even Sank, previsto per inizio 2007, è sulla bocca di tutti da mesi. Che la nuova formazione della band sia da qualche giorno impegnata in un mini-tour per lo più americano, di cui è già possibile trovare traccia tra i video su YouTube è una notizia che è arrivata anche da noi (link e info da Colas). Che la band, al netto di alcune piccole cosette da sistemare, sia piuttosto in forma e che i pezzi nuovi siano molto promettenti è una cosa che invece potete scoprire anche da soli, cliccando sui link qui sotto. C’è in regalo l’audience recording (abbastanza buono, per essere amatoriale) dell’intero concerto tenuto 3 giorni fa al Wiltern di Los Angeles e in particolare un paio di canzoni nuove che mi piacciono assai.

Modest Mouse – Live @ LA, 6/11/06 (full concert) (link -> 16 MP3)
Modest Mouse – People we know (Live @ LA, 6/11/06) (MP3)
Modest Mouse – Dashboard (Live @ LA, 6/11/06) (MP3)

mercoledì, 08 11 2006

It’s all about footprints

Buon ultimo, ma che ci volete fare.
Un paio di giorni fa, sul suo blog Footprints in the snow, Jukka ha preso spunto dal recente tour italiano dei Grizzly Bear per criticare più o meno provocatoriamente il «sistema media musicale» italiano, e in particolare i blog, dando il via nei commenti a una discussione piena di spunti.
Citando il punto che riassume meglio il concetto:

«e’ evidente, se cerchi on line sui blog italiani che parlano di musica alternativa dei G.B. non se ne parla…mentre si sono persi in sbrodolamenti per le peggio cose…e nel dire questo ovviamente prendo una posizione. dico che molti blog seguono le mode e sono pressapochisti nel giudicare la musica. in italia ne abbiamo tantissimi che sono fatti da mezzi scrittori che in fin dei conti sono pure davvero bravi a far risalatare le loro storie personali… ma di blog che parlino di musica..anche quelle diverse da quelle che ascolto io sono veramente poche..e sembrano spesso la brutta copia delle testate in edicola o di quelle web.» [JR – #]

Dei tanti aspetti toccati dalla discussione (da semplici questioni di gusto a più complesse pretese di completezza, dall’indipendenza di giudizio alla qualità dello stesso, dalla mancanza di una piattaforma unica che dia visibilità e concretezza a tante voci frammentate all’irrisolvibile diatriba professionalistmo VS dilettantismo) quello che in qualche modo mi incuriosisce di più (e che, in maniera trasversale, si collega a quanto scrivevo la settimana scorsa) è la richiesta di una maggiore completezza e qualità nei contenuti da parte dei blog che si ritrovano più spesso a parlare di musica indipendente. 
In proposito, mi sembra impossibile non riportare il commento di Enzo che riassume in maniera perfetta ciò che penso anch’io:

«Mi preme sottolineare che secondo me non dovresti avere certe aspettative dai blog. Il blog non può essere informativo e completo come il sistema dell’informazione. Se io provassi un "senso di colpa" perché con un blog ho "bucato la notizia" di un gruppo, un disco o un concerto, sarei fuori di testa. Non ho il "dovere" di informare, non è un lavoro, non devo seguire tutto.» [Polaroid – #]

Per quanto mi riguarda, non solo non ho alcuna pretesa di completezza, originalità o particolare qualità, ma me ne guardo bene. Preferisco segnalare la musica che mi piace, illustrarne questo o quell’aspetto collaterale e, quando ritengo di avere qualcosa da dire e ho tempo per farlo, raccontare ciò di cui mi parla. Raramente mi dilungo sugli aspetti strettamente musicali, visto che in merito non credo di avere cose particolarmente interessanti da dire. E poi, fondamentalmente, non mi diverto a farlo.
Posto che un blog è un guscio vuoto e quindi, in quanto tale, può potenzialmente riempirsi di qualunque tipo di contenuti, se un blog arrivasse a raggiungere la qualità e la completezza desiderate da Jukka, si trasformerebbe in una webzine, tenuta da una sola persona. Con tutta evidenza qualcuno con un sacco di tempo libero.
Ma non è proprio ciò che li differenzia da giornali e webzine a rendere interessanti i blog? Non è esattamente la loro tendenza a costruire nel tempo una forte identità personale (limitata, per definizione) e ad applicarne il punto di vista a ciò che li circonda (e quindi anche alla musica) a far affezionare i suoi lettori? E non è anche l’inevitabile ristrettezza di tempo e risorse che li costringe a selezionare e rilanciare quanto, secondo la suddetta identità e il gusto ad essa connessa, trovano significativo tra quello in cui si imbattono nel mare magnum della produzione musicale (anche se spesso sono gli stessi nomi che girano su Pitchfork e sugli m-blog americani, esatto) ciò che li porta ad essere voci ascoltate?
Ciascuno lascia le sue tracce nella neve, sperando che qualcuno le segua. E ciascuno segue le tracce che promettono di portarlo nei posti migliori o quelle più profonde e visibili, quelle più fitte o quelle che gli ricordano di più i suoi stessi passi, quelle che sembrano appartenere a un essere particolarmente esotico, o quelle che si addentrano nel bosco evitando i centri abitati. Sono semplici scie, e la neve che cade rischia costantemente di cancellarle. Intanto, però, sono lì.

martedì, 07 11 2006

Ladies and gentleman, ecco a voi i Grinderman

La notizia è di quelle grosse:


Grinderman – Debut Album Out 5th March 2007

Foul-mouthed, noisy, hairy, and damn well old enough to know better, Grinderman are Nick Cave, Warren Ellis, Martyn Casey and Jim Sclavunos.


Born of babbling lyrics hatched from Bosch eggshells in the Hyde-bound apocalyptic margins of the Cave brain, the Grinderman sound is an instinctual yawlp that also resurrects the demons of each musician’s past: the trashcan proselytising of Birthday Party -era Nick; Sclavunos’ late 70s New York no-wave noise wisdom; Martyn Casey’s ominous Triffids bass reverb; plus Ellis’ avant-garde soundtrack work and his teenage love of Black Sabbath. Destination: Out!

[fonte: Mute.com]

Il disco del nuovo progetto del cantautore australiano (il primo non a suo nome da più di 20 anni), quindi, è previsto per il Marzo del 2007; per ora c’è già in giro una canzone, No pussy blues, che fin dal titolo la dice lunga sullo spirito del progetto.
Non bastasse, nella band Nick Cave suona per la prima volta (anche) la chitarra.
Dio ci salvi.

Grinderman – No pussy blues (MP3)
[new link]

 

venerdì, 03 11 2006

Friday I’m in points

_ Come colonna sonora dell’ultima pubblicità di TRL, da sempre la trasmissione più teen-oriented di Mtv in cui la fa da padrone la peggio musica che c’è in giro, c’è Do the whirlwind degli Architecture in Helsinki.

_ Sull’homepage di Mtv.it, in aggiunta, ci sono i Long Blondes (c’è persino l’intero disco in streaming), di cui si parlava parecchi mesi fa  qua (peraltro qualcosa come anni dopo molti altri con un fiuto più fino del mio). Se volete sapere chi sono i Long Blondes e per quale motivo li amerete (se non lo fate già), leggetevi l’ottimo articolo di Salvatore. Siete fregati.

The Long Blondes – Once and never again (MP3)

_ On a totally different note, TheEgo di Ciccsoft si lancia in un’arringa polemica sul Web 2.0. Dite la vostra.

_ Sempre da Ciccsoft, ma nella colonnina del blob di link, mi sono imbattuto nel filmato dell’Apple keynote di 5 anni fa (quasi) precisi, in cui Steve Jobs presentava al mondo nel suo solito modo iper-enfatico le meraviglie di quel nuovo aggeggino chiamato iPod.

_ Ve li ricordate i due simpatici personaggi armati di camice, diet coke, mentos, e troppo tempo libero? Hanno colpito ancora, questa volta con il clamoroso Domino effect:

 

[a latere, su Punto Informatico complesse e molto interessanti riflessioni sul fenomeno e sul marketing virale in genere]

_ «Compiamo trent’anni e non ce ne bastano altri trenta. Perchè non essendo di nessuno, siamo un po’ di tutti»: con queste parole RadioCittàFujiko, la radio da cui il sottoscritto è onorato di trasmettere, festeggia i suoi 30 anni. E’ la radio più longeva di Bologna, e una delle più longeve d’Italia. Per celebrare degnamente l’evento, la radio si unisce a un’altra grande festa, il ritorno dei Casino Royale, per una serata davvero imperdibile, sabato sera all’Estragon. Qui si fa la storia, altrochè.

giovedì, 02 11 2006

Caroselli solitari

Beth Gibbons, lo sapete, è la voce e il cuore dei Portishead.
Quelli che hanno pubblicato due tra i migliori dischi in assoluto degli anni ’90, sì. 
Quelli che non danno alle stampe materiale nuovo da nove anni, esatto.
Quelli che qualche mese fa sembravano, per l’ennesima volta, sul punto di tornare in scena e invece niente, solo una -peraltro splendida- cover di Gainsbourg e poi di nuovo silenzio.
Loro.
La Beth Gibbons che quattro anni fa ha pubblicato un disco solista, bello ma un po’ irrisolto, insieme a Rustin’ man, è sempre lei.
La stessa che qualche mese dopo calcava i palchi d’Italia con un tour assolutamente struggente, che questo blog, più o meno al suo primo mese di vita, si trovò anche a raccontare.
Una delle autrici, delle voci e delle presenze sceniche più incredibili in cui possa capitare di imbattersi, già.
Adesso, dal nulla, la notizia.
Beth Gibbons, che non fa più un concerto da allora, domani sera suona al Piccolo di Milano, per il festival Eurotribu. Per la precisione suona insieme a Rodrigo Leão, già leader dei Madredeus, col quale ha già collaborato un paio di anni fa. Roba da far tremare le ginocchia alla sola idea. Roba che se anche cantasse un solo pezzo e niente di più, varrebbe la pena di farsi 300 chilometri.
E invece mi sa di no, rimango qua.
Carosello solitario.


Rodrigo Leão feat. Beth Gibbons –
Lonely carousel (MP3)

martedì, 31 10 2006

Soldi, blog e rock’n’roll

E’ un dato di fatto: nel bene e nel male, la blogosfera musicale americana è da sempre più avanti di quella italiana. Da noi non si va molto oltre qualche centinaio di lettori al giorno (io ho giusto toccato il migliaio la settimana scorsa) e abbondanti manifestazioni di stima. Da quelle parti invece l’attenzione che si riceve è molto superiore, e siamo già da tempo a dischi omaggio e accrediti per i concerti da parte delle etichette in cerca di promozione, massicce campagne di banner e una notevole ricettività anche da parte dei media alti.

La questione qui, però, non è se sia meglio una copertura genuina e amatoriale figlia dei ritagli di tempo oppure una completezza personale ma professionale frutto di risorse più abbondanti; questo lo lascio decidere a voi. In questo caso, piuttosto, siamo dalle parti del classico da grandi poteri derivano grandi responsabilità; e grandi casini. Per dire, chiedetelo a Scott di Stereogum.

Scott Lapatine è il titolare di Stereogum, probabilmente il più letto, sicuramente il più famoso tra gli m-blog americani. La scorsa settimana Lapatine è stato protagonista a distanza di appena un giorno di due storie di cronaca di segno completamente opposto.

Per cominciare, come riportato anche dal New York Post, il 25 Ottobre è stato annunciato l’accordo tra Stereogum e due gruppi multimediali, Triple H media e The pilot group (dietro cui si nascondono Bob Pittman, ex AOL e ideatore della newsletter DailyCandy, una specie di versione un po’ più nobile della nostra Buongiorno, e Jason Hirschhorn, ex dirigente MTV Network), intenzionati ad effettuare investimenti finanziari sul celebre blog. Lapatine ovviamente manterrà il completo controllo editoriale sul blog, che con le nuove entrate potrà presumibilmente crescere ulteriormente in dimensioni e completezza, diventando una meta quotidiana ancora più fondamentale di quanto già non sia. Se poi questo succederà davvero, e Stereogum non si trasformerà in un mini-portale commerciale come qualcuno teme, è tutto da vedere. Io sono ottimista.

La sera dopo, Lapatine è stato invitato da Mtv ad assistere alla premiazione degli MtvU Woodies Awards (insieme, peraltro, a vari altri blogger con base a New York), in una serata con una line-up con nomi di tutto rispetto tipo Beck, TV on the radio, Feist, Imogen Heap, Gogol Bordello, Lady Sovereign e parecchi altri. E lì è successo il fattaccio: Lapatine è stato assalito dai gorilla dell’attorucolo e rockstar di basso rango Jared Leto (famoso -oddio, famoso- quasi solo per Requiem for a dream e piccole altre parti qua e là), noto attaccabrighe in eyeliner che ha più volte dichiarato di detestare i blog. Stereogum è sano e salvo (pare si sia ferito solo a un dito – mio dio, ora come farà a bloggare?) ancora tace sulla vicenda, mente in giro fioccano i racconti (nessuna foto, pare) e le speculazioni su una possibile denuncia.
[la stessa sera Leto ha avuto da dire anche con Elijah Wood, ma la cosa è meno interessante]

Soldi e risse col jet set, e tutto questo tenendo un blog; non credo di essere l’unico a trovare altamente fantascientifica questa associazione. Da noi succederà mai? E’ già successo e nessuno mi ha detto niente? Oppure non succederà mai, e va benissimo così?

lunedì, 30 10 2006

Something’s gonna change my mind

Gli Hot Chip certamente non sono il tipo di band che se ne sta con le mani in mano. Oltre ad aver firmato uno dei dischi dell’anno, il combo inglese è anche noto per l’usanza di remixare chiunque glielo chieda: e negli anni ha messo le sue mani, tra gli altri, sul nomi del calibro di Malkmus, Scissors Sisters, Adem, The Go! Team, Architecture in Helsinki, Ladytron, Franz Ferdinand, Gorillaz, Bright Eyes e parecchi altri. Di solito non si tratta di rielaborazioni particolarmente degne di nota, eccellendo nella part destruens ma raramente in quella costruens. L’eccezione che conferma la regola è il remix dell’ultimo singolo di Badly Drawn Boy, che da pessima ballad senza sale diventa uno straniato pezzo mid-tempo pieno di sfumature. Si vede che sui pezzi brutti funzionano di più.

Badly Drawn Boy – Nothing’s gonna change your mind (Hot Chip mix) (MP3)

venerdì, 27 10 2006

Italiani brava gente /3

Hogwash – Half untruths (Urtovox)

Andare quieti per la propria strada, mantenersi a un livello qualitativo ben più alto dalla media e rimanere, un po’ per forza un po’ per scelta, lontani dai riflettori, impermeabili alle mode e alla tentazione del singolo orecchiabile, fuori da questa o quella parrocchia della scena indipendente italiana. Doti da lodare e comportamenti da sostenere, converranno tutti; eppure, a guardarsi intorno, succede sempre più di rado, e non paga. Ed è un vero peccato, perchè a non saper guardare sotto la superficie, si finisce per perdersi band notevolissime come gli Hogwash
Già arrivata al quarto disco, la formazione bergamasca continua giocare con le tinte sfumate di un indie-rock quieto costruito su sapienti intrecci di chitarra e melodie in punta di plettro, e così, quatta quatta, sforna non solo il suo disco migliore di sempre (meglio anche del precedente, già molto bello, Atombombproofheart), ma anche una delle cose italiane migliori dell’anno. Best kept secret, si diceva una volta.


Hogwash –
My dear December (MP3)
Hogwash – Me and the half untruths (MP3)

Carpacho! – La fuga dei Cervelli (Grande Giove)

E’ curioso trovarsi a parlare di uno dei dischi che ti hanno segnato l’Estate nel momento in cui l’accorciarsi delle giornate diventa davvero tangibile e certe scorribande automobilistiche nel sud della Francia colorate dalle sue note si cristallizzano definitivamente nel ricordo. E’ che il contrappasso lasciato dal nuovo disco dei romani Carpacho! è tutt’altro che spiacevole, e dura nel tempo.
Frutto di una sensibilità pop spicattissima e di arrangiamenti davvero straordinari per una band così piccola, La fuga dei Cervelli spazia dalla ballad beatlesiana a certi coretti beachboysiani a qualche uptempo buono per il giocajuer, con ironia da vendere ma contenuti assai più che sostanziosi, e contiene alcuni brani assolutamente clamorosi. Se il disco fosse stato tutto a quei livelli, avremmo avuto il disco dell’anno senza se e senza ma, invece abbiamo ‘solo’ un grande disco. Che, tra l’altro, pare aver attirato l’attenzione dell’etichetta romana Sleeping Star, che lo ripubblicherà con tutti gli onori del caso la prossima primavera. Scommettiamo su quale sarà il sottofondo ideale per quel periodo?


Carpacho! –
C.A.R.P.A.C.H.O. (MP3)
Carpacho! – Regole per un cervello difettoso (MP3)

giovedì, 26 10 2006

Cadaveri in saldo

La notizia non è che gli antipatici Killers (che -per parte mia- si sono fermati a un paio di singoli furbi nel primo disco per poi attestarsi nell’aurea mediocritas di chi non ha davvero nulla di interessante da dire) si sono fatti girare il nuovo video, Bones, nientemeno che da Tim Burton. La notizia non è neanche che il video, tutto scheletri e romanticismo (roba da ridefinire il significato della parola clichè) è abbastanza brutto. La notizia è che la somma di un roboante singolo Mtv-friendly con un video scontato di un regista solitamente abbonato all’aggettivo «geniale», per motivi a me ignoti, funziona. E’ un fenomeno affascinante.

The Killers – Bones video (link -> Mtv Overdrive)

martedì, 24 10 2006

Stat rosa pristina nomine

Alice in Chains viene nientemeno che dalla Famiglia Brady, ABBA è un acronimo, così come il Beastie dei Beastie Boys, la d-evoluzione dei Devo e la Barbarella dei Duran sono cose note, Blind Melon, è, come pensavo, l’anagaramma di Blind Lemon (Jefferson), gli U2 e gli UB40 evidentemente amavano la burocrazia (ve li immaginate, da noi, i 740?), Weezer è in realtà l’esibizione di una vecchia presa per il culo (soooo indie) e le citazioni letterarie e cinematografiche si sprecano. Rockband name origins è una lettura istruttiva. E suggerisce, viste le risposte, che la domanda ‘da dove viene il vostro nome?’ è decisamente sopravvalutata.

lunedì, 23 10 2006

Look at the Stars, look how they shine for you

Ho sempre le idee molto confuse quando mi imbatto in una band che plagia alla perfezione una band che mi piace. Da un lato «troppo facile», dall’altro consumato un disco, si passa al suo surrogato.
Prendete gli Headlights, trio dell’Illinois perfetta copia carbone dei canadesi (amatissimi, da queste parti) Stars. Le analogie cominciano dal nome, che per entrambi illumina. Il tasso di poesia non è esattamente lo stesso, ma se del resto il nome dei secondi brilla per banalità (e per invisibilità telematica; nell’era di Google chiamarsi con un termine così comune equivale a non esistere), quello dei primi ha una connotazione urbano-quotidiana abbastanza discutibile. C’è poi la stessa estetica indiepop ipersensibile (qua il disco si chiama Uccidili di gentilezza, là c’era una canzone intitolata Rivoluzione morbida), un pezzo di apertura tutto archi dedicato al passato (Your old street qua, Your ex-lover is dead là), arrangiamenti quasi fotocopia e una voce femminile (Erin Fein qua, Amy Milan, là) praticamente identica.
Di solito, in questi casi, storco il naso ma spingo repeat. E qua?
Qua uguale.


Headlights –
TV (MP3)
Headlights – Your old street (MP3)
Headlights – Put us back together right (MP3)

giovedì, 19 10 2006

Alla V di ‘Video’ del Beckzionario c’e’ un po’ di confusione

Cosa non si è costretti a fare per vendere un disco nel 2006. Nell’era del file sharing, della condivisione con un click e dell’inarrestabile trasformazione dei dischi in beni accessori anche per gli appassionati di musica, pubblicare un cd, più o meno buono, non basta più. Se n’è accorta da tempo più di una casa discografica, tanto che ormai non si pubblica quasi più disco che non abbia almeno un bonus DVD, uno special packaging o una tiratura limitata. E se n’è accorto da tempo anche Beck che, non nuovo ad operazioni del genere, per il nuovo -gradevole ma abbastanza innocuo- The information ne ha tirata fuori una più del diavolo, come ha spiegato in un’intervista a Wired.
Dagli adesivi che consentono a ciascuno di creare la sua copertina (idea che per una decisione beffarda e assolutamente insensata ha fatto escludere per unfair advantage il disco dalle classifiche UK dei dischi, che pure avrebbe dominato) al bonus DVD contenente un videoclip per ogni canzone. Bonus per modo di dire, visto che tali clip sono esperimenti più o meno cazzeggiati in bassa fedeltà girati dallo stesso Beck, dal produttore sua Maestà Nigel Goldrich e da Autumn de Wilde, che dimostrano in realtà idee abbastanza scarse e una certa monotonia stilistica (colori acidi anni 80! grafica pixelata! sguardi in camera scazzati abbinati a coreografie ancora più scazzate!) che nulla aggiungono (anzi, forse tolgono anche qualcosa) al valore del disco.
I suddetti video sono ovviamente stati fatto circolare alla spicciolata su YouTube nelle settimane immediatamente precedenti l’uscita del disco, secondo una di quelle strategie virali ormai inevitabili nella promozione di qualunque prodotto destinato (anche) a un pubblico di nicchia. Dal punto di vista pubblicitario indubbiamente una bella mossa, dal punto di vista strettamente commerciale un trucchetto che smuove ben pochi acquirenti e dal punto di vista artistico…boh? A qualcuno interessa ancora?
Ben diverso è il discorso che riguarda i video ufficiali dei singoli estratti dal disco. Il primo, relativo a Cellphone’s dead è opera di Michel ‘Eternal sunshine’ Gondry (il primo dopo un po’), ed è, ovviamente, tutta un’altra storia. Ci avessero messo quello, nel DVD allegato, un pensierino ce lo facevo anche.


Beck –
Cellphone’s dead (official video) (MOV)
Beck – Tutti video bonus di The information (scaricabili) (link -> 15 MOV)

[sì, quello in Strange Apparition è proprio Devendra Banhart]

mercoledì, 18 10 2006

Canta Jockey full of Bourbon, ti prego

Magenta (che peraltro la odia) direbbe che «diventerà presto zoppa». Non c’è nient’altro a cui attaccarsi quando un’attrice già giovane, bella, brava e affermata si dimostra anche un’ottima cantante. Sentite qua:

Scarlett Johansson – Summertime (MP3)

Ma c’è di più: pare proprio che Scarlett abbia anche ottimi gusti musicali: l’attrice sta infatti registrando un disco di cover di pezzi di Tom Waits. Difficile immaginare qualcosa di più surreale.

lunedì, 16 10 2006

Ci dev’essere un collegamento

Mentre sul New York Times (le password qui) il leggendario Scaruffi.com viene definito «The greatest web site of all time», sull’Observer ci sono Jarvis Cocker, Nick Cave, Antony, Paul Morley, Beth Orton e un paio di altri amici che discutono del più e del meno musicale in un articolo intitolato Does music still matter? Yes…and no!. La cosa non può essere casuale, no?

venerdì, 13 10 2006

Italiani brava gente /2

Mersenne – Stolen dresses (Urtovox)
Come qualcuno forse ricorderà, dei Mersenne ho già parlato mesi fa, in un un post che parlava di anni ’90 e sogni disattesi, con il tono entusiastico di chi si è appena innamorato di una band e non può fare a meno di dirlo a tutti quelli che incontra. Ora che è finalmente nei negozi il disco d’esordio Stolen dresses (uscito per la ottima Urtovox), posso confermare e anzi, ribadire a gran voce che non si è trattato di un’infatuazione passeggera. Il pop chitarristico venato di indie-rock da suburbia americana della band siculo-bolognese non perde con gli ascolti, e la presunta carenza di originalità della formula nulla può di fronte a canzoni tanto ben fatte. Voi correte pure dietro la prossima next big thing americana; io, la mia, l’ho già trovata. 
[i Mersenne saranno stasera al Covo. se siete in zona Bologna non provate a perderveli]

Mersenne – Show my best (MP3)
Mersenne – I can’t stop (MP3)

Pinktronix – Right on delay (Irmaelettrica)
In Italia siamo bravi, dai. Tra indie, post-rock, post-punk e musica d’autore, lo stivale ha prodotto e produce parecchie cose interessanti, che, non fosse per l’immagine da terzo mondo musicale unicamente neomelodico che da sempre ci accompagna, troverebbero attenzione anche dall’estero. Prendete i Pinktronix, il progetto di Alex Dandi e Fresh Drumma, nomi noti non da oggi nella scena elettronica nazionale (il primo negli anni ha messo i dischi praticamente ovunque e ha pure firmato pure un paio di blockbuster del primo bastard-pop, mentre il secondo collabora nientemeno che con Swayzak). Il loro esordio Right on delay, un bignami electro -nel senso più ampio del termine- trascinante e straordinariamente curato con parecchi ospiti eccellenti, ha tutte le carte in regola per competere con i grandi nomi del genere e fare faville nei dancefloor più attenti di mezzo mondo. Non per nulla il disco è stato fatto uscire prima all’estero (dove pare si stia facendo notare), e vede la luce solo in questi giorni in Italia. Riuscirà ad ottenere l’attenzione che merita? Forse questa è la volta buona. Per il momento, però, provate ad ascoltarlo senza battere il piede…

Pinktronix – Change (MP3)
Pinktronix – Pink Champagne (MP3)

giovedì, 12 10 2006

John Peel Day #2

Eggià, oggi è il John Peel Day.
[come, chi è John Peel?] 
Quale modo migliore per commemorare la figura del più grande DJ radiofonico di tutti i tempi di una puntata speciale della migliore trasmissione radiofonica italiana di tutti i tempi (Planet Rock, ovviamente) di un podcast che riunisce per l’occasione tre dei suoi conduttori storici (Fabio De Luca, Luca De Gennaro e Francesco Roccaforte)?
Patrocina e ospita il tutto il nuovo, indiessimo, Vitaminic.

Planet Rock – John Peel Tribute podcast (MP3)

martedì, 10 10 2006

Young Team

Sarà il casio in levare, saranno i beat pigri come e più del solito, sarà il basso finto e gommoso o sarà che l’autunno si appropinqua; sarà quello che volete ma We made the team, nuovo, glacialissimo, singolo extra-album dei Radio Dept, mi sembra assai superiore a quasi tutti i pezzi dell’ultimo Pet Grief.


We Made The Team is the new mp3 single by The Radio Dept. The song has been a work in progress since july but the band´s recent visit to London inspired them to finish it and release it immediately. It’s a lazy skank, high on petrol fumes, scottish lager and cream tea. This autmn the Dept. will start recording their third album in Berlin and various South American cities, such as Lima and Sao Paolo. Stay tuned.


The Radio Dept –
We made the team (MP3)

lunedì, 09 10 2006

We art Brut

Tempo fa, forse ve lo ricorderete, avevo buttato là l’ipotesi -che aveva poi suscitato un certo dibattito nei commenti- che una grande canzone, se grande è, rende bene in qualunque forma e versione la si reinterpreti. Detto per inciso, non credo affatto che sia vero.
Quello che mi chiedo (e vi chiedo) oggi è un’altra cosa: una band, per essere davvero grande, deve essere brava anche a reinterpretare canzoni di altri e trasformarle in pezzi credibili del suo repertorio? E per fare ciò deve essere più fedele al proprio stile o più fedele alle versioni alternative evocate dalla canzone stessa? A queste due scuole appartengono infatti le cover incrociate firmate da Art Brut e We are scientists in occasione del tour insieme negli Stati Uniti.
Gli Art Brut, di per sè incommensurabilmente più bravi e originali dei compagni di palco, prendono il loro miglior singolo e lo trasformano in un proprio pezzo; risultato: un mezzo disastro. Il trattamento punk-rock banalizza la struttura musicale del pezzo e la voce di Argos stona con un impianto melodico che evidentemente non è il suo. Bocciati.
I We are scientists, invece, si rivelano assai più intelligenti di quanto si potesse pensare (e soprattutto di quanto chi, come me, li considera bravini e niente più potesse pensare), e sfornano una versione di tutto rispetto della title-track dei compari. E per farlo rinunciano in toto al proprio stile in favore di un’operazione brillante: quale modo migliore di trattare una canzone che esclama più volte «I can’t stand the sound of Velvet Underground» del trasformarla in un pezzo pienamente nello stile di Lou Reed e soci (epoca terzo disco, a occhio e croce)? Era semplice, forse, ma oltre alla buona idea c’è anche una realizzazione impeccabile. Assolutamente promossi.
Devo rivedere il mio giudizio sulle due band? O le cover non fanno testo?

Art Brut – The Great Escape (We are Scientists cover) (MP3)
We are scientists – Bang Bang Rock’n’roll (Art Brut cover) (MP3)

venerdì, 06 10 2006

Teste di limone

Erano gli anni ’90, e i soft drink alcolici erano ancora all’alba del loro attuale periodo di gloria. Niente Bacardi Breezer, Smirnoff Ice o Havana Loco: il pioniere dei soft drink alcolici era una bevanda al gusto di limone chiamata Lemonhead, spuntata fuori più o meno dal nulla senza nessuna griffe a sponsorizzarla nè, probabilmente, consumatori pronti ad affezionarsene (a me però piaceva). 
Dopo una manciata di anni (o di mesi) la Lemonhead è scomparsa, tanto che in rete è quasi impossibile trovare tracce che confermino che è davvero esistita.
Chissà se tornerà mai.

Erano gli anni ’90, e il grunge sconvolgeva le nostre brufolose adolescenze, raccontandoci storie in cui ritrovare il freddo della vita, e fornendoci camicione a scacchi di flanella per combatterlo. Più passavano i mesi, però, più scoprivamo che, andati i grandi nomi del genere, c’erano una serie di band che sposavano la lezione del grunge con il pop o il rock più classico; e scoprivamo che ci piacevano un sacco. Tra questi c’erano i Lemonheads, capitanati dal carismatico Evan Dando, il tipo di persona che cade sempre in piedi ed è in grado di tirare fuori sempre la canzone dolceamara che non ti aspetti.
Nel 2006 Evan Dando e soci (che -vabbè- sono cambiati nel mentre) sono tornati, pubblicando il primo disco a nome Lemonheads degli ultimi 10 anni. Un disco che promette e mantiene vigorose ballad chitarristiche tanto distanti dal grunge quanto dal nuovo mainstream alternativo (lo chiamano «indie», non so se l’avete mai sentito); un disco onesto che non sconvolge le coscienze, ma che contiene almeno una grande canzone, Become the enemy, che illustra il momento in cui le persone a cui teniamo di più diventano i nostri peggiori nemici (non so a voi, a me succede sempre).
E ci svelano che gli anni ’90, in realtà, non sono mai finiti.

The Lemonheads – Become the enemy (MP3)

[ Il 7 Novembre i Lemonheads saranno all’Estragon per l’unica data italiana]

giovedì, 05 10 2006

Italiani brava gente /1

Il 2006, finora, non mi era sembrata una grande annata per la musica indipendente italiana. A fronte di un 2005 segnato da un gran numero di uscite pesanti e letteralmente dominato da piccoli fenomeni come Offlaga Disco Pax e Amari, il 2006 se l’è presa comoda e mi ha fatto temere per il peggio. Nell’ultimo paio di mesi, però, mi sono imbattuto in una serie di produzioni nostrane, più o meno recenti o più o meno imminenti, che mi hanno assolutamente fatto cambiare idea.

Nuccini!Matters of love and death (2nd rec)
L’esordio solista di Corrado Nuccini (in arte solo Nuccini!, con tanto di punto esclamativo), già chitarrista dei Giardini di Mirò, è nientemeno che un disco hip-hop. Eppure dentro c’è di tutto, dal più classico post-rock delle prime produzioni della band madre all’indie laterale tipico di Why?, ad atmosfere cinematiche un po’ crucche degne del miglior Nitrada. Il risultato sta dalle parti dell’hip-hop colto di scuola Anticon, e scusate se è poco. 
Tanto ambizioso da rischiare di sembrare pretenzioso (questa la maggiore critica che gli è stata mossa da molti recensori, che in larga parte non hanno apprezzato), Matters of love and death è invece riuscito a conquistare persino me, che con l’hip hop normalmente non vado affatto d’accordo. Una questione di ricchezza di sfumature e attenzione ai particolari, probabilmente.

Nuccini! – Your father’s head (MP3)
Nuccini!The dinosaur, the monkey, the breakdance (MP3)

Fr Luzzi Happines is an overestimated value (Arab sheep)
Era molto, troppo tempo che lo stivale non ci regalava una cantautrice degna di questo nome; così quando qualche mese fa mi sono imbattuto nel disco di Francesca Luzzi, anima e voce del progetto Fr Luzzi, non credevo alle mie orecchie. Una voce calda e incredibilmente matura, arrangiamenti essenziali ma curatissimi e una manciata di ottime canzoni per un disco di folk-pop acustico di livello davvero alto. Che strappa applausi a scena aperta quando le canzoni si tingono di bossa, come nella opener Human Race, un pezzo che è finito in tutti i nastroni della mia Estate e che, fossi in voi, non mi lascerei scappare per nulla al mondo. Un lavoro estremamente promettende, e assolutamente di respiro internazionale. Suzanne Vega, Beth Orton e Isobel Campbell sono avvisate.

Fr Luzzi – Human Race (MP3) !!!
Fr LuzziPearls before swine (MP3)

[To be continued]
[Nei commenti favorite pure pareri e suggerimenti]

martedì, 03 10 2006

Best Pitchfork review ever

E’ quella del disco dei Jet, pubblicata ieri. Dateci un’occhiata e non ne rimarrete delusi. O forse sì, ma almeno avrete qualcosa in più di cui parlare con gli amici.
[fa il paio con la già segnalata recensione dell’ultimo dei Nine Inch Nails pubblicata l’anno scorso da TinyMixTapes. Questa però è più efficace]