lunedì, 09/10/2006

We art Brut

Tempo fa, forse ve lo ricorderete, avevo buttato là l’ipotesi -che aveva poi suscitato un certo dibattito nei commenti- che una grande canzone, se grande è, rende bene in qualunque forma e versione la si reinterpreti. Detto per inciso, non credo affatto che sia vero.
Quello che mi chiedo (e vi chiedo) oggi è un’altra cosa: una band, per essere davvero grande, deve essere brava anche a reinterpretare canzoni di altri e trasformarle in pezzi credibili del suo repertorio? E per fare ciò deve essere più fedele al proprio stile o più fedele alle versioni alternative evocate dalla canzone stessa? A queste due scuole appartengono infatti le cover incrociate firmate da Art Brut e We are scientists in occasione del tour insieme negli Stati Uniti.
Gli Art Brut, di per sè incommensurabilmente più bravi e originali dei compagni di palco, prendono il loro miglior singolo e lo trasformano in un proprio pezzo; risultato: un mezzo disastro. Il trattamento punk-rock banalizza la struttura musicale del pezzo e la voce di Argos stona con un impianto melodico che evidentemente non è il suo. Bocciati.
I We are scientists, invece, si rivelano assai più intelligenti di quanto si potesse pensare (e soprattutto di quanto chi, come me, li considera bravini e niente più potesse pensare), e sfornano una versione di tutto rispetto della title-track dei compari. E per farlo rinunciano in toto al proprio stile in favore di un’operazione brillante: quale modo migliore di trattare una canzone che esclama più volte «I can’t stand the sound of Velvet Underground» del trasformarla in un pezzo pienamente nello stile di Lou Reed e soci (epoca terzo disco, a occhio e croce)? Era semplice, forse, ma oltre alla buona idea c’è anche una realizzazione impeccabile. Assolutamente promossi.
Devo rivedere il mio giudizio sulle due band? O le cover non fanno testo?

Art Brut – The Great Escape (We are Scientists cover) (MP3)
We are scientists – Bang Bang Rock’n’roll (Art Brut cover) (MP3)

7 Commenti a “We art Brut”:

  1. utente anonimo ha detto:

    più che terzo disco dei velvet, direi più il quarto. lo stile è quello di “loaded”, o di lou reed solista

  2. codyallen ha detto:

    It’s guerrilla! :D

  3. inkiostro ha detto:

    X., mi sa che mi hai convinto. Cioè, mi hai convinto che ho ragione. Non era difficile… :)
    [però The great escape ha un tiro che lèvati]

  4. utente anonimo ha detto:

    Come noti tu in questo caso hanno vinto i We are scientists, è ovvio. Ma secondo me hanno barato: hanno preso una bella canzone, ne hanno sfruttato un verso e hanno fatto il loro compitino. Gli Art Brut sono stati più onesti, e hanno preso la canzone dei We are scientists (carina e niente di più) e l’hanno resa in modo scarno e sguaiato, rivelandola per quello che è.

    Fossi in te quindi non rivedrei il mio giudizio. Ma mi riascolterei il disco degli Art Brut, tutto quello che c’era da dire secondo me l’hanno detto là…

    X.

  5. Disorder79 ha detto:

    Per quanto riguarda le due domande, per la seconda non credo ci sia una regola. E per la prima, la mia risposta è no: non credo proprio sia necessario sapersi appropriare con successo del repertorio altrui per essere grandi band (o interpreti).

  6. utente anonimo ha detto:

    I can’t stand the sound of Art Brut, invece. Grandi We are scientists, gliel’hanno suonata..

  7. utente anonimo ha detto:

    Io ho una visione diametralmente opposta alla tua, nel senso che gli Art Brut non li ho mai digeriti appieno, mentre trovo i We Are Scientists molto vibranti (da dove c***o mi è uscito sto aggettivo?). Le due cover a mio parere dimostrano la mancanza di inventiva dei primi e la camaleonticità (si può dire? Oggi con l’italiano sono problemi) dei secondi. Vabé, torno dai miei Hail Social… Blutarsky