indie-gestione

venerdì, 14 12 2007

Se chiedi alla polvere, a volte risponde

Pare che l’incontro tra gli Hollowblue e Dan Fante sia stato di quelli fulminanti. Un giorno la band livornese (con due EP all’attivo, uno su Suiteside e uno su Midfinger) e il figlio di John Fante (anche lui scrittore, in Italia già uscito con un paio di libri su Marcos y Marcos) non si conoscevano, e il giorno dopo -complice il contatto dell’amico comune Anthony Reynolds– già collaboravano. Qualche pezzo scritto insieme, un mini-tour la scorsa Estate, e altro materiale in lavorazione che pare uscirà a fine 2008, per una partnership musical-letteraria (una «Confraternita del Chianti», direbbe qualcuno) curiosa e abbastanza inedita.

Per ora vede la luce un brano di questa collaborazione, che è anche il pezzo che apre Stars are crashing (in my backyard), il nuovo disco della band in uscita oggi per Midfinger (sul sito dell’etichetta) e a Gennaio (nei negozi). Un bell’esempio di cantautorato fumoso e maudit, ora languido ora più tirato, con alcune notevoli ballad dalla grande atmosfera e dagli arrangiamenti assai curati e l’aspirazione, in più punti sorprendentemente riuscita, a confrontarsi con i grandi maestri del genere.

Qui sotto un assaggio (proprio la collaborazione di cui sopra), in download esclusivo su queste pagine. Altri pezzi (vecchi) li trovate sul Myspace. Dan Fante lo trovate in libreria. E le stelle cadenti stanno precipitando. Nel retro.

 

Hollowblue – First Avenue (featuring Dan Fante) (MP3)

 

martedì, 11 12 2007

Moving to Bologna, following the Radio Maps

Quando la settimana scorsa Jonathan Clancy, già valente voce di Settlefish e A classic education nonchè pilastro della redazione musicale della cugina Radio Città del Capo, mi ha segnalato -sapendo quanto mi piaccia lo scalmanato giovane trio inglese- la session live che i Wombats avevano fatto all’interno di Maps (trasmissione di cui è autore insieme al conduttore Francesco Locane), mi sono goduto i clip e gli mp3 e ho risposto entusiasta che li avrei segnalati presto su queste pagine.

Dato il periodo tutt’altro che tranquillo e le preoccupazioni decisamente poco piacevoli che monopolizzano le mie giornate, me ne sono poi bellamente scordato, ed ora sono stato battuto sul tempo nientemeno che da sua maestà Pitchfork, che ha linkato la session (e in particolare la bella versione acustica di Kill the director) all’interno della sua sempre preziosa column m-blog Forkcast.

 

Fa piacere notare che una volta ogni tanto anche i grandi nomi dell’infotainment musicale indipendente si accorgono di quello che succede da questa parte del globo, anche se solo per segnalare la session di una band inglese. Chissà, magari prima o poi si accorgeranno anche dei Settlefish, band che -come diverse altre realtà nostrane- non ha niente da invidiare a una buona metà delle cose che transitano sulle pagine della tirannica webzine musicale.

E Lunga a vita a Maps, giovane ma già eccellente realtà blog-radiofonica, che si è distinta subito per la grandissima quantità di ottime session live, interviste audio e materiale originale (qualche nome? Jason Molina, Black Mountain, Amari, Uzeda, My awesome mixtape + Mariposa, Amor Fou, Pelle Carlberg). Davvero niente male.

 

lunedì, 10 12 2007

All my friends

E’ così che comincia.

Torniamo tutti un’ultima volta a casa sua, prima che lasci la casa e si trasferisca. E’ uno di quegli eventi pianificati da mesi, perchè di questi tempi è impossibile far combaciare le agende di tutti senza un lungo preavviso. E’ come Capodanno, anzi, è meglio di Capodanno. Questa sera ci rivediamo, facciamo una cena come ai vecchi di tempi, quattro ore tra i fornelli, montagne di colesterolo, i bottiglioni di vino di Zampa, una playlist in shuffle che va da un angolo della stanza, e un po’ di vecchi amici che, anche se alcuni vivono ancora nella stessa città, da qualche anno non si vedono mai.

E’ così che comincia. Ed eccetto la parte con la morale, è come in un film.

 

Sabato sera. Prima della cena, intorno alle 7, mentre -ancora in pochi- cuciniamo, la Valeria ai fornelli e Vinz che fa la cheese cake, mi fermo un attimo, apro una birra, e contemplo la perfezione del momento mettendo su All my friends degli LCD Soundsystem.

All my friends è la mia canzone del 2007, un distillato di vita in sette minuti e quaranta che descrive lo zeitgeist del mio anno come nient’altro riesce a fare. E che, contemporaneamente, sottolinea senza possibilità di dubbio la grandezza di James Murphy, rocker, e DJ e produttore e filosofo, maestro di vita e figura torreggiante nel frammentato e spesso sconsolante panorma musicale contemporaneo. Col suo loop di pianoforte fuori tono che non esplode mai, la sezione ritmica ossessivamente serrata, le chitarre malinconiche e distratte e il cantato col cuore in mano, All my friends è una cavalcata perfetta nella forma quanto nei contenuti; e la cosa, considerando che il suo difficile argomento è il passare del tempo e il dover affrontare i rimpianti della vita adulta, era tutt’altro che scontata.

 

Mentre scontato -o meglio, perfetto- è il suo ruolo sabato sera, perchè All my friends parla esattamente di noi, parla di questo, parla di adesso. Parla di passare i primi anni della vita adulta a seguire un progetto, a costruirsi una carriera, una relazione solida, degli interessi indipendenti, un’autonomia e una qualche forma di autorevolezza nel proprio settore; e di rendersi conto, qualche tempo dopo, che tutto quello che desideri è di essere di nuovo con i tuoi amici, con lo stesso, identico, spirito che le responsabilità ti hanno fatto perdere. E’ possibile conciliare le due cose o siamo -sempre- condannati a scegliere, e in ogni momento a rimpiangere la nostra scelta?
Oppure una scelta reale non c’è e possiamo solo limitarci, prima di accorgerci che siamo morti, a fermarci ogni tanto a pensare «Where are my friends tonight»?
Se anche è così (ed è così, temo), e se anche ormai le occasioni sono sempre meno, se quasi tutti viviamo in città diverse, se gli acciacchi cominciano davvero a farsi sentire e se le responsabilità non ci lasciano tregua, una volta ogni tanto è bello poter dare una risposta a quella domanda: qui.

 

LCD Soundsystem – All my friends (MP3)

 

venerdì, 07 12 2007

Friday I’m in points

[quasi un tumblr, ma con un bel template e i commenti. Estetica? Democrazia? O vanagloria?]

 

_Se scrivi un post per punti vuol dire che non hai idee. O tempo. O che stavolta sei davvero alla frutta.

 

_Woody Allen per il Sindacato degli autori televisivi in sciopero. Alcune tra le sue battute migliori degli ultimi tempi.

 

– Le Breeders fanno un nuovo disco. I Moldy Peaches si sono di nuovo riuniti per uno show, e non escludono di farlo in pianta un po’ più stabile. I Led Zeppelin rimandano, ma confermano: sono tornati pure loro. Per i My bloody Valentine aspettiamo solo una data italiana (e anche qui, un disco). I Portishead tornano a calcare un palco stasera e domani nella versione natalizia dell’ATP (che curano), e a Marzo arriva quel disco che aspettiamo da 10 anni. Mancano i Wham e gli 883 e le abbiamo viste tutte.

 

Ricaricare un iPod con una cipolla? Ci eravamo cascati in tanti, ma pare essere una bufala; e dive c’è una bufala c’è Il Disinformatico di Paolo Attivissimo, che spiega il perchè.

 

– Se stasera passate a Bologna, mi trovate a mettere i dischi al Covo (al Gate 1, con Marina) dopo il concerto dei sempre ottimi Enon. Sarò più Starcastico che mai.

 

_ 20 most wanted Christmas gifts for the info-addicted. Sottotitolo: 20 idee regalo per i geek. A parte il Nabaztag regalatemi pure quello che volete, chè tra poco è pure il mio compleanno.

 

– Un Word Processor (letteralmente) fatto a mano: Word perhect. Bizzarro, ma affascinante.

 

– Diversissime eppure lanciate quasi in contemporanea, la 42 Records e RCRD LBL sono due ottimi esempi di quello che ci riserva il futuro nel campo della musica indipendente. Una è italiana, l’altra americana. Una è una vera e propria etichetta che pubblica dischi, l’altra è un m-blog che vanta contenuti legali (a fronte di registrazione dell’utente e pubblicità) e la sponsorship di varie etichette. La prima ci ha già regalato una ottima compilation in free download (con un sacco di eccellenti band italiane, tra cui Fake P, Magpie, Albanopower, København Store, A classic education e Cat Claws), la seconda una valanga di post dimenticabili e appena un paio di contenuti interessanti (un inedito dei Junip di Josè Gonzalez e un nuovo pezzo dei Zoot Woman) e poco di più.  Per ora vinciamo uno a zero. Anzi, 42 a 2.

 

_Per finire un pregevolissimo link postato da cru7do chez Il Boss: Topless Wii. E’ proprio quello che promette.

 

giovedì, 06 12 2007

Dichiaro indipendenza

[Bjork + Michel Gondry = Declare Independence.
Nonostante io continui ad essere un devoto fan di Gondry e nonostante il pezzo sia l’unico che mi piace di Volta, tutto quello che mi viene in mente guardandolo è: Gli anni ’90 sono finiti, sveglia..! ]

 

giovedì, 06 12 2007

La patata bollente

Novità abbastanza contraddittorie in casa Hot Chip. Dopo l’eccellente The warning, gli inglesi nerdancer di mamma DFA sono pronti a tornare con Made in the dark, in uscita a inizio Febbraio sempre per l’etichetta del beneamato Giacomino Murphy.

Il primo singolo estratto dal disco (Shake a fist) era uscito già la scorsa estate, nell’imbarazzato silenzio generale di fan, blogger e stampa, evidentemente perplessi dall’inutilità del pezzo, che arrivava dopo una serie di anthem eccellenti come Over & Over, Boys from school e The Warning, ma anche della successiva ottima My Piano (dal DJ Kicks).

Un po’ migliore è il singolo deputato al lancio del disco vero e proprio: Ready for the floor (video qui sotto) sembra una versione un po’ sfigata di Over & Over (e al primo ascolto sembra un pezzo un po’ mediocre), ma ha un gran video (File under: Joker, ballerine cromatiche, Tetris, gioco dei pacchi, vernice contro l’uomo invisibile). Ancora meglio l’unico altro inedito finora diffuso, I became a volunteer, ottimo esempio di quella sorta di kraut-soul dilatato che è praticamente il marchio di fabbrica del combo inglese. I fasti di The Warning, però, paiono ben lontani.. Voi che dite?

 

 

 

 

Hot Chip – Shake a fist (MP3)

Hot Chip – I became a volunteer (link -> MP3)

 

mercoledì, 05 12 2007

Do your homework

[come avrete già intuito questa settimana sono di poche parole; motivo per cui mi si addice molto Lavori domestici, la compilation della Homework Records da oggi interamente in free download dal loro sito. Glitch, IDM, minimal, tech-funk e dozzine di altre etichette musicali senza significato; in breve: suoni splendidi, e (quasi tutti) italiani. E una gran copertina.]

 

venerdì, 30 11 2007

How to turn Scarlett Johansson into a zombie

Bonus (sempre lei):
The Teenagers
Starlett Johansson (MP3)

 

mercoledì, 28 11 2007

Whisper words of wisdom, videoclip

Se lo prendi come un film musicale (così è presentato, per lo più) Across the universe -il film di Julie Taymor interamente costruito sulle canzoni dei Beatles, da poco uscito nelle sale- è un film agghiacciante. La trama è un’accozzaglia di banalità da soap opera di terza serie, siparietti lisergici giustificati dall’ubiquo clichè anni ’60, guest star (Bono, Joe Cocker, Salma Hayek) inutili e forse pure dannose e contorsioni di sceneggiatura utili solo ad inserire il maggior numero possibile di canzoni dei Beatles.

Se lo prendi come un musical, le cose migliorano un pochino: le performance vocali degli attori sono abbastanza decenti, gli arrangiamenti sufficientemente vari e personali, l’alternanza cantato/parlato ben bilanciata e le coreografie molto ben fatte.

Se lo prendi come una serie di video-clip di pezzi dei Beatles, però, Across the universe è decisamente un bel vedere. La Taymor, la cosa è nota, ha creatività da vendere, e il numero delle invenzioni che tira fuori per illustrare visivamente le canzoni e dar loro la sua chiave di lettura (tre esempi su tutti: With a little help from my friends, Strawberry fields foreverHappiness is a warm gun) è secondo solo al piacere del fan dei Beatles che gode per una messa in scena tanto curata e passa tutto il film a trattenersi dal cantare a squarciagola ogni singolo pezzo.

Peccato solo che questo dovrebbe -anche- essere un film, e le belle trovate da sole non bastano. Se però andate al cinema con l’idea giusta di quello che state per guardare, chissà, magari vi piace pure. 

 

Rufus Wainwright – Across the universe (MP3)

[che non è nella colonna sonora di questo film ma in quella di I am Sam, altra opera Beatles-related. I brani della colonna sonora di Across the universe sono molto più trascurabili di questa bella -e insoltamente, visto il personaggio- sobria versione firmata da Rufus Wainwright]

 

martedì, 27 11 2007

A ciascuno i suoi anni ’80

 

Calvin Harris – Acceptable in the 80s (MP3)

Editors – Acceptable in the 80s (live) (MP3)

 

[Cosa resterà di questi anni ’80? La plastica e i lustrini secono l’enfant prodige Calvin Harris, vera stella dell’anno nel campo dell’elettronica coatta -al cui confronto i Justice sono roba da palati fini- e autore di uno dei riempipista della stagione. Il dark e il gloomy mood secondo gli Editors, che sottopongono al loro trattamento il pezzo (come accadde già a Feelgod, Inc. dei Gorillaz, e fu notevole) tirandone fuori una marcia angosciata ed epica che parte dai Joy Division (ma và?) e in certi momenti ricorda pure i Suicide. Quasi grottesco, ma funziona.]

 

lunedì, 26 11 2007

Backpain @ the Covo

Un giorno scriverò un post, in cui vi spiegherò cosa vuol dire, nell’arco dello stesso giorno, svegliarsi con la schiena bloccata (una cosa che ti fa sentire non solo vecchio -quello ti ci senti già dalla venerabile età di anni sedici- ma anche incommensurabilmente accidentale, se capite cosa intendo) e, dopo esserti fatto tutto il giorno di antidolorifici anche solo per riuscire a muoverti, ritrovarsi dentro a un Covo quasi sold-out davanti a tre ragazzetti di Liverpool che fanno ballare e saltare una folla di coetanei numerosa centro volte tanto con il miglior british jangling pop di questo anno domini 2007.

 

Un giorno vi spiegherò la sensazione di right here right now che può prendere una persona in una situazione del genere, in cui, mentre assiste al concerto dei Wombats da solo nella folla stando ben attento a non farsi urtare troppo dai ragazzetti scalmanati, si rende conto che quello a cui sta assistendo è un momento in qualche modo epifanico, che fotografa una promettentissima band nel momento esatto in cui è ancora così inesperta e entusiata da fare un set sudato e spontaneo (3 singoli e un’invasione di palco solo tra i primi 5 pezzi) e non abbastanza nota da riempire del tutto il locale, prima di decollare definitivamente o di scomparire nel dimenticatoio con un secondo disco calcolato e trascurabile.

 

Un giorno forse avrò una risposta al perchè continuiamo a esaltarci per ragazzetti ventenni che fanno casino con le loro chitarre, snocciolano canzoni con riferimenti culturali da terza media e si profondono nell’ennesima ripetizione di un modello musicale abusatissimo con minime (se non nulle) variazioni, e ciononostante noi non possiamo fare a meno di essere lì, e di battere il piede a tempo anche se la schiena fa malissimo, il moshpit ti spinge indietro rischiando di spezzarti a metà, e diversi volti nella folla ti ricordano gli adolescenti brufolosi che ti ritrovi dall’altra parte della cattedra, un paio di volte a settimana .

 

Un giorno smetteremo di rischiare la salute per assistere a concerti rock’n’roll di band che non cambieranno la storia della musica e forse neanche la storia della serata, in cui ventenni scalmanati ballano davanti ad altri ventenni scalmanati che cantano di scalmanarsi e ballare e innamorarsi e andare a vivere a New York.

Questo giorno, però, deve ancora arrivare.
Non mi avrete, non ancora.

 

The Wombats – Let’s dance to Joy Division (live @ Astoria) (MP3)

The Wombats – Moving to New York (live @ Astoria) (MP3)

The Wombats – Lost in the post (live @ Astoria) (MP3)

 

Bonus:

The Wombats – Moving to New York (acoustic live @ Planet Claire) (MP3)

 

martedì, 20 11 2007

Lasciami qui lasciami stare lasciami cosi’

 

Tender Forever – My Love (Justin Timberlake cover) (MP3)

 

lunedì, 19 11 2007

Mp3 player blues

Come accennavo un mesetto fa, dopo due anni e mezzo di gloriosa e impeccabile carriera, il mio lettore mp3 mi sta purtroppo abbandonando. Dev’essere caduto qualche volta di troppo, il caro vecchio Zen Micro, e non riuscirò a sopportare ancora per molto lo spinotto delle cuffie ballerino e il conseguente audio a singhiozzo; urge un rimpiazzo. E qui, ovviamente, cominciano i dubbi.

 

Delle tre tipologie principali di lettori mp3 che esistono al momento (a. Stile Ipod Shuffle: piccoli, memoria flash tra 256 MB e 2 GB, senza display o con un display molto piccolo; b. Stile iPod Nano: medie dimensioni, memoria flash tra 1 e 8 GB, tutte o quasi le funzionalità più diffuse sui lettori mp3; c. Stile iPod Classic: grandi dimensioni, memoria hard-disk tra i 4 e gli 80 GB, full optional), il mio genere è decisamente il secondo: la memoria flash consuma meno batterie e si rompe con meno facilità, un display completo è indispensabile ma non serve che sia grandissimo (tanto non credo ci guarderò spesso dei video), e -vista l’altissima frequenza con cui aggiungo e tolgo canzoni e dischi- anche 4-8 GB di memoria possono bastarmi.

Contando che grazie a mia sorella che è negli States posso accedere direttamente alla disponibilità e ai prezzi (molto più economici dei nostri visto il dollaro debole) americani, cosa scelgo?

 

Opto per il nuovo iPod Nano, bruttino e -come tutti gli iPod- con meno feature e prezzo più alto dei concorrenti diretti (8 GB, 199$ = 136€)? Rimango fedele alle Creative e scelgo lo Zen V Plus, più economico e con più feature, ma che pure lui non scherza in quanto a bruttezza (8 GB, 159$ = 109€) oppure il nuovo Zen, più bello, più caro e con memoria espandibile (8 GB, 199$ = 136€)? Il Sony Walkman NWZ-A818 lo escluderei perchè proprio non mi piace..ma se mi sbagliassi (8 GB, 199$ = 136€)? E se invece mi buttassi sull’ iRiver Clix, decisamente più bello e lodato ovunque in rete per la sua qualità, ma con un prezzo forse un po’ esagerato (8 GB, 239$ = 162€)?

Oppure sparo più alto, e mi faccio conquistare dalla bellezza, dall’interfaccia (e dal wi-fi) dell’iPod Touch (8 GB, 299$ = 204€)? E dell’Archos 605 Wi-fi cosa vogliamo dire, con le sue feature di ogni genere e la sua memoria gigante, a fronte di un prezzo onestissimo; non è esattamente quello che mi serve (non sembra proprio tascabile..) ma quasi quasi (30 GB, 299$ = 204€)? E -siccome pure il mio cellulare è vecchio, ed è decisamente tutto tranne che smart- non vogliamo mica farci tentare dall’iPhone, che su eBay si trova sbloccato, e quindi funzionante anche in Italia, pur rinunciando agli aggiornamenti del firmware (8 GB, 549$ in media = 374€)?

 

Come avrete intuito, al momento ho le idee un po’ confuse.

A suo tempo (qui  e qui) in materia mi avevate dato diverse ottime dritte, quindi io ci riprovo. C’è qualche altro player (o smart-phone che funziona bene come lettore mp3) che non ho considerato? Voi quale scegliereste?

 

mercoledì, 14 11 2007

Francesca is playing at my house (my house) /2

 

Se giocassimo e basta

Voi non lo sapete.

Sto parlando di 11,3 cm di tacco sul viale.

Aspetto inkiostro.

Mi dice dieci meno un po’.

Dieci Meno Un Po’, nella mia ottica di Esemplare Di Femmina Etero Che Ha Appena Comperato Undici Virgola Tre Centimetri Di Tacco, ecco, sul viale, vuol dire sostanzialmente Puntualità.

Puntualità sti cazzi.

“Scusami. Dovevo aggiornare il blog”

“Ma che cazzo dici. Il tuo blog ormai lo scrivo io”

 

Appunto.

 

Undici Virgola Tre Centimetri.

 

Sul palco, a poco più di undici virgola tre centimetri, ci sono Loro.

La ragazza del merchandaising di altri venti concerti mi fa Ah Ma Tu Sei Quella Che.

Poi mi guarda dietro. Dietro di me non ho code, oggi, provo a dirle. Mi fa uno sguardo deluso. E dire che è anche Halloween, sembra suggerirmi. Ma avevo promesso a inkiostro, quello del blog, insomma gli avevo promesso che avrei scritto due parole sugli Amari senza nominare la parola “bimbo”.

 

Quindi:

“Mio figlio” non c’era. Era Halloween, sì. Ma lui non c’era perché secondo me me lo pestavano, stavolta.

“Mio figlio” mi stava aspettando a casa, con la sveglia in mano, ti sembra questa l’ora in cui tornare, mamma.

Guarda Tato, hanno riarrangiato il campo minato, poi c’erano i new order sotto conoscere gente suprema, ma niente spade laser colorate al neon. Solo un gran sbarluccicare intorno al Batterista Enrico.

Fanculo mamma. La prossima volta mi ci riporti.

E se ne va a letto.

Posso dire “mio figlio”, vero inkiostro?

 

 

“Sono almeno dieci concerti che il giro di basso è quello di Blue Monday

Bene.

Una volta andai con inkiostro, sempre lui quello del blog, a vedere gli Xiu Xiu. “Ma a un certo punto lei canta, no?” continuo a convincermi sottovoce nel chiostro tetro, mentre intorno a me gente a caso soffre tantissimo, compreso il tizio degli Xiu Xiu.

A un certo punto lo chiedo anche a inkiostro: Alla prossima lei canta, gli dico, ecco, adesso, sì, lei, dico.

Avevo scambiato un concerto degli Xiu Xiu con gli Yeah Yeah Yeahs.

 

Sono secoli che il giro di basso è il giro di basso dei New Order. Bum-bum-bururburuburu-bum. L’avete capito, no?

L’avrebbe capito anche “mio figlio”. Se solo l’avessi ri-portato.

 

Non capisco solo una cosa. Il nome Amari, beninteso, è splendido, con tutto quel carico chilometrico di polisemia che si porta dietro. Ma le cose amare non piacciono ai bambini. Questo non capisco. Il concetto di amarezza è estraneo ai bimbi (si comincia intorno ai quattordici, direi), e i più grandi consumatori di Lucano o Averna sono non i veterinari come ci vorrebbero far credere, ma gente che ha mangiato e sofferto troppo. Cioè, sia detto per inciso, secondo me al tizio degli Xiu Xiu, che ricordiamolo non è uno Yeah Yeah Yeahs, un Montenegro davvero gli farebbe digerire un fracco di cosucce.

Eppure gli Amari piacciono un fracco ai mocciosi. Troppo facile dire che Loro stessi sono bambini che come tutti i bambini si divertono un casino a fare cose da grandi.

E secondo me già non è più così vero. Cioè, secondo me Loro sono davvero adulti. Io credo che gli Amari siano adulti e la prossima volta che incontro Dariella gli voglio dare del lei, cazzo. Un ragazzetto non accetterebbe mai di parlare con la voce e la mente di una femmina. (Arpeggiinlove, per chi ha bisogno di baricchianesimi). Nel nuovo disco dicono un fracco di parole, e una di queste parole che dicono tantissimo è odio/odiare.

I bambini, quando fanno queste cose le fanno per bene, non odiano mai. Si arrabbiano. O al massimo si sbraccianooooo.

Ci siamo. È un attimo che adesso parto con la tesina in scienze di sticazzi: il superamento del nichilismo nietzsciano, un’analisi sottointegrata di Scimmie d’amore, e sì, d’accordo, come dice “mio figlio”, in questo disco gli Amari si incazzano tantissimo con qualsiasi cosa. Con le gite fuori porta, con le femmine, con le femmine raffreddate, con le femmine gnagne, con le femmine stupide, con le femmine che reclamano sguardi. Poi vogliono giocare a nascondino come non hanno mai fatto (da bambini), cristo, capite. Questa è una palese nonché inevitabile ammissione del tempo che gli si è solcato addosso, cazzo. Altrochè spade laser. Barbe bianche finte, la prossima volta.

E diamogli tutti del lei, cazzo.

 

Mio figlio 30 anni che non ci vediamo è l’unica che non la canta. Secondo me non la vuole imparare apposta, perché non vorrà mai arrivare a doverla cantare. Ma ha solo sette anni. Ne scorre di acqua, sotto alla braga. Lui si sbraccia, e si annoia, e quando si annoia, me lo dice.

Ma non è mai amaro. E non odia niente. Io, invece, odio tantissime cose.

È fico. Essere bambino, dico.

Bambino. Non bimbo. Ho promesso a inkiostro di non scrivere la parola bimbo.

Già.

 

Get Black – Mamma non dire merda #5 + Amari – Campo minato (MP3)

Amari – Le gite fuori porta – video (link > MySpaceTv)

Amari – Mariottide @ Le gite fuori porta – footage (link > YouTube)

 

martedì, 13 11 2007

Stile da vendere

In qualche misura Josè Gonzalez e Greg Dulli sono figure artistiche simili. Pur con le ovvie, enormi, differenze di stile, presenza ed esperienza, il cantautore svedese e il rocker americano sono tra i rari musicisti ad aver avuto la capacità di sviluppare uno stile proprio che gode della reiterazione dei suoi fondamenti e non ha alcun bisogno di evoluzione o miglioramenti nel corso degli anni. Uno stile talmente distintivo che, per entrambi, si nutre costantemente dela musica degli altri, trasformandola ogni volta in un nuovo pezzo del proprio repertorio, qualcosa di fedele all’originale eppure inesorabilmente diverso, che trova contiguità con cose che tutto gli sarebbero tranne che vicine, e così facendo rivela cose decisive sia del suo autore che del suo nuovo interprete. Forse è proprio per questo che recentemente Dulli (con i suoi Twilight SIngers) ha interpretato la recente, ottima, Down the line di Josè Gonzalez e che entrambi, nelle loro carriere si sono cimentate con  dei pezzi dei Massive Attack; che sono equidistanti da entrambi. Ma che hanno anche loro stile da vendere.

 

The Twilight Singers – Down the line (Josè Gonzalez cover – live) (MP3)

 

Bonus:

The Twilight Singers – Live with me (Massive Attack cover) (MP3)

 

giovedì, 08 11 2007

Nothing personal

Il titolo, In our bedroom after the war, è perfetto, e potrebbe stare tra gli esempi utili ad illustrare in un vocabolario la voce «indie-pop». Un paio di classici, mandati a memoria e lì per sempre incisi, li hanno scritti. La band ha repertorio e personalità, e porta in giro un live niente male. In più, sono canadesi, e la cosa non guasta mai. Perchè allora gli Stars stanno cominciando a diventarmi insopportabili?

Dev’essere perchè il loro ultimo disco è fastidiosamente deludente, con ogni probabilità. Un singolo trascinante (Take me to the riot), un paio di ballate pianistiche da manuale (Personal, a doppia voce, e la toccante-a-tavolino Barricade), come da manuale è il loro effetto spaccacuore, poi quasi più nulla. Ho tentato in tutti i modi di azzerare le aspettative (diventate enormi dopo che il precedente Set yourself on fire mi aveva fatto letteralmente secco – cfr. qui e qui) e di farmelo piacere, di ignorare la blanda inoffensività della maggior parte dei pezzi, la povertà di scrittura, la scarsa personalità, e di non pensare alla bellezza dei vecchi classici Your ex-lover is dead ed Elevator love letter, ma non c’è stato verso.

Può la sindrome del fan deluso -come quella dell’amante deluso- portare a sviluppare un’intolleranza del genere? O era predisposizione, e i vecchi dischi erano una miracolosa eccezione? Oppure -davvero- sono proprio gli Stars che stanno diventando oggettivamente insopportabili?
Ma soprattutto, c’è in giro qualcuno che la vede nello stesso modo, o devo preoccuparmi?

[Per tutti gli altri, intervista e altri due pezzi sul sito della Minnesota Public Radio]

 

Stars – Personal (live on The Current, nov 2007) (MP3)

Stars – Take me to the riot (live on The Current, nov 2007) (MP3)

 

mercoledì, 07 11 2007

They started with the second record

[How indie are you? Emo? merita un post tutto per sè (grazie al commentatore anonimo de post precedente, ottima segnalazione). Assolutamente esilarante.]

 

martedì, 06 11 2007

Scarlett will you marry me?

Un post che comincia con il culo di Scarlett Johansonn negli opening titles di Lost in translation non può che cominciare bene. Soprattutto se, come in questo caso, è un post mirato principalmente a segnalare che è finalmente uscito il singolo di uno tra i pezzi più ascoltato dell’anno da queste parti: Starlett Johansonn dei The Teenagers. Proprio il pezzo in cui i 3 hipster erotomani (ricordate?) dichiarano il loro eterno amore a quella che è forse l’unica vera icona cinematografica femminile della nostra generazione (anzi, già della generazione più giovane della nostra, temo), pezzo che circola da mesi in versione demo e che ora -dopo essere stato lucidato a puntino- è finalmente uscito in forma ufficiale. Anche se, come al solito, era meglio il demo.

La canzone ora ha anche un video, che potete vedere qua sotto, e che alterna dissolvenze incrociate di rara bruttezza con la bella idea di proiettare la band -e le sue tutine un po’ new-rave- sulla schiena nuda dell’attrice (o chi per lei), appena sopra le mutandine rosa che con tutta evidenza citano proprio l’immagine di Lost in translation. Come sembrano dire The Teenagers, per una volta con poca spocchia e molta naiveté, ogni tanto lasciateci sognare.

 

 

The Teenagers – Starlett Johansonn (single version) (MP3)

 

venerdì, 02 11 2007

La grande truffa del rock’n’roll?

[un post provocatorio pretestuoso]

I Radiohead hanno messo fine a settimane di speculazioni confermando di aver raggiunto un accordo con l’etichetta inglese XL Recordings per la pubblicazione fisica del loro nuovo disco, "In Rainbows". […]
Non è ancora stata diffusa una data di pubblicazione, ma diverse fonti suggeriscono che potrebbe coincidere con l’arrivo dell’edizione "discobox" dell’album, disponibile solo su Radiohead.com dal 3 Dicembre. Altri suggeriscono che potrebbe non succedere prima del prossimo anno.
La band aveva sconvolto le regole dell’industria discografica rendendo disponibile "In rainbows" in download il 10 Ottobre, dando ai fan la possibilità di pagare il prezzo da loro desiderato. [Billboard]

Un fan, per definizione, non può pensare male dei propri idoli.
Un fan dei Radiohead, per definizione, è quanto di più vicino a un fondamentalista religioso che si possa trovare nel mondo della musica di questi tempi, e ha cieca fiducia nell’operato di Yorke e soci.
Thom Yorke, poi, con quella faccia storta che si ritrova ha l’aria di essere talmente naif che se qualcuno non si prendesse cura di lui, si lascerebbe morire di fame mentre programma la drum-machine o scrive pamphlet contro l’inquinamento. Thom Yorke è puro.
I Radiohead sono BUONI, è chiaro.

Epperò.
Tentiamo di non pensare che sono i Radiohead (facciamo finta che siano un gruppo cattivo, tipo, non so, i Metallica), e limitiamoci ai fatti:
– la band ha ottenuto soldi (e neanche pochi, si parla di circa un milione di dollari) e un’enorme pubblicità per una cosa che succede a tutti: l’early leak del disco, prima della data di uscita della copia fisica;
– la band ha suggerito (se non apertamente affermato) che l’unica copia fisica del disco sarebbe stata la costosissima versione deluxe messa in vendita nel sito, che costa poco meno di 60 euro e contiene anche parecchie cose abbastanza inutili (la versione del disco sia in vinile che in cd, la versione digitale dell’artwork), incassando quindi anche moltissimi ordini dei fan che non volevano limitarsi alla misera copia digitale;
– dopo essersi goduta la pubblicità gratuita, il clamore, e la stima di tutto il mondo (e i soldi, eh), la band annuncia innocentemente che il disco uscirà anche nei negozi, come sempre.

Ne abbiamo parlato tutti come di una rivoluzione, e rimangiarsi la parola fa sempre un po’ male. Ma ora non posso fare a meno di pensare: non sarà che quella a cui abbiamo assistito è stata solo una grande, perfetta, operazione di marketing? Non sarà che i Radiohead hanno trovato un modo geniale per farsi pagare per una cosa che di questi tempi succede a tutte le band? Non sarà che con la versione deluxe si siano esosamente voluti approfittare dei fan che, pur di avere qualcosa di fisico, hanno comprato un box (che forse non vale quanto costa) in misura molto, molto maggiore di quanto avrebbero fatto se si fosse saputo che il disco sarebbe stato pubblicato anche in versione normale?
Non sarà che ci siamo proprio fatti fregare?

 

lunedì, 29 10 2007

Meraviglia! Genio! Follia!

Si può essere sconfinatamente pieni di ammirazione nei confronti di una persona e insieme malignamente dubbiosi per la sua sanità mentale? Il creatore di TheDianaMistery.Com mi suscita proprio questa reazione. Quest’uomo ha evidentemente parecchio tempo libero, e ha deciso di investirlo per dimostrare al mondo l’esattezza della sua inquietante teoria: Morrissey è strettamente collegato alla morte di Lady Diana.

Le prove sono schiaccianti: dai testi di The Queen is dead (sì, anche quello di Vicar in a tutu) alla copertina del best Singles, dalle circostanze della morte di LadyD (come il numero del pilone su cui si è schiantata l’auto, o il monumento che sta sopra il tunnel dell’Alma) ad alcune dichiarazioni rilasciate negli anni da lui o da lei. Per i dettagli guardate il video qui sotto e spulciate il sito, che contiene una tale quantità di perle deliranti che alla lunga quasi il dubbio te lo fanno venire. A testimonianza del fatto che, con abbastanza tempo ed energie a disposizione, è possibile dimostrare (quasi) qualunque teoria balzana.

 

 

venerdì, 26 10 2007

Autunno spaghindie /2 – Canadians

Le Estati adolescenti che non abbiamo vissuto

Secondo voi è vero che gli indie-rocker hanno avuto, in media, tutti un’adolescenza triste? E’ vero che (quasi) tutti erano accomunati dalla sensazione che, mentre intorno a loro gli amici scoprivano le gioie del sesso e di una vita sociale appagante, e loro invece al massimo scoprivano la new wave, il cinema d’autore e le sbronze tristi, l’adolescenza fosse una lunga e sadica tortura che sarebbe finalmente finita solo con l’università? E’ per questo che ora, abbondantemente passati i 20 (o i 30, o i 40), gli indie-rocker non fanno che cercare surrogati dell’adolescenza che avrebbero voluto vivere, senza essere in grado nè di chiudere i conti col passato nè di evolvere completamente allo stadio successivo?

 

Difficile non perdersi in pensieri simili ascoltando A sky with no stars, l’esordio dei Canadians. Che a dispetto di quel che evoca il nome della band o la sua provenienza (Verona) è un unico grande inno pop all’adolescenza di celluloide, meglio se al sole della California, che non abbiamo mai vissuto. E’ un disco forte, con un sound omogeneo che ha come pregio il fatto di non essere per nulla personale, e alcuni ottimi pezzi fatti apposta per il sing-along dolceamaro del twenty-something nostalgico che spera di essersi finalmente meritato i party in piscina e i triangoli amorosi che non ha vissuto quando avrebbe dovuto.

 

Ascoltare Summer teenage Girl, The noth side of Summer o 15th of August mentre fuori dalla finestra dell’ufficio piove da 36 ore, le foglie cadono, e il cielo su Bologna è triste e incolore come sa essere solo negli autunni padani, è molto straniante, ed è un esercizio di immaginazione non da poco. La band sta già riscuotendo il successo che è proprio alla musica adolescenziale, e questa è una certezza; ma in questo caso, anche se molti non se ne accorgeranno, c’è qualcosa di più, un velo di consapevolezza che le cose spesso non vanno come si vorrebbe, e che bisogna approfittare dei momenti buoni perchè le seconde possibilità, se ci sono, non vengono mai a caso. 

E spesso capitano proprio quando il cielo senza stelle è quello di una giornata piovosa di autunno, dalla finestra dell’ufficio, sognando la California, o forse solo la propria adolescenza. 

 

[i Canadians suoneranno stasera al Covo (a seguire -come già detto- io e Marina a mettere i dischi al Gate 1), ma hanno anche un bel po’ di altre date  in giro per l’Italia]

 

Canadians – 15th of August (MP3)

Canadians – Summer teenage girl (MP3)

 

mercoledì, 24 10 2007

Grow grow grow

[per vedere il video è necessario scaricare il plug-in divX per web. Lo merita, fidatevi]

 

Poco più di questo, oggi: quattro canzoni suonate in solitaria da Polly Jean Harvey sulla tv danese, e una bella intervista con la cantautrice del Dorset insolitamente in vena di chiacchiere. The Devil per piano e metronomo, una meravigliosa e spettralissima White Chalk con tanto di armonica, Grow Grow Grow per autoharp e organo a pedale, e Silence, un tuono. Con pezzi e interpretazioni di una potenza del genere, qualunque commento è inutile rumore di fondo.

 

PJ HarveyThe mountain (Live solo @ NYC, 10-10-2007) (MP3)

PJ HarveySend his love to me (Live solo @ NYC, 10-10-2007) (MP3)

 

martedì, 23 10 2007

Autunno spaghindie /1 – Amari

Fiamme (e tempeste) in un bicchiere

Finalmente gli Amari sono arrivati al punto. Dopo una gavetta che più lunga non si può, lo status perenne di prossima band indipendente pronta al salto verso il grande pubblico dello stivale e almeno un ottimo disco che ha ottenuto un decimo della visibilità che meritava, i friulani dalle 7 vite hanno finalmente dato alle stampe il loro disco più compiuto. Scimmie d’amore ha gli anthem (Le gite fuori porta, in cui l’indimenticabile entrata del synth apre a un ritornello da ginnasio nichlista), le rime, le ballad strappacuore (30 anni che non ci vediamo), le chitarre (Arpegginlove), i beat al posto giusto, e un memorabile equilibrio tra geekness e coolness.

Ma soprattutto ha la maturità di una band che può permettersi di parlare -a modo suo, si capisce- di lavoro (Manager nella nebbia) o camicie stirate (la mia preferita, Fiamme in un bicchiere) senza scomporsi neanche un po’. Diventare grandi, quindi, ma con stile. Che è esattamente lo stesso che dicono -e dimostrano- altri due grandi dischi usciti quest’anno (LCD Soundsystem e Modest Mouse). Certe stroncature gratuite, poi, sono il segno che si comincia a colpire nel segno, e che il momento è propizio per raccogliere quanto si è seminato.

Chi semina vento, da copione raccoglie tempesta; purchè ovviamente sia in un bicchiere. Se giocassimo e basta?

 

[A latere, nella puntata di Get Black del 2 Novembre metteremo in palio lo Scimmie d’amore Pack, composto da 2 cd (Scimmie d’amore e Grand Master Mogol), T-shirt e poster. Sul sito è già sold-out, non perdete l’occasione per accaparrarvene uno degli ultimi esemplari]

 

Amari – Fiamme in un bicchiere (MP3)

 

giovedì, 18 10 2007

Matletica

Era un po’ che non capitava, ma pare che dopo anni in larga parte passati a farsi prendere da entusiasmi più o meno effimeri per band giovanissime ed esordi fulminanti, quest’anno da queste parti si ascoltino quasi solo band già note, e si fatichi a trovare delle new entry che meritino più di un paio di ascolti. Le eccezioni, finora, sono appena tre, e sono tutte inglesi: del rock’n’roll scavezzacollo e da sit-com dei Wombats abbiamo già detto, come anche della wave snob ed erotomane degli insopportabili Teenagers. Il terzo nome è quello dei Foals, gli unici del trio a non aver ancora in circolazione più di 7-8 pezzi (il primo LP è previsto per la fine dell’anno, sarà prodotto da Dave Sitek dei TV on the radio e non conterrà i primi singoli), ma ad avere già all’attivo un riempipista assoluto (Hummer, di cui mi pregio di aver già parlato qui, in tempi non sospetti) e un sound matletico che fa flettere i muscoli quanto muovere il cervello. Qualche tempo fa Valido (che è uno di cui ci si può sempre fidare) li ha visti live a Londra e conferma la prima impressione. Cosa aspettate a portarceli in Italia?

 

Foals – Mathletics (MP3)

FoalsHummer (Passions remix) (MP3)

 

mercoledì, 17 10 2007

Welcome to the Gossip County

C’era una volta The O.C..

Erano i primi anni del nuovo millennio, e dopo l’ingenuità so nineties di Beverly Hills 90210 e i piccoli intellettuali logorroici di Dawson’s creek, noi spettatori completamente fuori età ma evidentemente non privi di un curioso mix di masochismo e conti mai chiusi con la nostra adolescenza avevamo bisogno di un nuovo teen serial a cui appassionarci.

Dal nulla spuntò fuori The O.C., una serie in cui il co-protagonista nerd ma hipster si dichiarava fan degli allora ignoti ai più (ma non a noi) Death Cab for Cutie, in cui fumetti fighissimi e film d’azione giapponesi venivano namedroppati con un’inquietante frequenza e in cui in una puntata della seconda serie suonavano nientemeno che i Modest Mouse. E nonostante l’infima qualità della sceneggiatura e la caratterizzazione dei personaggi vergognosamente monolitica, ci volle poco per farci cadere vittima delle vicende di Seth, Marissa e compagnia.

Ora, dopo una manciata di anni (il tempo di far passare l’hype, e far annegare la serie in un finale squallido e inglorioso), il suo creatore Jason Schwartz è tornato con una nuova creatura catodica pronta a trovare il suo posto nel sempre ricco pantheon dei serial generazionali.

 

La serie si chiama Gossip Girl, ed è qualcosa di molto simile a un incubo.

Se The O.C. vi sembrava fatuo e irreale, se vi irritava l’ambientazione lussuosa e patinata e le trame da lobotomia frontale, e se eravate oltremodo infastiditi dal disinvolto uso di musica di nobili origini come sottofondo a vicende tanto dementi, allora non provate neanche ad avvicinarvi a Gossip Girl. La ricca prole degli abitanti della contea californiana è stata sostituita dall’ancor più ricca (e assai più stilosa) prole degli abitanti dell’Upper East Side di Manhattan (con puntate alla più lontana -e ora trendyssima- Williamsburg, a Brooklyn), al posto delle spiagge ci sono le strade della Grande Mela, e il punto di vista non è più quello dell’outcast che nasconde un cuore d’oro Ryan Atwood, ma quello della fantomatica voce narrante che racconta le vicende dei personaggi sul suo blog Gossip Girl. [Sì, ho detto proprio blog. O tempora, o mores].

La storia è, se possibile, ancora più vacua di quella di The O.C.: feste, tradimenti, risse, blande storie di rivalsa sociale, genitori interpretati da attori che sembrano più giovani dei loro figli e melodrammi da 4 soldi che si esauriscono nel giro di 40 minuti. Come se non bastasse, c’è anche una qualche pretesa oltremodo cialtronica di farsi portavoce di uno zeitgeist in cui «You’re nobody until you’re talked about», che, al di là degli ovvi significati diretti agli spettatori in età appena post-puberale, potrebbe portare a captatio di nicchia (e, contemporaneamente, a vette di trash) decisamente sapide, fatte apposta per il pubblico più scafato (e adulto) che -sotto le mentite spoglie dell’occhio ironico e del guilty pleasure- sguazza in questo genere di serie.

 

E c’è anche la musica (sempre selezionata dall’influentissima Alexandra Patsavas), che è sempre (più o meno) la nostra: la prima puntata parte con le note di Young Folks di Peter, Bjorn & John, e più avanti si sentono Who made who, Feist, e The Bravery; senza però dimenticare che Pitchfork già da un po’ ha sdoganato il pop commerciale, e che quindi un Justin Timberlake o una Rihanna sono ovviamente scelte irrinunciabili, che finiscono per risultare ancora più snob dell’artista indie di turno.

Riuscirà questo ennesimo passo verso l’abisso del nulla adolescenziale a competere con i classici del genere e a conquistarsi un post nel cuore delle varie fasce di età a cui mira? O è materiale buono solo per un post cerchiobottista che descrive con sguardo ironico e finamente distaccato qualcosa che evidentemente coinvolge anche lui? Ma poi, alla fine, ce ne importa davvero qualcosa? Solo il tempo lo dirà.

 

You know you love me,

Xoxo,

ink