mercoledì, 06/07/2005

nessun titolo

Brividi, come quando il nano parlava al contrario
Sul suo sito ufficiale ogni giorno David Lynch legge le condizioni del tempo. Una specie di videoblog, e, ad occhio e croce, una delle cose piu folli che il regista americano abbia mai fatto.

mercoledì, 06/07/2005

nessun titolo

Ecco perchè non potrei mai fare il DJ


[eppure, pare che domenica sera in vicolo Bolognetti….]

martedì, 05/07/2005

nessun titolo

Se scrivi un post per punti vuol dire che non ha idee /5
_O tempo. Nessuna delle due cose sarebbe falsa. Abbiate pazienza almeno voi, chè io la mia l’ho persa parecchio tempo fa e ho tentato di sostituirla con la pianificazione di praticamente tutte le mie giornate da qui al 16 Luglio. Non ho neanche una serata libera, e non me ne compiaccio.
_Parte dall’ultima pubblicità della Coop e passando per i caratteri dell’Emilia rossa arriva a prefigurare scenari politici più o meno improbabili: il solito grande Leonardo, questa volta su Piste.
_Una comunicazione di servizio: essendo il monitor del sottoscritto in vacanza alla Bolognina (giuro), possono presentarsi forti ritardi nella risposta alle mail, post incongrui scritti alle ore e nei luoghi più strani e una generale assenza di buon senso. Pazientate, a breve passa.
_Del concerto di Tori Amos a Modena dirò molto poco, se non che la scaletta conteneva una buona metà dei miei oscuri pezzi preferiti e che su Bells for her, Liquid Diamonds e Pretty good year ho seriamente rischiato il collasso. Bel post adolescenziale di Francesco che l’ha intervistata qui (l’invidia mi divora, com’è giusto che sia), scaletta e recensione qui
, un po’ di mp3 live dagl ultimi show (tra cui una montagna di cover per lo più celebri –Can’t get you out of my head, Personal Jesus, You shook me all night long– e per lo più bruttine) qui.
_Un giapponese ha recitato il pi greco fino a 83mila e passa cifre.
Ot-tan-ta-tre-mi-la, cose che neanche Micheal e Ethan. Davanti a imprese così sublimi e inutili, sinceramente non ho parole.
_Non me ne vogliano tutti gli coloro che abitano nella provincia dell’impero, ma il folle intasamento di eventi che è in corso da queste parti da una paio di settimane, e almeno per le prossime due, è bellissimo ma pressochè invivibile. Due o anche tre cose imperdibili a sera che costringono a scelte per nulla facili, le ore di sonno che progressivamente diminuiscono, l’attenzione che costantemente cala. Sta a vedere che prima o poi cedo e mi chiudo in casa.
_Si comunica che il presente blog e’ immune al Live8, al Sudoku e piu’ o meno a quasi tutto il resto degli argomenti che infiammano il 70% dei blog nella colonna qui a lato. Non è perchè ci si nota di più, è solo che non ce ne frega nulla (perchè a voi sì? andiamo…).
_Uno dei più bei filmati interattivi in flash che io abbia mai visto. Un po’ inquietante, peraltro.

lunedì, 04/07/2005

nessun titolo

Ecco perchè non potrei mai fare il DJ
Perchè non ho una donna delle pulizie nè il tempo di mettere a posto il delirio che staziona sulla mia scrivania da  giovedì scorso:


[e domenica -altrove, con altra compagnia e altri intenti- si bissa, pare. stay tuned.]

lunedì, 04/07/2005

nessun titolo

Monday gaming (catarsi di traumi infantili edition)
Se ho avuto un’infanzia triste (cosa peraltro non del tutto vera; la mia infanzia è stata tranquilla, è stata semmai la mia adolescenza ad essere inquieta), lo devo in larga parte a Raiden. In un certo periodo, facciamo tra gli 8 e gli 8 anni e mezzo, Raiden era il videogioco più figo in città. Scartando le avveniristiche meraviglie della Sala Giochi, luogo di perdizione in cui da bambini non ci era consentito di entrare (e conosco gente che ha rispettato tale divieto familiare fino alla maggiore età e oltre), Raiden -che stava invece nel ben più innocuo Bar Europa- era il massimo. Uno dei miei migliori amici di allora era il più bravo della città: con sole 200 lire giocava quasi un’ora, arrivando a livelli di inusitata difficioltà in cui con occhio lestissimo e polso rapace riusciva chissà come a cavarsela
sempre. Del resto lui abitava a poche centinaia di metri dal bar, ed eravamo in molti a ipotizzare che lui passasse ad esercitarsi dentro il bar anche l’ora dei compiti. Io invece, sono sempre stato mediocre,  e giocandoci assai poco, non ho mai raggiunto risultati rilevanti: unito alla mia inettitudine a Street Fighter II e mezzo (come la chiamavamo noi), era praticamente uno stigma sociale. Ci ho messo anni a riprendermi dal trauma causatomi da questo gioco, ed ora ho l’occasione di rifarmi: adesso che il bar ce l’ho praticamente in casa, la palma di campione di Raiden X non me la toglie nessuno, ecco.

venerdì, 01/07/2005

nessun titolo

Il bastard pop è morto, viva il bastard pop
Il Bastard pop -o mash-up o bootleg mix, che dir si voglia- è un non-genere (o forse un meta-non-genere?) nato morto, questo si sa. Ultimamente, però, se ne parla ancora meno di quanto se ne parlasse un paio di anni fa, quando centinaia di bootlegers in giro per il mondo si divertivano a fondere due o più pezzi di artisti che spesso avevano poco o nulla in comune, e migliaia di persone se le scaricavano a sbafo col sommo godimento (o meta-godimento?) di bambini alle prese con un giocattolo nuovo*.
In ogni caso, però, benchè fuori dallo spotlight, in giro si continuano a produrre e raccogliere mix assai interessanti. Eccovi quindi tre link più o meno nuovi, ignoti e assai carucci:
_Take me out for a Milkshake – I Franz Ferdinand incontrano Kelis, e quel che viene fuori è un bizzarro indie-soul iper-sincopato, imballabile ma assolutamente godibilissimo, che compete con i capolavori del genere.
_Bloc of Nails – Due singoli recentissimi (Helicopter dei Bloc Party e The hand that feeds dei Nine Inch Nails) praticamente…identici. Un mix che rischia di essere di più della semplice somma delle parti.
_GoodBlimey Collection – Una vera manna: la raccolta di più di 350 pezzi bastard pop, liberamente ascoltabili e scaricabili. C’è un po’ qualunque cosa, prendetene e ascoltatene tutti.
[*l’uso di una metafora tanto scontata è espressamente voluto]

venerdì, 01/07/2005

nessun titolo

Now I’m a slave at the minimum wage
E’ ufficiale: sono un lavoratore sottopagato. Ieri notte (non sono sano di mente, lo so) ho fatto il test del Guardian, ed il risultato è stato chiaro al di là di ogni possibile dubbio:
It’s official. Your IQ is significantly more powerful than the average for your salary bracket. Demand a pay rise while you still have your faculties.
Là fuori c’è qualcuno a cui fischiano le orecchie?
[per convertire le cifre usate questo]

giovedì, 30/06/2005

nessun titolo

Questa l’avevo fotografata anch’io

Un paio d’anni fa, nei dintorni di Cortina. Ma la galleria di Grafica Popolare di Social Design Zine riserva molte altre soddisfazioni.
[via Self Comics]

mercoledì, 29/06/2005

nessun titolo

Erre come scompisciarsi
Niente ennesima dissertazione sullo strumento blog, e su come la (quasi) completa assenza di filtri all’ingresso permetta a quasi chiunque di esprimersi e, alla lunga, ai più bravi di ottenere almeno una parte dell’attenzione che si meritano. Roba trita e ritrita, buona qualche anno fa; questo post invece ha l’unico scopo di segnalare i fumetti di A come ignoranza che, atroci e cattivissimi (una sorta di Maicol e Mirco che incontrano i coniglietti suicidi), sono assolutamente impressionanti. A conquistarmi sono state in particolare le folgoranti vignette qui di fianco (e la serie che compongono) e questa gif animata; ma anche le storie di Personaggio inutile, della Signora Fletcher e di Diego e Adriana della Tim meritano la vostra attenzione.
[di nuovo grazie a Michele]

mercoledì, 29/06/2005

nessun titolo

From dischord to disco
Non si può non dirlo: dal vivo i guappi Supersystem sono sempre bravi. Anche se ieri sera il concerto balneare di Marina di Ravenna è partito lento ed è cresciuto solo da metà in poi, e anche se l’umidità assolutamente tropicale rendeva arduo persino stare in piedi senza sudare copiosamente, il quartetto è riuscito a far scuote i culi alla platea mista di indiegeni bolognesi e indigeni romagnoli Una sola cosa, però: la prova del live ha impietosamente dimostrato che pressochè tutte le canzoni del nuovo Always never again sono costruite sulla base di Don’t let me be misunderstood dei Santa Esmeralda. Fateci caso.

martedì, 28/06/2005

nessun titolo

E che non vi salti in mente di mangiare le palline giganti
Proprio nei giorni in cui scopro l’esistenza di quella che è probabilmente la più assurda retroconsole mai concepita, il Nintendo Virtual Boy (grazie a Michele), ecco un quiz che ci fa perfettamente il paio :
What Pre-1985 Video Game Character Am I?

What Video Game Character Are You? I am a Pacman Ghost.I am a Pacman Ghost.

I like to hang around with friends, chatting, dancing, all that sort of thing. We don’t appreciate outsiders, and do our best to discourage others approaching us. I enjoy occasionally wandering around randomly, and often find that when I do so, I get to where I wanted to be.
What Video Game Character Are You?


E in onore del risultato che ho ottenuto (e per farmi perdonare per il ritardo), oggi doppia razione di giochi: beccatevi un flash con il leggendario Pacman originale.

martedì, 28/06/2005

nessun titolo

Monday gaming (Sudata garantita Tuesday edition) 
Non è che mi sono fissato coi tubi, e neanche col latte (lunga storia), è solo che vedere dei liquidi che scorrono mi dà un’immediata sensazione di freschezza che è pressochè indiespensabile per tirare avanti di questi tempi (e ancora non siamo arrivati ai blackout). Mi auguro  che siate forniti di aria condizionata o quanto meno di un ventilatore, perchè per uscire indenni da Pipe Panic (soprattutto dai livelli avanzati), ne avrete bisogno.
[perdonate il ritardo, ma ogni tanto ho una vita vera anch’io]

venerdì, 24/06/2005

nessun titolo

Se scrivi un post per punti vuol dire che non ha idee /4
_O tempo. Nessuna delle due cose sarebbe falsa. Abbiate pazienza almeno voi, chè io la mia l’ho persa parecchio tempo fa e ho tentato di sostituirla con un ventilatore. Ora mi innervosisco in meno tempo, ma sbollisco più in fretta.
_Sapevatelo: a Bologna il 3 Settembre ci sono gli Hot Hot Heat.
_Mi scuserà chi l’ha segnalato per primo (se mi sono ritrovato l’mp3 sul desktop un motivo ci sarà), ma Quanno i romani fanno ahò, la versione borgatara della detestabile Quando i bambini fanno oh è assolutamente clamorosa. Se qualcuno si ricorda Fioretto e Je faccio bu, siamo da quelle parti lì. La scaricate da qui
.
_Trenta cose che non sapevi di poter fare su Internet. Tra le altre cose pulire il proprio garage, andare indietro nel tempo e prenotare un jet privato. Che è per l’appunto quello che faccio ogni weekend. Voi no?
_Ieri Berlusconi ha dichiarato che a dodici anni è stato picchiato dai comunisti. A parte il fatto che ora si capiscono molte cose e che gliene potevano dare anche un po’ di più, siamo arrivati al ritmo di una cazzata al giorno, non se ne può più. Esigo il nome del suo ghost writer; quell’uomo è un criminale, va fermato.
_D’Estate l’Italia è tutta un pullulare di festival. Uno piccolo e molto ‘bbuono è il Soundville, l’1 e il 2 Luglio a Macerata. Tutte le info qua.
_Fino a ieri lo ritenevo un oggetto assolutamente inutile, ora ne ho comprato uno e mi chiedo come ho fatto finora senza. Cosa? Un calzascarpe. Aiuto, mi sto imborghesendo.
_Wow, le unghie binarie segnalate da Warren Ellis (il fumettista, non il violinista) sono una cosa così 1011001010101001….
_Forse l’ho già scritto o forse no (mi sa non qui, in ogni caso): per quanto riguarda le band di ventenni che fanno rockenrolle alla vecchia maniera, il meglio che ci sia in giro al momento sono assolutamente gli Art Brut. Originali zero, cazzoni e autoironici a mille, una boccata d’aria fresca in mezzo a tutti queste frangette che si prendono tanto sul serio. Ascoltatevi il singolo Emily Kane e ditemi. E preparatevi che tra 3 settimane vengono in Italia, e a Bologna sono gratis.
_Oggi è venerdì, quindi c’è Airbag: stasera l’assenza del socio Andrea sarà compensata dal ritorno della beneamata Marta, con la quale si discetterà e si ascolterà musica con un tema assai controverso: la discoteca, ci è o ci fa? Dalle 21 sui 103.1 FM a Bologna e dintorni, altrimenti in streaming o dall’archivio mp3. E ricordate che giovedì

giovedì, 23/06/2005

nessun titolo

Il Beckzionario (Beck Live @ Ferrara, 22/06)
A come And the time is a piece of wax – Esattamente come cera, due ore scolpite nella memoria come capita solo ai grandi concerti. Completamente e definitivamente al di sopra di ogni aspettativa.
B come Bek – La maglietta col nome del cantante sbagliato è il feticcio concertistico definitivo. Ieri faceva bella mostra di sè uno splendido Bek sormontato dall’immagine stilizzata di un casco stile Star Wars. Non l’ho comprata per pudore, ma avrei tanto voluto.
C come Che spettacolo – Che il nostro sia un grande showman si sapeva da un po’, ma di fronte alle sue mille trovate -non solo musicali- e allo spirito con cui le mette in atto non ci si può che inchinare. Tra i tanti la tavolata imbandita, l’invasione di palco, la boombox, la gara di banjo e chissà quanti me ne sono perso.
D come Due batteristi e spesso e volentieri 3 percussionisti – Tu chiamala, se vuoi, sezione ritmica. Io la chiamo macchina da gue(r)a. Impressionante.
E come Everybody’s gotta learn sometimes – La sua cover dei Korgis è giunta completamente inattesa, in versione ancora più confessional di quanto sia sulla colonna sonora di Eternal Sunshine. Un intero anno che ti passa davanti agli occhi, o quasi.
F come Ferrara – L’atmosfera di Piazza Castello e del centro di Ferrara ha a che fare con la musica, ma non solo. L’armonia dei palazzi è quasi criminale, e noi, che da altre Signorie rinascimentali si proviene, si è un po’ invidiosi. E il modo in cui riesce ad adattarsi a concerti di generi musicali diversi e opposti con la stessa serafica maestosità ha qualcosa di insensato.  
G come Ghettochip Malfunction – Speravo che del mio pezzo preferito di GueroHell Yes, Beck suonasse questa versione pubblicata sull’EP per iTunes. Invece niente, mi è toccato (solo) un pezzo in human beat-box, vatti a lamentare. Che Cristina Ricci sia con voi. 
H come Hip-hop – Secondo Beck il Palazzo Ducale di Ferrara ha una buona vibrazione hip-hop, mattone per mattone. Che si sappia.
I come Invasione di palco – L’aveva detto, ma nessuno ci credeva; e invece, per la conclusiva Mixed bizness, il nostro ha fatto salire sul palco a ballare una ventina di persone. Come finale è un po’ da manuale e i maligni dicono che sembrava un tantino preparato. Ma alla fine chissenefrega, no?
J come Jack-ass – Uno dei suoi pezzi migliori di tutti i tempi, che ha eseguito in maniera standard senza cedere alle lusinghe delle altre versioni Strange invitation e Burro. Peccato però.
K come Kristo sì – Come altro tradurreste Hell Yes? Farsi bruciare sul termpo dai Quintorigo, che vergogna.
L come Loser – Stavolta non ha neanche provato a diversificarla dall’originale come fa di solito, per sfuggire ai cori da stadio e alla santificazione da inno generazionale. Via con una versione facile facile con handclapping inclusi, completamente singalong-friendly. Una piazza intera che canta Soy un perdedooooor, sublime.
M come MancanzeTropicalia, Lost Cause e Deadweight su tutte, personalmente. Ma per il resto non si è proprio fatto pregare.
N come Nero, tamburello – Dopo l’intro, l’apertura del concerto è stata affidata a uno dei pezzi più oscuri di Guero. Non dei miei preferiti, devo dire, anche se la versione potenziata ieri sera non l’ha veramente mandata a dire. Da riconsiderare.
O come Odelay – Fuor di dubbio, il suo capolavoro. Ed evidentemente anche lui lo sa, visto che ne ha suonato più della metà.
P come Posate – A 3/4 del concerto, il nostro ha suonato un set acustico di 3 o 4 canzoni, solo voce e chitarra. In questo periodo la band si è seduta a un tavolo e ha cominciato a mangiare; su The Golden Age la cena si è trasformata in un concerto per posate, piatti e bicchieri, da qualche parte tra la samba e la musica concreta. Senza parole.
Q come Que onda, Guero? – Come butta, fratè? 
R come Retrogaming – Tra Summer Girl, Hell Yes e una bella versione a 4 bit di Sexx Laws, Beck ha confermato che il sound da retrogaming è una delle tendenze del 2005.
S come Scientology – Perchè, Beck, perchè??? 
T come That great love sound – Menzione d’onore per i Raveonettes che hanno aperto la serata, e per il loro singolone di un paio d’anni fa. I Beach Boys incontrano una versione sexy di Jesus and Mary Chain e etrambi vengono folgorati sulla via del rock’n’roll. Dal vivo precisissimi e trascinanti, se vi capita non perdeteveli.
U come Un tripudio di magliette – Un concerto a cui c’erano tanto magliette dei Duran Duran quanto dei System of a down, tanto di Daniel Johnston quanto dei Postal Service, tanto con la faccia di Che Guevara quando con il nome di Totti. A pensarci bene, una follia.  
V come Vai col Playback – Per uno che usa così tanti campionamenti è impossibile non avere nei concerti una cospicua fetta di musica in base. Ma come porsi quando in base spesso e volentieri ci sono anche (tante) voci? Lì per lì un po’ di fastidio, poi non ci fai più caso. Ma la prossima volta per l’intro di New Pollution e il bridge di Rental Car vogliamo il quartetto vocale.
W come Winona – Sigh.
X come X, Fattore – Sembrerà scontato, ma io mi chiedo come faccia a metterci dentro tutta sta roba e a tirarne fuori comunque qualcosa di accessibile, buono pure per i palati di Mtv. Qual è il fattore X?
Y come Y, Generazione – Eccoci. Ed ecco il nostro messia riluttante.
Z come Zeitgeist – E’ una cosa da ABC della musica, ma non dopo una serata del genere non si può non pensarlo: Beck è la più perfetta incarnazione dello spirito del pop contemporaneo. Periodicamente me ne dimentico, e finisco per non esserne poi così convinto. Fortuna che ci sono serate del genere che ti costringono a ricrederti. 

mercoledì, 22/06/2005

nessun titolo

Cinque motivi per esserci



1. Perchè è un evento quasi unico. Il sottoscritto e il suo socio Andrea NP sono tutto tranne che dei DJ (speaker radiofonici, music selecter o -come piace a me- moodsmith, anche se nessuno capisce cosa vuol dire), e non capita spesso di vederci in carne ed ossa dietro una console.

2. Perchè, con ogni probabilità, non conoscete il VAG61, una di quelle (nuove) istituzioni che vale la pena di essere sostenute. E’ in Via Paolo Fabbri 110, subito dopo il Cavalcavia di San Donato, a 5 minuti da Via Zamboni. Non pieno centro, ma quasi.
3. Perchè il cortile del VAG61 è spartano ma accogliente, e per una volta si può stare all’aperto senza patire la canicola assassina di questo periodo. Inoltre, nelle strade antistanti non c’è traffico e nel cortile ci sono pure un paio di alberi. Il che, da queste parti, è piuttosto raro, e non guasta mai.
4. Perchè la birra costa 2 euro, lo spritz 2,50, e si mangia pure.
5. Perchè sennò vi tolgo il saluto.
Se siete a Bologna o dintorni, non avete scuse.

mercoledì, 22/06/2005

nessun titolo

A mente fresca
Al telegiornale, quest’anno non ho sentito troppi servizi sul caldo. Forse a Roma e Milano ancora si sta bene, forse i servizi del genere se li tengono per Giugno e Luglio quando metà redazione va in vacanza e non hanno il tempo di trovare notizie più interessanti, forse la mia attenzione è diventata sempre più selettiva e quando sento le parole ‘Non uscire nelle ore più calde’ e ‘Bere molta acqua’ il mio cervello si spegne da solo. Del resto, bastano già i quasi 40 gradi di questi giorni a costringerlo ad andare a regime ridotto. Per riattivarlo, però, basta poco: quando vede cose come questo condizionatore fatto in casa, con il solo ausilio di un ventilatore, un secchio dell’immondizia pieno d’acqua e qualche tubo, però, si riaccende in un attimo. Vorrei avere il tempo di mettermici e provare a vedere se è davvero -come viene spacciato- un progetto for dummies. E mi servirebbe anche un ventilatore; ora che ci penso.

martedì, 21/06/2005

nessun titolo

Inkiostro music video aggregator /Giugno
_Perturbazione – Se mi scrivi (SMS) (streaming) Con la presenza di Marina Massironi e Carlo Lucarelli la Mescal tira fuori l’artiglieria pesante, nella speranza di concretizzare la promessa di tormentone estivo annunciato che un pezzo del genere si porta dietro. Ci riuscirà? I dubbi, nonostante la dichiarata ruffianeria del brano, non sono pochi. E -come sempre- i fan della vecchia guardia non sanno se sperarlo o meno.
_Feist – One evening (Tasto destro, Salva con nome) Anvedi come balla Feist, verrebbe da dire, e anvedi come balla pure Buck 65.. Ammetto che non impazzivo per questo pezzo come per tutto il lato eighties della chanteuse dei Broken Social Scene, ma con un video del genere, semplice ma ipnotico, quasi quasi cambio idea. La presenza di uno dei più stimati indierapper canadesi in borghese aumenta i punti scena, e fa il resto. (via Mondo Oltro)
_Lcd  Soundsystem – Disco infiltrator (update! Tasto destro, Salva con nome) Bellissimo video, non c’è dubbio. Ma, al di là dell’idea -carina ma non esattamente originale- non saprei spiegarvi perchè. Forse per la single version cowbell-enpowered, forse per l’ottima regia, forse per le tonnellate di coolness svogliata che trasudano da tutti i pori. O forse perchè anch’io, in fondo in fondo, sono un disco infiltrator?
_Yuppie Flu – Our nature (Tasto destro, Salva con nome) Video all’altezza per un pezzo che è già culto; semplice e brillante l’idea del 555-rent-a-band e buona (anche se poteva essere migliore) la resa complessiva. La domanda ora è: lo vedremo mai sulle tv musicali? In più, un bonus: buon divertimento col facespotting.
_White stripes – Blue Orchid (streaming) Cosa sarebbero i White Stripes senza un buon consulente d’immagine? Dopo aver potuto contare sul genio di Michel Gondry, i fratellini incestuosi passano ora a Floria Sigismondi, una che si è fatta le ossa con Marilyn Manson e che da allora gira praticamente sempre lo stesso video. I WS non fanno eccezioni, e le intuizioni buone (Jack vampiro e Meg che spacca i piatti su tutte) sono ben poche. A ciascuno il suo, verrebbe da dire.

_Shout out louds – The comeback (Tasto destro, Salva con nome) Dal paradiso dell’indiepop (la Svezia, no?) alle braccia di una major, il percorso degli Shout out louds è stato diritto e spensierati come la loro musica. E con la Virgin alle spalle la band ha buone possibilità di sfondare: ascoltare questo pezzo weezeriano e guardare il suo (bel) video dall’apparenza costosa per credere.
_Daniel Johnston – Live a Bologna 2005 (CODEC TG) (Tasto destro, Salva con nome) Non è un vero clip, ovviamente; ma da metà in poi del servizio dell’ottimo CODEC TG di Flashvideo ci sono vari frammenti del concerto tenuto dalla leggenda del cantautorato indie ai Giardini del Baraccano meno di un mese fa. Per chi c’era un souvenir, per chi non c’era un’idea di cosa voglia dire vedere Johnston dal vivo. Qualcosa vuol dire.

_Bloc Party – Pioneers (update! streaming) Avendo nelle passate edizioni di questo Aggregator linkato praticamente l’intera videografia del quartetto inglese, non posso esimermi dal segnalare anche il loro nuovo singolo. Uno dei pezzi più deboli del disco (ma quando la faranno uscire Like eating glass?), con inutile clip con la band versione cartoon. Perdiamo già colpi? 
_Damien Rice – Unplayed Piano (Tasto destro, Salva con nome) Nuovo singolo per Damien Rice (ancora insieme all’amatissima Lisa Hannigan), senza un vero video ma con un mini-documentario di sensibilizzazione sulla situazione della Birmania e su Aung San Suu Kyi, unico premio nobel per la pace tuttora in carcere (tutte le info qui). Poco da dire sul lodevolissimo intento, e una cosa sola da dire su questa ballata pianistica a due voci: grande pezzo. (via Lonoise)
_Okkervil river – For real (Tasto destro, Salva con nome) L’idea è tutto fuorchè originale (file under il solito video a cartoni animati lo-fi con immaginario infantile e un po’ lugubre), ma si sposa alla perfezione con l’avant-folk della band texana, per il singolo apripista del nuovo, notevolissimo, Black sheep boy. L’estetica ci sta tutta, e conosco almeno un paio di persone che ne andranno matte.
_Beck – Girl (streaming) Siamo già al quarto video tratto da Guero? Pare di sì. Stavolta è il momento del singolo estivo, con il video simpatico e gondryeggiante e la più volte evocata mari-a-chi-band. L’esito non è male, anche se il pezzo non è certo il migliore del disco, e il video spreca un po’ un’idea altrimenti carina. Applicarsi di più.  

_Gentleman Reg – The boyfriend song (Tasto destro, Salva con nome) Tempo fa avevo un disco di Gentleman Reg che girava per casa; non ricordo perchè, nè ricordo nulla di come fosse. Brutto segno. Questo pezzo però non è male, e soprattutto a lui va il premio video ormonale del mese, con un’orgia (omo, etero e chissà cos’altro) in visione notturna che non la manda certo a dire. Quanno ce vò, ce vò.  
_Royksopp – Only this moment (streaming) Di quanto mi piaccia il nuovo singolo del duo norvegese ho già scritto. Il video, che odora del french touch degli anni d’oro, quando eravamo giovani e belli e la vita era piena di speranze e promesse, è tecnicamente raffinatissimo e meno scontato di quanto sembra, e gli rende piena giustizia. Ma, nonostante la bomba di pezzo, non lo vedo troppo Mtv-friendly. Sbaglierò?
_Nancy Sinatra – These boots are made for walking (Tasto destro, Salva con nome) E siamo alla fine: sedetevi un attimo, smettete di fare quel che state facendo e fermatevi ad ammirare con quanta classe e naturalezza 40 anni fa una sciampista in paillettes e 6 ballerine siano riuscite a fare uno dei video più belli di tutti i tempi. A degna conclusione. 
[le vecchie puntate del Music Video Aggregator: 1, 2, 3, 4 e 5]

lunedì, 20/06/2005

nessun titolo

Monday gaming (rompi/capo edition)
La cosa bella di tenere i ritmi di questi giorni è che, poichè sbroccare è sempre dietro l’angolo, nessuno si stupisce se uno dal nulla smette di lavorare e si piglia una pausa. Tipo, che ne so, una mezz’oretta per rilassarsi; e cosa fa un pazzo per rilassarsi se non aggiungere un rompicapo in una giornata di rompicapo?
Telescope game fa al caso mio e vostro: manovrare i suoi tubi telescopici per buttare la pallina nel buco dà una soddisfazione insospettabile, ancorchè modulare. Io ahimè sono stato richiamato al dovere piuttosto presto; ma voi prendetevi tutto il tempo che vi serve, e raccontatemi come va a finire.

lunedì, 20/06/2005

nessun titolo

L’afterhour di progettazione
L’afterhour di progettazione se ne frega che siano le 10 di mattina o le 9 di sera, una domenica di Giugno o una caldo pomeriggio bolognese; lui comincia con una specie di volontà propria, e da quel momento non c’è virtualmente modo di fermarlo. Dell’afterhour di progettazione non puoi scrivere se non a notte fonda, quando ogni presunzione di produttività è ormai andata e serve solo una scusa per sottrarre altre ore al sonno, chè ormai ci si è abituati al famigliare sentore di neuroni morti dentro la testa. L’afterhour di progettazione vive di caffè e sarcasmo, e di 4 persone chiuse in una stanza tutto il giorno tutti i giorni, a tentare di salvare capra e cavoli dove la capra è progetto di vita e i cavoli sanità mentale. Io sono quello nell’angolo (tu guarda) vicino alla finestra, con i muscoli del collo contratti mentre fissa lo schermo con sguardo assassino e dentro la testa ha il ritmo di un pezzo cadenzato e ripetitivo tipo Lali Puna. Ogni tanto -quasi a turno- ci alziamo in piedi in preda a un’intuizione che nei secondi successivi gli altri faranno di tutto per demolire, scarabocchiando sui fogli a righe schemi un minuto dopo già incomprensibili, il cui potere descrittivo è dato dal mai tanto sottile collegamento tra retorica e plausibilità. Intanto al pian terreno i bambini dell’asilo fanno oh, dall’altra parte del muro un aspirante chitarrista tenta di imparare a suonare Andy Warhol, ci si (s)conforta a vicenda parlando della vita di chi ne ha una e le scadenze perdono consistenza e cambiano natura sempre qualche giorno prima della loro effettiva occorrenza. Dell’afterhour di progettazione non posso far altro che lamentarmi; eppure non si può dire che non mi piaccia. Come avrete capito, probabilmente il problema di tutto sta proprio lì.

venerdì, 17/06/2005

nessun titolo

Written down here, gentle reader, it seems too good to be true
Vi sarà sicuramente capitato di cercare le risposte alle mille domande che vi assillano nella vita quotidiana all’interno dei testi di una canzone. Se siete sfortunati non troverete niente che faccia al caso vostro, vi sentirete un po’ soli e incompresi, e alla fine farete quello che comunque siete destinati fare; se vi va bene troverete una canzone sufficientemente ambigua, che vi consenta di fare quello che davvero vorreste fare (ma forse non lo sapete), con in più una sorta di benedizione esterna da parte del destino. Se invece siete davvero molto fortunati (o avete dei blogger di fiducia che la sanno lunga) vi imbatterete in un disco che spaccia per finzione la vita vera, e vi guida verso gli angoli che vi sono propri con una nuova consapevolezza in più.
Warmer corners potrebbe raccontare una storia vera, e ciascuna delle sue canzoni potrebbe essere uno degli episodi che la compongono. Una storia che inizia dalla fine, e che paradossalmente comincia con le parole The start / is the hardest part; solo in un contesto simile (quello di un temporaneo incrinamento della serenità, only slightly, un semplice singhiozzo, in definitiva) una banalità del genere può sembrare così profondamente vera. E la capriola semantica meta-musicale di The music from next door continua a raccontarci ex post, descrivendo quei momenti in cui una canzone finisce suo malgrado per essere il correlativo oggettivo di una vita o di una storia, a far balzare per la testa certi periodi ipotetici dell’irrealtà che sono come dei tarli e certe scoperte colpevoli che sanno tanto di sollievo. E di periodi ipotetici dell’irrealtà il disco è pieno, con un sacco di avrei dovuto e avrei potuto che, pure, hanno assai poco a che fare con la nostaglia ed il rimpianto.
Warmer corners è uscito da poco, ed è il settimo disco dei Lucksmiths, uno dei più straordinari gruppi pop degli ultimi anni. La cifra stilistica della band australiana -in più di un senso dichiaratamente debitrice agli Smiths- è al contempo assolutamente distintiva e priva di una qualsivoglia originalità che non sia quella di scrivere canzoni virtualmente perfette. E Warmer corners, tra tutti loro dischi, rischia seriamente di essere il migliore. Non aspettatevi di trovarci nulla di più di alcuni ritornelli memorabili, ottimi giri di chitarra, la deliziosa voce di Tali White e una manciata di storie vere in cui specchiarvi.
Per dire: c’è la separazione, c’è la distanza (The chapter in your life entitled San Francisco), prima ancora c’è l’ostinazione (Putting it off and putting it off), il ricordo dolceamaro della conquista (Great Lenghts) e l’entusiasmo tripudiante e cieco dei momenti di massima idealizzazione (Sunlight in a jar); c’è tutto, praticamente, forse troppo. Ma basta arrivare all’ultima canzone, Fiction (che per un po’ trovate qui), che gioca sullo stesso campo del folk narrativo dei Decemberists surclassandoli su tutta la linea, perchè la band insinui il dubbio che tutto quello che ha raccontato finora fosse finzione, fantasia, un insieme di storie inventate. Che sia davvero così? O che sia la scontata arma di difesa di chi si è esposto troppo?
Non è quello il punto, in realtà. Il punto è quello che Warmer Corners ci ha raccontato, e soprattutto, quello che ci ha fatto capire. Gli angoli che ci ha mostrato.

giovedì, 16/06/2005

nessun titolo

Nel caso mi aveste scambiato per una persona seria
_Ti ho stracciato, sei in mutande – Un singolare torneo di videogames con un dressing code tutto particolare.
_Link bollente, praticamente appena sfornato – Su Porn-bread.com ci sono alcune ricette curiose. Chi gli segnala la leggendaria Sorchetta doppio schizzo?
_Il Corriere sempre sulla notizia – Una coppia fa il giro della Gran Bretagna a piedi. Nuda
_Alla faccia del referendum – Spermcube consiste nella raccolta di un metro cubo = 1000 litri = 1 tonnellate di sperma congelato conservato in un cubo trasparente refrigerato. Un progetto collettivo e internazionale, aperto a tutti. Un’opera d’arte universale. Partecipa!

giovedì, 16/06/2005

nessun titolo

Come al solito Coupland aveva capito tutto
Ci siamo infilati in una discussione sulla parole "nerd". "Geek", naturalmente, ora è un complimento, ma non siamo sicuri di sapere cosa significhi "nerd". Mamma mi ha chiesto: "Qual è esattamente la differenza tra un nerd e un geek?"
Ho replicato: "E’ più difficile di quanto non sembri. E’ una differenza sottile. Instintiva. Credo che ‘geek’ implichi la possibilità di farsi assumere, mentre ‘nerd’ non significa necessariamente che le tue abilità sono al 100% vendibili. Essere geek implica benessere economico".
Susan ha detto che i geek, alle superiori, di solito sono dei perdenti che non hanno una vita propria; solo dopo, non avere una vita propria è diventato uno status symbol. "La gente come loro non è mai stata abituata a vedersi riconosciuta dalla società. Quello che spingeva la gente a prenderti a calci nel culo a quindici anno adesso è di gran moda, soprattutto se combinato con denaro sonante. Puoi ascoltare i Rush allo stereo della tua Ferrari mentre vai a comprare qualcosa di buono da mangiare da Il fornaio…con addosso i tuoi Dockers!"
Todd, con un intervento che non ci ha sorpresi affatto, ha aggiunto: "In questo preciso momento, stiamo vivendo la fase conclusiva della nostra storia, il momento in cui, nelle parole di Dio,
the meek shall inherit the earth, gli umili erediteranno la terra. E’ una concidenza che ‘geek’ faccia rima con ‘meek‘, umili? Penso di no. Un incidente provocato dall’evoluzione di un dittongo".
Mamma ha detto: "Oh, che tipi voi
ragazzi! Forse è solo che sono fuori dal loop".
Essere "fuori/dentro il
loop" è l’espressione più di moda quest’anno. Ci sono tre settimane prima che la frase diventi obsoleta, come un computer Apple Lisa. Il linguaggio è veramente una tecnologia.
[Da Microservi, ovviamente]

mercoledì, 15/06/2005

nessun titolo

Geek power
Non c’è davvero limite alle declinazioni del Gioco della coppie. Dopo i partner scelti più o meno a caso per strada, quelli selezionati in base alla loro stanza, quelli decisi conoscendo solo la madre, quelli conquistati sfidandno uno, due, mille avversari, tronisti e tronati, più o meno palesemente finti o più o meno inopinatamente veri, pensavamo di averle viste tutte. Invece da qualche tempo la Warner se n’è uscita con Beauty and the geek, ennesimo contest di coppie mal assortite in cui lei è bella e di successo e lui un nerd intelligente e tecnologico come piacciono a noi, e in cui ciascuno dei due dovrà trasmettere all’altro parte delle sue competenze tanto duramente apprese. Il logo della trasmissione è brillante, il resto puzza di già visto lontano miglia. Epperò, zitti zitti, da subcultura (se così la si può chiamare) per definizione di stra-nicchia, i geek stanno conquistando sempre più spazio e visibilità sui media. Corruzione della purezza e dell’intransigenza originarie o astuto compromesso per conquistarsi anche l’altra metà della torta? 

mercoledì, 15/06/2005

nessun titolo

Fan di Escher a rapporto!
Suppongo possa sembrare noioso, ma cliccate sul link e non ve ne pentirete: in questa pagina è raccolta una grande quantità di illusioni ottiche e fenomeni visivi, con effetti mirabolanti, un gran numero di animazioni e dovizia di spiegazioni scientifiche; alcune sono assolutamente incredibili. Il tipo di cose che mandano completamente fuori di testa. E, come il Rotating Snake qua sotto, mi dà il mal di testa.
 

martedì, 14/06/2005

nessun titolo

I had everything before anyone

I hear that you and your band have sold your guitars and bought turntables.
I hear that you and your band have sold your turntables and bought guitars.
I hear everybody that you know is more relevant than everybody that I know.
But have you seen my records?

L’esordio sulla lunga distanza con i suoi LCD Soundsystem -uscito a Gennaio- è carino, ma non rende giustizia alla statura di un personaggio come James Murphy. Musicista, ma soprattutto produttore, DJ, talent-scout e ideologo maximo della fusione tra rock e musica da ballo che alla fine degli anni ’90 ha scosso dalle fondamenta il panorama musicale (e che in realtà era tutto tranne che una novità), Murphy è uno dei pochi in grado di incarnare la purezza dello spirito DIY del vero appassionato con la lucidità del miglior critico che non vede solo le cose accadere, ma che è in grado di spiegarle. Basta rileggersi ogni tanto il mai troppo lodato testo del suo primissimo singolo, Losing my edge, per trovarci una brillante e ironica analisi di quanto è successo e sta succedendo nell’indiemondo da qualche anno a questa parte.
Vale la pena di spulciare per bene il testo del pezzo in versione arricchita (pienamente nello spirito della canzone, c’è da dire), comprensivo di un link per ciascuna delle band namedroppate da Murphy nei 7 minuti e 53 di durata della canzone. Una sessantina, a occhio e croce.

[noto anche Max ha linkato lo stesso post; dalle stesse fonti stereogommose, evidentemente]