indie-gestione

mercoledì, 12 10 2005

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Immagino anche voi

[si compra qui – c’è anche in versione musicale]

martedì, 11 10 2005

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I bet you look good on the cover
La storia è sempre la stessa, quella della profezia dell’hype che si autoavvera: stampa e trend-setter inglesi dichiarano quale band avrà successo nei mesi a venire e poi, guarda caso, le cose vanno esattamente così. Basta leggere il pluri-linkato articolo del Guardian sui Taste-makers per rendersi conto che ‘sta volta sarà il turno degli Arctic Monkeys. Io non li avevo mai sentiti prima; mi sono documentato e ho scoperto che:
.non hanno ancora pubblicato niente
.il loro primo singolo esce tra una settimana
.una delle sue b-sides s’intitola Chun Li’s spinning bird kick
.hanno appena firmato per la Domino (l’etichetta dei Franz Ferdinand, per dire)
.suonano un genere molto vicino ai Libertines, oscillando tra una certa sgangheratezza pop tutta inglese e inserti blueseggianti che non ti aspetteresti
.come previsto, al prima scolto ho storto il naso e al terzo sono già qua che canticchio
.come previsto, non è roba che ti cambia la vita ma alla fine non è niente male
.in repertorio han già un paio di singoloni: I bet you look good on the dancefloor (anch’essa a sua volta una profezia che si autoavvererà, a ben vedere) e l’appiccicosa Mardi Bum
.il video della prima è qui (no, non merita granchè).
Si accettano scommesse: quanto manca alla copertina di NME? E al 3.1 di Pitchfork?

giovedì, 06 10 2005

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Cinque dubbi più o meno amletici (e più o meno musicali) /3

_Per quale motivo in giro per i blog, italiani e americani, si parla poco e niente dell’ottimo disco dei Magic Numbers? Cos’è, se è senza spillette il pop non va bene?

_Ma quanta tristezza fa il banalissimo perbenismo reazionario di Studentessa universitaria, ultimo singolo di quel Simone Cristicchi che con Vorrei cantare come Biagio sembrava quasi bravino?
_Quanto sarebbe stato perfetto Ben Gibbard con la sua frangetta e i suoi Death Cab for Cutie al ballo Incanto sotto il mare di Ritorno al futuro a suonare la sua versione di Earth Angel?
_Ho visto l’ultimo video di Ricky Martin; ha finalmente deciso di fare coming out?
_Per quale motivo Adem, che l’anno scorso ha pubblicato il più bel disco acustico degli ultimi anni, si è buttato nella missione impossibile di rifare Mojo Pin di Jeff Buckley prendendo, come previsto, una sonora batosta?

venerdì, 30 09 2005

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Indies in fashion

[Ieri una borsa geek, oggi la indie-tracolla più famosa d’Italia. Una copia del tributo ai Red Red Meat in regalo a chi
nei commenti identifica il maggior numero di spillette]
[Disclaimer: la foto alla borsa è stata scattata da Medo senza l’autorizzazione del suo proprietario, il quale era in ogni caso probabilmente troppo sciabolato per accorgersene]

mercoledì, 28 09 2005

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Inkiostro Music Video Aggregator /Settembre
_Cocorosie – Noah’s Ark (Tasto destro, Salva con nome) Non è un bel video neanche per sbaglio, le due maravillose sorelle Casady sfoggiano pettinature ancora più improbabili del solito e effetti visivi d’accatto intristiscono il pezzo forse più convenzionalmente pop del disco: che scopo può avere quindi girare un clip del genere (il primo in assoluto per le Coccherosa, se non erro)? Meglio ricordarle mentre cantano Good Friday in un cortile faentino, se permettete.
_Devendra Banhart – I feel just like a child (streaming) Osannato dalla critica di mezzo mondo, Devendra Banhart più va avanti e meno mi convince. In questo video -wow- balla mentre indossa solo un paio di mutande, che meraviglia! Molti lo troveranno un sacco autoconsapevole e giocoso, altri artisticamente neo-hippy e neo-neo-tribalista, ad altri ancora -al peggio- sembrerà un adorabile cazzone. La mia opinione non differisce molto da quest’ultima, purchè, ovviamente, si ometta la parola adorabile.
_Final Fantasy – This is the dream of Win and Regine (Tasto destro, Salva con nome) Versione ancor più singolosa del singolo del bell’esordio solista del violinista degli Arcade Fire, che a breve passerà anche da queste parti per una rischiosa data live. Chissà se si porterà dietro l’adorabile (lei sì) cameriera provvista di cuffie e mantello del video. Che sia giunto il momento dell’indie-fantasy?
_Pinback – Fortress (Tasto destro, Salva con nome) Non lo si ripeterà mai abbastanza: Summer in Abaddon dei Pinback è stato probabilmente il disco dell’anno scorso che da queste parti si è amato di più. Esce ora il notevolissimo video di Fortress, tristissima storia di animazione a bassa fedeltà su una bella storia d’amore che si trasforma (letteralmente) in una guerra (con annesse coreografie). Si parlava dell’indie-fantasy, no?
_Laura Veirs – Galaxies (Tasto destro, Salva con nome – è lentissimo, serve un po’ di calma) Come dicevo la settimana scorsa, su disco Laura Veirs è grandiosa. Questo video, però, è una delle cose più terrificanti in cui mi sia capitato di imbattermi da un po’. Se ci sono delle idee che qualcuno me le spieghi, l’immaginario è oscuro e sfilacciato e se la natura da sola non l’aiuta Laura ha fatto ben poco per darsi una sistemata. Rimandata al video per Secret someones?
_Death Cab for Cutie – Soul meets body (streaming, e se proprio lo volete è pure su rapidshare) Sottotitolo: Ben Gibbard vestito come mio nonno e i bizzarri funghi/uccelli a forma di note. Come spesso capita, una buona idea (le note volanti, non il guardaroba di Ben Gibbard) un po’ sprecata, anche se l’atmosfera dolceamara e un po’ sospesa ben si adatta all’insolita efficacia del primo singolo di Plans. Quindi alla fine va bene così, dai.
_Royksopp – 49 percent (streaming) Potrebbe quasi essere confuso con un video di Gondry, e chi conosce la meraviglie di cui è capace il regista francese sa quanto questo possa essere un complimento. Per esserlo gli manca un po’ di precisione in più e quei tocchi di classe che lo fanno stagliare a un livello decisamente altro. Detto ciò, la canzone non è niente di che, ma immagino che al giusto volume e con un proiettore abbastanza grosso, l’esperienza lisergica ci starebbe tutta.
_Animal Collective – Grass (Tasto destro, Salva con nome) Sprizza (ancora) avanguardia da tutti i pori,
il collettivo animale, e con un video del genere dona al suo folle folk disgregato una terza dimensione al contempo perfettamente appropriata e insolitamenete sobria. In quanto avanguardia è sempre di difficile digeribilità, ma se il pubblico di merda non capisce, ovviamente è colpa sua.
[i vecchi Video Aggregator]

venerdì, 23 09 2005

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Cinque dubbi più o meno amletici /2
_All’improvviso, una rivelazione: ma è proprio vero che il random (o shuffle che dir si voglia), croce e delizia del musicofilo che nell’era digitale si stordisce di smisurati archivi di files e lettori portatili di mp3, non esiste?
_A che ora mi sveglierò davvero oggi?

_Per quale motivo nell’ultima settimana ho preso ad ascoltare almeno 5 o 6 volte al giorno Very loud degli Shout out louds? Cosa c’è in quella canzone che contemporaneamente mi dice un sacco e mi manda fuori di testa?
_E’ possibile che due buone idee insieme facciano una cattiva idea?
_E il quinto?

giovedì, 22 09 2005

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Se i calembour con la parola indie non fossero finiti..
…questo post s’intitolerebbe con uno di essi; vi è andata bene.
La scorsa settimana a New York si è svolta la CMJ marathon, una via di mezzo tra un festival e una rassegna di musica indie che ha coinvolto la quasi totalità delle venues della grande mela, e che è stata descritta in giro come il sundance festival del rock. Sui blog della zona (Stereogum, Central Village e Brooklyn Vegan, tra gli altri) ci sono un po’ di pareri sui tanti live; per lo più plausi per We are scientists e Clap your hands say yeah, per lo più pollice verso per Holopaw e Wolf Parade, segnalazioni di nomi nuovi da tenere d’occhio come Cloud Cult e Two Gallants. Per l’occasione nientemeno che Yahoo News ha scritto un articolo sull’immortale tema Indie bands move closer to mainstream, che non dice nulla di nuovo ma che, se non avete ancora capito cosa si intende quando si parla di indie, è un buon punto di partenza. Se non avete bisogno di punti di partenza ma di punti di arrivo, la column di Brent Di Crescenzo di un paio di giorni fa sul solito Pitchfork, Indie Fantasy League, è un brillante esempio di indiespocchia portata agli eccessi. A me ha fatto ghignare, e neanche poco. Alla sua lista aggiungerei solo questa voce: leggere l’articolo e capirne almeno il 90% dei riferimenti: +100. Punti scena?

mercoledì, 21 09 2005

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Secret Someones
Sulla copertina del disco c’è una sua foto. E’ il primo piano un po’ impietoso di una ragazza spettinata, non proprio una gran bellezza (io la trovo adorabile, ma questa è un’altra storia), con un vestito a fiori che si intravede sotto la giacca e un’anonima strada cittadina nello sfondo. Sembra la ragazza timida che incontri in biblioteca, lo sguardo triste che incroci sul metrò, oppure la vicina di pianerottolo misteriosa che non ti rivolge mai la parola. Non lo diresti che Laura Veirs è nata in mezzo alla natura del Colorado, è solita passare una buona parte dell’anno campeggiando nei boschi nordamericani ed è laureata in geologia. E non diresti che ha pubblicato alcuni album bellissimi. Non diresti queste cose, ma solo se non hai ascoltato il suo ultimo disco, Year of Meteors.
Nella musica di Laura Veirs, la natura è una continua e imprevedibile metafora di ciò di cui canta, dalle storie agli stati d’animo come delle melodie che li accompagnano. Ovviamente niente di nuovo sotto il sole (appunto), ma, come spesso accade e ci piace che accada, è il come a fare la differenza, e a fare di Year of Meteors un disco di sorprendente bellezza e complessità invece della banale opera della solita indie-folkster. Ci sono il paesaggio catarticamente sulfureo di Fire snakes, le costellazioni pop di synth implosi del singolo Galaxies, il drumming liquido dei perenni viaggiatori che portano nel cuore i propri Secret Someones, lo skylark veneziano (quasi una foto, quasi un Canaletto) di Rialto (le potete ascoltare qui), il malcelato parallelismo speleologico di Speluking e un paio di belle immagini che parlano di lampade a olio e consapevolezze tardive che ti lasciano ammirato quando finalmente le capisci.
Nella musica di Laura Veirs convergono in modo non scontato il folk classico e l’osservazione partecipante di Suzanne Vega, il cantautorato artsy e imprevedibile di una Cat Power meno concentrata sul proprio ombelico, la curiosità musicale di Beth Orton e la fiera assertività di Mirah. Year of Meteors è il suo quinto disco, uscito da poco su Nonesuch (quella dei Wilco) in America e su Bella Union (quella dei Devics) in Europa; e se non sono referenze queste..
Se non la conoscete ancora rimediate; se, fortunati voi, già vi siete già imbattuti nei suoi vecchi dischi, sappiate che Year of Meteors è meno confessional rispetto al precedente Carbon Glacier (anche se quando lo è, come nella spettrale Magnetized o nella sua sgangherata versione telefonica ghost track, è da brividi), meno classico rispetto a Troubled by the fire e contemporaneamente più pop e meno immediato di tutto quanto l’autrice americana abbia prodotto in passato. Il livello, però, è sempre altissimo, forse di più. E a prima vista, forse, non lo diresti.

giovedì, 15 09 2005

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«I più gruppi indie?» «Illuminami con un po’ di clichè»
Non sia mai che io lasci le richieste esposte in modo bizzarro inascoltate: oggi, signore e signori, un po’ di segnalazioni. Indiepop, per la precisione, chè anche se la stagione che arriva non c’entra granchè, da queste parti ultimamente si ascolta soprattutto roba del genere.

_E’ il violinista in uno dei dischi più osannati dell’anno scorso (l’esordio degli Arcade fire), ha suonato con quasi tutto il gotha della scena canadese e ora pubblica sotto il terrificante nome Final Fantasy un disco di pop cameristico inusuale e molto bello: è Owen Pallett, e o è un genio o un pazzo. Può stuccare, certo, ma se non stucca incanta. (Ascolta Please Please Please)
_C’è un solo modo per essere certi che un disco pop funzioni davvero: ascoltarlo la mattina andando al lavoro in ritardo su un autobus affollato mentre il cielo si rannuvola. Mio malgrado mi è capitato, e ho accertato che Nice and nicely done della Spinto band è proprio l’ottimo disco che mi era sembrato ai primi ascolti. Non cambierà la vita a me nè a nessun altro, ma certe giornate oh se le cambia.. (Ascolta Did I tell you)
_Degli Amazing pilots mi sono innamorato alla follia un paio di giorni prima di vederli dal vivo di supporto a Pedro the lion. Giovani, irlandesi, fratelli, bravi. Per nulla originali, soprattutto quando un loro pezzo ricorda un po’ troppo il gingle della vecchia pubblicità dei biscotti Plasmon; eppure, non so bene perchè, sono incantevoli. Un paio di altri giorni dopo il concerto la follia mi è passata, ma me n’è rimasto un ottimo ricordo. Fossero tutti così, gli innamoramenti.. (Ascolta The price of winter)
_E’ idealmente da qualche parte tra i Death Cab for Cutie e i Coldplay, si chiama Monta, è tedesco e, per quanto ciò possa risultare assurdo, funziona. Nel suo disco When circles begin c’è una canzone che sono in grado di ascoltare anche 10 volte di fila; non so spiegarmelo, ma mi ipnotizza. (Scarica da Rapishare I’m sorry e ascoltala in loop)
_Un gruppo che si chiama Math and Physics Club, ‘il club di matematica e fisica’ non può che conquistarmi già dal nome. Ancora di più se finora ha pubblicato solo una manciata di EP su Matinèe e se suona del gentilissimo indiepop adolescenziale che sta da qualche parte tra Ant,
Belle & Sebastian e i Lucksmiths più in punta di piedi. Attendiamo il primo full-lenght, intanto procuratevi Weekends away, Movie Ending Romance e Graduation Day. (Ascolta Movie ending Romance)

E in più, in regalo, altri 4 mp3-link:
_Gli Arcade fire che funereizzano Maps degli Yeah Yeah Yeahs. Il mio parere è anche no, ma in giro piace.
_Illin-noise, remix album che rifà l’intero Illinoise di Sufjan Stevens (torrent). Divertente, anche se ovviamente niente di più.
_Dei Faunts non so quasi nulla se non che a Ottobre esce il loro esordio, che di loro ho ascoltato solo una canzone (Memories of places we’ve never been) e che ho già l’acquolina in bocca.
_Il bizzarro industrial indie-pop degli Half Cousin è stato uno degli ascolti più piacevoli del mio Agosto. Vogliate gradire Country Cassette, una canzone che si fa benvolere già dal titolo.

lunedì, 05 09 2005

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INdecePENDEnt days and nights
[Bologna, Parco Nord – 3 e 4 Settembre]

Un po’ di appunti più o meno random sugli highlights del festival del weekend appena concluso.
Stars. Essendo costituzionalmente votato a un realismo pessimista, prevedevo il peggio per la resa live degli autori di uno dei dischi pop dell’anno. Ma per fortuna mi sbagliavo clamorosamente: la band sa stare sul palco in modo meravigliosamente sfasato ed entusiasta, la scaletta è stata perfetta (non è stata ignorata neanche la vecchia e bellissima Elevator Love Song) e la resa ottima. Commovente in più punti, divertente in molti altri, una speranza trascinata dall’istrionico Torquil Campbell e dall’adorabile Amy Milan che si conferma certezza.
[Su Delay-Decay-Attack ci sono altre belle parole e belle foto]
Hot Hot Heat. Tamarri oltre ogni aspettativa, ma pure bravi oltre ogni aspettativa. A fronte di un repertorio con pochi picchi (ma che picchi) e parecchie valli, la band canadese ha fatto un set carichissimo impossibile da non ballare. I suoi membri sono improbabili quanto i loro assoli (uno per strumento!), i loro stivali a punta e il look (e le pose) da Brian May mancato del cantante Steve Bay, un uomo in grado di suonare la tastiera da sopra, sotto o di lato, in spaccata o in salto, il tutto cantando nel suo radiomicrofono tra una capatina giù dal palco e un’arrampicata sull’impalcatura luci. Francamente improponibili, ma francamente una bomba.
Editors. Suonare sul palco grande alle 2 non aiuterebbe nessuno, suonare new wave darkeggiante sotto un sole cocente neanche, e suonare da epigoni di una band di epigoni neppure. Eppure il quartetto inglese ha fatto il suo sporco lavoro, con un set onestissimo che ha bucato la cappa di indifferenza del pubblico, soprattutto con i bei singoli Blood e Munich. Niente per cui strapparsi i capelli, ma i ragazzi ci sanno fare. Ho il sospetto che sentiremo ancora parlare di loro.
Maximo Park. Con un frontman che sembra Mr. Bean in preda a convulsioni e tre pezzi del calibro di Apply some pressure, The coast is always changing e Going missing si può fare quasi qualunque cosa. E la band di Newcastle l’ha fatto, mandando in delirio una insospettabilmente consistente parte del pubblico dell’arena che pareva conoscere tutti i testi a memoria, con notevole sopresa del sottoscritto e degli scribacchini musicali circostanti. Rimane l’impressione di un’ottima performance e la voglia di vederli in un concerto di durata intera in un club (succederà il 16 novembre all’Estragon). Peccato che il concerto successivo ne abbia, a posteriori, un po’ diminuito l’efficacia.
The Futureheads. Altra giovane band inglese, e anche se i generi -pur non troppo distanti- sono diversi, il confronto con i Maximo Park è inevitabile. Sarà che i Futureheads sono stati avvantaggiati dal suonare in un palco più piccolo e al chiuso, sarà che virando spesso su certo nervoso punk e post-punk la dimensione live è esattamente la loro, sarà che sono venuti dopo e non prima; in ogni caso il quartetto inglese mi ha convinto molto di più dei Maximo Park. Tecnica impressionante, melodie vocali elaboratissime eppure perfette, chitarre potenti e la sicurezza sul palco di chi sa che farà strada: un set impressionante. E quando dal cappello tirano fuori un singolone come Decent days and nights siamo dalle parti del capolavoro.
The Bravery. Nella diatriba tra chi ci è e chi ci fa, i Bravery erano quelli più a rischio. Finalmente abbiamo la risposta: i Bravery ci fanno, ma ci fanno dannatamente bene. Il loro look sarà anche irritantemente perfetto e il loro senso dello show decisamente marcato, ma ce ne fossero di band con questa resa live e con pezzi come Human Mistake e Unconditional; alla fine ogni pregiudizio va a farsi benedire e ci si ritrova a ballare senza neanche accorgersene. E si finisce per apprezzare ancora di più la loro spudorata equazione a somma zero che mischia i Duran Duran meno beceri, il nuovo rock inglese franzferdinandeggiante e un tocco di chitarra à la Guns. Non si esce vivi dagli anni ’80, ma ci si esce ballando.
Bad Religion. Sono troppo vecchio per un concerto dei Bad Religion? Probabilmente sì; ma non si è mai troppo vecchi per esorcizzare la propria prima adolescenza al suono di alcuni degli inni che ne hanno fatto da colonna sonora. Non ho retto tutto il concerto (anch’io ho dei limiti, che diamine), ma su 21st Century digital boy e Come join us stava per scapparci il magone. Finale esorcizzante, degna conclusione del weekend.

venerdì, 02 09 2005

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Dilemmi, per lo più musicali, del week-end
_Quanti pacchi è in grado di tirare una persona in 3 giorni?
_Stasera sul palco dell’Estragon Summer Festival ci sarà Greg Dulli? E sui 103.1 FM, Airbag ci sarà?
_Riuscirà il nostro eroe a imparare ad usare Adobe Première in 2 giorni?
_Gli Stars sono una di quelle band che su disco sono favolose e dal vivo niente di che?
_Mi verrà primo o poi la voglia di leggere il più brutto numero di Rumore a memoria d’uomo?
_Quanti altri gruppi oltre ai Bloc Party daranno ancora forfait all’Independent Days Festival prima di domenica? (via Il Boss)
_Dopo un’intera giornata di festival (alla fine sì, ci sarò), cosa sceglierò di fare domenica alle 10 e mezza? Andare a vedere i Subsonica? Tornare adolescente coi Bad Religion? O andarmene a casa a dormire?
_Ma, soprattutto: con che faccia troverò il coraggio e le energie per ricominciare una nuova settimana di mattanza lunedì?

giovedì, 01 09 2005

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It ends with a fall date*
Non so bene quale sia qui la notizia.
Potrebbe essere che gli Okkervil River sono un gran gruppo. Ma questa non è una notizia, questa è ormai una certezza: dopo il bell’esordio di un paio di anni fa (in cui spiccava la lacerante It ends with a fall) e una manciata di EP, qualche mese fa la band texana è tornata con Black sheep boy, assoluto capolavoro di cantautorato folk oscuro e rumoroso. Ascoltatevi il potente singolo For real, la sontuosa suite autunnale So come back, I am waiting oppure Black, unico pezzo davvero pop del disco.
La notizia invece potrebbe essere che il leader della band, Will Robinson Sheff, è stato il primo musicista a intervenire in un m-blog. Sheff ha postato qualche giorno fa su Said the gramophone, m-blog per lo più dedito a segnalare e approfondire musicisti per lo più ‘vecchi’ e fuori moda, parlando (e linkando canzoni) dello sfortunato cantautore dei ’60 e ’70 Tim Hardin. Proprio da una sua canzone prende infatti titolo Black Sheep Boy, e sentire un personaggio del suo calibro descrivere con tanta competenza la musica di un personaggio che lo ha così tanto impressionato è una cosa senza prezzo. Il fatto che succeda su un m-blog aggiunge al tutto una commovente sfumatura postmoderna.
Più banalmente, invece, la notizia potrebbe essere un’altra: ieri gli Okkervil River
hanno annunciato per inizio Ottobre un tour di 4 date in Italia. Saranno al Covo il 6, e potete scommettere che mi troverete sotto il palco. E’ Autunno, e va celebrato.
[* calembour calembour!]

martedì, 30 08 2005

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Inkiostro music video aggregator /Agosto
_ Sons & Daughters – Taste the last girl (Tasto destro, Salva con nome) Finalmente un video all’altezza del quartetto scozzese; niente di che in realtà (montaggio serrato, una giostra, la band che suona: cose così), ma il pezzo è tra i loro migliori di sempre, il video è ben fatto e chissà, magari potrebbe anche passare sulle tv musicali. E il giudizio non è influenzato (ok, lo è, ma solo un po’) dal fatto che il sottoscritto, dopo aver visto il set della band a Urbino, si sia irrimediabilmente innamorato della cantante Adele Bethel.
_Grand National – Drink to moving on (Tasto destro, Salva con nome) Da non confondere con i quasi omonimi The National, i Grand National sono stati tra le band più suonate ad Airbag la stagione scorsa. Suonano un indefinito mix di quasi ogni genere musicale (leggere un po’ di rencesioni in giro per la rete, e la quantità e diversità di riferimenti e definizioni usati; il nome che compare più spesso comunque è quello dei Blur), e lo fanno in modo dannatamente appiccicoso. Questo video, che racconta la tristissima storia degli uomini-Tetris, è un meraviglioso delirio che con me ovviamente sfonda una porta spalancata.
_Ok go – A million ways (Tasto destro, Salva con nome) Teaching the indiekidz how to dance part 1. Già lo sapete che il sottoscritto ha un clamoroso debole per i video con le coreografie; date un’occhiata al video e alla bravura della band e capirete quanto questo video possa mandarmi in estasi. Trattasi del primo singolo estratto dal nuovo disco -in uscita a giorni- della band power-pop di Chicago; musicalmente nulla di fondamentale, anche se avendo preso 2.6 su Pitchfork col disco vecchio mi stanno assai simpatici.
(grazie a Giovanni)
_ Clor – Love & pain (Tasto destro, Salva con nome) Teaching the indiekidz how to dance part 2. All’orecchio non allenato i Clor possono sembrare non molto diversi dagli Ok Go, e all’orecchio allenato? Pure. E allora perchè Pitchfork assegna al loro debutto un sonoro 8.2 descrivendo la loro musica come «refreshingly buzzy thumping indie pop»? Ottima domanda. Quel che è certo è che, in effetti, i Clor sono più complessi di quanto sembra e fanno il loro lavoro in maniera egregia. Questo video è evidentemente fatto con due lire, e sfiora il grottesco in più di un punto. Eppure funziona.
_Franz Ferdinand – Do you want to (Tasto destro, Salva con nome) Teaching the indiekidz how to dance part 3. La parola d’ordine della band, stavolta, è sbracare. Niente più movimenti meccanici, riferimenti all’espressionismo tedesco e intellettualismo spinto anche nei video: stavolta il quartetto inglese si mette la giacca di pelle, va a fare casino a una festa e accenna persino dei passi di danza. Un passo falso o una lungimirante apertura a un pubblico nuovo?
_Depeche Mode – Precious (Draft version) (Link a Megaupload) Non capita spesso di poter dare un’occhiata al lavoro di un regista di videoclip prima che sia finito. In questo caso, però, qualcuno ha messo onlie il nuovo video dei Depeche Mode prima che fosse ultimato, e la carenza di fondali, le indicazioni scritte e le bozze di storyboard hanno un fascino che, probabilmente, il video completo non avrà. Anche perchè sia la canzone che il clip si fanno dimenticare abbastanza facilmente. (grazie a Fabio)
_The White Stripes – My Doorbell (Tasto destro, Salva con nome) In giro si nota che giusto in tempo per l’uscita del remake, Jack White si presenta in questo video ruffianello conciato come Willie Wonka e circondato di bambini. Verrebbe da dire che il nostro non abbia bisogno di mezzucci del genere, eppure la battuta d’arresto di Get behing me Satan rispetto ad Elefant -peraltro ampiamente pronosticata- è sotto gli occhi di tutti, e coi tempi che corrono tutto fa brodo. Il pezzo è il più orecchiabile del disco, e se non ci riesce questo a riportare l’attenzione dei media sul duo di Detroit, niente ci riuscirà.

_Dungen – Panda (Tasto destro, Salva con nome) La Psichedelia è morta, viva la psichedelia. Psichedelici la canzone e il video, e psichedelico il fatto che piaccia ai critici indiesnob che venerano questo misterioso collettivo di folk progressivo e psichedelico svedese come se fossero i Grateful Dead; infatti un po’ gli assomigliano. Un ritorno del progressive psichedelico? Che il Signore ci assista.
_LCD Soundsystem – Tribulations (Tasto destro, Salva con nome) Qualche tempo fa ero in una discoteca rock, e un tizio alle mie spalle ha detto, guardando in alto: «Guarda, la palla degli LCD Soundsystem!». E’ incredibile come in certi ambienti una cosa ‘vecchia’ e con un immaginario storico come la mirrorball sia ora come ora inesorabilmente associata a James Murhpy. Il quale, in questo video, gioca assai con la cosa, ed è impeccabile, ai confini della perfezione, come al solito.
_Sia – Breathe me (Tasto destro, Salva con nome) Un pezzo dell’anno scorso che, dopo essere stato usato nell’ultima puntata dell’ultima serie di Six Feet Under sta vivendo in giro per la rete una nuova giovinezza. Dalla ex cantante degli Zero7, un pezzo che qualche anno fa si sarebbe descritto come trip-hop, con un video classico in ormai canonico stop motion, realizzato attraverso l’utilizzo di più di 2500 polaroid.  
_Xiu Xiu – Pox (Tasto destro, Salva con nome) Gli Xiu Xiu fanno le cosacce con le bambole, e inscenano un piccolo dramma domestico in versione lo-fi che si adatta alla perfezione al loro sound straziante. Che in questo caso, come capita di rado, riesce ad essere contemporanemente sia pop che avanguardia, finendo per assumere una potenza alla potenza che questo video amplifica ulteriormente.
[le vecchie puntate del Music Video Aggregator: Luglio, Giugno, 5, 4, 3, 2, 1]

   
   

venerdì, 26 08 2005

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Airbag (lato) passeggero
Mentre lo Sceriffo Costosa e il suo Degradare informati sbarca in edicola (lunga storia) e Bologna è popolata ancora solo da balle di fieno che rotolano e coguari che si cibano delle carogne degli incauti che osano avventurarsi nella città deserta, Airbag fa già le prove generali per la nuova stagione, che si preannuncia ricca di novità, champagne e cotillons. La metà già tornata in città (il socio AndreaNP è ancora disperso per la penisola) vi invita quindi a sintonizzarvi sulle usuali frequenze di Radio Città Fujiko (103.1 MHz in FM a Bologna o streaming nel resto del pianeta) alle usuali 21 per una puntata del non usuale Airbag (lato) passeggero, che vedrà come ospiti il prode Aurelio ‘Paso’ Pasini de Il Mucchio e la compagna di merende Ele. Niente scalette, Airbagrafie e pretese di alcun genere (come se di solito ne avessimo), stavolta solo chiacchiere a ruota e musica. Accorrete numerosi e intervenite in diretta negli usuali metodi. E ricordate che Radio Città Fujiko l’ascolta pure Dainel Johnston.

   
   

mercoledì, 24 08 2005

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Se i soldi non fossero un fattore rilevante
Pitchfork sarà anche la webzine più antipatica del pianeta, ma quando il suo staff ci si mette è davvero tra i migliori a fotografare lo zeitgeist musicale, indipendente e non. L’articolo The Chumbawamba factor parte dall’intervista a Big Champagne -società specializzata nell’internet survey e, in particolare, nello stilare in modi più o meno fantasiosi la classifica delle canzoni più scaricate della rete- per dipingere un lucidissimo ritratto della situazione attuale e delle possibili evoluzioni del mercato discografico. Se si accettano le premesse di Big Champagne, studiando i flussi e le configurazioni seguite dal peer to peer e dal download legale è davvero possibile «assistere a quello che gli ascoltatori farebbero con la loro musica se i soldi non fossero un fattore rilevante». Bellissimo a dirsi, comodo a viversi (troppo?) ma più complicato di quanto sembra come fenomeno da valutare. Le conseguenze sono affascinanti e al contempo terrorizzanti: le library navigabili, gli audioscrobbler, i blog e i myspace creano geografie complesse di ascolto che tanto arricchiscono la personalità, le conoscenze e il gusto di chi entusiasticamente ne fa uso quanto sono rivelatrici di preziosissimi dettagli personali. In parole povere, per le ricerche di marketing sono una miniera d’oro di informazioni a costo zero. Inevitabile evoluzione della specie o Grande Fratello delle hit a tavolino anche nel mondo della musica indipendente?
Per la risposta è ancora troppo presto. Chi è pronto da tempo a profetizzare la fine dell’industria discografica as we know it, però, potrebbe ahimè essere costretto a fare un passo indietro.

lunedì, 22 08 2005

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Che la nuova stagione abbia inizio
Se è vero che da queste parti niente finisce mai veramente, dev’essere vero anche che niente comincia mai veramente (anche se nessuno può provarlo, come nota Tom Barman). Eppure.
Eppure: dopo una breve pausa estiva, sabato scorso con l’inzuppatissima penultima tappa del Tora Tora al Mamamia di Senigallia ha avuto inizio la nuova stagione concertistica emiliano-adriatica. E dopo i set carichissimi di Paolo Benvegnù, Yuppie Flu, Perturbazione e il signor concerto degli Afterhours (il resto delle band me lo sono perso, ahimè), si preannuncia come una grande stagione. Anche perchè se Agosto è il mese più freddo dell’anno (e a giudicare da come sta andando, siamo lì), l’Autunno non può che essere meglio.
Sono appunto i Perturbazione, insieme ai Disco Drive e ai padroni di casa, gli ospiti di onore della serata organizzata dagli Offlaga Disco Pax alla Festa dell’Unità di Reggio Emilia mercoledì 24/08; per tutte e tre le band sto cercando di battere il record di date viste in un anno, e segnare tre tacche con un colpo solo è un’occasione da non perdere. Un paio di giorni (il 26/08) dopo sarà Vicolo Bolognetti a sparare le ultime cartucce prima della chiusura, con l’atteso concerto dei Valentina Dorme. Prima della data successiva (il 2/09), quando al quadriportico  suoneranno i modenesi Les Fauves reduci da Benicassim (la scorsa volta mi hanno fatto una bella impressione), sarà cominciata pure qua la Festa dell’Unità, che nel consueto spazio dell’Estragon Summer Festival proporrà gli Afterhours (il 2, appunto), e avrà già proposto tra gli altri Quintorigo (il 25), PGR (il 27), Assalti Frontali (il 29) e Marta sui tubi (il 30). Sempre alla Festa dell’Unità il 3 sarà la volta degli autori di uno dei dischi dell’anno, i canadesi Stars, che supporteranno i connazionali Hot Hot Heat, per una data assolutamente da non perdere. Il giorno seguente ci sarà l’Independent Days Festival, ma a meno di inattese regalìe o sconvolgimenti dell’ultimo minuto, non credo che ci sarò; ok che vedere tutti lo stesso giorno i Bloc party, Maximo park, Futureheads, Ordinary boys, Bravery ed Editors rischia di essere un’esperienza non da poco (e di svelare in modo ancor più impietoso chi ci è e chi ci fa), ma dover sganciare una trentina di euro, slalomare tra le probabilissime sovrapposizioni tra i due palchi ed essere costretti a beccarsi Skin, Meganoidi, Subsonica o Bad religion (ah! i miei 15 anni..) non è proprio il massimo. Poco distante peraltro in quei giorni ci sarà il Pop-Gradara; peccato perderselo.
Il resto del mese propone l’unica trasferta senza se e senza ma, per i Wilco il 6 Settembre al MazdaPalace di Milano; si farà in tempo a tornare per beccare il 7 Pedro the lion (+ Mersenne) alla solita Festa dell’Unità. A metà mese ci sarà il classico appuntamento con l’Anti-MtvDay, all’XM24; l’appuntamento quest’anno raddoppia, presentando una prima serata (il 16) dedicata ad elettronica e hip-hop e la seconda serata alla classica pletora di pesissime band hardcore (dai nomi -come al solito a me quasi tutti ignoti- mi sembra un po’ un’edizione sottotono; ma probabilmente sbaglio). A fine mese ennesima data degli Offlaga Disco Pax, il 30 all’Estragon; dev’essere la quinta in meno di un anno. La stessa serata al Link c’è Original Silence, ignoto e probabilmente inascoltabile progetto sperimentale dietro cui si nascondono Thurston Moore e Jim O’ Rourke dei Sonic Youth, Terrie dei monolitici The Ex, Massimo Pupillo degli Zu  e un paio di jazzisti norvegesi.
E arriviamo ad Ottobre; la riapertura del Covo è prevista per l’inizio del mese, e per quella data si parla della presenza di una band scandinava che il sottoscritto ha già visto due volte negli ultimi due mesi ma che, diamine, vale sempre la pena di essere vista. L’8 ottobre ci saranno gli Spoon, e negli stessi giorni in Italia c’è in giro Stephen Malkmus, la cui vociferata data di Bologna non pare però essere confermata (sigh). Il resto del mese presenta almeno un evento irrinunciabile (gli Stereo Total il 15) e vari nomi interessanti: i Kaiser Chiefs il 12 (al Velvet di Rimini), i Teenage Fanclub il 20, Brendan Benson il 29. Si parla pure di date da queste parti di Smog, Animal collective, Art brut e -pare- del ritorno degli amatissimi Broken Social Scene.
Nello stesso periodo in zona ci saranno anche parecchi nomi da palazzetto: la costosissima unica data italiana dei White Stripes (il 21 /10), Bob Dylan (il 10/11) e i Coldplay (il 15/11). Per chiudere in bellezza l’evento sarà riavere in Italia dopo 5 o 6 anni e un paio di pacchi dall’ultima volta i dEUS, il 26/11 al Velvet di Rimini, per intornare insieme a loro Nothing really ends. Perchè, a quel punto, saremo di nuovo vicini alla fine della stagione; e ne avremo bisogno.

   
   

venerdì, 12 08 2005

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Se fai un post per punti bla bla bla
_Il tempo fa schifo, io sto per partire per 4 giorni, la prossima settimana in teoria sono in ferie e dovrei essere in 3 posti contemporaneamente che distano almeno 300 chilometri l’uno dall’altro. Chi trova l’incongruenza vince una bambolina.
_Niente di nuovo in Vista. O sì? Qua l’anteprima dell’aspetto che avranno icone del nuovo sistema operativo di casa Microsoft che impareremo ad odiare. Per motivi di affetto (?) personale mi colpisce molto il cambiamento del cestino.
_Vogliate gradire una decina di cover performate dai Belle & Sebastian. E se non sapete il tedesco, cliccate un po’ a caso come ha fatto il sottoscritto e vedete che il link diretto lo recuperate.
_Se durante la prossima settimana (lunedì pomeriggio, per dire) vi capita di imbattervi nella mia voce su Radio 2 Rai, niente panico; è un virus che ha avuto una certa diffusione da queste parti. A breve -forse- passa.
_QP, non gliela puoi fare. Tempo un paio di mesi che hai cambiato blog, e pure questo si è trasformato in un troiaio sibarita. Suggerisco di registrare subito il dominio.
_Quella dell’uomo morto mentre scopava con un cavallo la sapete già, immagino. Più che la faccenda in sè (che vabbè), è più interessante capire come sia possibile parlarne senza scadere subito sul volgare o sul sensazionalistico. Un po’ di cose qui e qui.
_La copertina di Cripple Crow, nuovo disco di Devendra Banhart, è una delle cose più brutte in cui mi sia capitato di imbattermi ultimamente. Un po’ come il disco, in effetti.
_Uno di quei link che fanno tutti tanto contenti: Encyclopedia of lesbian movie scenes. Assai completa, pare. Da queste parti si ricorda sempre con affetto (?) quella di Mulholland Drive.
_A Castellina, a Castellina! Da stasera per 4 giorni musica e altro tra i colli toscani. Tutte le info qui. Ci vediamo là, e dato che non credo avrò a portata alcun dispositivo connesso a internet, ci si risente non prima del 16.

mercoledì, 03 08 2005

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Le Frequenze sono sempre Disturbate
_A meno di una settimana dall’inizio, finalmente il cast del festival più amato da grandi e piccini pare definitivo e tutti gli asterischi, gli E altri da definire e gli In arrivo sono scomparsi. Sul palco principale nessuna novità di rilievo (è giusto scomparso Micah P. Hinson, ma pazienza), mentre il nuovo Velvet Stage riserva alcune ottime sorprese, come gli amatissimi Sprinzi (con nuovo album all’attivo), l’ineffabile Artemoltobuffa, il sempreverde Bob Corn e i rinati Midwest (il cui nuovo disco, a differenza del precedente, mi piace assai). Il fantomatico palco con ospiti a sopresa pare scomparso dal programma, anche se da queste parti erano già giunte notizie di un nome poco noto dietro cui si nascondono personaggi di un certo calibro. Vedremo.
_Lancio la colletta: un grafico per Frequenze Disturbate. Devono aver speso tutti i soldi nell’organizzazione (ah ah!), perchè quest’anno i manifesti, i volantini e il sito sono terrificanti: sfondo stile tappezzeria del ‘700 direttamente riciclato da 2 anni fa, idem per il logo, testi in Times New Roman e sito di una sola pagina formattato peggio di come saprebbero fare certi diciassettenni di mia conoscenza. Un euro per uno, e magari le magliette escono fuori decenti.
_50 euro per un festival del genere sono troppe? Non sta a me dirlo (secondo me, in ogni caso, sì), ma certamente sono troppi i 7 euro di diritti di prevendita. Fatevi un favore: comprate l’abbonamento o i biglietti direttamente alla cassa, tanto il tutto esaurito è oltremodo fuori questione. E occhio ai parcheggi circostanti, diventati tutti a pagamento un annetto fa, e per cui è stato persino creato un (costosissimo, ovviamente) abbonamento ad hoc in occasione del festival. Ho già visto i vigili urbani fregarsi le mani, quindi fate voi…
[e -come sa bene qualcuno- sabato mattina c’è direttamente la rimozione causa mercato..]
_Se arrivate in città (vabbè, paese) già giovedì, scrivetemi 2 righe all’indirizzo in alto a sinistra; può essere che quella sera si faccia qualcosa.
_Passo e chiudo. Ci si vede questo weekend.

martedì, 02 08 2005

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Into the eye of the storm no sign of rain
L’Estate è l’ultima sera di Luglio. I Calexico suonano lontani, noi siamo in fila orizzontale davanti allo stand, accenniamo timidi movimenti a tempo e siamo stanchi ma con gli sguardi contenti. Una versione assolutamente incredibile di Quattro -una di quelle canzoni che preferisci citare sbagliando-, poi El picador, Alone again or che ormai è quasi troppo familiare e Guero Canelo che si stampa in testa e se ne va solo alle 4, arrivati a casa. Siamo tutti lì davanti, pochi e lontani dal palco, stanchi e forti di un distacco dalla folla che ci proietta direttamente in prima fila. Parliamo poco, ci scambiamo sguardi d’intesa, di serenità e di soddisfazione, quando non sono prese in giro con la crew dei Tasti neri o sorrisi con la ragazza del merchandising divertita da come, dimentico di tutto e tutti, io stessi ballando da solo The crystal frontier nel mezzo del nulla. Non c’era -e non c’è- quasi niente da dire. E questa, probabilmente, è la cosa più bella di tutte.
[bonus video: Calexico with Mariachi – Quattro (Live at Barbican)]

mercoledì, 27 07 2005

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Inkiostro music video aggregator /Luglio
_The Faint – Desperate guys (Tasto destro, Salva con nome) Se qualcuno li ha visti di supporto a Bright Eyes sa che i The Faint, oltre ad avere un tiro che gente come i Killers si sognano, avevano delle video-proiezioni di sfondo assolutamente bellissime. Guardate questo video realizzato interamente in stop motion e ditemi se non è splendido; ha persino troppe idee per un videoclip solo. Un piacere per gli occhi.
_Louis XIV – God killed the queen (Tasto destro, Salva con nome) I Louis XIV hanno ben chiara la strada per il successo: rock’n’roll venato di garage non troppo originale e non troppo raffinato, una major che li spinge a più non posso, e video con una congrua quantità di zinne. Già due mesi fa segnalavo il video di Paper Doll interpretato da tre discinte Suicide Girls, e anche qui c’è abbondanza di carne fresca in mostra. Secondo me alla lunga non paga; ma certo, è un bel vedere. [E la musica? Non pervenuta]
_
Clap your hands say yeah – Over and over again (Lost and found) (Tasto destro, Salva con nome) Un carrello circolare (argh!), un protagonista un po’ nevrotico, una stanza dalla volontà propria e qualche secchio di vernice, così la band più hip del momento sceglie di presentarsi sulle tv musicali. Ironica, di basso profilo, con uno dei pezzi meno sopra le righe del disco. Missione compiuta.
_Smoosh – La pump (Tasto destro, Salva con nome) NME le ha definite The hottest new band in the US underground, e ora stanno registrando un disco con Jason McGerr dei Death Cab for Cutie. Sono le Smoosh, due bambine di 13 e 11 anni, già celeberrime nell’indiemondo americano, che sollevano tanti dubbi sulla natura dell’operazione che le coinvolge quanto deliziano con le loro -davvero notevoli- canzoni (Salvatore ha detto tutto quanto c’era da dire sulla questione qui e qui). Sentite questa serratissima La Pump e guardatevi il suo video tutto pongo, pupazzi e soldatini e poi ditemi. 
_Fatboy Slim – The Joker (Tasto destro, Salva con nome) Che cariiiiiiini, i micini travestiti! E che cariiiiiiino il micio sul giradischi che fa fatboy slim!! Che idea cariiiina, che video cariiiino!
[Fatboy Slim ormai è definitvamente nel limbo delle cose carine. Che brutta fine che ha fatto]
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Xiu Xiu – Muppet face (Tasto destro, Salva con nome) (Ci vuole Quicktime 7, per utenti Mac o PC, sennò si sente solo l’audio) Non avrei saputo cosa immaginarmi da un videoclip degli Xiu Xiu: follia, probabilmente. E in effetti ci avrei preso.
_Stars – Reunion (Tasto destro, Salva con nome) Il nuovo singolo della band di Torquil Campbell è uno dei pezzi migliori del disco, una gloriosa pop song d’amore che nel video si trasforma nel ballo di Reunion della Classe del ’90, un ballo che ha solo due invitati. Video semplicissimo ma perfetto, canzone clamorosa, e io -che in fondo sono un romanticone- ogni volta che lo vedo mi commuovo.
_Weezer – We are all on drugs (streaming) Non si esce vivi dagli anni ’80 – part 1. Evidentemente il titolo dell’ultimo singolo dei Weezer dice il vero: dovevano essere sotto l’effetto di qualche stupefacente mentre concepivano il nuovo video. Altrimenti non si spiega la sua estetica da metal fantasy di serie B rimasto fermo a una ventina d’anni fa. Come un po’ tutto nell’ultimo disco dei Weezer, non si capisce se sia una presa per il culo oppure se alla band questo tipo di cose piace davvero. A questo punto il dubbio è serio.
_Editors – Blood (streaming) Non si esce vivi dagli anni ’80 – part 2. Ennesima e calligrafica giovane band inglese all’esordio. Gli Editors sembrano un incrocio tra Interpol e Bravery (e quindi tra tutti i gruppi a cui questi pesantemente si ispirano); non sono affatto sgradevoli (ma originalità meno di zero, evidentemente), ed anzi questo singolo non è niente male. Il video da libro di biologia del liceo non è niente di che ma è ben fatto; ovvero, è meglio della quasi totalità della videografia degli Interpol.
_The Organ – Brother (Tasto destro, Salva con nome) Non si esce vivi dagli anni 80 – part 3. Prendete i Cure dei primi anni ’80, mettetegli una voce Morriseyana, miscelate il tutto con suoni attuali (tipo gli Interpol), e cambiate sesso a tutta la band ed otterrete le Organ, quintetto femminile che forse non ha niente di nuovo da dire ma che lo dice magnificamente. Nel video ci sono loro che suonano, e poco altro da vedere. La chitarrista è proprio una bella figliola.
_
VHS or Beta – Night on fire (Tasto destro, Salva con nome) Non si esce vivi dagli anni 80 – part 4. Ma il revival di due decadi fa non era finito da qualche anno? Qua continua il festival delle nuove band che scopiazzano senza pudore alcuno; questi VHS or Beta (il nome è notevole, in effetti), se non lo sapessi, diresti che sono i Cure. Meno male che il cantante ha gli occhi a mandorla.
[le vecchie puntate del Music Video Aggregator: 1, 2, 3, 4 , 5 e Giugno]

lunedì, 11 07 2005

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Monday gaming (Playing the indie game edition)
Ho una domanda. Posto che il concetto di indie (se di concetto si può parlare) e il concetto di sport sono quanto di più lontano tra loro si possa immaginare, qual è lo sport più indie? Ovviamente dobbiamo scartare tutti gli sport maggiori -quelli delle Olimpiadi, per dire- e tutte quelle attività in cui si fa troppa attività fisica (si suda già abbastanza ai concerti), quindi ci rimane pochino. Io, di primo acchito, direi le biglie, con le facce sbiadite dei piloti di Formula Uno di 15 anni fa, le curve paraboliche e il moto necessario a vincere ridotto al solo movimento delle dita. Subito dopo, però, viene il minigolf; sublime ma incompreso come la musica che ascoltiamo, divertente e infantile quanto basta, eppure più complesso di quanto sembra. Questa settimana, quindi, andiamo con Mini Putt 3, un simulatore costruito ottimamente, in attesa di sfidarsi faccia a faccia. Io normalmente sono bravino, ma stavolta ho fatto un risultato uguale al par; come al solito, è stata la penultima buca a tradirmi.

giovedì, 23 06 2005

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Il Beckzionario (Beck Live @ Ferrara, 22/06)
A come And the time is a piece of wax – Esattamente come cera, due ore scolpite nella memoria come capita solo ai grandi concerti. Completamente e definitivamente al di sopra di ogni aspettativa.
B come Bek – La maglietta col nome del cantante sbagliato è il feticcio concertistico definitivo. Ieri faceva bella mostra di sè uno splendido Bek sormontato dall’immagine stilizzata di un casco stile Star Wars. Non l’ho comprata per pudore, ma avrei tanto voluto.
C come Che spettacolo – Che il nostro sia un grande showman si sapeva da un po’, ma di fronte alle sue mille trovate -non solo musicali- e allo spirito con cui le mette in atto non ci si può che inchinare. Tra i tanti la tavolata imbandita, l’invasione di palco, la boombox, la gara di banjo e chissà quanti me ne sono perso.
D come Due batteristi e spesso e volentieri 3 percussionisti – Tu chiamala, se vuoi, sezione ritmica. Io la chiamo macchina da gue(r)a. Impressionante.
E come Everybody’s gotta learn sometimes – La sua cover dei Korgis è giunta completamente inattesa, in versione ancora più confessional di quanto sia sulla colonna sonora di Eternal Sunshine. Un intero anno che ti passa davanti agli occhi, o quasi.
F come Ferrara – L’atmosfera di Piazza Castello e del centro di Ferrara ha a che fare con la musica, ma non solo. L’armonia dei palazzi è quasi criminale, e noi, che da altre Signorie rinascimentali si proviene, si è un po’ invidiosi. E il modo in cui riesce ad adattarsi a concerti di generi musicali diversi e opposti con la stessa serafica maestosità ha qualcosa di insensato.  
G come Ghettochip Malfunction – Speravo che del mio pezzo preferito di GueroHell Yes, Beck suonasse questa versione pubblicata sull’EP per iTunes. Invece niente, mi è toccato (solo) un pezzo in human beat-box, vatti a lamentare. Che Cristina Ricci sia con voi. 
H come Hip-hop – Secondo Beck il Palazzo Ducale di Ferrara ha una buona vibrazione hip-hop, mattone per mattone. Che si sappia.
I come Invasione di palco – L’aveva detto, ma nessuno ci credeva; e invece, per la conclusiva Mixed bizness, il nostro ha fatto salire sul palco a ballare una ventina di persone. Come finale è un po’ da manuale e i maligni dicono che sembrava un tantino preparato. Ma alla fine chissenefrega, no?
J come Jack-ass – Uno dei suoi pezzi migliori di tutti i tempi, che ha eseguito in maniera standard senza cedere alle lusinghe delle altre versioni Strange invitation e Burro. Peccato però.
K come Kristo sì – Come altro tradurreste Hell Yes? Farsi bruciare sul termpo dai Quintorigo, che vergogna.
L come Loser – Stavolta non ha neanche provato a diversificarla dall’originale come fa di solito, per sfuggire ai cori da stadio e alla santificazione da inno generazionale. Via con una versione facile facile con handclapping inclusi, completamente singalong-friendly. Una piazza intera che canta Soy un perdedooooor, sublime.
M come MancanzeTropicalia, Lost Cause e Deadweight su tutte, personalmente. Ma per il resto non si è proprio fatto pregare.
N come Nero, tamburello – Dopo l’intro, l’apertura del concerto è stata affidata a uno dei pezzi più oscuri di Guero. Non dei miei preferiti, devo dire, anche se la versione potenziata ieri sera non l’ha veramente mandata a dire. Da riconsiderare.
O come Odelay – Fuor di dubbio, il suo capolavoro. Ed evidentemente anche lui lo sa, visto che ne ha suonato più della metà.
P come Posate – A 3/4 del concerto, il nostro ha suonato un set acustico di 3 o 4 canzoni, solo voce e chitarra. In questo periodo la band si è seduta a un tavolo e ha cominciato a mangiare; su The Golden Age la cena si è trasformata in un concerto per posate, piatti e bicchieri, da qualche parte tra la samba e la musica concreta. Senza parole.
Q come Que onda, Guero? – Come butta, fratè? 
R come Retrogaming – Tra Summer Girl, Hell Yes e una bella versione a 4 bit di Sexx Laws, Beck ha confermato che il sound da retrogaming è una delle tendenze del 2005.
S come Scientology – Perchè, Beck, perchè??? 
T come That great love sound – Menzione d’onore per i Raveonettes che hanno aperto la serata, e per il loro singolone di un paio d’anni fa. I Beach Boys incontrano una versione sexy di Jesus and Mary Chain e etrambi vengono folgorati sulla via del rock’n’roll. Dal vivo precisissimi e trascinanti, se vi capita non perdeteveli.
U come Un tripudio di magliette – Un concerto a cui c’erano tanto magliette dei Duran Duran quanto dei System of a down, tanto di Daniel Johnston quanto dei Postal Service, tanto con la faccia di Che Guevara quando con il nome di Totti. A pensarci bene, una follia.  
V come Vai col Playback – Per uno che usa così tanti campionamenti è impossibile non avere nei concerti una cospicua fetta di musica in base. Ma come porsi quando in base spesso e volentieri ci sono anche (tante) voci? Lì per lì un po’ di fastidio, poi non ci fai più caso. Ma la prossima volta per l’intro di New Pollution e il bridge di Rental Car vogliamo il quartetto vocale.
W come Winona – Sigh.
X come X, Fattore – Sembrerà scontato, ma io mi chiedo come faccia a metterci dentro tutta sta roba e a tirarne fuori comunque qualcosa di accessibile, buono pure per i palati di Mtv. Qual è il fattore X?
Y come Y, Generazione – Eccoci. Ed ecco il nostro messia riluttante.
Z come Zeitgeist – E’ una cosa da ABC della musica, ma non dopo una serata del genere non si può non pensarlo: Beck è la più perfetta incarnazione dello spirito del pop contemporaneo. Periodicamente me ne dimentico, e finisco per non esserne poi così convinto. Fortuna che ci sono serate del genere che ti costringono a ricrederti. 

martedì, 21 06 2005

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Inkiostro music video aggregator /Giugno
_Perturbazione – Se mi scrivi (SMS) (streaming) Con la presenza di Marina Massironi e Carlo Lucarelli la Mescal tira fuori l’artiglieria pesante, nella speranza di concretizzare la promessa di tormentone estivo annunciato che un pezzo del genere si porta dietro. Ci riuscirà? I dubbi, nonostante la dichiarata ruffianeria del brano, non sono pochi. E -come sempre- i fan della vecchia guardia non sanno se sperarlo o meno.
_Feist – One evening (Tasto destro, Salva con nome) Anvedi come balla Feist, verrebbe da dire, e anvedi come balla pure Buck 65.. Ammetto che non impazzivo per questo pezzo come per tutto il lato eighties della chanteuse dei Broken Social Scene, ma con un video del genere, semplice ma ipnotico, quasi quasi cambio idea. La presenza di uno dei più stimati indierapper canadesi in borghese aumenta i punti scena, e fa il resto. (via Mondo Oltro)
_Lcd  Soundsystem – Disco infiltrator (update! Tasto destro, Salva con nome) Bellissimo video, non c’è dubbio. Ma, al di là dell’idea -carina ma non esattamente originale- non saprei spiegarvi perchè. Forse per la single version cowbell-enpowered, forse per l’ottima regia, forse per le tonnellate di coolness svogliata che trasudano da tutti i pori. O forse perchè anch’io, in fondo in fondo, sono un disco infiltrator?
_Yuppie Flu – Our nature (Tasto destro, Salva con nome) Video all’altezza per un pezzo che è già culto; semplice e brillante l’idea del 555-rent-a-band e buona (anche se poteva essere migliore) la resa complessiva. La domanda ora è: lo vedremo mai sulle tv musicali? In più, un bonus: buon divertimento col facespotting.
_White stripes – Blue Orchid (streaming) Cosa sarebbero i White Stripes senza un buon consulente d’immagine? Dopo aver potuto contare sul genio di Michel Gondry, i fratellini incestuosi passano ora a Floria Sigismondi, una che si è fatta le ossa con Marilyn Manson e che da allora gira praticamente sempre lo stesso video. I WS non fanno eccezioni, e le intuizioni buone (Jack vampiro e Meg che spacca i piatti su tutte) sono ben poche. A ciascuno il suo, verrebbe da dire.

_Shout out louds – The comeback (Tasto destro, Salva con nome) Dal paradiso dell’indiepop (la Svezia, no?) alle braccia di una major, il percorso degli Shout out louds è stato diritto e spensierati come la loro musica. E con la Virgin alle spalle la band ha buone possibilità di sfondare: ascoltare questo pezzo weezeriano e guardare il suo (bel) video dall’apparenza costosa per credere.
_Daniel Johnston – Live a Bologna 2005 (CODEC TG) (Tasto destro, Salva con nome) Non è un vero clip, ovviamente; ma da metà in poi del servizio dell’ottimo CODEC TG di Flashvideo ci sono vari frammenti del concerto tenuto dalla leggenda del cantautorato indie ai Giardini del Baraccano meno di un mese fa. Per chi c’era un souvenir, per chi non c’era un’idea di cosa voglia dire vedere Johnston dal vivo. Qualcosa vuol dire.

_Bloc Party – Pioneers (update! streaming) Avendo nelle passate edizioni di questo Aggregator linkato praticamente l’intera videografia del quartetto inglese, non posso esimermi dal segnalare anche il loro nuovo singolo. Uno dei pezzi più deboli del disco (ma quando la faranno uscire Like eating glass?), con inutile clip con la band versione cartoon. Perdiamo già colpi? 
_Damien Rice – Unplayed Piano (Tasto destro, Salva con nome) Nuovo singolo per Damien Rice (ancora insieme all’amatissima Lisa Hannigan), senza un vero video ma con un mini-documentario di sensibilizzazione sulla situazione della Birmania e su Aung San Suu Kyi, unico premio nobel per la pace tuttora in carcere (tutte le info qui). Poco da dire sul lodevolissimo intento, e una cosa sola da dire su questa ballata pianistica a due voci: grande pezzo. (via Lonoise)
_Okkervil river – For real (Tasto destro, Salva con nome) L’idea è tutto fuorchè originale (file under il solito video a cartoni animati lo-fi con immaginario infantile e un po’ lugubre), ma si sposa alla perfezione con l’avant-folk della band texana, per il singolo apripista del nuovo, notevolissimo, Black sheep boy. L’estetica ci sta tutta, e conosco almeno un paio di persone che ne andranno matte.
_Beck – Girl (streaming) Siamo già al quarto video tratto da Guero? Pare di sì. Stavolta è il momento del singolo estivo, con il video simpatico e gondryeggiante e la più volte evocata mari-a-chi-band. L’esito non è male, anche se il pezzo non è certo il migliore del disco, e il video spreca un po’ un’idea altrimenti carina. Applicarsi di più.  

_Gentleman Reg – The boyfriend song (Tasto destro, Salva con nome) Tempo fa avevo un disco di Gentleman Reg che girava per casa; non ricordo perchè, nè ricordo nulla di come fosse. Brutto segno. Questo pezzo però non è male, e soprattutto a lui va il premio video ormonale del mese, con un’orgia (omo, etero e chissà cos’altro) in visione notturna che non la manda certo a dire. Quanno ce vò, ce vò.  
_Royksopp – Only this moment (streaming) Di quanto mi piaccia il nuovo singolo del duo norvegese ho già scritto. Il video, che odora del french touch degli anni d’oro, quando eravamo giovani e belli e la vita era piena di speranze e promesse, è tecnicamente raffinatissimo e meno scontato di quanto sembra, e gli rende piena giustizia. Ma, nonostante la bomba di pezzo, non lo vedo troppo Mtv-friendly. Sbaglierò?
_Nancy Sinatra – These boots are made for walking (Tasto destro, Salva con nome) E siamo alla fine: sedetevi un attimo, smettete di fare quel che state facendo e fermatevi ad ammirare con quanta classe e naturalezza 40 anni fa una sciampista in paillettes e 6 ballerine siano riuscite a fare uno dei video più belli di tutti i tempi. A degna conclusione. 
[le vecchie puntate del Music Video Aggregator: 1, 2, 3, 4 e 5]

venerdì, 17 06 2005

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Written down here, gentle reader, it seems too good to be true
Vi sarà sicuramente capitato di cercare le risposte alle mille domande che vi assillano nella vita quotidiana all’interno dei testi di una canzone. Se siete sfortunati non troverete niente che faccia al caso vostro, vi sentirete un po’ soli e incompresi, e alla fine farete quello che comunque siete destinati fare; se vi va bene troverete una canzone sufficientemente ambigua, che vi consenta di fare quello che davvero vorreste fare (ma forse non lo sapete), con in più una sorta di benedizione esterna da parte del destino. Se invece siete davvero molto fortunati (o avete dei blogger di fiducia che la sanno lunga) vi imbatterete in un disco che spaccia per finzione la vita vera, e vi guida verso gli angoli che vi sono propri con una nuova consapevolezza in più.
Warmer corners potrebbe raccontare una storia vera, e ciascuna delle sue canzoni potrebbe essere uno degli episodi che la compongono. Una storia che inizia dalla fine, e che paradossalmente comincia con le parole The start / is the hardest part; solo in un contesto simile (quello di un temporaneo incrinamento della serenità, only slightly, un semplice singhiozzo, in definitiva) una banalità del genere può sembrare così profondamente vera. E la capriola semantica meta-musicale di The music from next door continua a raccontarci ex post, descrivendo quei momenti in cui una canzone finisce suo malgrado per essere il correlativo oggettivo di una vita o di una storia, a far balzare per la testa certi periodi ipotetici dell’irrealtà che sono come dei tarli e certe scoperte colpevoli che sanno tanto di sollievo. E di periodi ipotetici dell’irrealtà il disco è pieno, con un sacco di avrei dovuto e avrei potuto che, pure, hanno assai poco a che fare con la nostaglia ed il rimpianto.
Warmer corners è uscito da poco, ed è il settimo disco dei Lucksmiths, uno dei più straordinari gruppi pop degli ultimi anni. La cifra stilistica della band australiana -in più di un senso dichiaratamente debitrice agli Smiths- è al contempo assolutamente distintiva e priva di una qualsivoglia originalità che non sia quella di scrivere canzoni virtualmente perfette. E Warmer corners, tra tutti loro dischi, rischia seriamente di essere il migliore. Non aspettatevi di trovarci nulla di più di alcuni ritornelli memorabili, ottimi giri di chitarra, la deliziosa voce di Tali White e una manciata di storie vere in cui specchiarvi.
Per dire: c’è la separazione, c’è la distanza (The chapter in your life entitled San Francisco), prima ancora c’è l’ostinazione (Putting it off and putting it off), il ricordo dolceamaro della conquista (Great Lenghts) e l’entusiasmo tripudiante e cieco dei momenti di massima idealizzazione (Sunlight in a jar); c’è tutto, praticamente, forse troppo. Ma basta arrivare all’ultima canzone, Fiction (che per un po’ trovate qui), che gioca sullo stesso campo del folk narrativo dei Decemberists surclassandoli su tutta la linea, perchè la band insinui il dubbio che tutto quello che ha raccontato finora fosse finzione, fantasia, un insieme di storie inventate. Che sia davvero così? O che sia la scontata arma di difesa di chi si è esposto troppo?
Non è quello il punto, in realtà. Il punto è quello che Warmer Corners ci ha raccontato, e soprattutto, quello che ci ha fatto capire. Gli angoli che ci ha mostrato.

martedì, 14 06 2005

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I had everything before anyone

I hear that you and your band have sold your guitars and bought turntables.
I hear that you and your band have sold your turntables and bought guitars.
I hear everybody that you know is more relevant than everybody that I know.
But have you seen my records?

L’esordio sulla lunga distanza con i suoi LCD Soundsystem -uscito a Gennaio- è carino, ma non rende giustizia alla statura di un personaggio come James Murphy. Musicista, ma soprattutto produttore, DJ, talent-scout e ideologo maximo della fusione tra rock e musica da ballo che alla fine degli anni ’90 ha scosso dalle fondamenta il panorama musicale (e che in realtà era tutto tranne che una novità), Murphy è uno dei pochi in grado di incarnare la purezza dello spirito DIY del vero appassionato con la lucidità del miglior critico che non vede solo le cose accadere, ma che è in grado di spiegarle. Basta rileggersi ogni tanto il mai troppo lodato testo del suo primissimo singolo, Losing my edge, per trovarci una brillante e ironica analisi di quanto è successo e sta succedendo nell’indiemondo da qualche anno a questa parte.
Vale la pena di spulciare per bene il testo del pezzo in versione arricchita (pienamente nello spirito della canzone, c’è da dire), comprensivo di un link per ciascuna delle band namedroppate da Murphy nei 7 minuti e 53 di durata della canzone. Una sessantina, a occhio e croce.

[noto anche Max ha linkato lo stesso post; dalle stesse fonti stereogommose, evidentemente]