mercoledì, 24/08/2005

nessun titolo

Se i soldi non fossero un fattore rilevante
Pitchfork sarà anche la webzine più antipatica del pianeta, ma quando il suo staff ci si mette è davvero tra i migliori a fotografare lo zeitgeist musicale, indipendente e non. L’articolo The Chumbawamba factor parte dall’intervista a Big Champagne -società specializzata nell’internet survey e, in particolare, nello stilare in modi più o meno fantasiosi la classifica delle canzoni più scaricate della rete- per dipingere un lucidissimo ritratto della situazione attuale e delle possibili evoluzioni del mercato discografico. Se si accettano le premesse di Big Champagne, studiando i flussi e le configurazioni seguite dal peer to peer e dal download legale è davvero possibile «assistere a quello che gli ascoltatori farebbero con la loro musica se i soldi non fossero un fattore rilevante». Bellissimo a dirsi, comodo a viversi (troppo?) ma più complicato di quanto sembra come fenomeno da valutare. Le conseguenze sono affascinanti e al contempo terrorizzanti: le library navigabili, gli audioscrobbler, i blog e i myspace creano geografie complesse di ascolto che tanto arricchiscono la personalità, le conoscenze e il gusto di chi entusiasticamente ne fa uso quanto sono rivelatrici di preziosissimi dettagli personali. In parole povere, per le ricerche di marketing sono una miniera d’oro di informazioni a costo zero. Inevitabile evoluzione della specie o Grande Fratello delle hit a tavolino anche nel mondo della musica indipendente?
Per la risposta è ancora troppo presto. Chi è pronto da tempo a profetizzare la fine dell’industria discografica as we know it, però, potrebbe ahimè essere costretto a fare un passo indietro.

10 Commenti a “nessun titolo”:

  1. Enver ha detto:

    diranno che ‘ci verranno incontro’. e allora vediamo di essere da un’altra parte, come le famiglie auditel (Pompeo al proposito è tornato a bloggare, e più che bene!)

  2. inkiostro ha detto:

    Forse hai ragione, in realtà non è esattamente lo stesso campo da gioco, e fenomeni del genere non sono una novità. Però vedere fino a che punto può arrivare la precisione delle indagini su dati che noi stessi, volontariamente, mettiamo in mano di chiunque voglia servirsene assume sfumature sinistre.

  3. brian_jones ha detto:

    Ink, non mi inquieterei più di tanto. condivido il concetto che l’ampliamento del ventaglio dei media di massa allarga sia il campo d’azione per cool hunters [cercatori/teorizzatori dei nuovi trend], sia il campo di divulgazione per i trend setters, provocando di conseguenza, un maggior potere d’influenza sull’utenza. ma in fondo, questo è un meccanismo che si ripete sempre uguale già da molti anni. e comunque stiamo parlando di mode [i megatrend ce li siamo giocati da un pezzo: troppa carne al fuoco ormai] che svaniscono, in un attimo. insomma, tanto danno credo non lo possano fare.

  4. inkiostro ha detto:

    Io invece la vedo in maniera un po’ più occulta, a livello di selezione più che di scrittura. Le band continueranno a fare le band e chi scrive le hit a bacchetta continuerà a farlo come già lo fa ora (solo con più cognizione di causa). Le etichette, le tv, i gionali, loro invece mi fanno paura, mi fa paura la possibilità di determinare a priori quello che avrà successo e, di fatto, di tagliare fuori il resto. Di questo i blog possono essere un buon antidoto, ma basta guardare i grandi m-blog americani per rendersi conto che un certo processo di selezione a priori è già in atto. Poi boh, forse sarò pessimista solo perchè sentire parlare di musica in termini così violentemente di marketing mi terrorizza sempre un po’..

  5. mammara ha detto:

    e poi comunque i gusti sono così frammentati e parcellizzati (e lo diventano ancora di più man mano che aumenta l’accesso indiscriminato a ogni fonte sonora) che lo spazio per l’imprevedibilità ( e per il successo di musiche al di fuori di ogni strategia di marketing) non diminuisce affatto secondo me, anzi.

  6. Enver ha detto:

    Franz, resteranno sempre gli indipendenti-indipendenti. Il rischio paventato riguarda solo chi nelle etichette ha soldi e ‘materiale umano’ (leggi: gonzi che sanno scrivere a comando e a bacchetta) per far editare il pezzo killer appunto a tavolino. Chi è fuori dal gioco avrà la stessa libertà di ora. Guarda i CYHSY…

  7. inkiostro ha detto:

    _Enver: in teoria non fa una piega, ma in pratica mi fa molta paura. La predicibilità tanto necessaria alla aziende (che le nuove tecnologie aiutano) rischia di mettere a repentaglio la visibilità del disco imprevedibile che non ti aspetti e che ti fa secco..
    _Massimo: esatto, era quello che intendevo sopra. Nella band battle vedo che Rihanna sta dando del filo da torcere a Missy Elliot. La domanda a questo punto è una sola: chi è Rihanna?
    _Pat: disorientamento cognitivo, mi piace…

  8. utente anonimo ha detto:

    I Chumbawamba li avevo completamente dimenticati.. Articolo interessante, mi fa salire un pessimismo mica male. Vedere l’arte svilita in questo modo mi sembra molto triste. Non è una cosa nuova, ovviamente, ma sentirne parlare in questi termini è molto brutto. Ora però per depistare chi mi spia i file metto in condivisione anche quella merda che si scarica mia sorella, così imparano.

  9. massimoflea ha detto:

    ma se fosse kosì la musica si conformerebbe troppo ad un unico standard.sbaglio forse!?

    p.s

    non centrerà molto col contesto ma stà andando molto d moda in zone spagnole/latine ecc (hit del momento) la camisa negra dei juanes..

  10. Enver ha detto:

    post egregio. Anche secondo me la contromossa più facile al ‘contropotere’ del download è quella di creare a tavolino pezzi (singoli, soprattutto, piuttosto che interi album; o al massimo ep) mirati alla soddisfazione del downloader medio. Slsk-oriented anziché mtv-oriented… la qualità delle composizioni va da sé ne guadagnerebbe, isn’t it?