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mercoledì, 16/02/2011

Perchè Impronte digitali è Impronte digitali

Nonostante da queste parti normalmente si frequentino abbastanza poco la musica leggera, la tv italiana e i talent show, è ormai tradizione fare una piccola eccezione per il Festival di Sanremo, perchè la spocchia è più bella se ogni tanto la ripieghi e la infili nell'armadio per qualche sera. E come d'uopo lo abbiamo fatto in compagnia di Eddy Anselmi, premiato sanremologo già creatore mille anni fa del sito FestivalDiSanremo.Com e autore di due libri sul festivàl, che mentre fa carriera (l'anno scorso commentava in diretta su Radio Due, quest'anno tra una comparsata a Domenica In e l'altra è diventato membro della delegazione di San Marino all'Eurovision) trova ancora il tempo per regalare qualche collegamento telefonico alla radio su cui ha trasmesso per più di 10 anni.

 

Ed è quello che è successo ieri sera a Impronte Digitali: dismessi per una settimana gli argomenti tecnologici e temporaneamente sostituito il mio sodale Pirex con l'inossidabile Mingo, abbiamo fatto una chiacchierata con Eddy in diretta dal Teatro Ariston per il solito pout-pourri di aneddoti gustosi, previsioni, retroscena e cattiverie assortite. Consigliato se volete avere qualche buona battuta da fare al bar o coi colleghi alla macchinetta del caffè, o anche solo per capire quale dei cantanti in gara ha in passato incrociato da vicino la vita del sottoscritto (e soprattutto in quali torbide circostanze).

 

Quanto alle canzoni del festival, a me non è piaciuto quasi niente di quanto ho sentito ieri (no, neanche i La Crus. E neanche Max Pezzali. Giusto un pochino Madonìa con Battiato), ma questo non è strano. Finchè ci si possono fare quattro  risate leggendo FestivaldiSanremo.Com e l'instant blog sanremese di Pop Topoi su Donna Moderna per me siamo già a posto.
Buon ascolto.

 

 

MP3 Impronte digitali – Intervista con Eddy Anselmi

martedì, 15/02/2011

Nothing on TV is real

(via)

lunedì, 14/02/2011

Buon San Valentino

[Saturday Morning Breakfast Cereal]

lunedì, 14/02/2011

Oltre lo strateggismo

Ruby e Alfonso Luigi Marra, io non so davvero più cosa dire.
[E vogliamo parlare delle versioni doppiate? No vabbè, è troppo]

venerdì, 11/02/2011

Let Polly shake

Negli ultimi 4 giorni, da quando è in streaming integrale sul sito della NPR, ho ascoltato praticamente solo Let England Shake, il nuovo disco di Polly Jean Harvey.

Che sarebbe stata l'ennesima rivoluzione nel sound della cantautrice del Dorset era chiaro fin dall'emergere delle prime nuove tracce live, ma era anche chiaro che il cambiamento sarebbe stato anche su un altro livello. Non saprei spiegare esattamente il perchè, ma già da subito sembrava evidente che, dopo White Chalk, il gioco di maschere che aveva sempre caratterizzato la sua carriera (come scrivevo nel suddetto post: nuova promessa dell’alternative rock femminista, controversa e rumorosa mangiauomini, romantica e disperata femme fatale con parrucca e ciglia finte, timida ragazza acqua e sapone della campagna del Dorset, socialite mondana della Grande Mela, rude e androgina blueswoman e esangue e perduta dama dell’ottocento) era al termine, e che l'epoca in cui Everybody wants to be a PJ (but herself), come dicevo sette anni fa su queste pagine con un brutto calembour, stava per finire.

 

Polly ora sembra assai a suo agio nei panni di se stessa, e ha a disposizione una tavolozza che contiene ormai tutti i colori della musica, e una sicurezza di sè assai solida che le consente di sfruttarla con una fantasia spiazzante e imprevedibile. Ed era imprevedibile, almeno per me, il fatto che pur essendo così poco tradizionale Let England Shake mi sarebbe piaciuto così tanto.

Per il resto, del disco scrive benissimo Stefano Solventi (già autore del notevolissimo PJ Harvey – Musiche, maschere, vita) su SentireAscoltare:

 

Con Let England Shake inizia quindi a tutti gli effetti una nuova fase nella carriera di PJ. Niente più maschere, niente più ricerca di sé: sarà un caso se per la prima volta Polly non compare in copertina? La sua emotività è libera di indagare altrove, di aprirsi al mondo prendendosene cura, mettendo al centro della questione il tema evergreen della guerra, o meglio l'idea del conflitto come mito fondante di un popolo. Lo fa esplicitamente senza rinunciare ad una spiazzante elusività, ovvero parlando a nuora perché suocera intenda, all'Inghilterra assunta come simbolo arcaico di un imperialismo globale che – mutando modi, forme, alibi, nome – continua ad essere la spinta che pianifica le sorti della nostra civiltà. In questo senso, Let England Shake è un disco d'altri tempi, nel quale puoi addirittura avvertire la fragranza folle e urticante dei Sixties californiani antagonisti (in All And Everyone, con la sua madreperlacea solennità, sembra ammiccare al lirismo emblematico dei Jefferson Airplane). E' solo un rumore di fondo tra gli altri di un programma che con gli ascolti svela un variegato ventaglio di frequenze e radici, non a caso inaugurato dalla grottesca ambiguità della title track, imperniata sul sample di Istanbul (Not Constantinople), uno swing ibrido inciso negli anni Cinquanta dai The Four Lads.

 

Siamo lontanissimi dalla vecchia, selvatica PJ. La rocker aspra e convulsa degli esordi ha lasciato progressivamente il posto ad una cantastorie conturbante e riflessiva, che ha imparato a manipolare l'irrequietezza per farne narrazione, a trasfigurare la patologia in racconto, lo schizzo furibondo in una trama di cromatismi ammalianti. C'è ancora un lato rabbioso che sgomita per farsi luce, ma è come domato, ricondotto nei ranghi come una frase che sta tra le righe (vedi il folk blues indiavolato di Bitter Branches). L'abito sonoro – allestito assieme ai fidi John Parish, Mick Harvey e Jean-Marc Butty, con Flood ad occuparsi del missaggio – è parco ma prezioso, fatto di percussioni terrigne e frugali, di chitarre semiacustiche ed elettriche dal timbro morbido, mai invasive, spesso echoizzate come un sogno esotico. Poi c'è l'autoharp, diventato un po' il feticcio della rinata Polly Jean (e quanto se ne sia ormai impadronita è palese in The Words That Maketh Murder, sorta di pseudo-rumba col veleno dentro), quindi discreti ma incisivi interventi di sax e trombone, le apparizioni commoventi del piano, pochi e vaghi sfondi di tastiera. [#]

 

 

MP3  PJ Harvey – The words that maketh murder

MP3  PJ Harvey – In the dark places

giovedì, 10/02/2011

Quanta verità

(via)

giovedì, 10/02/2011

Clapping Music

Qualche sera fa a cena assistevo ammirato (ma inevitabilmente poco partecipe) a un paio di amici che chiacchieravano di musica contemporanea partendo dall'ormai celebre libro di Alex Ross Il resto è rumore. Io non so quasi nulla di musica classica e non sono in grado di distinguere Šostakovič da Ligeti, Bartòk o Philip Glass (anche se sono sicuro che sono diversi più di quanto lo siano i Kraftwerk dai Sex Pistols o da Britney Spears), quindi, a latere di questo ipnotico video che vede Clapping Music di Steve Reich "messa in scena" da Lee Marvin and Angela Dickinson in un estratto da Senza un attimo di tregua, non riesco a fare neanche una battuta o un gioco di parole piccolo piccolo. Però voi magari sì.

(via)

 

mercoledì, 09/02/2011

Non l’avrei mai detto, ma mi mancavano

Ecco, Under cover of Darkness, il nuovo singolo degli Strokes. Repeat!

 

mercoledì, 09/02/2011

Angry board birds

Il più celebre gioco per App Store diventa un gioco da tavolo.

[io però continuo a preferire Cut the rope]

| # | ahipod, gaming | I Commenti sono chiusi

mercoledì, 09/02/2011

McBain, The movie

A quanto pare prima di quelli di College Humor non se n'era accorto nessuno: se metti uno dopo l'altro i frammenti dei film di McBain che compaiono all'interno di varie puntate (in varie serie) dei Simpson, esce fuori una storia di senso compiuto:

 

lunedì, 07/02/2011

Spring Fiction

Oggi è una di quelle giornate in cui, anche se è ancora Febbraio e anche se è lunedì, il sole è così alto e il cielo così terso che sembra quasi primavera, e tutti quello di cui hai voglia, anche se ancora non lo sai, è di una grande canzone pop con il clavicembalo da ascoltare con il repeat.

La trovi, un po' inaspettatamente, in uno di quei dischi piccoli piccoli che ascolti una volta e poi ti scordi di avere. Invece l'ultima opera di Bill Ricchini aka Summer Fiction è aperta da una piccola suite di indie-pop spruzzato di sixties, là dove si incontrano i Divine Comedy, i Belle & Sebastian e i Magnetic Fields degli anni d'oro, ed è subito repeat. E se fingere che sia Estate è ancora troppo difficile, un'aria almeno di primevera qua non ce la toglie nessuno.

 

MP3  Summer Fiction – She's bound to get hurt

venerdì, 04/02/2011

Week Ends

E poi ci sono quei weekend che se avessi ancora un calendario fatto di carta li avresti cerchiati di rosso con un bel contorno di punti esclamativi, preparandoti a una tripletta di gran concerti come da queste parti non se ne vedono spesso.

 

Si parte stasera con gli Sleigh Bells al Covo, per quella che si annuncia una serata sudatissima e molto, molto rumorosa. Nonostante la proposta del duo di Brooklyn non sia in fondo niente di più di un sapiente pop ammiccante disteso su beat hip-hop molto croccanti e spettinato da chitarre iper-sature (per darvi un'idea: sono finiti sotto l'ala protettrice di M.I.A.), io ho un debole per loro fin dagli inizi (dal primissimo demo! how lame is that?) e sono molto curioso di vederli all'opera. Probabilmente sarà un trionfo o una completa disfatta, e voglio proprio vedere se i detrattori dovranno arrendersi all'evidenza o se alla fine ero io che mi sbagliavo. 
Se tastare l'hype non vi interessa, ottime anche le alternative: al Locomotiv ci sono i beneamati My awesome mixtape (con in apertura i gustosi Spaghetti Bolonnaise) mentre all'Arterìa c'è quel solito meraviglioso pazzo di IOSONOUNCANE.

 

MP3  Sleigh Bells – Rill Rill

MP3  Sleigh Bells – Infinity Guitars

 

 

Sabato sarà d'uopo veleggiare verso le terre di Romagna, dove al Bronson di Ravenna sarà di scena our beloved Laura Veirs. Dell'occhialuta folksinger del Colorado e del mio amore per lei vi ho già parlato parecchie volte, l'ultima delle quali in occasione della sua data della scorsa Estate all'Hana-bi, che come tutti sapete del Bronson è la versione estiva. Si sa che molti artisti vengono una volta in Romagna e ne rimangono conquistati tanto da diventare dei veri e propri regulars (qualcuno ci si è persino trasferito), quindi una seconda data a così breve distanza non stupisce neanche un po'. La stagione primaverile del locale ha un programma eccellente, quindi bisognerà tornare spesso da quelle parti, prima ovviamente di metterci le tende in pianta stabile all'avvicinarsi della stagione estiva.

Se non volete fare tanta strada, al Covo ci sono i Gay Beast e al Locomotiv gli Zen Circus + Der Maurer. E all'Estragon c'è Fabri Fibra. Mica cotiche.

 

MP3  Laura Veirs – Secret someones

MP3  Laura Veirs – Life is good blues

 

 

Domenica, si sa, è il giorno del Signore, e che siate o meno soliti recarvi in chiesa per celebrarne la Gloria, questa volta non avete scelta: nella Chiesa di Sant'Ambrogio a Villanova di Castenaso (alle porte di Bologna, a due passi dal casello di San Lazzaro) avrà infatti luogo un evento abbastanza eccezionale. Mark Kozelek, già indie-rock / slowcore / folk legend, leader degli indimenticati Red House Painters e dei Sun Kil Moon, nonchè interprete dalla voce inconfondibile e dall'intensità straordinaria. Vederlo in un contesto del genere sarà, come minimo, splendido. 

Giù il cappello alla crew del Covo per aver organizzato la data e soprattutto a Don Stefano Benuzzi, che di Sant'Ambrogio è il parroco e che, anche se non lo sapete, avete probabilmente incrociato un sacco di volte ai concerti delle vostre band preferite. Tutte le info qui, prenotatevi subito ché poi rimanete fuori.

 

 

MP3  Mark Kozelek – Celebrated Summer

MP3  Red House Painters – All mixed up

giovedì, 03/02/2011

Rubik’s Mug

[si compra qui]

mercoledì, 02/02/2011

Fuck Yeah Boris

Prime immagini e pressbook dal film di Boris, e una certezza: il film esce, appropriatamente, il Primo Aprile.

Come è appropriato che il trailer, già in visione in sala, non sia ancora visibile online.

Uffici stampa alla cazzo di cane?

 

 

 

 

[e nella colonna sonora ci sono ovviamente Elio e le storie tese, che interpretano un pezzo intitolato Pensiero Stupesce. Aspettare fino ad Aprile sarà dura]

mercoledì, 02/02/2011

Nubi di ieri sul nostro domani odierno

I Perturbazione fanno le cose per bene, e già qualche mese fa, in occasione dell'uscita del loro ultimo disco Del nostro tempo rubato, vi ho spiegato estesamente il perché.

A confermarci che da queste parti non c'è quasi nessuno come loro, il terzo video estratto dal disco (Mondo tempesta) ha persino il finale a scelta, come i libro-game o le storie a bivii di Topolino. Il mio preferito è il primo; ma probabilmente cambia a seconda del tempo che fa.

 

| # | indie-gestione, suoni | I Commenti sono chiusi

lunedì, 31/01/2011

Foxes Blues

Sabato sera, centro di Bologna.

Uscito dalla mia osteria romana preferita, accelero il passo per raggiungere la macchina e dirigermi verso il Covo, dove suoneranno i Tunas e, a seguire metterò un po' di dischi. Passo di fianco a una fermata dei mezzi, e riconosco una melodia famigliare: ad aspettare il bus ci sono due ragazze, che stanno intonando a cappella una bella versione di White Winter Hymnal dei Fleet Foxes. Sono un'apparizione splendida e inattesa, e non fosse che sono di fretta, mi fermerei ad ascoltarle e batterei le mani. Ma continuo dritto e me ne vado. Di lì a poco comincerà a nevicare, e sarà una gran bella serata.

 

La notizia è che Fleet Foxes sono tornati, e un po' ci mancavano. Il nuovo disco si chiamerà Helplessness Blues e uscirà a Maggio per Sub Pop. Il pezzo che gli dà il titolo non si discosta di una virgola dallo stile del primo disco della barbuta band di Seattle, anche se forse gli manca la forza e la familiarità istantanea a senza tempo dei primi singoli. E' che quando esce sarà già Primavera, dev'essere quello.

 

 

 

MP3  Fleet Foxes – Helplessness blues

lunedì, 31/01/2011

Sarà finta, ma mi piace pensare di no

[da qui]

sabato, 29/01/2011

Anarchia tricologica

Simone Cristicchi e Maolo dei My Awesome Mixtape / Quakers and Mormons, incontratisi per caso in un autogrill dalle parti dell'Aquila.

[La foto è di Gabriele Spadini, grazie a Pelodia]

venerdì, 28/01/2011

Autocorrect FAILS

Se avete un iPhone conoscete già molto bene la  funzione di autocorrezione e le sue temibili conseguenze, al cui confronto gli indimenticati T9onimi impallidiscono e vanno a nascondersi in un angolo. 

Recentemente Funny or die ha compilato i The 11 Most Amazing Autocorrect Fails, basandosi sulla raccolta quotidiana effettuata da DamnYouAutocorrect.Com. Non so se sono solo io, ma leggendoli mi stavo quasi soffocando dalle risate. 

 

| # | ahipod, oh my geekness | I Commenti sono chiusi

venerdì, 28/01/2011

Unfamiliar Stars

Ti rendi conto che un periodo è difficile quando ti ritrovi alle 2 di notte di un giorno lavorativo con la carta di credito in mano a ordinare da un sito australiano il DVD del concerto di addio di una delle tua band indie-pop preferite. Che è quello che mi è successo qualche sera fa, quando ho letto il post di Matteo che segnalava l'uscita di Unfamiliar Stars dei Lucksmiths:

 

Dovessi scegliere, pistola alla tempia, una sola canzone tra tutte quelle scritte e suonate dai Lucksmiths sospetto sarebbe "The Chapter In Your Life Entitled San Francisco". L'intero mondo della band australiana è racchiuso lì dentro: una melodia semplice e subito contagiosa, una storia di malinconia raccontata in poche, luminose parole. E un testo capovolto. Ricordo che ci misi qualche minuto a fare due più due, unire i concetti "estate" e "Australia", e decifrare quei versi iniziali: "Is it April yet? / I forget sometimes how slowly summer passes". A quel punto divenne chiaro anche che le "unfamiliar stars" citate più avanti sono invece per noi già più familiari.

 

"Unfamiliar Stars" è anche il titolo del Dvd che la – sempre sia lodata – Matinée Recordings pubblica per rendere omaggio, a poco più di un anno dallo scioglimento, alla band di Marty Donald, Tali White, Mark Monnone e Louis Richter. Dentro si può trovare la registrazione del concerto di addio suonato nell'agosto del 2009 al Corner Hotel di Melbourne: trentatré canzoni per una scaletta che attraversa avanti e indietro una carriera lunga sedici anni e una decina di album.

 

Il Dvd esce ufficialmente il prossimo 8 febbraio, ma si può già preordinare (se lo volete in PAL dovete andare da The Lost And Lonesome Recording Co.). Intanto c'è il trailer.

 

 

 

MP3  The Lucksmiths – The chapter in your life entitled San Francisco

MP3  The Lucksmiths – Camera Shy

 

giovedì, 27/01/2011

Intervallo

martedì, 25/01/2011

Piccole idee che rendono la nostra vita migliore

Throx produce calze e calzini in confezioni da tre. Così se ne perdi una  non fa niente.

| # | want it | I Commenti sono chiusi

martedì, 25/01/2011

Cos’è?