maggio 2008

venerdì, 30/05/2008

Spiacente Hank Moody, c’è uno che ti batte

di

Le stagioni di Gossip Girl, House e Lost sono terminate; alla fine di Battlestar Galactica mancano due episodi. Non potevo certo stare con le mani in mano o essere costretto a vedere film d’autore, così, in consonanza perfetta con il processo di regressione che lo sviluppo della mia persona sta subendo da tempo (mi vesto più da giovane di quando avevo vent’anni, ho praticamente abbandonato la musica seria a cui ero approdato, non leggo i quotidiani, ho un blog, vado a concerti di gruppi del liceo di Brighton invece che al country club, sono allergico ai musei – mi fanno subito venir voglia di andare in discoteca, penso che limonare con sconosciute sia più divertente che fidanzarsi) ho scovato la mia nuova, magnifica ossessione: Mad Men.
Per farla breve,

Ambientata nella New York degli anni ’60, la serie tratta della vita di alcuni pubblicitari che lavorano per l’agenzia Sterling Cooper di Madison Avenue e si concentra sul dirigente e creativo Don Draper. L’ambientazione storica della sere dipinge i cambiamenti sociali in atto negli Stati Uniti all’inizio degli anni ’60, con sullo sfondo la campagna presidenziale che contrappose John Kennedy a Richard Nixon.

Alla descrizione di Wikipedia, tra le tante cose che si potrebbero dire se non si fosse drammaticamente a corto di tempo (tipo che il confronto tra la società di allora e la nostra è un giochino molto interessante), aggiungo solo che Don Draper è un personaggio davvero complesso e contraddittorio, sofferto, di successo ma ombroso e misterioso; meno piacione e simpatico di Hank Moody, cucca quanto questo perché, ovviamente, è comunque molto figo. E Hank, mi spiace, in tua assenza ora il mio riferimento è lui: spero non me ne avrai a male.

Qua sotto i titoli di testa, dai quali già si intuisce che il modello maschilista e di apparente successo ritratto nella serie è tutt’altro che spensierato e anzi, rischia di vedere sgretolate le proprie certezze e di sentirsi cadere nel vuoto.

giovedì, 29/05/2008

Ultimamente Inkiostro fa vomitare

di

ECCOMI! Scusate il ritardo. Stavo finendo di leggere il post qua sotto di Violetta.
Sarò breve, così finite di leggerlo anche voi.
No davvero, Inkiostro, torna.
Non se ne può più della gente che scrive cose diverse dalle tue.
Io se vedo un nome diverso da Inkiostro non inizio nemmeno a leggere.
A volte mi capita anche quando sono in altri blog: se non ci scrive Inkiostro insulto il proprietario. Così. DEVE sapere.
A tutta questa gente che scrive diverso da Inkiostro (soprattutto a quel pirla che ha avuto addirittura la faccia tosta di aprire una rubrica fissa con tanto di banner personale), dedico questo link, in cui alcune delle menti più brillanti del nostro pianeta per imitare una scena dei Griffin si sono filmate mentre bevono sciroppo emetico e vomitano con violenza.
È una metafora, maledetti impostori, per sottolineare lo schifo che mi fate.
Qua sotto uno dei video a caso (non l’ho visto ma c’è un ciccione, che fa sempre guadagnare in folklore):
 

mercoledì, 28/05/2008

Preghiere esaudite, con sottotitoli.

Lui e lei si baciano nello stesso vicolo dove una volta sono entrato in una vetrina col motorino. Finora il film è tremendo e non solo per questo.”

Qualche settimana fa, a chi mi chiedeva ragione del nome che porto, ho risposto “um, io sono al 50% umana”.
Non volevo fare la spiritosa.
Sembrava solo il modo più rapido di spiegare che, vero, il Dna è quello, e quindi anche io butto sul morboso alla minima provocazione, spesso sento il bisogno di serrare i ranghi anche se non è successo assolutamente nulla e ogni tanto penso che se la civiltà come la conosciamo venisse risucchiata di botto da un buco nero non sarebbe tutta questa gran perdita, ma essendo nata da una madre e non da un cyborg risulto comunque più abilitata alle relazioni sociali rispetto alla generazione che mi ha preceduto.
Piccoli passi, cavalletta.

I protagonisti di Amore Tossico, tutti junkies all’ultimo stadio, hanno tutti una pelle stupenda. C’è qualcosa che mi sfugge.

Lo stesso, non è semplice conciliare questo quadro biologico – questa costellazione familiare, se vogliamo – con i miei obiettivi di massima.
Se potessi scegliere – sul serio: se potessi scegliere tra qualsiasi destinazione – vorrei essere sposata a un omosessuale non dichiarato verso la metà degli anni Cinquanta.
Scivolerei nella parte senza fatica.
Maniche a mezzo braccio, mobili da giardino pitturati di bianco, schiena parcheggiata in veranda nove mesi su dodici a giocare a mah-jong e ridere rovesciando la testa all’indietro. Ah, questi mariti, sempre impegnati con il lavoro! E se non è il lavoro è il circolo del Bel Gioco! Saranno settimane che non vedo il mio, di marito. Ah ah ah. Gradite un biscottino ai fiocchi? Che diamine, è quasi mezzogiorno. Passatemi il ghiaccio.
Questo pensiero è affiorato alla superficie solo nelle ultime settimane, però da qualche parte doveva pure aver messo radici, tant’è che l’estate scorsa – nel primo e unico shopping spree legato all’abbigliamento che la mia storia ricordi – ho comprato in posti diversi una serie di abiti talmente insensati da risultare drammaticamente funzionali, tutto un dipanarsi di sottogonne, corpetti, stringhe e lacci da stringere in vita, una serie di vestiti fighi dell’estate che chiameremo Splendore nell’erba 2.0 e che esprimono tutti, senza scarto, il desiderio di vagare in una piantagione al calare del sole sentendo dei fruscii poco rassicuranti a giro caviglia.
Che posso dire. Ho sempre avuto un debole per questa iconografia da perdita dell’innocenza, oppure, volendo essere più precisi, da tu hai sbagliato e Dio ti punirà. Accetto riviste illustrate dalle mani dei Testimoni di Geova, uso senza battere ciglio dei metaforoni come “scarpe da ballo nella polvere” e non mi spiacerebbe terminare la mia esistenza terrena come una metà a piacere di quel quadro con la casa e il forcone, ‘cause there’s no place like home, and home, that’s where the heart is, dàh-ling.

Nell’atrio c’è un sagomato col buco per farsi le foto con la faccia da Minimeo. Vorrei avere in tasca un vecchio Caballero e chiudermi al cesso per due ore.”

Cosa ancora più difficile da spiegare – però voglio spiegarla, o almeno provarci – queste, um, politiche sessuali a volume undici si uniscono, per tutto il resto, a una disposizione esteriore abbastanza rilassata.
L’universo tende a srotolarsi seguendo il suo corso. Il senso che ho di me non è legato mani e piedi al lavoro che faccio o al luogo in cui mi trovo. Si è tanto più autentici quanto più quello che hai dentro assomiglia a quello che metti fuori. Dio dà e Dio toglie.
Ma c’è un ma.
Avendo per anni indossato l’indipendenza, l’andare e venire come e quando volevo senza chiedere niente a nessuno, è piuttosto curioso sentire il bisogno di un compagno in senso sociale.

In effetti sarebbe un buon modo di svoltare la serata. Anche se io ho un debole per il primo, con Stephen Dorff che esplode and all.”

"Accompagnatore", parola persa nella traduzione.
Accompagnatore compare nel consumo culturale moderno come una tristezza inaudita, sempre in odore di sporcizia, un gradino sopra chiavatore di vecchie a Capri e un gradino sotto amico paraplegico di Carlito Brigante, lo si potrebbe rendere con “cicisbeo”. Sbagliando.
L’accompagnatore sarebbe il walker, lett. “quello che cammina con”: la persona di sesso maschile che scarrozza le signore sposate per risparmiare loro l’imbarazzo di andarsene in giro senza marito in società, e viene ricompensato non con i soldi (non sempre, almeno) ma tramite una gamma di vantaggi materiali (viaggi, vacanze, cene) e immateriali (far parte di un jet set internazionale di aristo-freak scoppiati per poterne un giorno riciclare le confidenze, pensare che la virtù basti a se stessa).
Io faccio coincidere walker e Daywalker, ma perché ho dei problemi a tenere separate le mitologie, non per essere originale.

Sarà il clima, il sonno o il pensiero di aver sbagliato le piastrelle del bagno, ma non capisco cosa impedisca ai piacentini di fare come i lemming.”

Devo fare una cosa sociale, come succede.
Devo fare una cosa sociale e non mi va di andarci da sola.
Ti va di accompagnarmi a una cosa sociale? Tempo cinquantacinque minuti navighiamo la sala e ce ne andiamo. So che non mi metterai in imbarazzo. Mi fido del tuo buon senso.
Non posso sempre chiedere alla stessa persona. Voglio dire, per i matrimoni avrei risolto (c’è una persona, una certa persona che riassume il senso del proprio stare al mondo in “l’aula di punizione delle high school è una lacuna che non riuscirò mai a colmare” – e intanto i favori da restituire si innalzano fino al cielo e oltre), mentre ogni altra occasione sociale, ma anche semi-sociale, rischia ancora di diventare un prom a cui farsi portare da un anonimo tizio addestrato alla bisogna.
E il walker potrebbe essere benissimo una female walker (walker-ess? walkerette?), se non fosse che le donne di solito hanno altre priorità. E poi, francamente, se ci vogliamo frequentare andiamo a mangiare fuori. In compagnia mista. Bando alle hen night.
E se sotto certi aspetti i parametri dell’estate cambiano da soli, senza strappi – non portare nulla al collo se non ti senti del tutto a tuo agio; non mettere tacchi troppo marcati, altrimenti affonderanno nell’asfalto come denti nel chewingum – ci sono cose che non cambiano mai. Non senza un intervento preciso da parte nostra.
Quello che mi serve è un alleato.
Quello che mi serve è un Diurno.
Ne ho costruito uno e l’ho offerto alla persona per cui sto scrivendo.

Ho scoperto che How Soon Is Now? era nella colonna sonora di Giovani Streghe, per questo l’hanno usata per Streghe. Almeno questa l’abbiamo risolta.”

A scanso di equivoci: l’accompagnatore non può, per alcun motivo, essere incarnato da un amico omosessuale.
Ci sono un sacco di cose divertenti che si possono fare con un amico omosessuale – la prima che mi viene in mente è l’abbraccio di Across The Universe (*), un bellissimo trick per cui è necessario sia un compare dal colore di capelli opposto al tuo sia non essersi messi d’accordo prima (la spontaneità è la chiave), la seconda è andare in giro in motorino d’estate, la terza ha al centro YouTube e, beh, non è una cosa molto divertente se non eri lì – però farsi accompagnare a delle cose sociali non è tra queste.
Di nuovo, questione di copioni.
Io non ti reggo lo zaino quando tu vai nei tuoi locali, tu non impersoni il ragazzo tuttofare quando mi trovo in certi impicci eterosessuali.
Semplice, di classe. No.

Che strano. In un bar di Pechino c’è una ragazza che ti somiglia.” 

Ce li avrei, gli amici giusti per questo genere di emergenze. Accidenti se li avrei. Se non che, quando scatta il momento per caso hai impegni domani, mi ricordo che se ne stanno incatenati alla scrivania fino a mezzanotte, oppure quando da me è sera da loro è mattina, oppure vanno a cena con i Bellissimi di Retequattro.
We keep odd hours.

A proposito. Ho sognato che era uscito il tuo libro, e tu eri la foto sul cruciverba di copertina della Settimana Enigmistica.”

Questo sparpagliamento geografico non ci impedisce di portare avanti il nostro consueto social networking nel mondo reale, una famigliona allargatona che appoggiata su un tavolo per il lungo riempirebbe cinque alberi genealogici.
Se ci pensi ti scoppia la testa da tutte le possibilità.
Un milione di figli unici, di gemelli mancati moltiplicati per tre, un milione di stanze d’albergo singole, costumi da bagno interi, libri ripassati, bagni allagati, prestiti a fondo perduto, un milione di sms con un milione di scherzi privati chiusi dentro – e come posso cancellare qualsiasi segno di un simile stato di cose dalla memoria del mio cellulare, chiunque abbia mai inquadrato la situazione con un “… dimmi che vai a vedere The Warriors a Coney Island, fallo per me” merita di essere salvato, e non sono pochi e nemmeno tanti.
Come ho detto.
Costellazioni familiari.

Quello che mi serve è un Diurno.
Quello che ho è un blood pack.
Le tue preghiere vengono sempre esaudite, nell’ordine in cui sono state ricevute.

(* ci sarebbe un link, ma per arrivare al momento-abbraccio bisogna prima guadare due minuti di Hey Jude cantata da un coro di orfanelli con il naso che cola, due minuti che non sottoporrei al mio peggior nemico, figuriamoci a totali estranei.)

martedì, 27/05/2008

Sessantanove Sessantanova Sessantanove

Ousiders ha riesumato la mitica Telenovela piemontese.

Assolutamente imperdibile.

 

venerdì, 23/05/2008

Riassunto delle puntate precedenti

di

LO POSTANO TUTTI E ALLORA LO POSTIAMO PURE DA INKIOSTRO, OK? QUALCOSA IN CONTRARIO? CERCATE LA RISSA??

Weezer, Pork and Beans.

venerdì, 23/05/2008

Tecnologia suocera

di

oggetto misterioso
Cos’è?

martedì, 20/05/2008

Tutto il cuoricino in una cassettina

di

Perché limitarvi ad ascoltare cassettine farlocche confezionate con freschi mp3 da persone che conoscete con dentro canzoni che nella maggior parte dei casi vi eravate già scaricati (leggi muxtape) quando potete ascoltare le cassettine vere di persone che sono sì assoluti sconosciuti, ma ehi, almeno loro hanno una vita vera? E magari suonano in un gruppo? Oppure magari un loro amico conosce uno che è cugino di uno che suona in un gruppo?

Cassette from my ex [via] è stato creato dal fondatore di Found Magazine, e si propone di raccogliere compile analogiche fatte da ex fidanzati/e e successivamente dimenticate nel cassetto, corredate di post memoriale e dalla puccissima immagine dell’amato/odiato dispositivo di tortura.

Un esempio: la cassettina di Joe, ex ragazzo di Claudia Gonson dei Magnetic Fields, compilata nel 1986. Wow. Oppure, vediamo, er, no, per ora è l’unica a sollevare in me un vaghissimo interesse.

Tempo di chiudere il post ed è scemato del tutto pure quello.
Inkiostro, perfavore, torna.

lunedì, 19/05/2008

Ceci n’est pas Inkiostro (A True Story).

(la cultura gay e i danni del porno in 15 punti)
1. L’ultima volta che qualcuno mi ha proposto di fare qualcosa sul divano io gli ho risposto “vorrei, ma ho una valanga di poesie di Baudelaire da leggere”.
2. Provo quindi un certo disagio di fronte al mash-up impossibile in cui i Pavement tributano il giusto riconoscimento al caposcuola Tiziano Ferro.
3. Se state leggendo il blog del ragazzo Inkiostro, esiste una forte possibilità che voi siate violettabb, Magent, punch-drunk, valido, batteriaricaricabile, woland, NuxxNews, kekkoz, atrentesimo, FrancescaGrado0, Icepick, hankmooody. State calmi, niente panico, ogni riferimento a fatti e persone non è purtroppo affatto mucciniano.
4. Se siete Iron Man, abbiamo poco da dirci. Si ricorre alle maniere forti. Spiacente.
5. Non è tanto questione di orientamenti sessuali. È solo sfacciata allegria se alla domanda “ehi, per caso hai sentito l’ultimo cantautore piagnone dal forte impatto gay tra parureris  alla James Murphy  o blowjob natalizi di Raffaella Carrà” io me lo taglio. Mi domando se si possa studiare la diminuzione delle meteore alla Casa 139, una scuola elementare senza fondi.
6. Il problema del mio mio fidanzato – cioè, il problema più immediatamente evidente dell’indie – sta nel suo essere a) frocio b) terrone e c) metallaro, categorie che prese singolarmente potrebbero non essere inadatte alla vita, ma insieme vanno a formare un Eternal Flame che mi imbarazza quanto Woody Allen che limona con Steve Shelley, anche se rimane confinato nell’angolo più buio della credenza per la prossima trentina d’anni.
7. Dopo di che, lo sappiamo, la notizia della settimana è: ritorna il piano fisso nei video porno dei Julie’s Haircut!
8. Prendiamo ad esempio (uno tra i tanti) I’ll Be Forever Crazy Through The Barricades (A Christian Story), video porno culto del padrone di casa [che al suo ritorno, direte voi, si pentirà di avermi dato la password del suo arriccia peli del petto? Oh, sì.], il video wannabe disco-lesbo in cui un’ottuagenaria viene stuprata da un salumiere brianzolo ingaggiato – per stuprarla, si intende – da Regina Spektor.
9. Di fronte a I’ll Be Forever Crazy Through The Barricades (A Christian Story), mentre la scaglia piatti Femmina alza gli occhi al cielo e sopporta per inspiegabile attaccamento all’attività post coitale, il condivisore di caffettini celebrativi Per Definizione (Maschio) pigola “oh, vorrei tanto essere anch’io così radical freak”.
10. Vediamo se ho capito: tu vorresti essere una misconosciuta scenester ottuagenaria o l’ignoto salumiere brianzolo di turno. Che delusione. un leghista col blocco del biscotto pucciato che caragna dietro a "Chi vuol essere milionario".
11. Hanno fatto bene i tuoi genitori a farti studiare trenino brasileiro con Anthony al Truffle Club. Le colpe dei genitori ricadono sui figli, lo sappiamo, è così dalle origini dell’uomo, da quando mia madre mi ha lasciato un servizio floreale degli anni ’60 a base di bagna càuda.
12. Non puoi desiderare di essere Nick Cave come tutti i grillini confusi e disorientati di Facebook?
13. David Duchovny è indie, quindi non ci provo nemmeno, a proportelo come alitatore da letto. Lo so che di fronte all’alieno malinconico e solitario di X-files invocheresti la Beppe Grillo defense. Tra i danni del liberismo, annovererei anche i Lego e il commercio equo solidale.
13.b  (Di solito di questo passo si finisce a invocare un mondo in cui Schifani alcolizzato perso si ritrova accerchiato da una gang di tifosi nocerini che roteano mazze ferrate con Meatloaf in sottofondo. Stavolta NON andrà così. Non siamo neo-porno, noialtri.)
14. Il vero motivo per cui non sono post-indie-gay – anzi, il motivo per cui non sono mai stato e non sarò mai a) frocio b) terrone e c) metallaro, anche se i miei consumi culturali a tratti possono sovrapporsi a quelli di Nikki – è che non sopporto il pigiama a teschi e tibie di mio figlio.
15. Ad esempio.

lunedì, 19/05/2008

Lost (o forse found) in the post

Inkiostro continua ad essere desaparecido (c’è chi dice abbia deciso di trasferirsi a Madrid, e chi giura di averlo visto prendersi un caffè con uno dei protagonisti di Sex & The City; secondo me invece ha piantato uno tenda sotto il ponte di Brooklyn e neanche Giuliani riesce a mandarlo via) e nessuno ha notizie di lui neanche su twitter, quindi metto da parte la timidezza e umilmente mi aggiungo al dream team di firme che da un po’ infesta questo blog. Mi chiamo Hankmooody (con poca fantasia e tanto, doveroso, omaggio a uno dei fictional characters più monumentali degli ultimi anni), e spero che non vi farò rimpiangere il padrone di casa.
Cominciamo con un post a punti, così ci sentiamo tutti un po’ a casa:

 

_Fox Moody. Continua il momento d’oro per David Duchovny, che dopo il Golden Globe per il ruolo nei panni del mio omonimo sta per tornare con l’attesissimo nuovo film di X-files, X files – I want to believe (trailer). E c’è chi, dopo Californication, si aspetta anche qui qualche incontro ravvicinato di un certo tipo…

 

_Boring Gossip. Da un blog che si chiama Indie Gossip ci si attenderebbe di tutto: voci di corridoio, scoop di nessun interesse, piccole malignità assortite. Invece, per ora, interviste banalotte a qualche misconosciuta scenester o all’ignoto musicista di turno. Che delusione.

 

_Ed è pure scientifico. Gli occhiali da sole che fanno dimagrire.

 

_Excel al servizio della classifica. La diminuzione del numero della canzoni che entra in classifica, con conseguente diminuzione delle meteore,  che, però, non sono mai state tante come lo sono ora e come lo erano negli anni ’60: dati e grafici alla mano, spettacolare analisi di Waxy (riportata anche da Cru7do).

 

_Barcelooooona. Da non perdere il trailer del nuovo film di Woody allen, Vicky Cristina Barcelona. Javièr Berdem che limona con Scarlett Johansson. Javièr Berdem che limona con Penelope Cruz. Ma soprattutto, Scarlett Johansson che limona con Penelope Cruz.

 

_Secondo me al padrone di casa piace. I Phosphorescent (nome da tenere d’occhio) sul loro Myspace rifanno il classico minore Right now I’m a-roaming di Nick Cave & The Bad Seeds. Bella.

 

_Li ho tutti. Signs you may be a hipster. I miei preferiti: «You stopped listening to your favorite band because your Abercrombie-wearing cousin told you he likes their new single.» «You dated someone because they knew Thurston Moore.» «You dumped someone because they knew Steve Shelley, but no one else in the band. » «You ended a friendship because a friend who you told about a new band told another friend about that same band, but didn’t tell that friend that they originally heard about them from you.»

 

_Un attimo prima del backlash. Godiamoci uno dei nomi più caldi degli ultimi mesi, i Ting Tings, prima dell’inevitabile sovraesposizione che ce li farà odiare. Dall’instant classic Great DJ (che ormai conoscono e ballano anche i muri), a Shut up and let me go usata nella pubblicità dell’iPod, alle mille session che ci sono in giro (DaytrotterKCRW e Indie 103.1, ad esempio). E pensate che il disco non è ancora uscito (esce oggi). Io (mi porto avanti- li odio già.

 

_After Amar Fou’s Haircut. Quattro ottimi nuovi video di ottimi musicisti italici: Riprendere Berlino degli Afterhours (impeccabile, a parte il mostruoso collo a barchetta della tutina di Agnelli),  30 anni che non ci vediamo degli Amari (ottima idea e ottima realizzazione; dai che stavolta Mtv ve lo passa), Se un ragazzino appicca il fuoco degli Amor Fou (già un classico, anche se un po’ boghese), Sleepwalker dei Julie’s Haircut (girati con le webcam di 12 macbook messi a cerchio Con una canzone così bella bastava anche un piano fisso).

 

_Meraviglioso. Non ho capito bene, Sawyer, figlio di che? Come mi hai chiamato, Desmond?

 

giovedì, 15/05/2008

Close your eyes and give me your hand

di

E la mia notizia preferita della settimana è: ritorna il lento!
O almeno a Buenos Aires, dove un evento pubblicizzato via Facebook ha attirato la bellezza di 4000 persone che hanno danzato al ritmo (molto basso) di ballatone d’altri tempi come Glory Of Love di Peter Cetera, (Everything I Do) I Do it For You di Bryan Adams e I Will Always Love You di Whitney Houston.
Ora, siccome che in qualità di metallaro dal cuore d’oro in circa 4 minuti sono stato in grado di tirare giù una scaletta di almeno 35 pezzi, ho deciso di regalarvi un tuffo nostalgico e farvi riassaggiare ciò di cui stiamo parlando.
Per cui, considerando che Whitney Houston è contro la mia religione e che Bryan Adams dopo quasi 20 anni ancora non l’ho digerito, innanzitutto beccatevi l’imprescindibile video della suddetta Glory of Love (Love Theme From Karate Kid II):
 

E poi cuccatevi in generoso omaggio una veloce compilation confezionata da me in persona (perdonatemi, non ho avuto tempo di pubblicare una dozzina di mp3, per cui punta tutto su Youtube):

FROM VALIDO WITH LOVE

Guns’N’Roses – November Rain
[subito un pezzo da 90 a tradimento]
Extreme – More Than Words
[il regolamento ci impedisce di ignorarla]
Warrant – Heaven
[visto che recentemente si parlava di loro…]
Bon Jovi – I’ll Be There For You
[altro che Always]
Aerosmith – Crazy
[da teenager presi una cotta dura per Alicia Silverstone]
Spandau Ballet – Through The Barricades
[Tony "Mortadella" Hadley!]
Meatloaf – I’d Do Anything For Love
[diretto da Michael Bay!!! e si vede] 
The Bangles – Eternal Flame
[non scordo la rappresentanza femminile]
Night Ranger – Sister Christian
[devo davvero citare Boogie Nights?]
Alphaville – Forever Young
[voglio una cover degli Arcade Fire SUBITO]
Poison – Every Rose Has Its Thorn [pura poesia]
Scorpions – Still Loving You
[i Maestri]

Bonus obbligatorio:
Nikki – L’ultimo bicchiere [non il vero video, purtroppo…]

Ovviamente ora voglio l’elenco delle vostre ballate preferite…
 

martedì, 13/05/2008

Accessories for Lonely Men

di

Quando una donna ti lascia e ti senti solo, che cosa ti manca veramente? Lei come persona o le piccole cose legate alla sua presenza fisica? Questo è l’interrogativo suscitato da un’opera del 2001 di Noam Toran esposta al Moma nell’ambito della interessante mostra Design and the Elastic Mind (da provare la funzione search del sito). Peccato però che i singoli pezzi che la compongono non siano in vendita, altrimenti su di un paio ci avrei fatto un pensierino sull’onda dello shopping spree.
Vediamo un po’.
L’arriccia peli del petto, un’attività post coitale da cui personalmente mi salvo solo grazie alla poca villosità del mio torace. Come regalo a un amico quindi. Pensa a come sarebbe contento.

image068Il condivisore di sigaretta. E’ vero che ho smesso di fumare, ma nulla mi impedirebbe di far fumare solo il condivisore. Magari però lo mando in balcone.

image070
Un alitatore da letto. Mi domando se si possa anche munire di diffusore di fragranza all’aglio per simulare di aver cenato a base di bagna càuda la sera prima.

image078Il ruba lenzuolo. Manca però lo "spingitore sul bordo del letto".

image074Lo scaglia piatti. Un modo per sbarazzarmi del servizio floreale che mia madre mi ha lasciato e che mi imbarazza anche se rimane confinato nell’angolo più buio della credenza.

image072

A riguardare questi oggetti sorge però spontanea una domanda: è un caso che volendo rappresentare la quotidianità di una storia sentimentale siano tutti legati a un momento di scassamento di maroni? Boh, certo è che a me sarebbero venuti in mente altri oggetti. Ma questo è un blog serio e non è il mio. Perciò ve li risparmio.

lunedì, 12/05/2008

Ceci n’est pas un post per punti

A che cosa serva, domani a scuola da mio figlio, un pigiama, me lo devono spiegare. Non hai capito, mi dice la mia coscienza, leggi bene il diario.

“Tutti gli studenti devono essere muniti di un calderone in peltro, inoltre possono portarsi dietro a scelta un gufo, un gatto o un rospo”


Deficiente, continua lei, non Harry Potter. Il diario, ho detto.


E’ uguale, faccio io.


Ma guarda te di chi diamine dovevo essere la coscienza, io. Di una madre idiota, è chiaro


Taci taci! Stanno entrando a Diagon Halley


“Mamma, mamma, quando andiamo a Londra, quest’estate, mi ci porti a Diagon Halley”


“Tesoro. Se vuoi ti porto da H&M. Che è più o meno lo stesso”


Leggi sto avviso sul diario, cristosanto


Ok ok. Leggo l’avviso. “Lunedì 12 maggio lezione di Non Solo Scherma. Metto la tuta e porto una camicia da notte”


Una camica da notteeeeeee? “Una ehm camicia da notte, Tato?”


“No, no, scusa. Devo aver trascritto l’avviso delle femmine, scusa. Basta un pigiama”


“E che cazzo ci fate con un pigiama a scuola scusami eh?”


“Non dire le parolacce mamma”



Dal diario segreto di Tato


Stamattina mi sono svegliato di buonumore e quando mi sono alzato ho visto che il mio pelusc era asciutto, perché mia madre lo mette sempre in lavatrice e io mi arrabbio. L’ho fatto volare per tutta la casa, poi a scuola mi sono tolto la giacca e abbiamo iniziato a fare i compiti di mate. Poi in ricreazione ho vinto la timidezza e ho fatto il mercatino. Quando fu finita la ricreazione, la maestra ci ha fatto finire il problema che era durato per 30 giorni.





Tra i danni del liberismo, annovererei anche google.


Io per colpa di google non mi ricordo più un cazzo. Provate a invitarmi fuori per un aperitivo e parlarmi dei dischi della mia vita. State sicuri che mi ricorderò un titolo su dieci, cifra tra l’altro sulla quale sono basate tutte le Coversazioni Da Aperitivo Che A Un Certo Punto Virano Verso Le Liste Da Isola Deserta, mioddio, come sappiamo essere prevedibili, noi inclinati ultratrentenni quando ci mettete un martini in mano.


Insomma, a nulla sono valse le mie elementari dove, molto più democristianamente rispetto alla scuola radical freak di mio figlio, mi facevano imparare a memoria non tanto i padrenostri, quando i fieri sdegni di certi poeti di qua intorno.


Ecco, io è con fiero sdegno che sottoporrei una fiera cura ludovico a base di carducci alla madre di E. che alla riunione dell’altro pomeriggio ha insistito perché ai “nostri figli (sic) siano dispensate (sic) lezioni di informatica (siamo in seconda elementare, n.d.R.) soprattutto internet (sic)” perché “i nostri figli usano il computer solo come gioco (sic) e invece dovrebbero scolarizzarlo (sic) e imparare che il computer è anche (sic) Educazione (sic), Crescita (sic), Futuro” (sic).


Mioddio.





Dal diario di scuola di Tato


Portare colla


Portare penne cancellabili, una blu, una rossa, una nera.


Portare un oggetto di quando ero piccolo, NON VALGONO vestitini, vanno bene ciucci, biberon, tettarelle.





Tettarelleeeee? Ma Tato, io non ci ho più un cazzo di sta roba.


“Trova qualcosa mamma. Trova qualcosa, altrimenti tutti mi prendono in giro”


“Vado all’ikea e comperiamo un giochino e lo spacciamo per un giocattolo di quando eri piccolo”


“E lo zeitgeist, mamma? Non ci pensi mai?”





Dal diario segreto di Tato:


Ieri mia mamma è andata all’ikea per la seconda volta in due giorni. Io ieri mi ero annoiato quando ci sono andato, e mi hanno fatto anche una foto col vichingo che ho lasciato là, perché la mamma si è dimenticata. Comunque mia mamma l’è andata a prendere oggi, la foto col vichingo (perché ieri se l’era scordata) e quindi è tornata all’ikea. Già che c’era mi ha comperato un pelusc di quelli dell’ikea che si vede che sono dell’ikea di oggi e non di quando sono nato io. Quando la mamma è tornata dall’ikea ha avuto una crisi isterica e allora abbiamo guardato tutte le puntate di will e grace in dvd sul divano.





Io:


a) so a memoria Paolo e Francesca, con considerevoli buchi in mezzo (da poscia che ebbi il mio dottor udito a amor che nullo amato ci saranno qualcosa come centoventidue terzine e io me ne ricordo a malapena due)


b) so a memoria la nebbia agli irti colli, anche senza fiorello


c) ho ricordi vaghi e dolorosissimi dei rondinini che rimangono senza cibo, ma li accavallo indecorosamente con la cavallina storna.


d) vado spedita come un razzo su A zacinto (anche se in qualche verso mi ricorda clamorosamente il sempre caro mi fu)


e) non mi ricordo che devo comperare la colla per la scuola


f) ditemi una qualsiasi battuta di Will e vi risponderò come risponde esattamente Grace. In italiano, però.





Dal diario di scuola di Tato:


(a caratteri cubitali): PORTARE LA COLLA. TERZO AVVISO. STO USANDO QUELLA DEI MIEI COMPAGNI CHE SONO GENTILI E ME LA PRESTANO, MA NON E’ COSA BUONA. QUINDI CERCHIAMO DI COMPERARLA, PER FAVORE.





“E se portassimo un mio pelusc, mamma?”


“Ma neanche il tuo primo bavaglino andava bene?”


“Non è abbastanza un oggetto di ehm transizione, hanno detto le maestre. Meglio un pelusc. Il mio primo pelusc.”


“Il tuo primo pelusc è Procio”


“Procio Procione”


“Procio Procione, sì”


“Portiamo Procio Procione, allora”


“Portiamo Procio Procione, ma mi devi promettere due cose”


“Dimmi”


“Uno, spiegami subito a che cazzo ti servono tutte ste cose a scuola, il pigiama, Procio Procione, l’oggetto di transizione_”


“Procio Procione è un oggetto di transizione”

“Ok ok. E due: promettimi qui e ora che non lo chiamerai mai e poi mai Procio Procione davanti a tutta la classe. Cioè, non dirai mai_”


“Perché scusa? Lui si chiama Procio Procione. Sarebbe come se tu non volessi essere chiamata col tuo nome e ti chiamassero chessò Carmela”


“Carmela?”


“Carmela, sì. Perché non posso dire che lui si chiama Procio Procione”


“Perché Tato_”


“Sììììì???”


“Perché se ti sbagli, dici un’altra cosa”


“Cosa dico, diamine? Lo chiamo così dai tempi in cui mi volevi sopprimere perché non avevo una dialettica seria con te e piangevo sempre perché volevo la tetta”


“Dici un’altra cosa, con un’altra consonante. E dopo diventa una parolaccia”


“Che parolaccia?”


“Una parolaccia, Tato. Una stracazzo di parolaccia qualsiasi”


“Brocio? Trocio? Urocio?”


“Smettila subito. Ho detto consonante. E fila a letto”


“Grocio. Drocio. Ah, ho capito. Tu non vuoi che dico Zrocio”


“A! Letto!”





Dal diario segreto di Tato


Oggi io e la mamma facciamo Pigiama Day e allora ci siamo messi il pigiama e quando la mamma dormiva un poco nel riposino, io non ho dormito e ho giocato ai playmobil. I playmobil mi piacciono di più dei lego perché sono più da maschio, i lego invece una volta che metto i pezzi dopo non ci gioco più, e la mamma mi ha spiegato che non li fanno più i lego di una volta che si mettono i pezzi che possono servire a tutto, un pezzo lo puoi mettere in una casetta o in una astronave, era uguale. Ah beata mia mamma che ci giocava, coi lego di una volta. Comunque mia mamma è tonta, perché pensa che io non sappia cosa vuol dire Frocio, e invece me l’ha spiegato leonardo, cosa vuol dire, e mi ha spiegato cosa vuol dire anche coglioni vai a fartela dare in culo e toccare le tette. Comunque frocio non c’è niente di male, perché allora anche Will lo è, gli ho detto a leonardo, ma Will chi, mi chiede lui, Will di Will e Grace, ma cosa guardi in tivù tu, mi fa lui, Will e Grace, gli faccio io, e allora se n’è andato a giocare con carlo, che almeno guarda i dragonball, il pomeriggio alla tele.





L’altro giorno il mio fidanzato mi ha sgridato perché dice che non gli faccio mai “vivere dei dopocena”.


“Tu dopocena lo metti subito a letto”


Io al mio fidanzato gli vorrei dire di farli lui dei figli e poi dopo tutti i freeclimbing del giorno me lo viene a raccontare lui cosa deve fare subito dopocena.


“Certo che lo metto subito a letto. Non c’è momento migliore della mia giornata”, scherzo io.


“Non scherzare. Pensa a questo. Che noi quando eravamo bambini e ci tenevano in piedi dopocena, abbiamo visto alfredino. Lui no. Lui lo metti subito a letto e se continui così non avrà mai alfredini da ricordarsi”


“Io mi devo ricordare la colla, cazzo”


“Tuo figlio canta Charlie e non avrà mai alfredini. Pensaci”





Così una sera lo tengo in piedi.


“Mamma. Cosa facciamo davanti la tivù accesa a volume zero?”


“Facciamo il dopocena, Tato Guarda. Quello che vedi fra vent’anni diventerà una canzone”


“Chi è quella, con quelle due gran bocce?


“TATO, CHI TI HA INSEGNATO QUESTE COSE?”


“Chi è?”


“E’ un ministro, tato. Un ministro”


Sta zitto insieme alla tivù per un po’.


“Allora? Cosa ne dici? Idee? Suggerimenti? Curiosità del periodo?” gli chiedo.


“Cos’è il niente, mamma?” dice dopo un minuto.


“Andiamo a letto, tato.”


“No, perché se io chiudo gli occhi, voi mi dite che non vedo più niente, ma io in realtà vedo il nero. Il nero che vedo non è niente. Il niente, in quanto tale, dovrebbe essere tutto ciò che non è. Non ciò che è altro. Il nero è altro dalle bocce della signora. Se non vedo più le bocce della ministera_”


“Ministro, Tato, si dice ministro”


“Se non vedo più le sue bocce, vedo comunque qualcos’altro. E non vuol dire che le bocce non esistano più. Le bocce continuano a esistere anche se io non le vedo, e vedo nero_”


“Io ti sopprimerò. Prima o poi ti sopprimo. Ma per il momento ti metto solo a letto.”


“Ho capito! Ho capito tutto! Il niente non esiste, perché ciò che è è, e ciò che non è non è. Quindi il niente non può essere qualcosa, perché va da sé che se è qualcosa non può essere niente, e allora non è niente_”


“Cazzo, neanche oggi ti ho comprato la colla”


“_ perché se no sarebbe. Il niente sarebbe. Sono un genio. Buonanotte. Vado a letto”





Dal diario di scuola di Tato


Gentile sig.ra madre di Tato,


è con immenso rammarico che suo figlio verrà espulso da Hogwart, in quanto consumatore a tradimento di colle altrui. Da regolamento, al terzo avviso non rispettato, scade la possibilità di continuare a far parte di questo istituto. Le colpe dei genitori ricadono sui figli, lo sappiamo, è così dalle origini dell’uomo, da quando i figli di Adamo ed Eva hanno pagato per una mela proibita. Detto ciò, ci scusi, ma abbiamo tanto da fare, qui, e così poco tempo.

Arrivederci. Saluti al figliolo.

La direzione




[Il suddetto post ha come unica e indeclinabile utilità quella di essere riuscita a scrivere le parole “frocio”, “Harry Potter” e “I playmobil sono meglio dei lego” sul blog di inkiostro. Per il resto, ogni riferimento a fatti e persone non è purtroppo affatto casuale, bentornato ink, a proposito]

mercoledì, 07/05/2008

Il Terrone di Ritorno (A True Story).

Probabilmente, i più anziani tra voi si ricorderanno di me. Mi chiamo Antonio, e tempo fa avevo un blog.
Da quando sono stato assunto come spin doctor del ministro Mara Carfagna, ho dovuto firmare un contratto col quale mi impegnavo fomalmente a non pronunciare più le parole: Zio Ciuffo, Vitareale(TM), Postricchione Avanguardista, era meglio il demo.

Inkiostro– un uomo che sta probabilmente limonando con Feist mentre io scrivo su un tovagliolino di carta al termine della festa di insediamento (il ministro sta attualmente ballando What is Love di Haddaway su un tavolo, tra Beppe Severgnini e Beppe Convertini)- Inkiostro, dicevo, mi ha gentilmente fatto notare di avermi donato un account quattordici anni fa, e di non averlo ancora usato. Conoscendo la potenza di quell’uomo, l’aver trovato Luca Barbarossa sul mio divano che suonava tutto il nuovo album non dev’essere stato un caso. Ordunque.

Mettiamola così: se avessi deciso di continuare a vivere a Salerno- cosa che non è stata possibile perchè al pronunciare la parola ‘stipendio‘ ricevevo in cambio lo stesso guardo di chi ha appena sentito pronunciare la frase ‘guarda che un alieno con gli stessi pois delle Pipettes ti sta rigando la macchina‘- ecco, se io avessi davvero deciso di rimanere lì, ora sarei alcolizzato perso. Essendomi trasferito a vivere altrove- in un luogo dove alla parola ‘stipendio‘ mi lanciano due banane e tre noccioline (queste ultime da prendere al volo)- ho un fegato ancora mediamente ammissibile. Per un ottantaquattrenne, intendo.

FENOMENOLOGIA DEL TERRONE DI RITORNO (A TRUE STORY)

Avere un fine settimana lungo a disposizione vuol dire avere più delle usuali trentasei ore traffico permettendo per tornare a casa. Trentasei ore traffico permettendo che normalmente possono riassumersi come: a) accendere ceri a Lari e Penati per essere anche stavolta sopravvissuto alla Roma-Napoli; b) entrare in casa, lanciare il borsone sul pavimento, fare un vago cenno di saluto all’antico genitore e lanciarsi nello struscio; c) dribblare con doppi passi e scarti brasileiri le orde di amici invecchiati male che spingono passeggini sul corso ed infine d) raggiungere chi di dovere al bar di riferimento, ed iniziare a bere.

Ci sono due orari ben precisi, mai dichiarati ma fermamente scolpiti nelle Sacre Tavole del Terrone di Ritorno (d’ora in poi, STDTDR): le undici e le diciotto. Prima, è un lungo susseguirsi di caffettini celebrativi del tuo ritorno nella città natia; dopo, un lungo susseguirsi di prosecchini barra martini celebrativi del tuo ritorno nella città natia. Intermezzati da qualche provvidenziale salto sotto al tavolo per evitare qualche altro amico invecchiato male che spinge passeggini.

Dalle STDTDR (volume primo, edizioni ISBN, postfazione di Massimo Coppola e Luca Barbareschi, euro 27): le due macrocategorie del Terrone di Ritorno.
1) il leghista. colui che, dopo quarantottore passate a rieti per uno stage, sfoggia un perfetto accento brianzolo. le sue frasi sono intercalate dal sintagma ‘voi che vivete ancora qui‘. la domanda introduttiva retorica ‘come va?‘ (quand’anche voi doveste rispondere ‘mah, normale. a parte che un lama mutante ha appena sterminato a colpi di sputo la mia intera famiglia‘) diviene semplice artificio teatrale per la successiva frase ‘io comunque guadagno (CIFRA) euro al mese. netti. e tu?‘. lì dove (CIFRA) è ovviamente un reddito che voi normalmente associereste solo a calciatori, veline e giornalisti che pubblicano cinque indignati libri al mese contro berlusconi.
2) il malinconico. gli viene l’occhio umido già al solo utilizzare il ‘voi’ al posto del ‘lei’ ordinando lo stracchino dal salumiere. le sue frasi sono intercalate dal sintagma ‘queste cose non mi succedono più, lissù‘- di nuovo accompagnate da occhio umido- normalmente mentre, reo di essersi fermato ad uno stop per non uccidere un’ottuagenaria, si ritrova accerchiato da una gang di tifosi nocerini che roteano mazze ferrate mentre un’allegra famigliola di quattro su una vespa senza casco gli ha appena divelto lo specchietto destro dell’auto. la notte, poi, lo si ritrova su una panchina del lungomare a sospirare alla luna ed al suo riflesso tenue, sbronzo, malinconico e solitario, mentre un giro di marocchini innervositi dalla sua presenza che non ricerca nè droga nè marchette, inizia ad escogitare la sua soppressione.

Eppure io ho sempre paragonato la mia cittadina di provincia alle sabbie mobili. Il che vale per Salerno (nel mio caso) o in quella che voi altri Terroni di Ritorno vorrete inserire al suo posto. Sonnolenta, rassicurante, soprattutto: comoda. Il risultato è la stessa differenza che passa tra quando hai un lavoro, devi fare mille cose in un giorno e finisce che ne fai millecinque, e quando non fai un cazzo da mane a sera, ne devi fare due e arrivi a fine giornata che ne hai fatte meno cinque. Sei lì, sonnolento, rassicurato ma soprattutto: comodo, e affondi. La provincia è così: il suo abbraccio è talmente forte che ogni singlo spostamento, ogni singola decisione diviene impossibile. E ne saprò qualcosa, avendo passato i miei ventanni (seconda fase della glaciazione del mesozoico, all’incirca), fermamente impegnato a lanciare freccette contro un muro bianco.

Che ne è stato di tutto quel dolore che abbiamo creduto di provare da giovani ma soprattutto di quella maglietta rossa che si avvitava così bene, insomma, mi ritrovo a pensare mentre Sandro Bondi e Bugo capeggiano il trenino brasileiro di una festa che si sta spegnendo. Nel frattempo, pare che Inkiostro abbia rapito il criceto di James Murphy e sia intenzionato a restituirlo solo dopo aver avuto remixata la sigla di Get Black e ricevuto l’assicurazione che i Rapture non faranno mai più dischi. E’ ora di tornare a casa. Speriamo che Luca Barbarossa se ne sia andato.

lunedì, 05/05/2008

Avremo divani fondi come tombe…

di

… stando a quanto dice Baudelaire.

Coffin couches [via]

venerdì, 02/05/2008

Usa la debolezza, Luke.

(la cultura indie e i danni del precariato in trentun punti)

1. L’ultima volta che qualcuno mi ha proposto di fare qualcosa di indie io gli ho risposto “vorrei, ma ho una valanga di porno con amputazioni da riavvolgere”.
2. Provo quindi un certo disagio di fronte all’invito del padrone di casa. Ma devo andare dove sono invitata, altrimenti non andrò più da nessuna parte. E non vogliamo che questo succeda.
3. Se state leggendo il blog del ragazzo Inkiostro, esiste una forte possibilità che voi siate, sarete o siate state Persone Indie.
4. Se siete Persone Indie, abbiamo poco da dirci. Spiacente. Questa casa non è mia.
5. Non è tanto questione di gusti musicali. È solo sfacciata allegria se alla domanda “ehi, per caso hai sentito l’ultimo di…” io taglio corto con un “sprechi il tuo tempo, straniero, io ascolto solo Rufus Wainwright e i Warrant”. Non sono così chiusa di mente. A casa ho ancora tutti i dischi dei Pavement. Seminascosti da una catasta di cartonati di Tony Stark, però devo averceli, quei cari piccoletti.
6. Il problema dell’indie – cioè, il problema più immediatamente evidente dell’indie – sta nel suo essere una cultura da a) maschi: b) eterosessuali; e c) bianchi, categorie che prese singolarmente potrebbero non essere inadatte alla vita su tutta la linea ma insieme vanno a formare un triple threat con cui non ho nulla in comune, anzi, che per quanto riguarda le Arti e Intrattenimento vorrei vedere confinato alla consegna di orange mocha frappuccini negli uffici per la prossima trentina d’anni.
7. Dopo di che, lo sappiamo, o saremo già arrivati all’implosione e avremo avviato una nuova società usando le perline dei villaggi vacanze al posto dei soldi, oppure se ne potrà riparlare. Con calma e per piacere. Del vostro reinserimento, intendo.
8. Prendiamo ad esempio (uno tra i tanti) Californication, serie culto del padrone di casa [che al suo ritorno, direte voi, si pentirà di avermi dato la password? Oh, .], la serie wannabe zeitgeist che una Persona Indie non può non seguire, tanta è la precisione con cui inchioda i feticci e i solletichi indie sotto una patina masochisticamente, falsamente scorrevole.
9. Di fronte a Californication, mentre la Persona Indie Femmina alza gli occhi al cielo e sopporta per inspiegabile attaccamento al tetto coniugale, la Persona Indie Per Definizione (Maschio) pigola “oh, vorrei tanto essere anch’io così”.
10. Vediamo se ho capito: tu vorresti essere un depressivo col blocco dello scrittore che caragna dietro all’ex moglie. Quindi consideri “frustrazione” e “impotenza” stati d’animo altamente desiderabili. Hanno fatto bene i tuoi genitori a farti studiare.
11. Non puoi desiderare di essere Iron Man come tutte le persone sane di mente?
12. Wolverine è gay, quindi non ci provo nemmeno, a proportelo come role model praticabile. Lo so che di fronte all’elemento omosessuale invocheresti la Twinkie defense. L’indie è una frangia omofoba e misoginissima, con lo svantaggio, rispetto al picchiatore/piromane medio, di mentire a se stesso e agli altri dipingendosi come equo solidale e tollerante.
13. Tra parentesi, il fatto che Wolverine sia gay riempie di orgoglio quella certa altra frangia socio-etno-antropologica a cui appartengo, una frangia che, là dove la Vita decida di impartirle un sonoro schiaffo a dorso mano, prova conforto e sempre nuova meraviglia nel dire “… ma ti rendi conto? Wolverine è uno di noi”.
14. La stessa frangia che, pur comprendendo razionalmente le chiavi simboliche dietro all’arcobaleno come simbolo-ombrello di molti orientamenti sessuali, se avesse potuto dire la sua avrebbe preferito, che ne so, una bandiera a teschi e tibie, oppure trecento miglia di vegetazione tumultuosa.
14.b  (Di solito di questo passo si finisce a invocare un mondo in cui la riproduzione avviene tramite spore. Stavolta NON andrà così. Non siamo indie, noialtri.)
15. Il vero motivo per cui sono estranea all’indie – anzi, il motivo per cui non sono mai stata e non sarò mai indie, anche se i miei consumi culturali a tratti possono sovrapporsi ai vostri – è che non sopporto il dilettantismo.
16. Ad esempio.
17. Una persona indie spenderà più volte all’anno soldi e/o energia in film che trattano di relazioni amorose non consumate.
18. Lo farà perché la sua, di vita sentimentale, è florida? No. Perché desidera rispecchiare la propria sfortuna in quella di un personaggio fittizio? Nemmeno. Lo farà perché il film con l’amore non consumato è un film “piccolo e personale”.
19. La Persona Indie non vi dirà che “piccolo e personale” significa stiracchiato, molto mal scritto, montato alla il tassametro gira e girato con delle zoomate da video di un matrimonio.
20. Sto parlando con te, Once.
21. Sul serio. Di fronte a Once mi sono chiesta se alcune persone che nonostante tutto a tratti stimo fossero state sostituite, Quella Magica Tumida Sera In Cui Videro Once, da un branco di bot programmati su “pianto un casino, capito niente, piaciuto tanto”.
22. Il dilettantismo, in un’ottica da persona indie, rappresenta un di più: guarda come gira male, senti come suona male,
23. Non solo Rosario Dawson è molto più bona di Marketa Irglova, ma Marketa Irglova sembra mia nonna. E ha undici anni meno di me. Ouch.
24. Chi ha fatto le elementari negli anni Ottanta avrà anche vissuto al centro degli ultimi strascichi di guerra fredda, e avrà probabilmente percepito i primi pizzichi sessuali di fronte a cose quali il video di Personal Jesus sbattuto in piena tv dei ragazzi, ma potrà sempre dire di avere afferrato il senso della frase “il destino è una terra straniera” guardando Il Buio Si Avvicina, mica robe da donnicciole.
25. Perciò quando vi guardo – da distanza di sicurezza, ché tutti sanno quanto l’indie sia médusant – io mi sento come Ivan Danko che arriva in albergo, accende la tv, ci trova un film porno e scuote la testa borbottando “… capitalismo”.
26. Ecco. L’indie è il figlio più perverso del neo-liberismo.
27. Un contesto in cui la povertà complessiva (di mezzi, di risorse, di scambi fruttuosi) non porta al famigerato “ripiegamento sul privato” – nel senso del pensiero debole mucciniano – ma alla nascita di uno spirito di rinuncia progressiva e autoinflitta: diamo per scontato che il pubblico e il collettivo facciano schifo, perciò inseguiamo Lo Schifo anche nel nostro tempo libero, alla ricerca di qualcosa che sia sempre più marginale, perdente e vacuo. Non è soltanto La Merce a essere insoddisfacente per definizione: adesso lo è anche l’Alternativa alla Merce.
28. A scrivere queste cose in questo momento si rischia di essere taggati come postfascisti.
29. Come se invocare una maggiore risolutezza significasse impugnare la vis martialis come unico parametro di riferimento possibile. Come se “forza” e “decoro” significassero “bieco cinismo per cuori di pietra”.
30. La cosa grave – la cosa profondamente e, temo, irrimediabilmente grave – è il fraintendimento tra labour of love e dilettantismo di quinto livello, tra impegnarsi in qualcosa e portare tutto avanti come viene, che tanto la micro-coda lunga di una nicchia di mercato apprezzerà lo stesso qualcosa di “oscuro” e “scadente”, fosse giusto in nome del poterci piantare la bandierina del PRIMO!.
31. Che poi, se l’energia anche solo di alcune migliaia di persone ogni giorno fosse impegnata a escogitare nuovi modi per scagliarsi giù dai dirupi dentro un carrello del supermercato anziché a farsi malinconiche pugnette su Regina Spektor, il mondo sarebbe già di default un posto molto migliore.

[Violetta Bellocchio ha combattuto per il Sud. E ha perso. Oggi fa la sirena al luna park "L’approdo", in località Valdicastello. La si può occasionalmente trovare qui.]

giovedì, 01/05/2008

La sera del dì di festa

di


Questo primo maggio, non ho da aggiungere nulla a questo oggettino (da www.tecnocino.it).
Chi ha orecchie per intendere, intenda questo silenzio che grida.

giovedì, 01/05/2008

Quasi un tumblr

Vi manca il padrone di casa? Avete due opzioni: continuare ad invocarlo fin quando non torna (scelta possibile, risultato improbabile) o consolarvi con questo video che definire geniale è poco ed aspettare. Un premio a chi mi spiega se è davvero pubblicità ufficiale della Microsoft. Saluti.

(via 7yearwinter)

giovedì, 01/05/2008

Il porno: esistono punti deboli?

di

Oh, poche balle, è giovedì e ci sono le WTF News, non è la prima volta ed è sicuramente la cosa più normale che vi capiterà questa settimana.
Ma soprattutto: c’è da far salire gli accessi? E che si parli di PORNO!

Questa concorre come una delle mie notizie preferite di tutti i tempi.
Siamo in Spagna.
Per la precisione Serradilla del Arroyo, paesino sperduto nella provincia.
C’è una scuola elementare senza fondi.
Hanno provato tutte le vie tradizionali per recuperarli, ma non ha funzionato.
Fortunatamente, c’è ancora qualcuno che pensa ai bambini.
Qualcuno che non ha intenzione di arrendersi così facilmente.
Qualcuno che è disposto A TUTTO, per i bambini.
Si ricorre alle maniere forti.
Si tenta la mossa decisiva.
Una mossa coraggiosa, radicale, ma a memoria d’uomo infallibile.
È l’equivalente del Presidente che spinge il grosso pulsante rosso.
È l’equivalente di chiedere l’aiuto di Google a "Chi vuol essere milionario".
È IL CALENDARIO OSÉ fatto dalle mamme.
Il risultato?
5.000 copie invendute e ulteriori $16.000 di debito verso il tipografo.
Cazzo, complimenti.
Per sapere COME MINCHIA SI FA A SBAGLIARSI COL PORNO provate a leggere l’articolo dell’Herald Tribune.
Io ancora non mi capacito.
Buona riflessione.