blogcrossing

venerdì, 06 06 2008

Nude and crude

di

Previously, on Radiohead: esce un disco nuovo, puoi scaricartelo senza pagare, è legale. Lo sa pure mia nonna che ascolta Radio Zeta. La promozione del disco e dei singoli è fatta attraverso iniziative che sfruttano web, UGC, eccetera. Tra queste trovate spicca Nude Re/mix: puoi scaricare i "layer" di cui è composta la canzone, e successivamente caricare il tuo orrido remix sul sito stesso. Ma la canzone ha struttura ritmica e compositiva che rende l’operazione – o almeno, ottenere risultati decenti – quasi impossibile. Fin qui ci siamo.

Finché arriva un tizio chiamato James Houston, e decide di suonare Nude utilizzando le seguenti apparecchiature al posto degli strumenti:

Sinclair ZX Spectrum – Guitars (rhythm & lead)
Epson LX-81 Dot Matrix Printer – Drums
HP Scanjet 3c – Bass Guitar
Hard Drive array – Act as a collection of bad speakers – Vocals & FX

Il risultato è questo video. Commovente, nevvero?

(grazie al Misterioso Segnalatore Anonimo)

martedì, 20 05 2008

Tutto il cuoricino in una cassettina

di

Perché limitarvi ad ascoltare cassettine farlocche confezionate con freschi mp3 da persone che conoscete con dentro canzoni che nella maggior parte dei casi vi eravate già scaricati (leggi muxtape) quando potete ascoltare le cassettine vere di persone che sono sì assoluti sconosciuti, ma ehi, almeno loro hanno una vita vera? E magari suonano in un gruppo? Oppure magari un loro amico conosce uno che è cugino di uno che suona in un gruppo?

Cassette from my ex [via] è stato creato dal fondatore di Found Magazine, e si propone di raccogliere compile analogiche fatte da ex fidanzati/e e successivamente dimenticate nel cassetto, corredate di post memoriale e dalla puccissima immagine dell’amato/odiato dispositivo di tortura.

Un esempio: la cassettina di Joe, ex ragazzo di Claudia Gonson dei Magnetic Fields, compilata nel 1986. Wow. Oppure, vediamo, er, no, per ora è l’unica a sollevare in me un vaghissimo interesse.

Tempo di chiudere il post ed è scemato del tutto pure quello.
Inkiostro, perfavore, torna.

lunedì, 05 05 2008

Avremo divani fondi come tombe…

di

… stando a quanto dice Baudelaire.

Coffin couches [via]

venerdì, 02 05 2008

Usa la debolezza, Luke.

(la cultura indie e i danni del precariato in trentun punti)

1. L’ultima volta che qualcuno mi ha proposto di fare qualcosa di indie io gli ho risposto “vorrei, ma ho una valanga di porno con amputazioni da riavvolgere”.
2. Provo quindi un certo disagio di fronte all’invito del padrone di casa. Ma devo andare dove sono invitata, altrimenti non andrò più da nessuna parte. E non vogliamo che questo succeda.
3. Se state leggendo il blog del ragazzo Inkiostro, esiste una forte possibilità che voi siate, sarete o siate state Persone Indie.
4. Se siete Persone Indie, abbiamo poco da dirci. Spiacente. Questa casa non è mia.
5. Non è tanto questione di gusti musicali. È solo sfacciata allegria se alla domanda “ehi, per caso hai sentito l’ultimo di…” io taglio corto con un “sprechi il tuo tempo, straniero, io ascolto solo Rufus Wainwright e i Warrant”. Non sono così chiusa di mente. A casa ho ancora tutti i dischi dei Pavement. Seminascosti da una catasta di cartonati di Tony Stark, però devo averceli, quei cari piccoletti.
6. Il problema dell’indie – cioè, il problema più immediatamente evidente dell’indie – sta nel suo essere una cultura da a) maschi: b) eterosessuali; e c) bianchi, categorie che prese singolarmente potrebbero non essere inadatte alla vita su tutta la linea ma insieme vanno a formare un triple threat con cui non ho nulla in comune, anzi, che per quanto riguarda le Arti e Intrattenimento vorrei vedere confinato alla consegna di orange mocha frappuccini negli uffici per la prossima trentina d’anni.
7. Dopo di che, lo sappiamo, o saremo già arrivati all’implosione e avremo avviato una nuova società usando le perline dei villaggi vacanze al posto dei soldi, oppure se ne potrà riparlare. Con calma e per piacere. Del vostro reinserimento, intendo.
8. Prendiamo ad esempio (uno tra i tanti) Californication, serie culto del padrone di casa [che al suo ritorno, direte voi, si pentirà di avermi dato la password? Oh, .], la serie wannabe zeitgeist che una Persona Indie non può non seguire, tanta è la precisione con cui inchioda i feticci e i solletichi indie sotto una patina masochisticamente, falsamente scorrevole.
9. Di fronte a Californication, mentre la Persona Indie Femmina alza gli occhi al cielo e sopporta per inspiegabile attaccamento al tetto coniugale, la Persona Indie Per Definizione (Maschio) pigola “oh, vorrei tanto essere anch’io così”.
10. Vediamo se ho capito: tu vorresti essere un depressivo col blocco dello scrittore che caragna dietro all’ex moglie. Quindi consideri “frustrazione” e “impotenza” stati d’animo altamente desiderabili. Hanno fatto bene i tuoi genitori a farti studiare.
11. Non puoi desiderare di essere Iron Man come tutte le persone sane di mente?
12. Wolverine è gay, quindi non ci provo nemmeno, a proportelo come role model praticabile. Lo so che di fronte all’elemento omosessuale invocheresti la Twinkie defense. L’indie è una frangia omofoba e misoginissima, con lo svantaggio, rispetto al picchiatore/piromane medio, di mentire a se stesso e agli altri dipingendosi come equo solidale e tollerante.
13. Tra parentesi, il fatto che Wolverine sia gay riempie di orgoglio quella certa altra frangia socio-etno-antropologica a cui appartengo, una frangia che, là dove la Vita decida di impartirle un sonoro schiaffo a dorso mano, prova conforto e sempre nuova meraviglia nel dire “… ma ti rendi conto? Wolverine è uno di noi”.
14. La stessa frangia che, pur comprendendo razionalmente le chiavi simboliche dietro all’arcobaleno come simbolo-ombrello di molti orientamenti sessuali, se avesse potuto dire la sua avrebbe preferito, che ne so, una bandiera a teschi e tibie, oppure trecento miglia di vegetazione tumultuosa.
14.b  (Di solito di questo passo si finisce a invocare un mondo in cui la riproduzione avviene tramite spore. Stavolta NON andrà così. Non siamo indie, noialtri.)
15. Il vero motivo per cui sono estranea all’indie – anzi, il motivo per cui non sono mai stata e non sarò mai indie, anche se i miei consumi culturali a tratti possono sovrapporsi ai vostri – è che non sopporto il dilettantismo.
16. Ad esempio.
17. Una persona indie spenderà più volte all’anno soldi e/o energia in film che trattano di relazioni amorose non consumate.
18. Lo farà perché la sua, di vita sentimentale, è florida? No. Perché desidera rispecchiare la propria sfortuna in quella di un personaggio fittizio? Nemmeno. Lo farà perché il film con l’amore non consumato è un film “piccolo e personale”.
19. La Persona Indie non vi dirà che “piccolo e personale” significa stiracchiato, molto mal scritto, montato alla il tassametro gira e girato con delle zoomate da video di un matrimonio.
20. Sto parlando con te, Once.
21. Sul serio. Di fronte a Once mi sono chiesta se alcune persone che nonostante tutto a tratti stimo fossero state sostituite, Quella Magica Tumida Sera In Cui Videro Once, da un branco di bot programmati su “pianto un casino, capito niente, piaciuto tanto”.
22. Il dilettantismo, in un’ottica da persona indie, rappresenta un di più: guarda come gira male, senti come suona male,
23. Non solo Rosario Dawson è molto più bona di Marketa Irglova, ma Marketa Irglova sembra mia nonna. E ha undici anni meno di me. Ouch.
24. Chi ha fatto le elementari negli anni Ottanta avrà anche vissuto al centro degli ultimi strascichi di guerra fredda, e avrà probabilmente percepito i primi pizzichi sessuali di fronte a cose quali il video di Personal Jesus sbattuto in piena tv dei ragazzi, ma potrà sempre dire di avere afferrato il senso della frase “il destino è una terra straniera” guardando Il Buio Si Avvicina, mica robe da donnicciole.
25. Perciò quando vi guardo – da distanza di sicurezza, ché tutti sanno quanto l’indie sia médusant – io mi sento come Ivan Danko che arriva in albergo, accende la tv, ci trova un film porno e scuote la testa borbottando “… capitalismo”.
26. Ecco. L’indie è il figlio più perverso del neo-liberismo.
27. Un contesto in cui la povertà complessiva (di mezzi, di risorse, di scambi fruttuosi) non porta al famigerato “ripiegamento sul privato” – nel senso del pensiero debole mucciniano – ma alla nascita di uno spirito di rinuncia progressiva e autoinflitta: diamo per scontato che il pubblico e il collettivo facciano schifo, perciò inseguiamo Lo Schifo anche nel nostro tempo libero, alla ricerca di qualcosa che sia sempre più marginale, perdente e vacuo. Non è soltanto La Merce a essere insoddisfacente per definizione: adesso lo è anche l’Alternativa alla Merce.
28. A scrivere queste cose in questo momento si rischia di essere taggati come postfascisti.
29. Come se invocare una maggiore risolutezza significasse impugnare la vis martialis come unico parametro di riferimento possibile. Come se “forza” e “decoro” significassero “bieco cinismo per cuori di pietra”.
30. La cosa grave – la cosa profondamente e, temo, irrimediabilmente grave – è il fraintendimento tra labour of love e dilettantismo di quinto livello, tra impegnarsi in qualcosa e portare tutto avanti come viene, che tanto la micro-coda lunga di una nicchia di mercato apprezzerà lo stesso qualcosa di “oscuro” e “scadente”, fosse giusto in nome del poterci piantare la bandierina del PRIMO!.
31. Che poi, se l’energia anche solo di alcune migliaia di persone ogni giorno fosse impegnata a escogitare nuovi modi per scagliarsi giù dai dirupi dentro un carrello del supermercato anziché a farsi malinconiche pugnette su Regina Spektor, il mondo sarebbe già di default un posto molto migliore.

[Violetta Bellocchio ha combattuto per il Sud. E ha perso. Oggi fa la sirena al luna park "L’approdo", in località Valdicastello. La si può occasionalmente trovare qui.]

mercoledì, 30 04 2008

Nicola!

[Premessa]

Quando cinque anni fa nella stessa settimana iniziavamo a bloggare, il cantante preferito di Inkiostro (o così almeno allora avevo capito) era Nick Cave. Di lì a poco sarebbe uscito Nocturama. Quando due anni fa sul mio blog accostavo nella stessa foto Tiziano Ferro, Raffaella Carrà, James Murphy e i Daft Punk mi sentivo solo, molto solo. Poi, in una puntata di Get Black che oserei definire storica, venne dedicato il giusto spazio a Tiziano Ferro e io mi sentii meno solo. La cosa che non tutti sanno è che la traccia audio incriminata era stata manomessa da Inkiostro e quel Nicola era un riferimento subliminale a Nick Cave. Io sono maxcar e anche io sto con Ink.

mercoledì, 30 04 2008

Ormonautica: questo sì che è un bel titolo

di

Ok, che non sono inkiostro l’avete capito, sono kekkoz, bla bla bla, è inutile ripetere tutta la solfa. Non essendo io come blublànchet che si è preparato il lenzuolone un mese fa, né come Valido che ormai chiama il dibs pure su cose che non sono ancora successe, ed essendo io un timidone, cosa mi rimane da dire?
Mi toccherà parlare di sesso.

Sesso. Sesso sessone.
E’ sempre bello infilare il naso in rete nel magico mondo del biscotto pucciato.

Per esempio, la vedete questa poltrona, qui sopra? Costa 500 dollari, l’ho scovata su Apartment Therapy (il link è NSFW), e serve dichiaratamente a chiavare. Ripeto, dichiaratamente. Cito testualmente: "By night, it is the ultimate love making lounger! You will lose yourself in the experimentation and sexploration". Sic. Sexploration? E noi che abbiamo perso tutto quel tempo al Covo e alla Casa 139, invece di stare a casa a sexplorare. E c’è anche ques’altra, ma costa il doppio, e si sa, noialtri siamo tirchi, che sennò i dischi ce li compreremmo e basta. Cielo, è davvero inkiostro questa cosa della poltrona, ho i lucciconi. A me una libreria, presto!

Altra cosa, poi vi lascio perdere, giuro.

Basta, con i commenti disinteressati negli shoutbox di Lastfm tipo "ehi ma anche tu sei di Milano e anche tu ascolti Styrocoso, vediamoci"! Basta, con le foto ammiccanti su Flickr e "mi piace davvero come hai composto l’inquadratura, sulle tue poppe, e che colori"! Ora, per trovare la vostra anima gemella sull’internet c’è Intelligentpeople.com (via). Se vivete in Nord America (o nel Regno Unito o in Danimarca), e siete intelligenti, ma intelligenti intelligenti in modo assurdo, questo è il sito che fa per voi. Basta rispondere a 18 semplicissime domande in un tempo massimo di 18 minuti e potrete accedere al sito di dating definitivo, dove troverete soltanto persone in grado di rispondere alle suddette – e soprattutto che hanno tempo da perdere per fare una roba simile.

(per dire, io tra la domanda 8 e la 10 stavo già raccogliendo il latte dalle ginocchia
a brocche e ho cominciato a rispondere a caso. Non mi hanno accettato. Un poco mi frustra. Non tromberò mai più?)

Prova anche tu il brivido di una serata ad alto tasso di IQ: una cena macrobiotica, una partita a Scarabeo, la visione dei contenuti speciali del Ritorno del Re, Mozart, e sentirti dire mentre ti stai togliendo le mutande "Scusa, non ho mai praticato una fellatio, me la spieghi un po’?".

A quando anche dalle nostre parti, questo sito bellissimo e risolutivo?
Ah no, scusate, noi qui abbiamo rieletto Berlusconi.

(che poi, inkiostruccio, mentre eri via qui è diventato presidente del Senato un ex DC tacciato di viscidume a livelli bipartisan, il cui unico provvedimento politico fu dichiarato anticostituzionale? Dico, sei davvero sicuro di voler tornare?)

Ciao, ero kekkoz e saluto tutti quelli che mi conoscono.

martedì, 29 04 2008

Se scrivi un post a punti vuol dire che non hai tempo

O idee. O che stai copiando il padrone di casa.

Salve, sono Giorgio Blueblanket.

Come probabilmente saprete, Inkiostro è stato rapito ieri nel Bronx da una banda di portoricani e da 24 ore è rinchiuso in un seminterrato, dove i malintenzionati cercano di carpire il codice della sua carta di credito costringendolo all’ascolto coatto di musica altrettanto coatta. Cascano male, però: Ink ha già espresso gradimento per l’ultimo di Shakira e per il Best of di Jennifer Lopez, mentre uno dei rapitori si è dovuto amputare la mano per resistere senza impazzire.

Nel frattempo il blog è lasciato inerme in mano a chiunque (prova ne sia che ci scrivo anche io) e molti* sono confusi, disorientati, in preda ad attacchi di agorafobia, amaxofobia, glossofobia, rupofobia, nomofobia e, in alcuni casi, parureris (ma sinceramente parliamone, ne soffrivate già prima, lo so, vi capisco). Tra l’altro, mentre scrivevo questo post è arrivato il post di Woland a segnalare un inquietante calo delle visite.

Ma non vi preoccupate, io sono tornato qui per qualche giorno dalla Francia** apposta per questo: farvi sentire come se foste ancora seduti a leggere il vostro caro, vecchio Inkiostro.

Quindi adesso seguite me: fate un bel respiro. Fatto? Bene. Ora visualizzate alcune immagini felici, se non vi vengono in mente ve le suggerisco io: Douglas Coupland ricostruito con i Lego che scrive davvero un libro (ed è un libro bellissimo). Kevin Smith impegnato in un biopic sugli 883. Nick Cave che fa uscire un nuovo disco (ed è in disco belliss…bell… è un disco di Nick Cave, vabbè). Cat Power che esce dal tunnel del piano bar e comincia ad incidere indietronica insieme ai Suburban Kids with Biblical Names. Xkcd che fa una vignetta sullo spam in uffico (ahah, rido solo a scriverlo). Una donna che vi si avvicina e vi sussurra all’orecchio con un unico sospiro sexy “Sai, i tuoi feed mi emozionano, mi ritrovo a ribloggarne la metà su Tumblr ed a parlarne su Twitter per l’altra metà, mi addormento con le tue canzoni preferite su LastFm, leggo i tuoi libri su Anobii ed ho scoperto che abbiamo un sacco di amici in comune su Facebook… mi bookmarkeresti?***”.

Bene, ora che i vostri accessi (e la vostra pressione) sono risaliti fino ad un livello normale, partirei con il post vero, che è più o meno così:


_Happy Sad, o “anche tu Michel Gondry”. Una meraviglia di video per Norah Jones e una cosa più homemade per Paolo Conte. (Come? Preferivate Norah Jones? Accontentàti).


_You’re so quirky! And so am I!. Se Juno fosse 10 volte più corto e 100 volte più onesto (per festeggiare l’unico bel risultato di questa campagna elettorale, lo 0,3 percento del buon Ferrara) (via Violetta)


_Cinema inesistente. Continuando con le speculazioni sulla celluloide, tra Woody Allen e Luttazzi, tre pagine di recensioni di film mai esistiti. Esempio: Quattro matrimoni e otto funerali

Jim ama Laura, Laura ama Chris, Chris ama Julia. Julia ama travestirsi da segretario delle nazioni unite e commerciare in pollame al mercato nero. Anche Frank ama Julia, ma Frank è solo un ombrello e non ha speranze. Il funerale di Monkey-monky, l’odiosa scimmietta della Regina, è l’occasione per ognuno di riflettere sulla mutevolezza del clima, gustando superbe tartine al salmone avvelenate personalmente dal Principe del Galles.


_Aspetta primavera, Bandini. Ma voi l’avevate letto questo post? E questo? E questo? Tanto per ribadire che costui è un genio.


_Col senno di poi, come dargli torto. Una notizia d’antan per i cultori dello shoegaze in senso lato. Perché l’ottimismo è il profumo della vita.

 

_L’inarrivabile approfondimento sociale di Repubblica. Cattive ragazze. Giusto un po’ surreale qua e là.


_Grilli per la testa. Qualche giorno fa era il 25 aprile, si ricordava la Liberazione e la fine vittoriosa della Resistenza (anche se qualcuno non era troppo d’accordo). Nello stesso giorno a Torino si proponevano tre referendum, due dei quali molto condivisibili. Perché ne parlo? Perché su Macchianera Filippo Facci dedica 4 puntate a sconfessare Beppe Grillo con le sue stesse armi: personalismi, fatti poco significativi, allusioni, pareri di gente che non lo sopporta (qui, qui, qui e qui). Killeraggio mediatico su commissione? Perché no. I grillini non apprezzano e senza cogliere il paradosso insultano, dal primo commento, senza preoccuparsi di smentire nel merito, Facci figliodiputtanaservodeiservirottinculo. Se Grillo al netto dei fatti non ci fa una grande figura (ma nemmeno una terribile), vedendo Facci così gratuitamente offeso (quando, ne parlavo tempo fa, esiste ancora la possibilità di incazzarsi e smentire con un po’ di civiltà, o persino di offendere, ma contestualmente e portando degli elementi a proprio favore) pensavo a cosa direbbero i grillini dell’articolo di Merlo. Servo di chi?


_Senato: Schifani è presidente. Nomen omen, ha detto il mio coinquilino. E “Bossi sa cosa può farci con i fucili caldi”, ha chiosato una mia amica. Esagerati. “Come è possibile?”, si chiedeva El Pais già da prima dei risultati delle elezioni. È possibile, è possibile. Io, per conto mio, un modello comportamentale ce l’ho.


_P.S. Un intero post su Inkiostro e credo non sia ancora comparsa la parola nerd. Diamine, rimedio subito. Saluti.

 


* Tutti quelli che non guardano mai la firma dell’autore a fine post, maledetti

** In Francia, peraltro, soffrire di paruresis, anche in forme lievi, è una maledizione; i bagni francesi sono infatti di solito non più grandi di 6, 7 metri quadri, suddivisi generalmente in un corridoietto (molto -etto), un cubicolo minimale per le signore, un cubicolo minimale per gli uomini. Con gli orinatoi. E senza porta all’ingresso. Questo significa che voi dovete pisciare senza una porta dietro di voi mentre un metro/un metro e mezzo alle vostre spalle delle signorine se la ridono perché voi tentate di pisciare (e così via, in un circolo potenzialmente infinito che è stato studiato come applicativo del moto perpetuo). Altro che paruresis, poi.

*** Quest’ultima temo vada meglio con gli uomini che con le donne. Portate pazienza.

lunedì, 28 04 2008

No New York

Sono Rick Astley! State calmi, niente panico.
Mentre il padrone di casa va a dormire con Bret Easton Ellis in un incredibile appartamento di Soho e viene svegliato da Jennifer Lopez che gli lecca la fronte, da queste parti ora come ora girano delle versioni tarocche e molto lo-fi di Inkiostro (il fenomeno del web delle ultime 24 ore).
La cosa lascia un po’ perplessi. Alla notizia Paolo dei My Awesome Muxtape si è tagliato le dita della manina. Non so voi, ma io non chiedo niente di più glitch.
Mentre il padrone di casa dipinge con Adam Green banner pubblicitari del V1aGra e scrive poesie per Cat Power, diventando una delle figure più celebri della pop culture contemporanea, Bordone e i Baustelle suoneranno stasera al Pippo Kennedy Show, chi può se li perda. [così, buttata là con nonchalance]
Bordone è bello o forse no, ma ha il fascino delle «svedesate» (nel senso baustellianno del termine) e non ha il senso della misura, tiene 75 tartarughe vive nel frigo. Trovatemi qualcosa di piu’ dadaista, se vi riesce.
A proposito, se esistesse un manuale del bravo giornalista / DJ / m-blogger / video aggregator / scenester / indie-blockbuster, uno dei primi comandamenti reciterebbe che non si comincia mai un blowjob scusandosi perchè si sta trascurando il blowjob.
Da queste parti le netlabel sono sempre gradite, alla Musica da Campesinos hanno deciso di esagerare, e di offrire il complicatissimo diagramma di flusso del pensiero di Andrea Beggi. In free download.
Bando alle ciance, mentre il padrone di casa va a fare wild brunch a base di «torte di fumo» a Tribeca, mentre discorre di ragazzini con due teste e di figlie comuniste con Chuck Norris e Obama, mi tocca rispondere in ucraino alle mail di rompiballe come Syria o Compagnoni che mi chiedono un biglietto da visita creativo per fan dei Tokyo Hotel.
Mentre il padrone di casa è ‘cocktail party’ di presentazione del romanzo di Douglas Adams sugli olocausti quotidiani in un bar figo di sulla 9a, non ci rimane che ascoltare il live del venerabile Remo Remotti su Radio Maria per la puntata 42 di "Sapevate che Gesù aveva un fratello?" condotta da Don Turbolento.
Noi (il sottoscritto e Marina) però facciamo di necessità virtù, e lasciamo il padrone di casa (che per un po’ ha bazzicato pure con Portishead e Fuck Buttons) dalle parti di Alphabet City a costruirsi una carriera, un’autonomia e una qualche forma di autorevolezza nel settore delle armonie intelleggibili, dei lambiccamenti tech-funk, delle  morbidezze vellutate.
Questa sera ci trovate a casa sua a mettere i dischi per una serata danzante e cialtronissima. E’ uno di quegli eventi pianificati da mesi, perchè di questi tempi è impossibile far combaciare le agende di due nerdancer senza un lungo preavviso.
In breve: suoni splendidi, frittatone con cipolla, Space Invaders, ballerine cromatiche, il finto-reggiseno di Amy Winehouse, il gioco dei pacchi, i bottiglioni di tachifludec di Zampa e lettore mp3 in rutto libero shuffle.
C’è anche Maxcar, l’uomo invisibile e la nonna cinese per una partnership sgarrupatissima e glamour che funziona alla perfezione.
Tutto questo mentre il padrone di casa …
Brillante il beneamato padrone di casa, così naif da fingere di andare New York per non occuparsi del proprio blog.
[Se tra qualche giorno ritrovano il mio cadavere stecchito sotto la libreria Amazing Forkcast Platzhalter, mandate a memoria questo post. Mi raccomando.]

mercoledì, 12 12 2007

Francesca is playing at my house (my house) /3

Promemoria per madre natura: grazie

Quando è successo, ero in una palestra piena di palloni che palleggiavano.

 

Ho tirato su la testa, ho cercato mio figlio in mezzo ai palleggi, mi sembravano tutti uguali, quei palleggi di bambini, avrete tutti l’acne, intorno ai diciassette anni, e una qualche allergia a qualche tipo di derivato del latte, le femmine impareranno ad arrossire un attimo dopo di voi, ma non saranno mai in grado di metterla a canestro così come state facendo voi in questo momento. Perlomeno la palla. Vi sorprenderete al primo gesto carino che vi sarà rivolto e distribuirete baci con la stessa difficoltà (o facilità) con cui avete invaso il Kamchakta a Risiko, l’ultima volta a casa del vostro migliore amico, che nel frattempo sarà cambiato quella decina di volte e non temiate, avrà l’acne, l’allergia e un fracco di pensieri anche lui.

Ho guardato un po’ in mezzo a tutto quel sudore necessario, e l’ho trovato. Mi sorrideva, ed era diverso dagli altri perché aspettava che anche io gli sorridessi. E soprattutto non imbroccava un canestro.

È stato in quel momento che è successo. La fine del libro è arrivata.

 

Caro Coupland,
questi siamo noi, o meglio sono io, e ti devi fidare, visto che noi, o meglio io, non sono te, e certe cose non ci sogneremmo mai di scriverle. Ci piacerebbe, eccome. Guarda, te lo dico, io ogni libro tuo che inizio penso sempre: cazzo, questo è proprio è il libro che se fossi una scrittrice vorrei scrivere io. Poi quando finisco, mi finisce il mondo, insieme ai palleggi e ai pensieri quotidiani. Inizia l’apocalissi, a quel punto, nella mia testa, il mondo mi sembra sempre che mi debba amareggiarsi un pochetto di più a ogni romanzo. Per poi crollare in un collasso di nevrastenie scoperchiate, frasi da citare alle cene con gli amici, madri improbabili, figli che tu non hai mai visto sorriderti da dietro un palleggio, perché non ne hai tu, di figli, e mi piacerebbe tanto, cazzo, sapere come diamine fai a sapere così tanto di verità, quando dici cose come Non si è mai preparati al funerale del proprio figlio. Cazzo. È da quando quell’essere palleggiante in palestra mi è uscito dalla pancia, che vivo di questa assurdità da pensiero ignobile (sebbene abbia pensato di ammazzarlo più volte), di questo Conto Delle Probabilità Statistiche Per Cui Un Figlio Può Morire, e non si deve neanche dire, una cosa del genere.

Tu la scrivi. Tu fai morire qualcosa come tre quattro figli in un’unica, condensata voragine di esistenza pre-apocalittica.

Perché ci hai ingannati, quando con tutta la tua dolcezza lirica ci hai cullato preannunciandoci la fine del mondo nel centro commerciale.

La fine del mondo te la stavi tenendo al caldo con questo dannato meraviglioso fottutissimo libro che ho appena finito in un tonc tonc di linoleum e palloni. Tu, maledetto, scrivi che sembri facilissimo, da scrivere, intendo. Perché mica stiamo parlando del romanzo sul nazismo dal punto di vista del nazista. Macché. Non stiamo parlando di filologia da biblioteche francesi targata einaudi, qui. Parliamo di olocausti quotidiani.

 

 

 

C’è puzza di gomma, in palestra. I bambini sudano e puzzano di una puzza diversa dagli adulti, roba intollerabile uguale, intendiamoci, e il tutto si va a mischiare con l’odore della gomma delle scarpe da tennis, il linoleum rosso con le righe della lunetta scricchiola, i palloni palleggiano, le mamme gridano ai loro franceschi e leonardi, mio figlio non infila un cesto che sia uno, probabilmente Dio ha già fatto come dire parecchie scelte sui suoi futuri campioni di basket, io non sono agitata, faccio solo una x sulla lista di cose che mio figlio non diventerà, e ci divertiamo anche, io e lui, per ora abbiamo scartato senza indugio alcuno il disegnatore, il saltatore con l’asta, il saltatore in alto, l’attaccante alla paolorossi, Totti, il campione di basket da due minuti, rimane in buona posizione sempre un Johnny Depp versione pirata idiota, il matematico puro, il lettore di tolkien, il collezionista nerd di figurine, il cantante dei Pixies.

Bisogna abituarsi a convivere con il proprio dolore, sembro suggerirgli mentre Gianluca, due anni in meno di lui gli fotte la palla da sotto il naso e va liscio a canestro.

Avrai un fracco di dolori, il primo su tutti saranno i canestri che non vanno a segno, mentre Gianluca sì. Poi arriveranno nonni che ti muoiono, e quando avrai finito tutti i nonni, cominci con le ragazze. Ci saranno le sparizioni, le ricomparse, le comparsate, i passanti, o i semplici pedoni che ti attraverseranno la vita senza guardare le strisce, e ci sarà un momento in cui giocherai tantissimo col tuo gloriometro personale, e la smetterai quando scoprirai il gloriometro di un qualsiasi Gianluca più piccolo di te che funzionerà molto più ad hoc del tuo e a quel punto probabilmente vedrai lo sguardo di una ragazza come non l’hai mai visto prima, comincerai a capire l’importanza della confidenza, di un bacio rubato, della nouvelle vague tutta quanta, compreso quel rompipalle di Romher, e da lì a pochi attimi sarai già dentro a una palestra, a guardare il tuo, di figlio, che cannerà ogni rimbalzo e ti metterai le mani nei capelli, perché tu sarai il padre, e i padri, si sa, a certe cose ci tengono un casino.

 

Sarai pronto per passare direttamente da Tolkien a Coupland. Come ha fatto un mio amico che in questo momento ospita i miei pipponi su di te e sulla fine del mondo che coincide inaspettatamente con la fine di un libro e questo mio amico non si sogna minimamente di averci una relazione con me, benché mi ospiti, a me e ai miei pipponi, e nonostante quello che il mondo vivente, affranto, non-finito, pensi di noi.

Stiamo nel tempo da cui certi figli e certi nonni se ne sono andati, ma nel quale noi tutti viviamo aspettandoci il peggio. Per esempio il funerale di un figlio. O, ancora, di un nonno. Ci sorprendiamo ancora, se qualcuno ci tratta male, se uno scrittore ci massacra, se c’è un massacro a scuola, se continuiamo a vedere le cose come sempre. Perdendole. Con vaghe e irrisorie possibilità che ci vengano rese indietro, poi. Quando saremo dall’altra parte del sole sbagliato, quando il peggio sarà passato, e tu sarai preparato, figlio mio, sarai preparato perché tua madre, malgrado Coupland e Nostradamus, ai miracoli non ti ci ha per niente abituato,

Promemoria per Madre Natura: grazie, dirai. E te ne andrai per la tua strada. Sparendo, come tutti.

 

[Douglas CouplandHey Nostradamus (Frassinelli)]

 

mercoledì, 14 11 2007

Francesca is playing at my house (my house) /2

 

Se giocassimo e basta

Voi non lo sapete.

Sto parlando di 11,3 cm di tacco sul viale.

Aspetto inkiostro.

Mi dice dieci meno un po’.

Dieci Meno Un Po’, nella mia ottica di Esemplare Di Femmina Etero Che Ha Appena Comperato Undici Virgola Tre Centimetri Di Tacco, ecco, sul viale, vuol dire sostanzialmente Puntualità.

Puntualità sti cazzi.

“Scusami. Dovevo aggiornare il blog”

“Ma che cazzo dici. Il tuo blog ormai lo scrivo io”

 

Appunto.

 

Undici Virgola Tre Centimetri.

 

Sul palco, a poco più di undici virgola tre centimetri, ci sono Loro.

La ragazza del merchandaising di altri venti concerti mi fa Ah Ma Tu Sei Quella Che.

Poi mi guarda dietro. Dietro di me non ho code, oggi, provo a dirle. Mi fa uno sguardo deluso. E dire che è anche Halloween, sembra suggerirmi. Ma avevo promesso a inkiostro, quello del blog, insomma gli avevo promesso che avrei scritto due parole sugli Amari senza nominare la parola “bimbo”.

 

Quindi:

“Mio figlio” non c’era. Era Halloween, sì. Ma lui non c’era perché secondo me me lo pestavano, stavolta.

“Mio figlio” mi stava aspettando a casa, con la sveglia in mano, ti sembra questa l’ora in cui tornare, mamma.

Guarda Tato, hanno riarrangiato il campo minato, poi c’erano i new order sotto conoscere gente suprema, ma niente spade laser colorate al neon. Solo un gran sbarluccicare intorno al Batterista Enrico.

Fanculo mamma. La prossima volta mi ci riporti.

E se ne va a letto.

Posso dire “mio figlio”, vero inkiostro?

 

 

“Sono almeno dieci concerti che il giro di basso è quello di Blue Monday

Bene.

Una volta andai con inkiostro, sempre lui quello del blog, a vedere gli Xiu Xiu. “Ma a un certo punto lei canta, no?” continuo a convincermi sottovoce nel chiostro tetro, mentre intorno a me gente a caso soffre tantissimo, compreso il tizio degli Xiu Xiu.

A un certo punto lo chiedo anche a inkiostro: Alla prossima lei canta, gli dico, ecco, adesso, sì, lei, dico.

Avevo scambiato un concerto degli Xiu Xiu con gli Yeah Yeah Yeahs.

 

Sono secoli che il giro di basso è il giro di basso dei New Order. Bum-bum-bururburuburu-bum. L’avete capito, no?

L’avrebbe capito anche “mio figlio”. Se solo l’avessi ri-portato.

 

Non capisco solo una cosa. Il nome Amari, beninteso, è splendido, con tutto quel carico chilometrico di polisemia che si porta dietro. Ma le cose amare non piacciono ai bambini. Questo non capisco. Il concetto di amarezza è estraneo ai bimbi (si comincia intorno ai quattordici, direi), e i più grandi consumatori di Lucano o Averna sono non i veterinari come ci vorrebbero far credere, ma gente che ha mangiato e sofferto troppo. Cioè, sia detto per inciso, secondo me al tizio degli Xiu Xiu, che ricordiamolo non è uno Yeah Yeah Yeahs, un Montenegro davvero gli farebbe digerire un fracco di cosucce.

Eppure gli Amari piacciono un fracco ai mocciosi. Troppo facile dire che Loro stessi sono bambini che come tutti i bambini si divertono un casino a fare cose da grandi.

E secondo me già non è più così vero. Cioè, secondo me Loro sono davvero adulti. Io credo che gli Amari siano adulti e la prossima volta che incontro Dariella gli voglio dare del lei, cazzo. Un ragazzetto non accetterebbe mai di parlare con la voce e la mente di una femmina. (Arpeggiinlove, per chi ha bisogno di baricchianesimi). Nel nuovo disco dicono un fracco di parole, e una di queste parole che dicono tantissimo è odio/odiare.

I bambini, quando fanno queste cose le fanno per bene, non odiano mai. Si arrabbiano. O al massimo si sbraccianooooo.

Ci siamo. È un attimo che adesso parto con la tesina in scienze di sticazzi: il superamento del nichilismo nietzsciano, un’analisi sottointegrata di Scimmie d’amore, e sì, d’accordo, come dice “mio figlio”, in questo disco gli Amari si incazzano tantissimo con qualsiasi cosa. Con le gite fuori porta, con le femmine, con le femmine raffreddate, con le femmine gnagne, con le femmine stupide, con le femmine che reclamano sguardi. Poi vogliono giocare a nascondino come non hanno mai fatto (da bambini), cristo, capite. Questa è una palese nonché inevitabile ammissione del tempo che gli si è solcato addosso, cazzo. Altrochè spade laser. Barbe bianche finte, la prossima volta.

E diamogli tutti del lei, cazzo.

 

Mio figlio 30 anni che non ci vediamo è l’unica che non la canta. Secondo me non la vuole imparare apposta, perché non vorrà mai arrivare a doverla cantare. Ma ha solo sette anni. Ne scorre di acqua, sotto alla braga. Lui si sbraccia, e si annoia, e quando si annoia, me lo dice.

Ma non è mai amaro. E non odia niente. Io, invece, odio tantissime cose.

È fico. Essere bambino, dico.

Bambino. Non bimbo. Ho promesso a inkiostro di non scrivere la parola bimbo.

Già.

 

Get Black – Mamma non dire merda #5 + Amari – Campo minato (MP3)

Amari – Le gite fuori porta – video (link > MySpaceTv)

Amari – Mariottide @ Le gite fuori porta – footage (link > YouTube)

 

martedì, 30 10 2007

Francesca is playing at my house (my house)

 

Da oggi Inkiostro cambia.
O forse, come direbbe Coupland, non fa altro che diventare sempre di più se stesso.
Da oggi, e a cadenza rigorosamente casuale, Inkiostro inizia ad ospitare anche firme diverse da quella del sottoscritto; Blogger in fuga dal proprio blog, penne valenti in cerca di una casa, nomi eccellenti (o presunti tali) che non stonerebbero su queste pagine, e soprattutto illustri sconosciuti che non hanno necessariamente qualcosa da dire, ma che sanno come dirlo. La prima che troverete (speriamo spesso) su queste pagine è Francesca, formerly known for Studio GradoZero. Là dove si incontrano i Radiohead, Kubrick e David Foster Wallace.
Buona lettura.

 

 

How to re-appear completely

 

Il mio migliore album dei Radiohead è Amnesiac. Perché da sempre sono una fighetta. Chi è nostalgico sceglie Pablo Honey, chi è originale sceglie The Bends, chi è tradizionale sceglie Ok Computer, chi vuol fare l’intellettuale sceglie Kid A, chi vuol fare l’annoiato sceglie Hail, ma noi, noi fighetti lo sappiamo.
Io so, per esempio, che le insopportabili trombonate alla fine di National Anthem, sono trombonate insopportabili, appunto. Che Street Spirit dopo un po’ che l’ascolti è una gnagna tremenda. Hail to the thief potrebbe davvero essere l’innarrivabile disco, e con tutta probabilità lo è.
Un capolavoro. Il capolavoro. Ma io scelgo Amnesiac. Perché sono fighetta. Ed è anche quello che ho ascoltato di meno, si dice così, no?
 
I Radiohead per me sono come quel monolite. Sì, insomma, stanno lì.
 
La mia migliore canzone dei Radiohead è 2+2=5, perché sono una fighetta e oltretutto sono UDQFCDSUCDRCNSNMDDR. Vale a dire Una Di Quelle Fighette Che Deve Scegliere Una Canzone dei Radiohead Che Non Stia Nel Miglior Disco dei Radiohead. Chi è nostalgico sceglie Creep, chi è originale sceglie Fake plastic, chi è tradizionale sceglie Paranoid, chi deve trovare il titolo di un post sceglie How to disappear, chi fa l’intellettuale sceglie Pyramid Song.
Pyramid Song è un trionfo. Non si capisce cos’è. Come il finale di 2001. Come il monolite. Non lo sai, dove quando e in che camera immaccolata della tua esistenza va a finire.
 
Ma 2+2 sono tre canzoni in una. Un delirio. Mio figlio la canta ancora. PAY ATTENSCIONNNN. E pensare che Luca la prima volta che gliel’ho fatta sentire aveva capito PENETRESCIOOOOON.
 
Altre cose, in ordine sparso. Non ho pretese di giornalismo musicale, me ne infischio se prevalgono le chitarre o l’elettronica, non so un cazzo di missaggio. Ho una foto di Thom Yorke sbrodolato di cioccolata sul mio frigo. E una di profilo che non gli si vede l’ochio sblisgo ce l’ho in studio. Ho un grafico che attribuisce improbabilmente frasi sconce a Thom Yorke. Penetration, sì, lui. Una volta Luca mi ha detto, e vabbè, coraggio, educami. “Ho tutti i dischi originali” gli ho detto.
Luca lavora con me.
“Ho questa cosa che con loro mi devo sedere sul divano, mica qui” dico alla scrivania.
“E dedicare quel-tempo-lì. I tempi di un divano” dico “per sentire il disco.”
 
Che, nel caso non si sappia, è il disco nuovo.
 
La mia canzone del disco nuovo dei Radiohead è Weird Fishes, vale a dire Arpeggi. Perché sono una femmina. Chi è ritmicamente avanti dice 15 steps, chi ama The Bends dice Bodysnatchers, chi è radioheadiano da una vita ha riconosciuto Nude, chi fa l’originale dal divano in ritardo dice Faust Arp, chi è innamorato dice All I need.
Arpeggi è la meno nuova, e per questo è una canzone che invecchierà. Una canzone femmina.
 
A me i Radiohead mi fanno l’effetto di Kubrick.
 
 
 
Certo che Reckoner spacca. È la mia preferita. No, avevo detto Arpeggi, gesù. Arpeggi mi morirà fra le mani esattamente fra dieci giorni, ci scommetto. Come le femmine. Quando il telecomando del vai-avanti-veloce onora il tempo speso ad ascoltare dieci volte al giorno gli stessi arpeggi e le stesse ovaie consumate, allora sì, si invecchia tutti insieme. Noi, la canzone, il telecomando. Non si consuma più niente, puntine, solchi, ovaie, no. Semplicemente si invecchia.
 
Sono invecchiata quando il videonolo sotto casa mia mi negò andreottianamente Arancia meccanica. Avevo solo diciassette anni e cinque mesi, il bollino rosso recitava chiaro. Decisi di invecchiare veloce. Invecchiai più veloce che potevo di sette mesi, perché era diventata ormai una questione di principio. Quando lo vidi, a diciott’anni e un’ora, invecchiai di botto altri dieci anni. Come in quel film con Adam Sandler, presente. Dove lui c’ha il telecomando esistenziale per andare avanti veloce fino ai momenti cruciali della sua vita ma poi si incasina e diventa vecchio all’improvviso e rimpiange un casino il lento scorrere del ciclo ovarico della moglie.
Ecco, a me Arancia meccanica mi ha fatto quell’effetto lì. Io quel giorno dal videonolo c’avevo il mio tempo tutto fra le mani.
 
Devo smetterla di andare avanti veloce e ascoltare solo Arpeggi. Sul posto di lavoro poi.
Luca sta cerchiando su Abitare Bologna Ovest appartamento semiarredato due camere sala bagno come nuovo parquet cantina posto auto stendino incluso.
“Siete in due?” gli fa l’agente immobiliare al telefono.
“Sì”
“Cosa fa sua moglie?”
“Il fotografo” risponde lui.
 
Arancia Meccanica non l’ho più visto da allora, per paura di invecchiare ancora. O di fare invecchiare lui, il film.
Però l’ho fatto vedere a mio figlio. Dai, se le infinite possibilità di accompagnarlo al cinema, per me, spaziano fra Narnia o Cars, mi dico, meglio educarlo bene fin da subito. Non si può perdere tempo con film inutilmente confezionati, blandamente educativi, roba che non ti rimane. Già mi lavo i denti tre volte al giorno, voglio dire. Mi basta, in quanto Perdita Di Tempo. Meglio accelerare, mi dico.
 
Così l’altro giorno l’ho rapito da atletica e l’ho buttato sul divano davanti ad Alex.
“A un certo punto della nostra vita, ci dice Proust” gli urlo mentre lui piange e ulula perché era nel bel mezzo di una staffetta vincente e perché effettivamente la cura ludovico gli fa un tantinello paura “a un certo punto tutti quanti noialtri staremo sui trampoli e vedremo Tutto Quello Che E’ Passato Di Noi e tu vedrai il tempo perduto nelle staffette, vedrai l’ombra di un fiore nell’amore per la Francesca di 3a B, userai le parole “cura ludovico” molto più di quanto adesso non credi, scorgerai da lassù il tempo concesso sul divano ai monoliti. Il tempo che hai passato con me sul divano non è perdita. Loro, i monoliti, non saranno invecchiati. Io invece, con tutta probabilità, avrò il catetere.”
“Ma la mia squadra stava quasi vincendo cazzo”
“Non dire parolacce. Mi ringrazierai. E già che ci siamo, guarda, segnati anche questa cosa. Quando ti chiederanno se il mondo blabla quali sono le cose blabla che ti porterai nell’isola blabla, ti consiglio di trovarti cose immortali. Non dire le cose che ami di più. Dì le cose che non ti invecchiano.”
 
E adesso ascoltami. Serio, però.
 
Allora, la prima cosa si chiama 2001. La tua nonna dice che è una palla mortale e ha ragione. Ma nella noia trovi mille motivi di esistere. Questo è quello che penso. Che sia chiaro, il mio film preferito è tipo Snakes on a plane. Ma io sull’isola blabla non mi ci voglio divertire. Voglio far passare il tempo senza invecchiare. 2001 non mi invecchia, perché come disse una volta il tuo compagno Leonardo di 1a B, le scimmie siamo noi.
E voi bambini avete bisogno della noia, per capire quanto grandi e vecchi siano i Dragonball, per esempio.
Quando sarete grandi, i Dragonball saranno come per noi Mazinga e i remix delle canzoni dei cartoni animati. Una tristezza inconsolabile. Però i Dragonball vi hanno portato avanti, vi hanno fatto fare quel gradino in più su un’eventualmente antologizzabile linea del tempo, ma tu non diventerai mai, giuramelo qui e ora, non diventerai mai uno Scrittore Antologizzabile In Una Linea Del Tempo. Tu sarai astronauta, e dirai che la prima volta che ti sentisti vecchio fu davanti ad Alex che cantava sotto la pioggia, colpa di tua madre che non ti portava ad atletica per farti vedere i film di kubrick, tua madre ormai col catetere che (non) ti aspetta (più) a casa.
 
L’inizio e la fine sono qualcosa che ostacola la natura dei monoliti. Trovatemi un inizio e una fine mosci in un disco dei Radiohead. Iniziano senza volere e finiscono senza invecchiare. Personalmente adoro i libri che iniziano faticosi. Quando alla seconda riga sembrano pochissimo seducenti. E alla terza già esclami “piuttosto Faletti”. E di norma, quegli stessi libri, finiscono struggenti romanticamente latenti, foscolianamente inquieti. Non finiscono, insomma. Ti lasciano lì, con la tua ultima amara pagina in bocca e il tempo che si avvolge pericolosamente su se stesso, il tuo tempo, qualcosa che sai che insomma continuerà a darti il tormento per tutto il resto della tua esistenzialmente telecomandata vita-del-cazzo-senza-mai-più-libri-da-leggere. Perché è ovvio, dopo che hai finito quel libro che inizia scontroso e finisce per travolgerti, alla fine insomma non leggerai mai più nient’altro.
 
Ecco, a me i Radiohead fanno quell’effetto lì.
 
“Ma perché li ascolti” mi chiede mio figlio.
“Nessuno ha bisogno di invecchiare” rispondo io. “Semplicemente non riesco a togliere lo sguardo dal monolite.”
 
La seconda cosa sono i Radiohead-Tutti-Insieme. Non posso più disonorare il mio tempo con la difficoltà di una scelta non voluta.
“Tutti insieme tutti insieme” frigno con mio figlio.
“No. Uno solo, mamma.”
“Col cazzo”
“Non dire parolacce.”
“Loro non compiono mai gli anni” dico a mio figlio. “Non spengneranno mai candeline nella loro vita.”
“Uno solo, mamma.”
“Loro finiscono senza voler finire.”
“U-no-so-lo”
“Dopo Kid A c’era per forza Amnesiac. Dopo Ok Computer c’era per forza Kid A. E così via fino a_”
“Uno. Cosa ti costa, cazzo”
“Non dire parolacce. Mica hanno finito, sai. Io lo so che non finiscono. Perché sono senza tempo. Non han mica finito, dopo Hail to the thief c’era per forza In rainbows. Dopo In rainbows c’era per forza, c’è per forza, c’è per forza_”

 

(continua)

 

Radiohead – Weird fishes/Arpeggi (MP3)