mercoledì, 12/12/2007

Francesca is playing at my house (my house) /3

Promemoria per madre natura: grazie

Quando è successo, ero in una palestra piena di palloni che palleggiavano.

 

Ho tirato su la testa, ho cercato mio figlio in mezzo ai palleggi, mi sembravano tutti uguali, quei palleggi di bambini, avrete tutti l’acne, intorno ai diciassette anni, e una qualche allergia a qualche tipo di derivato del latte, le femmine impareranno ad arrossire un attimo dopo di voi, ma non saranno mai in grado di metterla a canestro così come state facendo voi in questo momento. Perlomeno la palla. Vi sorprenderete al primo gesto carino che vi sarà rivolto e distribuirete baci con la stessa difficoltà (o facilità) con cui avete invaso il Kamchakta a Risiko, l’ultima volta a casa del vostro migliore amico, che nel frattempo sarà cambiato quella decina di volte e non temiate, avrà l’acne, l’allergia e un fracco di pensieri anche lui.

Ho guardato un po’ in mezzo a tutto quel sudore necessario, e l’ho trovato. Mi sorrideva, ed era diverso dagli altri perché aspettava che anche io gli sorridessi. E soprattutto non imbroccava un canestro.

È stato in quel momento che è successo. La fine del libro è arrivata.

 

Caro Coupland,
questi siamo noi, o meglio sono io, e ti devi fidare, visto che noi, o meglio io, non sono te, e certe cose non ci sogneremmo mai di scriverle. Ci piacerebbe, eccome. Guarda, te lo dico, io ogni libro tuo che inizio penso sempre: cazzo, questo è proprio è il libro che se fossi una scrittrice vorrei scrivere io. Poi quando finisco, mi finisce il mondo, insieme ai palleggi e ai pensieri quotidiani. Inizia l’apocalissi, a quel punto, nella mia testa, il mondo mi sembra sempre che mi debba amareggiarsi un pochetto di più a ogni romanzo. Per poi crollare in un collasso di nevrastenie scoperchiate, frasi da citare alle cene con gli amici, madri improbabili, figli che tu non hai mai visto sorriderti da dietro un palleggio, perché non ne hai tu, di figli, e mi piacerebbe tanto, cazzo, sapere come diamine fai a sapere così tanto di verità, quando dici cose come Non si è mai preparati al funerale del proprio figlio. Cazzo. È da quando quell’essere palleggiante in palestra mi è uscito dalla pancia, che vivo di questa assurdità da pensiero ignobile (sebbene abbia pensato di ammazzarlo più volte), di questo Conto Delle Probabilità Statistiche Per Cui Un Figlio Può Morire, e non si deve neanche dire, una cosa del genere.

Tu la scrivi. Tu fai morire qualcosa come tre quattro figli in un’unica, condensata voragine di esistenza pre-apocalittica.

Perché ci hai ingannati, quando con tutta la tua dolcezza lirica ci hai cullato preannunciandoci la fine del mondo nel centro commerciale.

La fine del mondo te la stavi tenendo al caldo con questo dannato meraviglioso fottutissimo libro che ho appena finito in un tonc tonc di linoleum e palloni. Tu, maledetto, scrivi che sembri facilissimo, da scrivere, intendo. Perché mica stiamo parlando del romanzo sul nazismo dal punto di vista del nazista. Macché. Non stiamo parlando di filologia da biblioteche francesi targata einaudi, qui. Parliamo di olocausti quotidiani.

 

 

 

C’è puzza di gomma, in palestra. I bambini sudano e puzzano di una puzza diversa dagli adulti, roba intollerabile uguale, intendiamoci, e il tutto si va a mischiare con l’odore della gomma delle scarpe da tennis, il linoleum rosso con le righe della lunetta scricchiola, i palloni palleggiano, le mamme gridano ai loro franceschi e leonardi, mio figlio non infila un cesto che sia uno, probabilmente Dio ha già fatto come dire parecchie scelte sui suoi futuri campioni di basket, io non sono agitata, faccio solo una x sulla lista di cose che mio figlio non diventerà, e ci divertiamo anche, io e lui, per ora abbiamo scartato senza indugio alcuno il disegnatore, il saltatore con l’asta, il saltatore in alto, l’attaccante alla paolorossi, Totti, il campione di basket da due minuti, rimane in buona posizione sempre un Johnny Depp versione pirata idiota, il matematico puro, il lettore di tolkien, il collezionista nerd di figurine, il cantante dei Pixies.

Bisogna abituarsi a convivere con il proprio dolore, sembro suggerirgli mentre Gianluca, due anni in meno di lui gli fotte la palla da sotto il naso e va liscio a canestro.

Avrai un fracco di dolori, il primo su tutti saranno i canestri che non vanno a segno, mentre Gianluca sì. Poi arriveranno nonni che ti muoiono, e quando avrai finito tutti i nonni, cominci con le ragazze. Ci saranno le sparizioni, le ricomparse, le comparsate, i passanti, o i semplici pedoni che ti attraverseranno la vita senza guardare le strisce, e ci sarà un momento in cui giocherai tantissimo col tuo gloriometro personale, e la smetterai quando scoprirai il gloriometro di un qualsiasi Gianluca più piccolo di te che funzionerà molto più ad hoc del tuo e a quel punto probabilmente vedrai lo sguardo di una ragazza come non l’hai mai visto prima, comincerai a capire l’importanza della confidenza, di un bacio rubato, della nouvelle vague tutta quanta, compreso quel rompipalle di Romher, e da lì a pochi attimi sarai già dentro a una palestra, a guardare il tuo, di figlio, che cannerà ogni rimbalzo e ti metterai le mani nei capelli, perché tu sarai il padre, e i padri, si sa, a certe cose ci tengono un casino.

 

Sarai pronto per passare direttamente da Tolkien a Coupland. Come ha fatto un mio amico che in questo momento ospita i miei pipponi su di te e sulla fine del mondo che coincide inaspettatamente con la fine di un libro e questo mio amico non si sogna minimamente di averci una relazione con me, benché mi ospiti, a me e ai miei pipponi, e nonostante quello che il mondo vivente, affranto, non-finito, pensi di noi.

Stiamo nel tempo da cui certi figli e certi nonni se ne sono andati, ma nel quale noi tutti viviamo aspettandoci il peggio. Per esempio il funerale di un figlio. O, ancora, di un nonno. Ci sorprendiamo ancora, se qualcuno ci tratta male, se uno scrittore ci massacra, se c’è un massacro a scuola, se continuiamo a vedere le cose come sempre. Perdendole. Con vaghe e irrisorie possibilità che ci vengano rese indietro, poi. Quando saremo dall’altra parte del sole sbagliato, quando il peggio sarà passato, e tu sarai preparato, figlio mio, sarai preparato perché tua madre, malgrado Coupland e Nostradamus, ai miracoli non ti ci ha per niente abituato,

Promemoria per Madre Natura: grazie, dirai. E te ne andrai per la tua strada. Sparendo, come tutti.

 

[Douglas CouplandHey Nostradamus (Frassinelli)]

 

7 Commenti a “Francesca is playing at my house (my house) /3”:

  1. utente anonimo ha detto:

    Solo per dire che il commento n. 5 NON è il mio.

    m.

  2. utente anonimo ha detto:

    Tolta la precisazione e i “cazzo”, è perfetto.

  3. utente anonimo ha detto:

    ma leggere qualcosa di serio no?!?

  4. punch-drunk ha detto:

    non ho capito nemmeno io [ma come al solito interpreto arbitrariamente: pessimismo, così io sono contento], ma che spettacolo!

  5. utente anonimo ha detto:

    avevo letto “sperando, come tutti” alla fine..

    tornava lo stesso..

    Meredith

  6. utente anonimo ha detto:

    Non ho capito se c’è dell’ottimismo o del pessimismo.

    Bandini

  7. utente anonimo ha detto:

    Ho finito Hey Nostradamus quasi un mese fa in due giorni e adesso vorrei dire qualcosa, ma non ho parole, a parte che bello quando scrivi. A presto