L’autunno è indietronico
1. L’altro ieri pioveva, e nel tornare a casa mi sono bagnato il vestito buono (mi piace, il concetto di vestito buono, chissà perchè è passato di moda); una volta arrivato mi sono tolto gli abiti bagnati, ho acceso una luce gialla (le luci bianche le odio), e ho messo su qualcosa nello stereo. Avessi una sedia a dondolo, mi ci sarei seduto. Fumassi la pipa, l’avrei accesa. Avessi un paesaggio decente da guardare dalla finestra (ok, avessi un paesaggio qualsiasi, in effetti), mi sarei messo a contemplarlo. In mancanza di tutto ciò, ho lasciato fare alla musica di Lars Horntveth, che è quanto di più simile a una (bella) serata d’autunno mi sia capitato per le mani da un po’. L’indietronica incontra il jazz che incontra le colonne sonore, il tutto con una perfezione talmente matematica che -ne sono sicuro- se ne scoprissi l’algoritmo che ne descrive il suono sarebbe lo stesso che determina la traiettoria di una foglia quando cade dall’albero.
2. Ieri sera, poi (era freddo), sono andato al cinema, a vedere Le conseguenze dell’amore di Paolo Sorrentino. Non è il capolavoro che avevo sperato (un paio di commenti positivi mi avevano un po’ illuso), ma è comunque un film davvero notevole (un parere più esteso completamente condiviso, qui), fatto di vuoti e di piccoli gesti come le cose che davvero contano (come la vita, direbbe qualcuno). La colonna sonora -gelida- era tutto un glitch, a cominciare dalla Scary world theory dei Lali Puna nei titoli di testa per continuare con i Boards of Canada, i Terranova e altri gruppi dai nomi freddi, e si sposava alla perfezione con le atmosfere del film (glaciali), opponendosi in una tensione costantemente irrisolta con le immagini (per lo più calde). Una battaglia che mi ha spossato. Quando sono tornato a casa ho rimesso su prima Scary world theory poi Faking the books, e ho deciso chi aveva vinto.
3. Stamattina mi sono alzato presto perchè dovevo lavorare. Non mi ci abituerò mai, ad alzarmi presto, temo; dev’essere una cosa nel dna. E quando so che devo svegliarmi presto, poi, non riesco mai a dormire bene: ci metto ore ad addormentarmi, faccio degli incubi strani, mi alzo con la testa pesante e con la perenne sensazione di essermi dimenticato qualcosa. Questa mattina è stato uguale, e non è stato piacevole, solo che era come se nella mia testa ci fosse anche una colonna sonora. Era un sottofondo di ticks e di blips, e poi un suono tipo palline di metallo dentro un barattolo di latta, e cerniere lampo chiuse a velocità diverse; c’era anche una melodia in falsetto, e ho poi capito che si trattava di Front to back, il pezzo cantato da Andrew Kenny degli American Analog Set che c’è nel nuovo disco di Styrofoam, l’amichetto belga dei Notwist. Era curioso -era inquietante-, era come se tutti quei clicks e trips e svrips andassero a tempo con i miei movimenti lenti e assonnati. Chissà se fa questo effetto a tutti, mi sono chiesto. Mi sembrava di sapere la risposta; solo, era come se me la fossi dimenticata.