Non so voi, io lo trovo commovente
Un sito interamente dedicato ai calzini spaiati.
Non so voi, io lo trovo commovente
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Il piccolo consumatore
Del concerto degli Offlaga Disco Pax al Covo, avete ragione, non ho scritto nulla. Del resto sono stati una conferma, e non c’è molto altro da dire, visto che sono un gruppo enorme. Leggetevi il testo di Cinnamon, e ammirate il fotomontaggio fatto per l’occasione dalla neonata (nel mondo dei blog) crew di Self Comics. Parla da sè.
CINNAMON (Il piccolo consumatore)
La sparizione delle sagome dei camerieri fuori dai ristoranti non è avvenuta in una data precisa. Sono cose che misteriosamente accadono, come la comparsa dei biscotti Togo al cioccolato.
Tutto è cambiato. Prendete le ciuingam. Quando ero piccolo il massimo erano le ciuingam a palline dentro la boccia. Perché una cosa va detta: anche se i telefilm erano in bianco e nero c’era sempre una cosa a colori: la boccia delle ciuingam. Poi sono venute le prove tecniche di trasmissione. Se eri fortunato ti poteva capitare di avere un amico con l’antenna esatta che captava la Svizzera o Capodistria. Tele Capodistria era un vulcano di emozioni: film partigiani dove i tedeschi erano cattivi e i partigiani buonissimi e intelligentissimi. Un paradiso socialista.
Dopo le palline sono arrivate le Riprova, sarai più fortunato. Le più ambite erano quelle di Fort Apache. Se superavi la prova potevi lanciarti dalle Brooklyn, la gomma del ponte.
Al tempo però le ciuingam avevano un mucchio di sapori in più.
Il meglio, il più rivoluzionario era il Cinnamon. Il Cinnamon era il vero gusto da Black Panters, da Malcolm X. Il Cinnamon è la cannella, ma non vale. Il Cinnamon, quando è arrivato il riflusso, lo hanno abolito: evaporato, sparito! Uno andava al bar e trovava solo le Centerfresh, quelle con dentro il liquido. Ciuingam da “maggioranza silenziosa”.
La Sinistra calava ed ecco comparire le ciuingam del capo che mangia pesante. PESANTE… Erano tempi difficili.
C’era chi si dava alle Stimorol danesi, chi si drogava con le Dentigomma che si trovavano solo in farmacia. Poi il miracolo: un giorno, al Circolo Gramsci, preso dallo sconforto per aver scoperto che esistono le Big Babol Revolution, ho gettato l’occhio dietro i boeri e alle liquirizie Goleador: le Cinnamon erano tornate!
Strano che l’Unità non avesse detto niente.
Alle Cinnamon e a tutti i compagni caduti bisognerebbe dedicare una piazza davanti a un ipermercato.
Sta diventando un appuntamento fisso
Mi piace farmi odiare. Dopo Reverse e dopo la stanza rossa e quella verde, ecco un altro giochino con cui sperperare le vostre giornate: Tobby balloon. Un cane, un palloncino, un ventaglio e -con ogni probabilità- parecchie bestemmie. Io mi sono fermato presto per mancanza di tempo, ma fatemi pure sapere nei commenti se e quanto vi fa dannare.
L’oscurantismo terrorista
Probabilmente non ve ne fregherà nulla, ma ieri l’altro è morto Jacques Derrida, uno dei più importanti filosofi contemporanei, teorico del decostruzionismo. Di lui John Searle qui, raccontando di una conversazione con Michel Foucault (altro grandissimo filosofo, che non ha nulla a che vedere con il tizio del pendolo del libro di Eco), ha detto questo:
I once said this to Michel Foucault, who was more hostile to Derrida even than I am, and Foucault said that Derrida practiced the method of obscurantisme terroriste (terrorism of obscurantism). We were speaking French. And I said, «What the hell do you mean by that?» And he said, «He writes so obscurely you can’t tell what he’s saying, that’s the obscurantism part, and then when you criticize him, he can always say, ‘You didn’t understand me; you’re an idiot.’ That’s the terrorism part».
Derrida era un grande, e su questo, ovviamente, non si discute. Però io conosco un sacco di oscurantisti terroristi; e non mi piacciono, no.
Chi non viene è un menscevico
[mi trovate in prima fila. anzi no, un po’ più indietro, sennò non riesco ad afferrare al volo i Tatranky]
La via verso l’onniscenza
Non so voi, ma io senza Google sono perso; nel senso che, quando sono -mettiamo- a bere una birra con gli amici e non mi ricordo una cosa, o mi serve un’informazione che -quando sono al computer- posso trovare in 10 secondi, mi sento un po’ menomato. Non tanto (c’è sempre la memoria, e la cultura è quello che ti rimane quando ti sei scordato ciò che hai studiato, diceva sempre una mia professoressa delle superiori), ma un pochino sì. In ogni caso, tra poco non sarà più così: Google ha infatti lanciato un servizio via SMS (per il momento solo in USA), che permette di interrogare il motore di ricerca con un messaggio di testo e ricevere la risposta in tempo reale. Ovviamente non gli si può chiedere tutto (non ti può mica sparare indietro un link e basta come fa di solito), e le prime funzionalità implementate non lo rendono troppo diverso da Pronto Pagine Gialle e robe così, ma immagino che un domani sarò in grado di scoprire da viene una data citazione o di che anno sia l’esordio dei Death Cab for Cutie indipendentemente dal posto in cui mi trovo. Fa un po’ paura.
La LAV, Michael Winslow, I mangiatori di patate e gli Amish
IlSocio di Airbag non ha gradito il concerto di Cocorosie + Devendra Banhart di ieri sera a Ferrara. Io non condivido quasi nulla di quello che ha scritto (anche se Devendra non mi ha affatto esaltato), ma mi sono comunque fatto 4 grasse risate.
Come il Kurt Cobain dei Microservi
Ed è in periodi come questo che sfasciare il computer può essere l’unico modo per mantenere la propria sanità mentale.
Come una bomba atomica
Alla fine di Babe, you turn me on, Nick Cave fa «pum!».
Non è una metafora, fa proprio così, con la voce: «pum!». Ha appena cantato alla sua donna, in un una di quelle storie d’amore completamente sbagliate che tanto ci piacciono (Everyhing is falling, dear / Everything is wrong), quanto lei -anche se lui non vuole- riesca ad accenderlo. Come una lampadina? Di più. Come un’idea? Macchè, qui siamo oltre: come una bomba atomica. Babe, you turn me on è una ballata disgustosamente romantica (come in passato, nella sua discografia, riuscivano ad essere solo Nobody’s baby now e Green eyes), con tutte le carte in regola, la voce dolente, il pianoforte, le spazzole e il violino pizzicato, e alla fine Nick Cave fa «pum!». Sono anche dettagli come questi che lo rendono uno dei più grandi là fuori. E sono anche canzoni come questa a rendere il suo ultimo disco, il doppio Abattoir Blues/The lyre of Orpheus un grande disco.
A differenza degli album precedenti, No more shall we part e Nocturama, Nick Cave non deve essersi messo a tavolino, a decidere che tipo di disco avrebbe fatto: si è seduto al pianoforte, ha suonato, e sono uscite queste 17 canzoni. Così in questi 85 minuti ci sono
tutte le anime del Nick Cave degli ultimi 15 anni, dal rockaccio tinto di soul dei primi tempi (Get ready for love), al blues scarnificato di Tender Prey (Hiding all away), dalle ballate di The Boatman’s Call (Spell) alle chitarre acustiche maltrattate di Henry’s dream (Supernaturally), per arrivare alla sua costante fascinazione per il gospel -qualcuno ricorda il medley Deanna/O happy day?-, qui pervasiva come mai (Carry me, O children e molte altre), e a certo pop/folk epoca Murder Ballads (Let the bells ring).
Tanto romantico quanto scollacciato (I put one hand on your round ripe heart / And the other down your panties), tanto biblico quanto letterario (cita Saffo, Marx, Dylan Thomas e ovviamente il vecchio testamento), tanto naturalista quanto allegorico, tanto serio quanto intinto di humour nero (I look at you and you look at me and deep in our hearts know it / that you weren’t much of a muse, but then I weren’t much of a poet), Abattoir Blues/The lyre of Orpheus è un disco che non ha pretese di dire niente di nuovo, perchè non c’è niente di nuovo là fuori. Ci sono solo cose vecchie da dire meglio, e Nick Cave (coi Bad Seeds in gran forma -c’è da dirlo- anche senza Blixa) ci riesce in pieno.
E anche se i fasti dei tempi andati sono passati, anche se i testi ogni tanto arrancano, anche se il singolo Nature boy assomiglia perciolosamente a 50 special dei Lunapop, anche se 2 o 3 pezzi si potevano tagliare senza rimorsi per rientrare in un disco solo, dopo la completa delusione di Nocturama questa volta ci siamo. Quando Nick Cave fa «pum!», in quel valzerino un po’ banale e proprio per questo perfetto, il mio cuore ha un sussulto. Erano anni che non ci riusciva, Mr.Cave. Bentornato tra noi.
Me a parte ovviamente
Solo per farvi sapere che da queste parti da qualche giorno si ascolta a ripetizione -con grande godimento, e un sorrisino ebete sulla faccia- l’ultimo disco di Artemoltobuffa (che poi è l’anagramma di Alberto Muffato, e anche solo per questo dettaglio bisognerebbe amarlo), e in particolare la canzone che dà il titolo al cd, Stanotte/stamattina, istantaneamente eletta canzone dell’anno. Scaricatevela da qui (un grazie ai Panda Tristi per il link). Era da un po’ che in Italia non usciva un disco di pop indipendente così bello.
A day in Bologna
Se l’avessi avuta quando sono arrivato in città (una vita fa, mi sembra), forse le cose sarebbero state diverse. Se avessi avuto la Guida per la matricola a Bologna di A day in the life (in 4 parti: uno, due, tre e quattro) probabilmente non avrei dovuto inventare storie fantasmagoriche per schivare i marxisti (sui ciellini ero già stato messo in guardia), non mi sarei perso decine di volte in centro (anche se per capire l’esatto orientamento di Via Belle Arti ci ho messo una vita), avrei evitato di ritenere casa mia un tugurio, avrei indirizzato le mie serate verso il Covo ben prima di quando l’ho scoperto e avrei familiarizzato assai prima con la variopinta fauna di via Zamboni. Voi che siete appena arrivati in città -o siete curiosi di capire cosa c’è dietro questa leggendaria città universitaria che ci fanno almeno un film all’anno sopra- non perdetelo.
Lo stronzo sono io
Sabato mattina troppo presto, stazione. Un tizio, che per convenienza chiameremo inkiostro, -zaino da trekking stracolmo (con pittoreschi lembi di giacca a vento che spuntano fuori), tracolla pronta ad esplodere, in una mano due giornali, nell’altra il caffè della macchinetta, in tasca (non si sa bene come) un discman- percorre il binario numero 6. Il soggetto fà mostra di un paio di clamorose occhiaie frutto di una settimana di alzatacce e concomitanti ore piccole, presenta la tipica espressione del genere Odio l’universo, e desidera solo qualche ora di viaggio in salutare solitudine per fare pace col mondo.
Ora, qual è la cosa che il nostro desidera meno al mondo in questo momento? Semplice: incontrare un conoscente nella cui compagnia sia costretto a fare il viaggio. Lo scenario si manifesta -assumendo tinte ancora più tragiche- sotto forma di ex compagno di scuola media che il nostro non vede da anni, e con cui non aveva nulla da dirsi a 12 anni, figuriamoci al doppio abbondante dell’età. Il simpatico ex compagno (che per comodità chiameremo Tiricordi quanto ero sfigato, mentre ora sono palestratissimo e parlo solo di calcio, figa e di quanto la mia vita sia cambiata e tutto ora mi vada benissimo; in breve Tiricordi) è ansioso di passare le quasi 4 ore di viaggio a fare amarcord dei tempi andati;
il nostro vorrebbe, dormire, leggere e ascoltarsi Thalia Zedek, ed è comprensibilmente entusiasta all’idea. Tra l’altro, per colpa di un perverso treno a due piani spacciato come interregionale -in realtà più simile a un carro di buoi-, il nostro non può scappare ed è anzi costretto ad un’indesiderata prossimità, di cui Tiricordi approfitta per profondersi in pacche sulle spalle e allusive date di gomito accompagnate da appellativi quale vecchio mio e mitico.
Tiricordi fa l’appello completo della classe (il nostro si aspetta che da un momento all’altro estragga dal borsone il registro e un mazzo di compiti in classe a mò di prova), con descrizione, vita, morte, miracoli di tutti i componentii della 3ª A, compresi i professori e un inventario delle aule della scuola (l’aula di tecnica! l’aula di cineforum!). Il tutto punteggiato da aneddoti un sacco divertenti –ma eravamo davvero una classe di matti!-, come tiricordi la volta che Buda all’oratorio ha tirato le miccette a quella soprannominata Bertuccia, e tiricordi quella volta che Livio è entrato nello spogliatoio delle femmine e la Tatiana gli ha dato uno schiaffo, e tiricordi quando Mirko ha riempito dei preservativi d’acqua e ha tentato di fare un gavettone durante l’ora di ginnastica, e un sacco di altre storie divertentissime.
Nel tentativo di fermarlo, il nostro prova ad inventarsi aneddoti falsi per confonderlo e provocare un corto circuito mnemonico, chiede notizie di compagni di classe fasulli si inventa finte gravidanze e trasferimenti all’estero e notizie di cronaca nera che coinvolgono la prof di musica, ma nulla ha successo. Tiricordi è inarrestabile, e il nostro, ormai spossato (normalmente è un animo nostalgico della prima ora, ma ha inspiegabilmente dimenticato quasi tutto di quel periodo), alza bandiera bianca e si arrende a un profluvio di nomi, date, fugaci pomiciate sul pullmann della gita, cervelli di belle speranze finiti a fare gli elettricisti e ragazzette insignificanti ora di casa sugli schermi di Canale 5.
Arrivato alla fine del viaggio, il nostro, stravolto dallo sforzo necessario a sostenere una conversazione di così alto livello intellettuale, decide di togliersi una soddisfazione. Questa volta è lui a dire Tiricordi. Tiricordi quella volta che qualche stronzo aveva detto a tutti che ti piaceva l’Elisa, che ovviamente non ti si filava manco di striscio (del resto mentre noi giocavamo ancora coi Lego lei faceva già le sue prime esperienze sessuali), e tutti ti hanno preso per il culo per un buon numero di mesi, tanto che una volta ti sei pure messo a piangere durante l’ora di Scienze (episodio che -immagino- richiederà anni di analisi e massicce trasfusioni sul conto in banca di uno psicoterapeuta per essere superato)? Ecco: lo stronzo sono io.
Lo sguardo sgomento di Tiricordi, un attimo prima che il nostro si volti e se ne vada, non ha prezzo; ed è esattamente quello che ci voleva per riconciliare il nostro con il mondo.
Butta il vibratore e tieni le mani ben in vista
Stamattina l’aeroporto di Brisbane è stato chiuso per circa un’ora per un allarme bomba; è stato poi scoperto che il bidone sospetto -che ronzava in maniera strana- non conteneva una bomba bensì un vibratore. Un allarme del cazzo, insomma.
Pissing in the wind
Non so bene come mi ci sono imbattuto; so solo che la Golden Section di Vàclav Skàcel (composta anche da altre 5 foto), è davvero notevole.
In particolare Undo stupid changes e Fuck it!
Alzi la mano chi non li ha desiderati almeno una volta. Questo e molto altro, qui.
Tra i movimenti quei momenti
Come forse avete intuito -o forse, giustamente, non ve ne frega nulla- ultimamente da queste parti il tempo libero scarseggia. Ovviamente, molto dipende da cosa si intende per libero; diciamo che è il tempo da impiegare nel blog che scarseggia, che è meglio. Del resto, non appena riesco a staccarmi un minuto dal computer mi sdraio sul letto ad ascoltare un po’ di musica, come i ballatoni clamorosi con cui si conclude l’ultimo disco di Nick Cave (presto ne scrivo, prometto), un vecchio pezzo dei Perturbazione con un testo da paura –La corda di vetro– fattomi riscoprire dalla reinterpretazione di Giaccone e Congiu, e la tristissima canzone del nuovo disco di Styrofoam cantata dall’amato Ben Gibbard. Le ultime due le potete sentire stasera alle 21 su Airbag (103.1 FM a Bologna oppure in streaming), le prime magari no perchè un minimo di senso della misura da qualche parte ce l’ho ancora. Ma qui mi fermo, chè in questo periodo mi sento molto melodrammatico, e se continuo così un Poverino’s non me lo leva nessuno.