mercoledì, 11/11/2009

Spolpatevi il vostro tenero barboncino

di

Se non avete comprato il lussureggiante coffee-table book del New York Times che consigliavo l’ultima volta (lo so che questa rubrica non la leggete, ma perché sto ancora a perder tempo?), rifatevi con l’idea di Andrew Sullivan. La rubrica The View From My Window, nel prolificissmo blog di Sullivan ospitato dall’Atlantic, è una delle più belle della blogosfera: una sorta di selezionatissimo micro-flickr collettivo, forzato nella prospettiva (sono tutte foto scattate, appunto, dalla propria finestra) e nell’occasione (sono, almeno così viene da pensare, foto scattate da lettori seduti al computer), che restituisce delicatamente al blog (al blog come medium, insomma) il mondo esterno che talvolta sembra mancargli. Strade, piogge, campi, autunno, neve, grattacieli. Le cose del mondo (e per mondo s’intende dall’Alabama all’Afghanistan, dal Kenya al Colorado) che rientrano. Il 2.0 fatto di percezioni visive invece che di sproloqui verbosi. Sullivan ne ha fatto un’antologia che è un regalo di Natale niente male. A $29.95, qua. Ma potete aspettare (o contribuire a far sì) che il prezzo si abbassi un bel po’.

Jonathan Safran Foer, a 32 anni, è uno scrittore americano parecchio affermato. I suoi due romanzi hanno numerosi fan e dal primo ci hanno fatto un film con Elijah Wood (all’adattamento del secondo, pare, ci stanno lavorando). Qualche giorno fa è uscito il suo primo libro di non-fiction che sta facendo discutere assai. L’Huffington Post gli ha dedicato una sfilza di interventi. Il New Yorker una lunga recensione. Il NYT Magazine un superpezzone. E così via. JSF è vegetariano. O meglio, ha provato a esserlo, saltuariamente e faticosamente, da quando la babysitter ha detto a lui e al fratello, davanti al piatto di pollo lasciato in caldo dalla madre: "Ma voi lo sapete che il pollo è pollo, vero?". Solo con la nascita del figlioletto, però, ha deciso che la virtù prevalesse sulle debolezze del palato. E si è lanciato in un viaggio-inchiesta sugli orrori dell’industria alimentare USA e sull’inspiegabile incoerenza per cui gli americani sembrano adorare gli animali (46.000.000 di famiglie ha un cane; 38.000.000 hanno un gatto; 13.000.000 hanno un acquario per un totale di 170.000.000 di pesci; spendono complessivamente 40.000.000.000 di dollari per i loro cari animali, di cui 17 miliardi per il cibo e 12 miliardi per il veterinario) ma non si pongono minimamente il problema di addentare la bistecca di una mucca a cui hanno sparato un bullone in testa (e che dopo, spesso mentre era ancora pienamente cosciente, hanno scuoiato e smembrato). Gli Americani mangiano 12.250.000.000 di chili di carne bovina l’anno, più o meno 35.000.000 di mucche. Mangiano 10.500.000.000 di chili di maiale, più o meno 115.000.000 di maiale. E circa 9.000.000.000 di volatili. Secondo me bisogna leggere Eating Animals: lo comprate qui, a €17,61.

Tempo fa, quel tizio ci convinse che il futuro del business era vendere pochi (o addirittura pochissimissimi) pezzi di molti (moltissimi, in verità) articoli diversi (oltre a continuare a vendere moltissimi pezzi di pochi articoli di successo). Era il tripudio del consumo di nicchia che non era più, appunto, di nicchia, ma aspirava ad essere la normalità: una normalità fatta di un numero altissimo di nicchie più o meno grandi. Ciononostante, coloro che decidono di produrre e vendere dvd italiani (che si leggano in lettori italiani e che abbiano sottotitoli italiani per chi non sa la lingua originale) non ne vogliono sapere. E l’idea di vendere poche (o forse pochissime) copie di Synecdoche, New York, o di Flandres (per fare due esempi notevolissimi e peculiari) li irrita. Perché, si dice, i soldi si fanno sui volumi, non sulle code lunghe (e forse, dopotutto, è vero). Quindi, bisogna varcare l’oceano per recuperare (a prezzo più che onesto) l’ultimo lavoro di Peter Greenaway (di cui è passato a Milano, giorni fa, il bruttarello The Blue Planet), che, a differenza dei penultimi lavori di Peter Greenaway, è molto godibile anche in forma narrativamente tradizionale. Nightwatching, qua, a  $19.99 in edizione speciale due dischi con anche Rembrandt’s J’Accuse.

Spesa totale: 50 euri 

6 Commenti a “Spolpatevi il vostro tenero barboncino”:

  1. utente anonimo ha detto:

    allora cercherò di leggerlo pur se jsf non mi è mai particolarmente piaciuto come scrittore. troppo sopravvalutato a mio parere.

  2. trino ha detto:

    wrong, la cosa interessante è che JSF attacca anche Pollan.

  3. utente anonimo ha detto:

    da vegetariano cerco di consumare verdura di stagione e passare dai piccoli orti che conosco, eccetera. sicuramente sono favorito da dove abito.

    per il libro in sè, michael pollan ha pubblicato begli articoli e saggi su questo tema.

    poi sul resto: il business uccide il cibo, soprattutto il vero cibo. business in tutte le sue forme. e la velocità uccide tutto.

  4. tristantzara ha detto:

    Ad ingrassare gli americani hanno iniziato negli anni ’80.  L’introduzione di vitamine caloriche che fanno da surrogati a zuccheri e grassi per combattere l’obesità ha causato per contro un elevato numero di diabetici e di malati cardio-vascolatori ; se poi ci mettiamo in conto pure l’alimentazione esagerata di carne rossa, spieghiamo come mai già il marketing hollywoodiano esaltava il footing in Central Park alle 8 di mattina no ? roba da infarto per noi mediterranei, meglio l’olio di oliva e pasta. Questa nazione è allo sbando più completo.

  5. utente anonimo ha detto:

    La coda lunga non funziona se, come dici tu, nessuno neanche ci prova a farla scodinzolare.
    Ma funzionerebbe meglio se ci fosse un’offerta di distribuzione digitale valida e se ci fossere cataloghi vasti a sufficienza da permettere a "testa" e "coda" di alimentarsi vicendevolmente. (io non conosco niente di simile in Italia, ma forse sono io che non ho cercato abbastanza)
    Da queste parti si è più preoccupati del controllo sui contenuti digitali  che di sperimentare nuovi modelli di business. ahinoi!