venerdì, 31/07/2009

C’è ancora speranza

E dire che io non ci speravo più. La supposta commedia indie americana (si accetti la definizione come una semplificazione) secondo me aveva toccato il fondo con Nick & Norah’s infinite playlist: un’ora e mezza di vuoto con un burattino e una tipa yeah che si dicono banalità mentre in sottofondo passa tutta la musica più hip del momento. Un’ora e mezza con il potere di farti sentire puntato, targettizzato, inscatolato e rivomitato da uno che a giudicare dalla profondità a cui arriva probabilmente ha mirato giusto alle tue Converse.

E se la commedia americana, perso il tocco leggero di Cameron Crowe (che da Elizabethtown – un film che è piaciuto solo a me tra tutte le persone che conosco con un quoziente intellettivo superiore a quello di un bonobo – non si è più ripreso, a giudicare dall’attuale inattività), si è arroccata sempre di più sui suoi macrogeneri (la commedia vaginale, per rubare una definizione che credo sia del Maestro, i film con Matthew McConaughey, che fanno sottogenere a sé per insulsaggine e scipitezza, e la slapstick frat-pack comedy alla Apatow, che al sottoscritto ha sempre fatto insopportabilmente pena), i segnali d’allarme della vena para-Sundance si vedevano secondo me (e non penso di essere il solo) già nell’apprezzatissimo – da molti che non sono me – Juno. Personaggi con la profondità della carta velina, dialoghi quirky a costo di rinunciare ad ogni svolgimento narrativo apprezzabile, grosso lavoro di scenografia per collezionare gli improbabili feticci dell’indie-wannabe (per andare sull’ovvio scarpe, tracolle, magliette, occhiali buffi, poster, ma anche telefoni a forma di hamburger, auto scassate, gadget improbabili – chessò, pipe); insomma delle enormi confezioni per accompagnare chili e chili di musica bellissima, bella, carina, osannata da Pitchfork, osannata da NME, osannata da quel dj convinto che il ritornello di Panic dica “I’m the dj, I’m the dj”*.

E solo ora che scrivo mi vengono in mente Little Miss Sunshine e Me and You and Everyone We Know, due ottimi esempi di come la percezione comune dell’attitudine arty sia direttamente proporzionale all’insensatezza dei dialoghi e alla pochezza della trama, nonché di come il fenomeno sia molto meno recente di come la sto mettendo io – ma non approfondirò, perché non voglio scrivere le solite venti paginate, e mi limiterò ad accennare che potrebbe essere la stessa pericolosa china del feticismo esasperato dell’ultimo Anderson. Se ancora non capite dove voglio arrivare, a me sembra che la direzione della commedia indie contemporanea sia questa (io l’ho scoperto grazie alla Fagotta, che ringrazio – sempre):

 

 

e ammettetelo, fa paura.

Però ho avuto modo di vedere recentemente (e quasi di seguito) ben due film che mi hanno fatto cambiare idea.

Il primo, che mi sento di definire senza remore una tradizionalissima commedia romantica appena spruzzata da sfumature ind… quelle là, è How To Lose Friends And Alienate People. Primo film vero e proprio del signor Weide, regista per la televisione e autore di alcuni biopic che non ho visto (uno su Lenny Bruce, uno in produzione sul Kurt Vonnegut, sempre sia lodato), parla di un giornalista inglese di una rivista sinistroide di “low culture for eyebrows”** che si ritrova a scrivere a New York per Sharps, la rivista di glamour che… la… oh, insomma, Vanity Fair sotto falso nome.

La cosa che spiazza del film è la caratterizzazione del protagonista, interpretato da Simon Pegg (a cui dovrebbero erigere più di una statua): nonostante sia indiscutibilmente un nerd e un tipo alla mano capitato impromptu nel tempio dell’apparenza, il suo personaggio è oggettivamente sgradevole per la maggior parte del film. Dice cose evitabili, è spocchioso, borioso e per nulla insicuro di sé anche dopo aver infilato una gaffe dietro l’altra.
Non che sia materiale per aspirare ad un Oscar, ma nel regno dei luoghi comuni (non voglio infilare una tirata sugli europei smaliziati che credono nella realipolitik vs gli americani manichei che credono nella dicotomia good guy/bad guy e al valore della popularity, ma è un dato di fatto che la Grande Commedia Americana degli ultimi anni si regge su archetipi scavati nella roccia: l’Insicuro, lo Sfigato, la Stronzetta, la Dura-fuori-ma-forte-dentro, continuate voi) è abbastanza per conferire al twist un’apprezzabile vivacità. Kirsten Dunst e svariate citazioni dalla Dolce Vita completano la gradevolezza dell’insieme.

Quello che però mi ha veramente colpito è Adventureland, opera terza da regista del responsabile di Superbad, su cui a suo tempo mi espressi in maniera abbastanza netta (nella seconda parte di questo post, quella intitolata “blubblanchet vi spiega i giovani”, ma se preferite due parole: Superbad è un film sessuofobo incentrato su regazzini che – ovviamente – non pensano ad altro che al sesso, infarcito di gag del cazzo che le avessero fatte in un film italiano staremmo ancora qui a sollevare il fantasma dei Vanzina***).
Greg Mottola (così si chiama) di Adventureland è anche sceneggiatore; e si tratta di un film di stampo fortemente autobiografico ambientato nell’estate dell’87, in cui un ragazzo deve trovarsi un lavoro estivo e finisce in uno scalcinato parco giochi (l’Adventureland del titolo) a vivere la prima esperienza sessual/affettiva seria della sua vita.

 

 

Spaventati? Lo ero anch’io. O perlomeno pieno di pregiudizi, tutti negativi. Però Mottola fa, non saprei come dirlo altrimenti, un cazzo di miracolo. Intanto fa un film che, cito ancora il Maestro, non sembra un film sugli anni ’80, ma un film degli anni ’80, ricreando uno spirito del tempo con poche pennellate che non sembrano mai forzate (roba che nemmeno Donnie Darko). Poi fa un film pieno di musica da paura, che non è la musica hype degli ultimi 15 minuti ma Replacement, Big Star, Hüsker Dü, Lou Reed, etc, con una colonna sonora originale ad opera degli Yo La Tengo (perfetti come sempre), e per una volta davvero si ha la sensazione che ogni canzone sia funzionale alla trama e non, viceversa, che la trama sia un pretesto per ammucchiare ancora un’altra canzone. Un film in cui il personaggio che fuma la pipa dice "patetico, vero? Ma a me piace", o giù di lì, e non gli puoi dire niente, perché ha il sacrosanto diritto di fumarsi la sua pipa in santa pace.

Infine, soprattutto, fa un film che di quella costruzione per archetipi/stereotipi tipica della commedia americana (e dei dialoghi quirky immancabilmente tipici della commedia indie americana) si fa allegramente beffe. Un racconto di formazione in cui il protagonista è un nerd timido e impacciato ma non è un impedito (ed è capace, come l’altro grosso nerd del film, di una robusta autoironia****), in cui i dialoghi non sono troppo perfetti ma nemmeno troppo clumsy per essere veri, in cui si ride ma senza che qualcuno tenti di tirarci fuori la risata a forza dalla gola, in cui si può dire oooh e ci si può vergognare (questo solo se avete un massimo di diciotto anni e, preferibilmente, siete una donna*****) perché quello che succede è maledettamente sincero. Un film che non si nasconde dietro il paravento del protagonista “uguale a noi”: NO, il protagonista (i protagonisti) di Adventureland non fanno nulla per essere uguali a noi. Fanno errori che noi magari non abbiamo fatto e non ne fanno molti che avremmo fatto, dicono cose che noi (io) avremmo saputo dire meglio e cose che noi (io) a quell’età non avremmo saputo dire.

E soprattutto, vivono la fine della loro teenage con una spensieratezza misurata che il cinema ha sempre avuto problemi a descrivere, perso com’è tra i suoi loser e le sue cheerleader, impegnato ad ingigantire all’infinito problemi ombelicali di ragazzini impaccati di grana.
Adventureland
è la storia di un ragazzo che deve fare un po’ di soldi e conosce una tipa che gli piace, e cerca di viverla bene. Non sono io, non siete voi, non è un’avventura memorabile, non è ricercatamente strano, è una piccola, bellissima storia senza pretese. Guardatelo se potete.

 

 

* aneddoto vero, e no, non dirò di chi si tratta – se non di persona, previo lauto compenso.
** è la definizione della vera rivista di Toby Young, dal cui memoir semi-autobiografico è tratto l’ancora meno autobiografico libro.
*** del resto Superbad è un film della scuderia di Apatow, uno che quando si dà alla commedia presunta garbata tira fuori mostri come Knocked Up – che si può definire soltanto reazionario solo a volergli molto bene.
**** ora che scrivo mi viene in mente che si potrebbe accusare il film di mettere le mani avanti. Ma anche fosse, è un fatto che se cade, cade in piedi.
***** io lo faccio comunque, ma io non sono un campione attendibile.

10 Commenti a “C’è ancora speranza”:

  1. souffle ha detto:

    questo post, lucidissimo e assolutamente condivisibile si lega bene con le riflessioni di Violetta su wolverine, anche se là siamo dalle parti del cinema exploitation, qui da quelle della nuova (?) commedia americana.

    Il discorso sul cinema “indie” è lungo e non è questo il luogo, ma è molto interessante perchè coinvolge il mercato e il nuovo target giovane americano neoconservatore.

    Suxbad, per inciso, è piaciuto a quasi tutti i blogger (se si va a vedere la connection ci si rende conto). Un film dalla comicità funerea e, come dici, sessuofobico.

    Io lo ho trovato interessante per capire cosa era cambiato da Porky’s.

    Intanto è uscito il seguito di Another gay movie, deriva gay di American pie, che ne ricalca gli stilemi e gli stereotipi.

    Due anni fa usci un mirabolante pezzo su Time sulle ragioni della fine della commedia romantica in USA negli ultimi 10 anni (quando dominavano gli incassi Titanic e Ghost) e la sua sostituzione, con una deriva del buddy movie in cui due maschi “assolutamente etero” stanno così bene insieme da essere “coppia”.

    Solo che mentre da Lemmon e Matthau (ma nemmeno da Stanlio e Ollio, per capire quanto è vecchia questa idea…) non ti aspettavi che potessero scopare, vedendo questi film ti chiedi: ma perchè James Franco e Seth Rogen non limonano almeno un po’?

    Chiudo non potendo essere invece d’accordo su Adventureland che pure mi era stato caldeggiato dal “giovane cinefilo” che amo e stimo.

    Forse perchè ci sono andato pensando di vedere un film che mi riportasse indietro a 20 anni prima, a quando, adolescente andavo sull’autoscontro e il mondo craxiano mi pareva bellissimo.

    Invece mi sono ritrovato con un film del 2008 che è semplicemente ambientato 20 anni prima.

    E non poteva essere nulla di diverso, credo.

    Certo c’è tutto il discorso musicale che, essendo portante nel film (e qui voi potreste fare utili riflessioni sulla presenza tramica della musica, assai più forte che in passato, musica = nuova scrittura cinematografica?) io non ho potuto cogliere appieno mancandomi totalmente una cultura musicale.

    Però ho apprezzato il momento dei fuochi artificiali, l’unica scena, a mio parere “anni ’80” del film, l’unica con effetto “nostalgia”, un effetto che il regista ha accuratamente e giustamente evitato perchè il suo pubblico di riferimento (quello che poi porta gli incassi) negli anni ’80 era appena nato o non era ancora nato.

    Adventureland resta un film comunque sessualmente cauto, per non parlare dei tributi pagati al pensiero comune (la ragazza che quando si sa che ha scopato con l’adulto viene trattata da troia da TUTTI i ragazzi/e del parco, la bella figa stupida, il biondo figo ancora più stupido, gli amici nerd del protagonista che DEVONO essere assolutamente cessi, il ciccione comico, il mingherlino stupido sessuomane (ma sessuofobo) e lo smilzo intellettuale volutamente abbruttito).

  2. utente anonimo ha detto:

    Me and You and Everyone We Know è fantastico

  3. utente anonimo ha detto:

    sono capitata sul tuo blog per caso, mentre cercavo notizie su qualche film originale, tipo commedia indie da vedere, ho letto questo post, e non mi pare che dici le cose a caso.

    Ho visto qualche film di Wes Anderson, non sono male, ma effettivamente ho sempre la sensazione che manchi qualcosa, e quindi alla fine ti senti quasi insoddisfatto.

    per quanto riguarda juno, è un film senza spessore, e si regge unicamente su elementi visivi(squisitamente indie appunto)e uditivi (ovvero musicali, come dicevi tu) ma è questo genere di commedia che andavo cercando per il web, una roba per appagare solo i sensi insomma.

    ti ringrazio per i consigli, adventureland (che era sulla mia lista di film da vedere) e how to lose friends. saranno le prossime cose che vedrò.

  4. utente anonimo ha detto:

    lo so, lo so. un anno fa (07-08) in erasmus in francia sono stato per un po’ di tempo con una spagnola. che non solo mi faceva sempre “che cossa?” muovendo le braccia, ma, come tutti i suoi amici, mi ha fatto più volte la pubblicità del nescafé cappucino. che secondo me però (non sono mai riuscito a vedere l’originale), per come avevo capito da loro, era proprio in italiano: cuando arivo a cassa,nescafé capucino. cremosso, deliziosso, para disfrutar el dìa (a me perlomeno l’hanno ricostruita così). ed ogni volta che la sento mi fa ridere (ho il senso dell’umorismo di un bambino di cinque anni. anche il quoziente intellettivo, del resto).

    gli abbracci rotti in italia ancora non è uscito! les inrocks a suo tempo ne aveva scritto meraviglie, ma qualcuno mi aveva detto che invece era molto sottotono. attendo con ansia!

    per chiudere la discussione su quei film, credo che molta delle mia insofferenza derivi da cause esterne ai film in sé: cose che avevo letto prima e dopo, circostanze ambientali etc. dovrei aspettare dieci anni e rivederli con calma per essere davvero obiettivo. e poi il mondo è pieno di gente a cui fa cagare antonioni, e mi pare che una decina di giorni fa il guardian avesse pubblicato un album che distruggeva/derideva i 400 colpi. quindi tutto è lecito.

    guardatèlo adventureland comunque!

    giorgio b.

  5. milkandmint ha detto:

    giorgio grazie per avermi risposto così bene… uhm allora mi metto a scrivere, spero di non essere logorroica, perché per tagliare nello scorso commento forse si sono fraintese alcune opinioni.

    1. avevo capito che quel “sono l’unico a cui è piaciuto etc” non era un modo di tirarsela, avevo seguito la vicenda sul blog suo tempo.

    2. kirsten dunst per me È una figa, cioè lei era l’unico motivo per cui ho visto quella palla di film e il suo cappellino rosso l’unico motivo per cui volevo vederlo :)

    infatti forse Marie Antoinette mi è piaciuto soprattutto per lei, i macarons e la colonna sonora (oltre al generale svedese gnocco, per essere un po’ frivola).

    3. riguardo ad Adventureland, non ho scritto nulla perché non avevo terminato di leggere il post e mi ero infervorata per difendere i “miei” amati filmz, comunque visto il trailer non vedo l’ora di vederlo e anche How To Lose Friends And Alienate People mi ha incuriosita.

    Poi detto questo, ti dico perché a me sono piaciuti, forse adesso che sto scrivendo mi rendo conto che mi sono piaciuti perchè li ho visti anche da un punto di vista di chi vorrebbe raccontare una storia, come me, ma che spesso non si sente in grado.

    a. the darjeling limited: mi è piaciuto proprio per la sua esagerazione, per il suo manierismo, il suo feticismo, la storia infinita, le decorazioni barocche, mi ricordo che era lunghissimo e poi viva la colonna sonora perfetta :)

    b. little miss sunshine: la trama non mi è sembrata scontata, mi è sembrata leggera, i bambini non li odio ma non ho il poster di Anne Geddenzzz in camera (tranquilli), mi ha divertita vedere una famiglia così messa male e riconoscerci la mia e quella di tanti amici, forse meno caricata però sempre imbarazzante, litigiosa e incasinata.

    c. me and you and everyone we know: boh a me è piaciuto proprio perché non era il solito film, magari gioca proprio su degli aspetti eccentrici per catturare l’attenzione, Miranda July l’ho scoperta con il film ma alcune sue trovate successive mi sembrano geniali, la colonna sonora era bellissima, la fotografia bellissima, i micro episodi, se fosse stato un fumetto forse nessuno avrebbe storto il naso.

    In conclusione credo che questi film mi siano piaciuti proprio perché a volte pretenziosi e perché non erano dichiaratamente i soliti film, considerato quello che si vede al cinema personalmente sono felicissima che esistano questo tipo di film, magari non sono Antonioni o Truffaut ma io ce li ho nella videoteca a fianco a questi nomi e vederli mi fanno bene, soprattutto Me and you è stato inspirante, nonostante a tutti i miei amici abbia fatto vomitare, non mi interessa. L’ultimo bel film che ho visto al cinema è stato Los Abrazos Rotos di Almodovar, che ne pensi? I miei amici spagnuoli erano tutti annoiati… boh

    comunque bene sono contenta che hai chiarito i miei crucci :)

    p.s. nescafé con capucino lo dicono tutti perché anni fa c’éra una pubblicità spagnola con un italiano che parlava itagnolo e diceva “ah, cuando llego a casa, nescafé con capucino, buonisimo!” eheh

  6. utente anonimo ha detto:

    e poi ho appena visto il tuo blog, e solo per la vignetta sugli spagnoli che rifanno gli italiani (nescafé capucino: cremosso, deliziosso) ti dò ragione a priori se vuoi.

    sempre giorgio

  7. utente anonimo ha detto:

    ehm, intanto su elizabethtown quel “sono l’unico a cui è piaciuto etc” non indica che sono l’unico dotato di senno in mezzo ad un mare di stupidi, ma che sono l’unico tra tutti quelli che conosco e stimo (perché sì, mi conosco e mi stimo, sono io) a cui è piaciuto. ha fatto schifo a TUTTI. qualcosa significherà. a mia discolpa dall’unica volta in cui l’ho visto al cinema non l’ho più rivisto. probabilmente ora che mi sono redento non sopporterei nemmeno quello (ma nel dubbio non ci riprovo, a vederlo. vorrei continuare ad avere stima di me).

    passando agli altri tre film (e ignorando il tuo parere su kirsten dunst, basandomi sull’arbitrario criterio che la venero), il mio parere è semplice:

    – the darjeeling limited non mi è piaciuto perchè mi sembra un’involuzione del cinema di anderson. sempre più feticista, sempre più colonna-sonora-perfetta, sempre centrato sulle solite cose (conflitti familiari irrisolti, figure genitoriali immature, viaggio di formazione/riconciliazione, etc). e io da anderson dopo i tenembaum (e tutto sommato anche dopo steve zissou) avrei voluto il Capolavoro.

    – little miss sunshine: odio i bambini. specie se fanno cose buffe. specie se sono cose buffe insegnategli da un nonno buono ma laido, cioè un ossimoro sociale come piace a quelli del sundance. steve carell, dio lo fulmini (così si sveglia), in lingua originale è meno emotivo della mia lavatrice (e no, non è il personaggio). la trama è banalotta. ma perlomeno il film non ha la sconfortante pretesa artistoide che ha

    – tu, me e tutti quelli che conosco. film immodestamente autobiografico, con protagonista una visual artist, scritto da una visual artist, pieno di momenti resi commoventi da una colonna sonora stupenda (dio, quella cover degli spiritualized l’ho scoperta grazie a quel film) e peculiari dal fatto che, cielo, sono sboccati e innocenti, un ossimoro sociale che… l’ho già detto. pieno di scene visivamente bellissime. con una trama che al confronto little miss sunshine è guerra e pace. me and you and cetera mi fa l’effetto che mi farebbero dei lolcats pretenziosi.

    detto tutto ciò: mai avuto pretese di avere la verità rivelata (sono solo aggressivo nel portare avanti le mie idee, mi dicono). a te perché sono piaciuti? e gliela vuoi dare una chance, ad adventureland?

    giorgio non loggato che fa la valigia (giorgio è l’autore del post)

    p.s. ti fosse piaciuto nick&norah, un po’ hipster potresti esserlo. ma tranquilla: io vengo dalla provincia dell’entroterra laziale, da me ho smesso di spiegare che vuol dire indie perché tanto non interessa a nessuno. quindi non ti direi niente comunque.

  8. milkandmint ha detto:

    e se dicessi che little miss sunshine, me and you and everyone we know e il treno per darjeling a me sono piaciuti molto, mentre elisabetown mi ha fatto cagare (zero trama, zero storia, solo due che si telefonano, lei figa e vestita bene, lui manichino incapace di recitare)? sarei una hipster senza speranza? non credo proprio, anche perchè qui nelle marche quasi che non si sa cosa significa indie, figuriamoci hipster. boh, mi piace quello che scrivete ma ultimamente leggo cose che mi sembrano un po’ troppo snob… mi spiegate perchè quei film non sarebbero dei BEI film?

  9. punch-drunk ha detto:

    nel trailer.

    il commento è ironico, vero? è ironico, sì?

    perché sennò io sono stato a quattro concerti degli okkervil river e se capita andrò al quinto, ma vorrei mettere in prospettiva così da ricordare che queste di cui parlo sono due commediole gradevolissime e, chessò, teorema un capolavoro, come gli okkervil river sono un bel gruppo folkpop con dei testi elaborati e lou reed è su un altro pianeta. così, per dire.

    il trailer comunque non aiuta, visto che è stato evidentemente montato per farne il più tipico film da sundance, mettendo insieme tutti i momenti più improbabili del film. è anche merito del trailer se partivo prevenuto.

  10. utente anonimo ha detto:

    nella colonna sonora -almeno nel trailer- ci sono anche gli Okkervil River, di gran lunga meglio di tutto il resto che però viene segnalato. Troppo bravi/seri/longevi?