domenica, 01/02/2009

Il suo New York

di

Ho appena finito di leggere un articolo che dire interessante è dire poco. E’ di Tom Wolfe, è del 6 luglio 2008, è intitolato A City Built of Clay, è sulle origini della rivista New York, sul suo primo geniale direttore Clay Felker, su come cambiò il modo di fare giornalismo, su come inventò il concetto di lifestyle, sulla concorrenza con il rivale e intellettuale New Yorker, su come fece scalpore con servizi mai visti prima che indagavano sociologicamente i vari gruppi-status che abitavano la Grande Mela, su come infine fu venduta da miopi investitori. E’ bellissimo e fa riflettere su quei meccanismi sociali che esistono tuttora e che sono la cifra di New York e in piccolo anche di Milano. E’ stato pubblicato sul New York, naturalmente.
Io, dicevo, l’ho letto, più precisamente l’ho letto sul Magazine del Corriere della Sera di giovedì 29 gennaio 2009, in una traduzione col titolo di La mia New York, presentato come un articolo sulla New York anni 60 che Tom Wolfe visse e raccontò. Non come un articolo sulle origini del New York (magazine) nel segno del grande Felker.
Voi che siete ancora in tempo evitate pure tale disonestà intellettuale e leggetevi l’originale qui.
Come si dice in questi casi, ne vale la pena.

(per me Tom Wolfe giovane assomiglia molto a Andy dei Bluvertigo)

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3 Commenti a “Il suo New York”:

  1. utente anonimo ha detto:

    grazie della segnalazione originale.è un articolo appassionante

  2. utente anonimo ha detto:

    la storia di come ci è arrivato è geniale. il più grande imbucato nella storia delle feste. peggio di noi al liceo/università. anche se una volta mi capitò di suonare a citofono per festone, farmi aprire, entrare e scoprire che c’erano solo vecchi e maggiordomi in livrea e una padrona di casa tipo moglie di bernstein che ci accolse dicendo: che cazzo ci fate qua?”.

    icepick

  3. trino ha detto:

    grandissimo pezzo, lo ricordo molto bene, sul NY mag per l’edizione del quarantennale mi sembra o per la morte di Felker forse boh. c’è anche la storia di come è arrivato alla famigerata festa a casa di Bernstein che ha dato origine all’amato/odiato pezzo sui radical chic. spassosissimo.