lunedì, 06/12/2010

▼↕†▲/\/\↑И↓< T.O.P.O.I. 2011

 

A volte ci capitano sott’occhio delle storie talmente assurde, talmente sconvolgenti, talmente "Cazzo che botta" che una persona appena più sveglia di Justin Van Der Volgen parafraserebbe Steve Albini sospirando: "At least pornography has a function".

Questi sono i momenti in cui deve scendere in campo quella specie di Charles Manson "buono", di Hulk Hogan a 17 anni che è Pop Topoi, il profeta del "tozzo di pane russoliano", il blogger che colleziona odiosi maglioncini color turchese con la scritta "It’s not over. It’s never over".

Sebbene la sua biografia rimanga ancora piuttosto confusa e lacunosa, sappiamo che ha sessant'anni e qualcosa, e l'entusiasmo ed il sorriso sfigato di un bambino quando, dopo una partita a tennis indoor in un loft sulla 23a, ti spiega – riuscendo a non essere mimimamente retorico – che "è severamente vietato scopare con Fabio De Luca e Violetta Bellocchio sul dancefloor di un'antica chiesa battista sconsacrata".

Pop Topoi è stato il primo di una lunga serie di dj quasi tutti – chissà perchè – rincoglioniti da youporn che hanno creato da zero la scena "witch disco" del 2007, uno dei tre o quattro grandi blogger oriundi italiani di tutti i tempi (era solito sfidare le sue groupies a praticargli il sesso orale sotto la tastiera mentre lui pubblica su Vitaminic un dissing compatto e a gamba tesa sulle Tamil Tigers).

Non scrive così spesso, si limita a fare qualche sporadica comparsata sul Sunday Times. O sul forum del Mucchio.

È l'uomo che nell'Islanda di inizio anni Settanta ha "involontariamente" inventato da zero il sexting (“scriversi porcate via SMS”) e la nozione stessa di "▲-side", esportata e scopiazzata da gruppi terroristici del nuovo orizzonte esoterico, coraggiosi Argonauti del Verbo Tondo che muore all'orizzonte di Flatland, che trasudano Riforma Biagi ed assolutismo mediatico di Mediaset.

Uno sconvolgente, bellissimo semidio che poco più di dieci anni prima, all’apice del successo e della forma fisica e mentale, si era fatto fotografare a cazzo rizzo insieme a Adrianone Pappalardo sulle pagine di GQ.

Quindi, nonostante l’hype pitchforkiano, i premi e la stampa impazzita, Pop Topoi è un personaggio costruito a tavolino e sembra funzionare solo quando comincia finalmente a cantare nei Type O Negative. Ma qualcosa non va. Smadonna contro il fonico, nel momento dell'acuto decide pure di cambiare parte del testo: "You’re a superstar, no matter who you are!/You don't act like an asshole when you go to the barber./So why act like an asshole when you're in a band?/No one gives a fuck what you think. Get over it". Lo dice così, cantando.

Benché si presenti come la portavoce di tutti i personaggi più strani e disadattati della vita, vi sono poche prove che lo sia davvero, a parte l’intervista sul “New York Times” in cui Pop Topoi se la prende con tutti e la spara grossa: “Sufjan Stevens è stato inventato dai Servizi Segreti americani per spiarci”.

Poi ci sono le storie sulla sua amicizia con il guru lisergico Andrea Girolami, sulla decisone (nel 1969) di abbandonare il mondo dei beni materiali, sulle giornate passate immobile nella posizione yoga del loto fino ad essere ricoverato in un ospedale di Manhattan (110 West all'incrocio con la 43a, destinato a diventare il luogo eletto di tutto il jet set omosessuale newyorkese), vittima di una grave forma di catatonia.

La prigionia e il trattamento sanitario hanno lasciato segni evidenti e irreparabili, l’uomo è rovinato: bolso, gonfio, i movimenti incerti, un tremito costante gli deforma i lineamenti già abbondantemente provati, e gli occhi saettanti tradiscono un terrore senza nome e una tristezza senza fine.

Nel frattempo non perde occasione di mostrarsi come "uno del popolo", un paesano. Uno che non invidia per niente la quantità di V.I.P. e star assortite che la pierre Camille Paglia riesce a convogliare dentro The Gallery, ma che anzi è orgogliosissimo di suonare in posti così piccoli per gente così "musicalmente educata".

Vederlo in quelle condizioni fa male al cuore, sappiamo che discende da una minoranza etnica sulla quale il governo di MTV ha perpertrato un genocidio lungo quasi trent’anni, la frangia faunrock della world music, la minimal-techno più ossianica o al synth-pop più esoterico.

Poi il rientro "tra i vivi": il trasferimento da NoHo (North Houston) all'area industriale vicino all'aeroporto di Brindisi, dove gli artisti occupano enormi loft al ritmo dell'ormai pienamente udibile musica universalis, uno smirk-hop venuto dall’inferno, taglia e incolla da vecchie vhs con sovraincisi dei primi goffi approcci sessuali di Kekko con la “ex-quella-che-ti-lascio-ma-scusa-non-è-colpa-tua-sono-io-che-ho-dei-problemi-con-le-liste-di-Everett-True”. Ora lui l'ha messa in copertina di un disco che è finito primo in classifica su Metal Shock, senza dirle niente e lei invece di incazzarsi è rimasta lusingata, ovviamente. Hanno ricominciato subito a scopare. 

E qui scatta il colpo di teatro: tutti aspettano Pop Topoi dietro la consolle del Paradise Garage, ma lui arriva dal fondo della piazza vestito come la Statua della Libertà. Fende la folla, scortato da due esponenti della mafia portoricana, un poker di minchioni bling-bling (Gonjasufi, Ikke, John Peel, Flying Lotus), il manager di Jane Fonda e Toto Cutugno in "streaming totale".

Fisicamente è un piccolo miracolo, l'anello di congiunzione tra Max Collini e M.I.A.: si dimena e si agita come un sol uomo, costantemente fuori tempo, fermo immagine ∞ di un momento collettivo, potrebbe davvero assurgere al ruolo di paradigma di quel genere-non genere tipico di questi anni, col suo essere al centro))) di tutto. 

Alcune foto dell'epoca mostrano in compagnia di una spumeggiante brunetta dall´aspetto raggiante, colorata e multietnica, forte di un look che trasuda PDL da tutti i capi, con una consapevolezza "artistica/concettuale" diverse dal famo caciara/stoniamoci.

Verrebbe da abbracciarlo fino a perdere la sensibilità degli arti, da circondarlo con una coperta come si farebbe con Gaetano Morbioli in fin di vita e orrendamente sfigurato raccolto dalla strada; ma niente e nessuno può riparare al male che gli è stato fatto.

L'ultima leggenda tramandata dice che oggi Pop Topoi suona raramente in giro perchè il suo dj-set ha un costo esorbitante. E non perchè lui pretenda chissà quale cachet: ma perchè – laddove i dj in genere portano con sé al massimo le proprie puntine – Pop Topoi gira il mondo con Justin Bieber per poterlo rallentare dal vivo.

Justin Bieber rallentato è un cosa FICHISSIMA, e con gli altri non funziona così bene. La mia teoria è che il pezzo di Bieber abbia dentro quei suoi 2 minuti così tanti suoni da contenere la visionarietà filmica alla Trucebaldazzi, che slabbra il potenziale horrorifico del glo-fi notturno in “a night of hypnagogic dementia”, l’(ab)uso di alcol o sostanze psicotrope da parte del Benty dei giorni migliori nel vano tentativo di mettere in fuga la strappona di turno, lo sdoganamento fighettino dell'Africa, la poetica personale densa di treni per Reggio Calabria e gatti neri anarcoinsurrezionalisti, Andy Warhol, Calvin Klein, il blues degli UNSANE, il glitch-pop di Grace Jones, Bianca Jagger, il sergente Scarone di Classe di Ferro accanto ad una Madonna ancora adolescente, Al Bano che si tinge i capelli con le mosche, certe struggenti ballatone cthulhop che uscivano su Acéphale nel lontano giugno 2009, i reality della "Signora Filippi" raccontati nel libro di Alessandro Baronciani, quei cantanti che azzeccano un successo e poi sono condannati a sparire, come i Camillas in versione più lo-fi e ancora più ossessiva, l'Isola dei Famosi che insomma è sempre un bel reality ma quando c'era lui di più, che lui è stato il primo e tutti quelli venuti dopo, tipo William Burroughs o David Mancuso o Vasco Brondi, non sono un cazzo, i colleghi che riempiono gli stadi come Bologna Violenta, Duchamp che faceva i baffi alla monnalisa, quegli aggeggi della la swatch per calcolare l'internet time, LA CINTURA ESPLOSIVA  da indossare sopra i camici ospedalieri da coroner di colore verde, la mirrorball dello Studio 54, Emiliano Colasanti e i suoi bambini dai capelli rossi in botta.

Rallentare Justin Bieber è cambiare prepontentemente la percezione delle cose, quella della gente, delle azioni, mettere in luce e rendere arte la scienza del suono stronzo, incoraggiare lo sterminio delle balene. EnѺrme!

Tutto qui.
 
 
 

Un commento a “▼↕†▲/\/\↑И↓< T.O.P.O.I. 2011”:

  1. sobrio ha detto:

    Ma che ti sei fumato prima di scrivere sta roba? Non si capisce niente, sto blog è un nonsense…