venerdì, 14/08/2009

Ho fregato la legge e la legge ha vinto. (Terza parte: teoria e pratica.)

(Prologo)

(Struttura)

E fin qui, ci siamo lasciati guidare dal LOAL.
Il problema però non sta nel fatto che un film come Wolverine sia facilmente derisibile. Sta lì apposta, in un certo senso.
Il problema sta nel vuoto teorico che lo circonda.
Un vuoto che va a toccare questo tipo di progetto in particolare. Nessuno cerca di giustificare l’esistenza di La Meglio Gioventù da una prospettiva di centro-destra utilizzando strumenti teorici: al massimo lo si etichetta come un guilty pleasure, o si tirano in ballo argomenti molto personali (“che bella colonna sonora”). Non so bene come siano andando le cose in altri campi – musicale, letterario, teatrale. (Ditemelo voi. Sul serio, mi piacerebbe saperne di più.) Per quanto posso vedere, attorno all’intrattenimento per immagini si è creato un buco nero, tanto più spaventoso quanto più quell’intrattenimento è ovunque. O ci limitiamo a trattarlo con il solito taglio costumoso (quorum nos, quando lavoravo di più per i femminili), oppure finiamo a parare nel “la merce per sua stessa natura deve essere insoddisfacente eccetera”. Così poi quando persone per altri versi stimabili scrivono “ZOMG, Michael Bay è l’ultimo vero Autore del cinema americano” (1)  non solo nessuno guida una processione verso casa loro con torcia e forcone (2) ma ci sarà, per forza, qualcuno che li prenderà sul serio, e che di fronte al tuo più bonario ma magari anche un po’ sticazzi scusa ti accuserà di volerlo censurare, come I NAZISTI.
No.
Abbiamo tutti bisogno di modelli. E’ chiaro. La presenza di un modello ci spinge a migliorare, e, se siamo fortunati, a trovare una strada più autentica.
Ma esiste uno studioso come David Bordwell, che usa il suo blog come scatolone di sabbia dove abbozzare (con smalto già notevole) i futuri lavori accademici, ed esiste… cosa ?

Esempio. Quando in preda al masochismo giovanile guardavo Cruel Intentions, non ce ne ricavavo nulla tranne il piacere della conferma (“è proprio brutto come dicono”). Poi però trovavo Alberto Pezzotta (3) che ne parlava su Linus, e diceva cose interessanti sull’uso della colonna sonora in questi brutti film, e allora capivo che, sì, pompare trasgressione e ritorno all’ordine con la stessa musica non era mai una gran pensata, a meno che dietro non ci fosse una precisa scelta stilistica (fidatevi, è raro). E questi semini di buon senso applicato alle immagini me li sono portati dietro fino a qui. Bella per me.
Adesso però chi glielo spiega, a quelli che si sono fatti piacere Wolverine, che un utilizzo dei materiali simile è uno sputo in faccia alla narrazione? Che non si può imbastire una storia delle origini – perché Le Origini, come le fiabe, sono roba appassionante e molto reale – e pretendere di riassumere tutto in “mutanti che esistono e fanno cose”?
C’è un nesso. Per forza.
A narrazione di merda, critica di merda.
La pochezza è tale che viene la tentazione di rifugiarsi sul versante recensione degli abiti indossati dagli attori e/o quante volte (se) i suddetti attori mostrano chiappe e toraci. Un modo di affrontare il testo che il blogger Ohdaesu chiamava “carrellata di giudizi estetici aspesiani” e altri chiamano “dannunzianesimo”. Per capirci, quello che succede quando aprite un quotidiano nazionale cercando di capire cosa succede a Cannes o Berlino e ci trovate solo descrizioni di amplessi con molti gemiti. (4)
Il dannunzianesimo non giova a nessuno, e, va da sé, non genera figli normali.

Certo però che: Dominic Monaghan ha un abbozzo di superpotere e mezzo momento recitativo ma muore subito (fuori campo, mi sa con una lampadina in bocca); il giappo lavora di sopracciglio inarcato manco fossimo in un porno con ammazzamenti (non ho voglia di andare a cercare su IMdB chi sia l’attore, probabilmente una superstar coreana pagata a noccioline); Danny Huston somiglia sempre più a Vincent D’Onofrio e anche lui qui a tratti attacca delle faccine devastanti, a proposito, regista premio Oscar per Il suo nome è Tsotsi, gli attori magari dirigili, ti avranno assunto per qualcosa, e invece le scene d’azione sono orrende E gli attori vanno ognuno per conto loro, MA non è che andando ognuno per conto loro producono quel senso di WTF? complessivo che può anche risultare liberatorio, post-cinema lo chiamano, come quando per fare un film su una rapina in banca prendono il rapper del momento e gli dicono apra la bocca signo’ e lui butta lì un paio di yo homie e poi torna nella sua roulotte a progettare la distruzione delle isole Fiji, nel frattempo prendono anche un attore di “Lost”, un francese di quelli che si buttano dai palazzi, una mezza celebrità degli anni Ottanta Novanta e una giappa bona, li chiudono ciascuno nella sua roulotte e li tirano fuori uno alla volta solo quando c’è da girare i primi piani separati di loro che fanno le faccine [non so se avete visto Tropic Thunder, però immaginatevi una versione super-impettita del film che stanno girando i protagonisti nella giungla, dategli la patina di uno straight to DVD ungherese e avrete il film che vi sto raccontando, e che, ve lo giuro, cammina tra noi], ecco, qui c’è un andazzo tristissimo di minimo sindacale da tutte le parti, namo dotto’ oggi amo fatto presto, e poi voglio vederlo il classically trained actor slash director Liev Schreiber a tornare a casa da Naomi Watts di nuovo incinta e razionalizzare la sua vita fino a quel punto. Com’è andata oggi? Mah, son stato tutto il tempo a ripetere “ooh, shiny” davanti a un bluescreen. Mi stanno venendo come dei leggerissimi dubbi sul progetto. (Naomi si poggia le mani sulle reni. Oh, Liev. Sei sempre il solito baluba.) E hai voglia a recitare quando stai lì con il sudafricano più scasso in città, giuro, ti capisco. Oh guarda, un blue screen per terra. Namo dotto’ er cosmo è pronto. L’avanzo di serie televisiva per fratelli incestuosi dell’Oklahoma che fa Gambit almeno non parla con l’ascento franscése tuto così, ma, come dice il collega Nanni Cobretti, “dal film ho solo capito che il suo superpotere è mischiare le carte molto bene”. Mio padre dopo aver visto The Prestige è tornato a casa e ha detto uno con quella faccia può fare solo il Lord o il deputato, e aveva ragione, perciò prendiamo Hugh Jackman e cancelliamolo tutti dal nostro nervo ottico, ADESSO. Che a confronto la trilogia era un capolavoro di mezzi toni, e si vede tantissimo che si è rotto il cazzo, anche se è lui che co-produce questa roba. Kris Kristofferson ha zoppicato attraverso tre Blade tre e ha fatto una figura molto più dignitosa. Just sayin’, son. E mi piacerebbe sapere, ma proprio giusto per sapere, quali chiodi avevano in mano quelli che hanno crocifisso Terminator: Salvation, che tra parentesi aveva un production design decente, scoppiava roba di continuo e se non altro ti restavano impressi i cappotti.

Ci sarebbe anche da parlare di Deadpool, ma fa troppo ridere.

[Seguiva qui un lungo excursus sul mio orientamento sessuale, espunto perché uno, come esempio pedagogico di dannunzianesimo basta e avanza il pezzo qui sopra, due, il mio orientamento sessuale non interessa a nessuno e, tre, è comunque meno rilevante rispetto a quello di Deadpool. E non tocco l’argomento con un bastone di sei metri.
Termina il ricreativo, principia il culturale.]

Ci sono persone che hanno ricevuto La Chiamata per questo progetto.
Se è per questo, ci sono persone che non parlano dei loro sentimenti perché li hanno più profondi degli altri, e persone che non parlano perché dentro non c’hanno niente. (5)
Mi sfugge l’allure di David Benioff come sceneggiatore (Troy più Stay uguale Benzina ti presento Fiammifero) e già vedere il nome “Skip Woods” nei titoli non era stato un bel momento. Però poi è un falso problema. L’avranno anche firmato loro due, ma ci sarebbe da capire quante decine di mani abbiano strapazzato questo copione, quanti produttori associati abbiano chiesto o imposto “giusto una spuntatina”, quante professionalità abbiano contribuito a plasmare questo tragico figlio di nessuno, questo fratello leso da vestire a festa e portare controvoglia alle cene di famiglia (cit.), che se gli togli tutti i punti in cui Wolverine tira fuori gli artigli, li guarda basito / intenso / spavaldo e li ritira dentro resti con un minutaggio da pubblicità contro gli incidenti stradali. (6) Allora sì, se si tratta di allungare la zuppa buttiamoci dentro un grande obeso e il negro dei Black Eyed Peas come alleggerimento – naturalmente gestito con una mano di amianto, ma non è questo il punto: hai talmente poca fiducia nella storia che stai raccontando (e talmente tanto odio per chi la sta guardando) che ci devi inserire dei siparietti comici inopinati dopo un’ora e rotti? Per giunta con dei tagli di inquadratura e montaggio equivalenti a uno che ti racconta una barzelletta interrompendosi a ogni battuta e dicendo “eh? eh? niente male, eh?”. (7)
Giusto. Parliamo del montaggio.
Il montatore è il secondo padre di un film, e questo film ha avuto un’infanzia dickensiana. E’ impossibile montare così male a meno che il girato non sia stato predisposto in funzione di un montaggio simile, come accade. In quanti casi il regista non entra nemmeno in sala di montaggio? In tanti. Ci entra un delegato della produzione, ecco chi. Ma non è nemmeno possibile che la dipendenza da sedativi per animali di grossa taglia del poraccio di turno sia passata inosservata a chi doveva vegliare sul progetto. (8)
E allora perché questa roba esiste? Perché, come può capitare solo alla roba clinicamente dozzinale, perché si muove e sente e pensa e respira e pretende?
E soprattutto, cosa vuole da me?

(continua)

1. A volte senza ZOMG, ma abusando di termini come “aporia visiva”. Ragazzi, la vita è dura.
2. Se vi riconoscete nella descrizione appena letta, questa sono io che mi nascondo dietro il fienile.
3. Persona con cui poi ho avuto la fortuna di lavorare, e che mi ha quasi sicuramente salvato da una pessima fine. Se non potete averlo come collega, supervisore, insegnante o vicino di casa, potete sempre leggerlo. Fatelo. Per piacere.
4. Argomento che, al di là dei singoli casi, basterebbe a determinare l’attuale superiorità dei cineblogger sulla critica istituzionale. Almeno i film loro li vedono.
5. Questa la capiamo in tre, per cui facciamoci un giro di pacche sulla spalla a vicenda. Fingeremo di non riconoscerci quando ci rivedremo nell’aldilà.
6. La terza volta credo di aver pensato “cos’è, un’installazione?”. Poi mi sono messa a ridere.
7. David Benioff, ti sto guardando mentre faccio il gesto di Mystic River. Scusa se isolo te dal mucchio, ma dopo tutto la firma ce l’hai lasciata, no? Mica sarà sempre colpa di Paul Haggis.
8. E che invece in sottofondo urlava “più tortura! più tortura! ah ah ah ah ah!”.

7 Commenti a “Ho fregato la legge e la legge ha vinto. (Terza parte: teoria e pratica.)”:

  1. WilliamDollace ha detto:

    Pezzotta è bravo ma sul 4) non sono d’accordo se consideri critica istituzionale Gli Spietati, Rifrazioni, Revision, ecc. se invece parliamo di quelle che si trovano sui giornali probabilmente hai ragione MA non è un complimento al cineblogging che “nella media” sta decadendo esponenzialmente.

  2. thisKID ha detto:

    V for Violetta

    [..] Violetta Bellocchio contro Uno spoiler dietro l’altro, ma ne vale la pena. Parti 1-2-3-4, via inkiostro. [..]

  3. utente anonimo ha detto:

    Ehi, io Redbelt l’ho visto.

  4. souffle ha detto:

    vorrei partire con una cosa faceta, dicendo che vidi Cruel Intentions solo per le chiappe di Ryan Philippe in piscina. Anche se mi fece più sesso negli spogliatoi in “So cosa hai fatto” (siano benedetti i teen horror con il bono stronzo).

    Tornando più seri, credo tu pretenda troppo dalla “critica quotidianista”.

    Perchè la Aspesi o la Tornabuoni non dovrebbero parlare di culi e amplessi, quando i loro colleghi maschi fanno lo stesso?

    Perchè il brillante ohdaesu non se la prende con uno a caso dei recensori maschi che non perdono occasione per magnificare le tette o il culo della attrice della pellicola che ha monopolizzato la loro recensione?

    Perchè si deve tollerare che Mollica dica SEMPRE “Il film è molto bello e lei è bella e brava” (notare: prima bella, POI brava).

    Ricordo una Bignardi bagnatissima scrivere una rece di Belli e dannati in cui River Phoenix occupava 3/4 del pezzo.

    Esordiva con una dichiarazione d’amore senza pudori.

    Come darle torto?

    In altre parole, perchè pretendere dai quotidianisti, che scrivono per la massa un po’ borghese che di cinema ne sa poco o nulla, recensioni da rivista specializzata, e dai blogger cinefili duri e puri no?

    Cosa divide la Aspesi che sottolinea il bel culo di Brad Pitt da un nerd cinefilo che urla “figaaaaa” di fronte a Megan Fox quando di parla di Transformers?

    O che dice: “l’unica ragione per vedere il film è Megan Fox”.

    La sola differenza è che la Aspesi prende 400.000 euro e una suite all’Excelsior.

    Se i cinefili non sono i primi a dire “merda di film, chi se ne sbatte di Megan Fox o un’altra attrice (?) a caso, il film fa cagare”, perchè pretendere che la massa, che ha assai meno pretese non debba correre ad affollare i cinema?

    La corsa al ribasso nella scrittura dei film è figlia di chi dice “non mi frega della trama, c’erano i robottoni” o le macchine volanti, o una minchiata a caso.

    Cioè figlia dell’abbassamento dell’età di chi affolla i cinema in USA.

    La stessa folla critica che ha tributato un trionfo per Spider-man 3, un film orrendo, scritto malissimo, con la precisa volontà produttiva di abbassare il target di riferimento, rivolgendosi a ragazzini, e parlo di 16enni.

    Tutti gli altri avrebbero dovuto reagire indignati.

    Invece: wow! ficata! Ma perchè?

    Come anche la prima trilogia (l’ultima) di Star Wars che Lucas si è scritto da solo e si vede.

    Leigh Brackett e Lawrence Kasdan non erano meglio?

    Può il futuro Darth Vader essere apostrofato “Ani, sta attento” dalla sua ragazza?

    Non è roba da (de)ridere per anni?

    Non abbiamo sostituito i dialoghi da commedia sofisticata della Brackett (tra Han e Leila) a dialoghi da teen movie?

    Vi meritate Suxbad e la sua comicità mortuaria.

    Il punto è che o si decide di dare battaglia buttando merda critica (scritta bene, possibilmente) su queste cose orrende, o si resta nella propria nicchia di amanti della sceneggiatura.

    E siamo in pochissimi.

    “Forse lo sviluppo più strano nel cinema recente è la promozione dell’exploitation in serie A attraverso budget enormi. Mentre scrivo queste righe, uno dei maggiori successi negli USA è Indipendence day. Cioè nient’altro che uno sciocco, classicissimo film di exploitation, confezionato su scala gigante”.

    John Landis nella introduzione a “Sparate sul regista. Personaggi e storie del cinema di exploitation”.

    Le tue riflessioni sono molto interessanti, ma destinate credo a cadere nel vuoto.

    Quello di cui io mi sono convinto, in questa epoca twitteriana in cui si mandano messaggi mentre si vede un film in sala, in cui la concentrazione è un optional, è che non c’è (più) bisogno di buone sceneggiature, ma di una serie di scene ad effetto, che producano riflessi pavloviani nel pubblico, come spiega bene, e con divertito dolore, Mamet, nel suo spassoso “Bambi contro Godzilla”.

    Infatti i film di Mamet non li vede nessuno.

    Un abbraccio.

  5. utente anonimo ha detto:

    ooooo ma c’hai rotto la minchia per tre post. noi vogliamo librerie strane e videogiochi in flash, perdio.

  6. utente anonimo ha detto:

    Anche questo è vero.

    (Nonostante il mio amore per JS, che è immenso.)

  7. utente anonimo ha detto:

    non hai mai visto in the name of the king