sabato, 06/06/2009

Non sempre le cose capitano a un plasmon

Qualche mese fa su queste pagine parlavamo dei Do Do Do Do Do Did, presentando l’ennesima proposta tascabile in salsa adult girl-group che sfida la forza di gravità kryptoniana e pare allora di stare a Broadway o al SXSW in una notte di quelle buone tra dive dai denti dritti come lapidi, magnati redneck con la X sulla mano, hipster la testa completamente rasata alla Jade Goody, produttori gretto-funk dal naso enorme, biker orribili con due bocche, fighe-varco per maniaco-depressive, fighe-gorgo che solo monoliti televisivi ritorti possono penetrare, fighe-tetris che suonano i Concerti Brandeburghesi del Beck degli anni zeroooo (e scusate se è poco), fighe-floppy disk con la frangetta di Carlo Pastore, fighe-next-big-thing con quell’odore di erba tagliata di fresco, di fiori impegnati ad impollinare il circondario, di cacca, di Pitchfork.
E ‘sti cazzi n’ce li metti?
Non ci vuole un genio a capire che nella scena india sudamericana questo è decisamente il loro momento. Qualcosa c’è nell’aria, nello zeitgeist, avvicinatevi alla finestra ed apritela, in modo da fare entrare una miriade di cuscini-gambe-di-donna sospesi sopra la testa, l’impressione è quella di giocare dentro una enorme palla di vetro Blue Note degli anni 50, di quelle con dentro la neve, lo smog e il caldo asfissiante, luci da centrale elettrica e occhi da desaparecido per fare colpo sulle ragazze, e ovunque tutta quella burocrazia post/wave/gaze più rotondamente pop, math-rock come lo penserebbe US Maple Syrup Gigs, antifolk alla Colony Collapse Disorder.
Praticamente un incubo.
Ora, grazie anche alla nuova label Bar Mitzvah Records, la band alza il tiro e mette in piedi un intero Wolfram contest, il contest intelligente e originale che si smarca dai modelli procedenti, emerge dal piano bidimensionale grazie a contentuti mai così ricchi e al contempo leggeri e all’incredibile fusione tra città e musica, frutto urti anelastici tra il gusto Puffo della Gelateria Gianni e le ossa degli umarells di Via dell’Archiginnasio. Un metodo eccellente per prendere tempo senza prendersi la colpa è mettere un ignorante di guardia alla porta e due video eurotrash su YouTube. Impressionante.
Il contest è geniale a più livelli – che nella mia mente devastata e vile corrispondono più o meno a due livelli – e più bello di tutti i contest, potete prelevare dalla pagina apposita la versione digitale del primo CD egocentrico ad essere privo di musica (è un CDR vuoto), l’edizione in cassetta di How Could A Nerd Turn Into A Geek colorata a mano da Banksy, la t-shirt dell’Hana-bi numerata a piacimento da circa 7300 persone (aderite anche voi!), il DVD porno per minorenni Me, She, Him And My Peluche, la canzone-manifesto di Mariano Apicella In the aeroplane over the sea, la mappa della legal indie-songwriting age sotto forma di  file corrotto, il nuovo romanzo di Violetta Bellocchio Come fare un remix alla Animal Collective dei My awesome mixtape, il fantascientifico servizio di Top Girl dedicato al Golpe Borghese, la  piccola agenda dei concerti della sempre benemerita Marina, un biglietto per il tour 500 days of Disco dei "real life superheroes" alla libreria Piniwini, la graphic-novel su Luca Sofri che passa una notte con Jarvis Cocker, gran visir di This is hardcore: così un dandy spiega il sesso ai bambini, sottotitolatore extraordinaire di secret show pornografici (chez Polaroid) e benefattore dell’umanità, un’orchestra intera fatta di stampanti in cemento e neon che suona Time for astonishing dei Corrupted Files.
Anche se alla fine fanculo, chissenefrega.
Ma davvero il remix contest è un gioco nichilista? Espressione di una cultura stanca e decadente? Sintesi dei mali del nostro Paese, del suo scarso pragmatismo, della carenza di democrazia, dell’assenza di una sana cultura meritocratica, del citazionismo sfrenato, dei continui riferimenti sessuali, in cui per essere premiato devi lavorare duro per emulare un figo invece che azzeccare le basi che sembrano fotocopiate da qualche demo in bassa qualità dei primi New Order?
Ho deciso di approfondire la questione.
Tre anni fa il collage dei contest più famosi del panorama indie italiano (e forse non solo) aveva fatto il giro del web. In piena crisi economica qualcuno l’ho ripreso in mano, e ha scoperto che più o meno una metà di quelle label ora non esiste più.
Ne immagino ventuno ma prima di entrare nella Tenenbaum Records sono già 42, la scommessa va a puttane, pazienza, in fondo non importa granché.

4 Commenti a “Non sempre le cose capitano a un plasmon”:

  1. utente anonimo ha detto:

    Nuxx Pills al popolo!

  2. utente anonimo ha detto:

    Anch’io per favore quello che ti prendi pls.

    Vito

  3. utente anonimo ha detto:

    Io voglio prendere quello che prendi tu o almeno avere un numero di telefono.

    Grazie

    Fra

  4. valido ha detto:

    Ci sono secret show pornografici da Polaroid??