martedì, 28/11/2006

Everything but the blogger

Non è un mistero che, per motivi squisitamente dialettici nonchè un po’ anche per deformazione professionale (nonostante là i campi e i luoghi di applicazione siano tutt’altri), io sia molto incuriosito dai potenziali e reali rapporti tra blog (e personal publishing in generale) e marketing. Anche solo l’esagerata quantità di volte che su queste pagine è comparsa la parola «virale», ad esempio, la dice lunga in merito.
Non posso quindi non segnalare (e sottoscrivere) il Contrappunto di Mantellini di questa settimana su Punto Informatico, che partendo dalle diverse ricerche che sottolineano il crescente ruolo di Internet (e al suo interno, in posizione privilegiata, dei blog) nell’influenzare il decision making che precede un acquisto, esamina (e critica) l’approccio old economy con cui molte aziende si stanno affacciando alla promozione in rete. Per me e per voi che leggete più o meno quotidianatemente dei blog, la loro importanza nel costruire l’idea che abbiamo di un prodotto è ovvia: io, ad esempio, è anche e soprattutto grazie ai blog e a Internet in generale che decido che dischi e libri comprare, che film andare a vedere, che gadget tecnologici mi faciliteranno la vita e, a volte, anche cosa mangiare e come vestirmi.
La cosa è presumibilmente molto meno ovvia per i tanti soggetti ancora saldamente ancorati a supporti promozionali e informativi classici come giornali, tv, manifesti e iniziative sui punti vendita, che solo ora, allarmati da statistiche come quella che dice che negli USA l’89% delle persone deciderà grazie al web che regali fare per Natale, si svegliano tutto d’un colpo e pretendono di mettere in piedi orrori senza senso come le «campagne blog», destinate a fare in modo che i blogger parlino bene dei propri prodotti. Ignorando il fatto che, senza la credibilità che gli viene dal parlare spontaneamente solo e unicamente delle cose che giudicano meritevoli, i blog non siano altro che rumore di fondo che, anzi, rischia di essere controproducente.
Per dire: se io decidessi di iscrivere il mio blog a servizi come Review me, che, sostanzialmente, paga i blogger per scrivere bene dei prodotti dei suoi inserzionisti, vi fidereste mai più (ammesso che qualcuno lo faccia) dei miei pareri e delle mie segnalazioni?
Ecco.

11 Commenti a “Everything but the blogger”:

  1. utente anonimo ha detto:

    per rispondere alla tua domanda:

    manco per il cazzo, amico mio!

    detto questo, commercialmente non saresti potuto essere utile a nessuno, almeno per quanto mi riguarda. spesso hai parlato di musica e mi hai incuriosito, ma non ho mai acquistato cd… scaricato magari. per questo mi pento e mi dolgo, ma ho conosciuto cose eccezionali come ad esempio i clap your hands e gli artemoltobuffa che quasi mi fanno piangere di commozione guarda un po’.

    tuo

    lebbia

  2. utente anonimo ha detto:

    Mah, io per una cosa del genere metterei su un blog separato apposta dove non dico che sono io. Non è tanto un’iniziativa per chi ha già un blog bene avviato, quanto una cosa Google-friendly… del tipo faccio una ricerca su un prodotto, trovo la tua pagina, vedo che ne parli bene e che non è un sito affiliato ma un blog, a meno che non sono un mostro di scaltrezza ed esperienza tendo a fidarmi… ovvio che su larga scala è un piano difettoso, ma a certi livelli secondo me ne vale la pena

  3. codyallen ha detto:

    @ Kit: Non piu’…

  4. medo ha detto:

    Meglio fidanzarsi che fidarsi. Comunque di Inkiostro mi fido, soprattutto quando non sono daccordo con lui.

    Mi significa che c’è genuinità e che insomma è bello essere diversi. Fino a prova contraria.

  5. LHOOQ ha detto:

    io di te non mi fido a prescindere.

  6. jackiAntenna ha detto:

    tutti sappiamo che ti pagano un capitale per postare quelle orride borse fatte con i floppy…

  7. utente anonimo ha detto:

    Titolo di post dell’anno

  8. buldra ha detto:

    il problema è che nella rete, ovviamente, nessuno ti obbliga a dire che sei iscritto a “rewiev me”, e nessuno obbliga “review me” a dire che tu sei iscritto. a meno che non si tratti di un’iniziativa web2. tipo wikipedia. si vedrà. comunque è vero che ormai, come direstu ti, gli spot televisivi da trenta secondi hanno saltato lo squalo. e moriranno a breve.

    Buldra.

  9. utente anonimo ha detto:

    ma scusa non sei già pagato dalla Lego tu? :-)
    Kit

  10. codyallen ha detto:

    Io non mi fiderei

  11. blutarsky82 ha detto:

    Temevo una simile deriva economica della rete. Il problema è che gli uomini del marketing vivono sempre secondo la logica old wine in new bottles pretendendo di usare i blog come un canale tradizionale…