lunedì, 06/11/2006

Urra’ per Scottbert

Non era esattamente una notizia da prime pagine dei giornali: un cartoonist di culto viene colpito da una malattia rara, pittoresca e piuttosto sconosciuta, che non compromette in alcun modo il suo lavoro nè mette a rischio la sua vita, ma la rende solo un po’ più difficile. Nel mondo dei media, una notizia di scarso interesse. Nel personalissimo universo dei miei punti di riferimento culturali, invece, la notizia che Scott Adams, autore e creatore di quell’imprescindibile manuale di cinismo lavorativo che è Dilbert, era stato colpito, un anno e mezzo fa, da una grave forma di disfonia spastica era una di quelle cose che non lasciano indifferenti.
La disfonia spatica è una malattia bizzarra, di origine neurologica, a causa della quale, di punto in bianco, la parte del cervello preposta al controllo della parola dà forfait, e molte delle attività connesse col parlare diventano un’impresa. Nei casi più gravi, come quello di Adams, in certi contesti (tipo quando c’è del rumore di fondo, oppure al telefono) diventa impossibile parlare, la voce non viene fuori; eppure negli stessi contesti si riesce a cantare, ridere o parlare in rima, e in altre situazioni (ad esempio quando si è da soli), la voce funziona normalmente. Una malattia quasi comica, non pericolosa ma estremamente fastidiosa e socialmente devastante, per cui non c’è cura, a parte iniezioni palliative di botulino sulle corde vocali che consentono di arrivare a sussurrare, e che è difficile da comprendere in tutte le sue sfumature. Semplicemente, in certe situazione si diventa muti, ed è per sempre. 
Oltre ad essere un lettore quotidiano delle strisce di Dilbert, a volte mi capita di fare un giro sul blog di Adams, in cui l’autore spesso racconta scampoli della sua vita quotidiana e, di conseguenza, della convivenza con una malattia tanto invadente. Qualche giorno fa Adams ha scritto uno splendido post, intitolato Good news day (che vi consiglio di leggere), in cui ha annunciato che, grazie a un lungo periodo di esercizi e grazie ad un’incredibile forza di volontà, è riuscito dove tutti gli altri hanno fallito e ha recuperato la propria voce. Il modo e la sincerità in cui lo racconta nel suddetto post sono davvero commoventi. E’ bello vedere che qualche volta l’impossibile accade. E che, qualche volta, si può mettere da parte il cinismo ed esserne genuinamente contenti.

6 Commenti a “Urra’ per Scottbert”:

  1. MucoMarx ha detto:

    Concordo con il commento di Junkiepop: “Dilbert” aggiorna l’umanità di “Bristow” al disincanto dei nostri tempi, ma senza infierire. Quanto a Scott Adams, posso solo immaginare quanto sia frustrante essere colpiti da una malattia come la sua. Un caso ben più grave, il suo, rispetto a quelli di Robert Crumb (che ha dovuto a lungo convivere con i disturbi mentali dei fratelli, come testimoniava “Crumb”, un vecchio documentario di Terry Zwigoff) e di Chris Ware (l’autore di “Jimmy Corrigan – The Smartest Kid on Earth” e di “Acme Novelty Library” è un buffo concentrato di fobie e problemi relazionali, o perlomeno così appariva nel video presentato qualche anno fa da Igort all’interno di una serie di incontri bolognesi sul nuovo fumetto americano).

  2. marieb ha detto:

    opss wally. cmq tazza è scritto bene. credo

  3. marieb ha detto:

    grande Adams. Dilbert è una delle strisce più belle dei nostri tempi. il mio preferito è Willy. l’ uomotazza.

  4. utente anonimo ha detto:

    ma in un certo senso dilibert nasconde parecchia umanità dietro il cinismo, in un personaggio solo se ci pensi convergono gli stati d’animo di un’intera popolazione lavoratrice (se ha la fortuna di poterlo fare) il senso di impotenza, l’arte di arrangiarsi.

    dilibert è il protagonista ed è l’unico non cinico in effetti, in un mondo di cinici.

    che è un po’ come andare a fare una guerra col fioretto contro le testate nucleari ma tant’è..

    forse a tutto questo c’è una scelta, come per adams

    Junkiepop

  5. inkiostro ha detto:

    Oppure, in italiano “Non mi vengono le parole..”

  6. Icepick ha detto:

    ha detto bene il primo commentatore, non privo di ironia quasi al limite: senza parole

    anzi, due: “che bello”