giovedì, 24/02/2005

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Gioca con le api ma non punge
Lo dirò comunque, tanto è quello che pensereste tutti se vi metteste ad ascoltare l’intera discografia di Tori Amos, da Y Kant Tori read a The beekeper: l’unico modo per riuscire ad avere di nuovo da lei un buon album, di questi tempi, è che qualcuno abbia la decenza di rapire sua figlia ed ucciderla. Per una donna che ha raggiunto incredibili vette nella sua carriera portando il fardello di una violenza sessuale (Little Eartquakes) e di un aborto (From the choirgirl hotel) questa conclusione è ovvia: una Tori Amos felice, serena e materna è irrilevante, sterile e tirata a lucido come il suo volto sulla copertina del disco. Tori: è finita.
Con una massiccia dose di cinismo e senza troppi peli sulla lingua (ma -purtroppo- a ragione), il sempre lucido Dom Passantino di Stylus Magazine stronca così The Beekeeper, ultima fatica di Tori Amos, da pochissimo uscita per Epic. Difficile dargli torto: a meno di sconvolgenti rivelazioni al ventesimo ascolto, il nuovo disco della cantautrice americana è di gran lunga il suo disco più brutto. Una versione minore del già poco originale -ma riuscito- disco precedente (Scarlet’s Walk), al meglio; un lungo, noioso e autoreferenziale lavoro di un’artista che si è irrimediabilmente imborghesita e ha ormai poco da dire, al peggio.
Come capita anche a Passantino (la cui recensione continua su toni altrettanto feroci), tanta acredine non è casuale. Nonostante qua da noi sia mostruosamente sottovalutata, ritengo da sempre Tori Amos una delle autrici e performer migliori che ci siano in giro, e dopo tanti bei dischi (i due citati da Passantino, sono, non a caso, anche i miei preferiti) incappare in una lavoro tanto palesemente poco ispirato è una vera delusione. Certo, ci sono una manciata di buone canzoni (il singolo Sleeps with butterflies è melenso ma irresistibile, The power of orange knickers -duetto con Damien Rice, mica pizza e fichi- è una ballata classica incomprensibilmente ma apprezzabilmente trattenuta, Mother revolution è jazzata e drammatica quel tanto che basta a svettare nella noia imperante del resto del disco), ma su diciannove (!) brani è un po’ poco.
Tori stavolta ha deciso di giocare all’apicultrice, ma c’è be poco che punge da queste parti. La felicità per l’arte è una brutta bestia, si sa. E anche senza stare a sperare in drammi famigliari, almeno un po’ di maretta gliela possiamo augurare, no?

14 Commenti a “nessun titolo”:

  1. Ludag ha detto:

    mi hai tolto le parole di bocca!bravo, hai colto!Speriamo di ricrederci con il prossimo American Doll Posse…

  2. inhocsigno ha detto:

    Amaramente d’accordo… E che ne dite del libro? Quello vien voglia di buttarlo subito nella spazzature.. c’è puza di operazione commerciale nnon riuscita. Perlomeno dal vivo rimane sempre la vecchia leonessa addolorata… indimenticabile napoli 8 luglio ’05 (un eterno innamorato di tori)

  3. Gelsobianco ha detto:

    ..effettivamente sembra che da un pò di tempo a questa parte Tori Amos stia sondando il sondabile senza riuscirci troppo bene….in linea di massima The beekeeper non è brutto, ma sicuramente non convince. E’ comunque un’artista che adoro…e non voglio perdermela in tour!! Ciao

  4. utente anonimo ha detto:

    eheh,il vecchio è l’ultimo dei romantici e con gli anni diventa sempre più sentimentale,che ci vuoi fare ..io gli perdono tutto,a parte “Henry’s dream” e “Nocturama”,che ho scelto di mettere a vita nel dimenticatoio,per non incorrere in moti di’ira.cmq è vero,qualche residuo demone in corpo servirebbe sempre conservarlo per sè per produrre qualcosa di molto bello.

    ciao,lizaveta

  5. inkiostro ha detto:

    + Hellblazer: è già in Currently Listening da un po’. Come ho già scritto, è la vetta della produzione di Iron and wine, finora.
    + NCP: dai, l’equazione non pere = brutti dischi non mi piace neanche un po’. va bene generalizzare, ma c’è anche chi ha iniziato a fare brutti dischi anche continuando a farsi.. :O
    + Fio: sarà banale, ma sono assolutamente d’accordo.
    + Gomitolo: la tua reazione è identica a quella di quasi tutti quelli che hanno commentato su Stylus la recensione in questione. Secondo me va presa come una provocazione, ovviamente, nè più nè meno. E in mezzo a tante critiche cerchiobottiste uno che dice le cose come stanno a me piace anche se, come in questo caso, eccede.
    + Lonox: sì, forse hai ragione. Non più di 10 pezzi, però. E sarebbe comunque stato inferiore a tutti gli altri dischi di Tori.
    + Mr. Simpatia: se dev’essere guerra, che guerra sia… :)
    + Lizaveta: ma era cmq meglio quando non era sposato, ma aveva cmq smesso di farsi. una sana e onesta infelicità, quella sì che spesso fa produrre grandi dischi..

  6. utente anonimo ha detto:

    ce n’è una altro convertito alla famiglia,ma produce ben altro materiale ,nonostante i 4 figli…

    lizaveta

  7. Mr.Simpatia ha detto:

    Secondo voi basterebbe rapire e uccidere il figlio di qualche critico saccente per ridurlo al silenzio? Naaa….

  8. lonox ha detto:

    secondo me il disco non andrebbe dipinto così malamente. Primi pezzi a parte, trovo sia molto riuscita la parte centrale (e la titletrk). L’unico problema è che sono 80 minuti troppo, troppo lunghi, da una media di dodici pezzi è arrivata a 19(+1). In totale venti pezzi in cui c’è di tutto, dalle ballate, al gospel, a quel minimo di elettronica, alle percussioni libere o al blues, troppe cose ciascuna concentrata in 3 minuti. Non lascia assimilare nulla, è come quando ti registravi la compilation del tuo artista preferito che all’inizio ti sembrava una bomba, ma poi finivi per non sopportarla più.

    Riguardo al fatto che le cose migliori escano quando si vivono gli stati d’animo peggiori, boh. Forse è un po’ eccessivo. Qui bastavano solo un paio di forbici.

  9. gomitolo ha detto:

    non ho sentito l’album né credo lo ascolterò. mi fido del tuo parere visto che su di lei sei molto più che esperto. non mi piace particolarmente Tori Amos (tranne alcune cose). l’equazione infelicità=migliore realizzazione artistica è una formuletta *molto* relativa. premesso tutto questo: l’intro della recensione del tizio su Stylus non è neanche cinica (cosa che già la renderebbe inutile, per come la vedo io) è imbecille. (scusa, Fabri’, ma quando leggo certe cose mi girano)

  10. utente anonimo ha detto:

    ma è perché secondo me è antropologicamente molto più facile che le cose migliori escano quando si vivono gli stati d’animo peggiori o perlomeno maggiormente alterati. io quando sono felice scrivo da cani, penso da cani, mi cullo nella mia felicità autoreferenziale e non produco nulla di buono. sono fasi, secondo me.

    (che poi. a me il duetto con damien rice piace un bel po’. oh)

    f.

  11. Nin-Com-Pop ha detto:

    d’altronde è da quando ha smesso di farsi le pere che nick cave fa dei dischi imbarazzanti. (sì, lo so che non sei d’accordo. ma io ho smesso di comprarlo –e poi anche di ascoltarlo– da un pezzo. e ti parla una che ha iniziato a comprare i suoi dischi da “in the ghetto”. e che ha continuato a comprare a lungo tutte le uscite..)

  12. utente anonimo ha detto:

    Tra le nuove uscite ti ricordo anche:

    Iron & Wine: “Woman King”

    Un saluto da Hellblazer

    silkcut.reason@gmail.com

  13. inkiostro ha detto:

    Mi ricordo la tua recensione. Ricordo anche di avere pensato ‘Questo è un cretino’. :))
    [anche se obiettivamente è un polpettone pretenzioso, a me in realtà Scarlet’s Walk piace assai]

  14. utente anonimo ha detto:

    Io ero di quest’avviso sin da Scarlet’s Walk. E lo scrissi in tempi non sospetti. Ragion per cui, è ormai incontrovertibile che Dom Passantino attinga dal sottoscritto. :))) – C.