lunedì, 20/12/2004

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I miei 10 dischi del 2004
E’ stata dura, ma anche quest’anno è fatta: ecco la mia top ten musicale per l’anno che sta per finire. Poteva andare peggio, via.
[Avvertenza: toni molto celebrativi. Se siete allergici all’ironia, alle classifiche e all’esaltazione smodata di dischi che a voi potrebbero anche non dire nulla, passate oltre. Per tutti gli altri: accomodatevi e polemizziamo pure]

10. Lars Horntveth – Pooka
Come scrivevo qui, la musica di Lars Horntveth è quanto di più simile a una (bella) serata d’autunno mi sia capitato per le mani da un po’. L’indietronica incontra il jazz che incontra le colonne sonore, il tutto con una perfezione talmente matematica che -ne sono sicuro- se ne scoprissi l’algoritmo che ne descrive il suono sarebbe lo stesso che determina la traiettoria di una foglia quando cade dall’albero. Basta ascoltarlo, e si spiega da sè.

9. Piano Magic – The troubled sleep of piano magic
Scrivevo qui: L’ho capito dalle prime note di Saint Marie che un disco così fuori dal tempo, che se ne frega più o meno di tutto e di tutti, mi avrebbe conquistato. Colpisce al cuore più che al cervello, e non se ne va più. E’ passato quasi un anno, e non se n’è andato.

8. Blonde Redhead – Misery is a butterfly
Sempre da qui: Non perchè da anni sono tra i migliori, non per la costante evoluzione senza passi falsi, non per l’hype che li circonda nè perchè 2/3 hanno origine italiana: solo e semplicemente perchè è bellissimo. Languidezza impagabile, qualità altissima, classe rara.

7. Wilco – A ghost is born
Non pensavo l’avrei messo nella mia top ten: nella sua interezza non mi ha mai preso del tutto. Ma qualche giorno fa l’ho riascoltato, e mi sono accorto di quanto Jeff Tweedy abbia spesso detto quasi tutto quello che c’era da dire, e quasi sempre nel modo in cui andava fatto. Ed è proprio quel quasi a fare la differenza. Imperfetto, per fortuna. 

6. Iron and Wine – Our endless numbered days
Se il 2003 è stato l’anno del del punk-funk, il 2004 è stato l’anno del ritorno del folk. Folk in grande stile, però, che dietro a una voce e una chitarra nasconde una produzione impeccabile e arrangiamenti curatissimi. Come quello di Sam Beam, che con l’aiuto di Brian Deck ha trovato il modo giusto per cantare dei suoi interminabili giorni contati. Poi ci sono le canzoni, ovviamente. Ma che’vve lo dico a’ffà? 

5. Jens Lekman – When I said I wanted to be your dog
Immaginate Frank Sinatra ai tempi dell’indiepop: quello che otterrete è abbastanza vicino a Jens Lekman. Il cui disco d’esordio (arrivato dopo talmente tanti EP che noi l’adoravamo già) al primo ascolto è già un classico. Questione di personalità, e qui ce n’è da vendere.

4. Morrissey – You are the quarry
Se fosse il libretto delle giustificazioni del liceo scriverei: motivi personali. Per me quello appena trascorso è stato l’anno della riscoperta degli Smiths e di Morrissey, e il fatto che sia coinciso col suo ritono in grande stile, con quello che è probabilmente il suo più bel album solista, mostra un’appropriatezza che non può non essere celebrata. Senza storie, uno dei più grandi là fuori.

3. Adem – Homesongs 
Metà di questo disco è buon folk ottimamente arrangiato (Adem è un amichetto di Four tet, non scordiamolo); l’altra metà -semplicemente- ti fa secco. Almeno 5 pezzi di un’intensità e una tristezza devastanti, seriamente pericolosi per l’equilibrio umorale. Maneggiare con cautela. [Un mp3]

2. Pinback – Summer in Abaddon
Non riesco a spiegare perchè mi piaccia tanto; ci ho già provato ma non credo di esserci riuscito. Un disco che mi è tanto familiare nei suoi riferimenti quanto incomprensibile nel suo esito. Una matassa geometrica da dipanare ascolto dopo ascolto, che dopo 3 mesi nel lettore sta ancora tra i dischi in heavy rotation. Praticamente un miracolo, di questi tempi. [Un mp3]

1. Modest Mouse – Good news for people who love bad news 
C’è bisogno di dirlo di nuovo? C’è dentro Float on, e già potrebbe bastare. Ma poi, come ho già scritto, qui si parla del disco giusto al momento giusto, che con la sua aura da the good times are killing me (in qualunque dei due sensi lo si voglia interpretare) è stato la colonna sonora di un sacco di cose. Quei ricordi rimarranno attaccati come dei post-it, e il fatto di non poterli strappare via sarà contemporaneamente inebriante e insopportabile. Ed è esattamente ciò che dovrebbere accadere a tutti i buoni dischi.
Un disco lungo un anno. Forse di più.

14 Commenti a “nessun titolo”:

  1. utente anonimo ha detto:

    Qualcuno a cui piacciono i modest mouse, finalmente..

  2. utente anonimo ha detto:

    cattiva cattiva forse no. ma io il mio disco dell’anno proprio non ce l’ho e dovrò affidarmi alle solite pippe sentimentali per mettere in ordine i primi dieci. che poi si mescolano tranquillamente con i dieci successivi. ciò significa –se non si era capito– che per me l’annata è cosìcosì. e con ink condivido qualche titolo. ma quello che per me sta più su per lui sta più giù. e viceversa. e i pinback non mi hanno detto niente di più di ciò che mi avessero già detto. mi sono capita? :o torno a letto, va. ncp

  3. utente anonimo ha detto:

    Pinback, Pinback, Pinback.
    Vanno tremendamente d’accordo con gli umori impossibili di queste mie dannatissime settimane…
    Miss Ann Abin

  4. fidelio ha detto:

    Anch’io trovo che non sia una cattiva annata: magari non c’é il capolavorone, peró (ci sto lavorando su) mi trovo in difficoltá nello scegliere 10 dischi su molti di piú che mi sono piaciuti.

  5. inkiostro ha detto:

    Semaphore è il disco prima di EPH, ed è del ’98. A questo punto direi che gli dedicherò un po’ più ascolti, e tenterò di procurarmi anche altri dischi. Horntveth è praticamente perfetto, dal mio punto di vista; nel suo genere non riesco a immaginare un disco migliore. Comunque, secondo me, non è stata affatto un’annata cattiva.

  6. Enver ha detto:

    le tue parole su Hornveth mi fanno pensare. Perché i Jaga Jazzist ci hanno provato, a buttarci dentro ‘anche’ le colonne sonore, per lo più mancando il bersaglio.
    D’accordo su Iron And Wine, ha sfiorato l’entrata nei miei 10. Ma come hai detto tu (beccandoti un award) non è stato un grande anno. E siamo a due consecutivi:(

  7. utente anonimo ha detto:

    Al di là del confermare la figata Fridge, abbiamo un paio di cosucce in comune (una con me e una con Giosef). Noi aspettiamo ancora una settimanella.
    Ciao!
    M.

  8. fidelio ha detto:

    Ecco, quello non lo conosco io, é molto recente?

  9. inkiostro ha detto:

    Semaphore (e solo quello).

  10. fidelio ha detto:

    Che cosa dei Fridge? Happiness non é male, ma é effettivamente molto astratto. Eph, pur non essendo un lavoro, come dire, sanguigno, e’ comunque piu’ musicale.

  11. inkiostro ha detto:

    Conosco i Fridge anche se non mi fanno impazzire (non li capisco, probabilmente). Nick Cave e i KoC sono stati ottimi ascolti, ma nessuno dei due dischi ha quel quid che me lo rende speciale. I Piano Magic, invece, ne hanno assai.

  12. utente anonimo ha detto:

    è bello sapere di non essere il solo a ricordare i piano magic.
    m

  13. benty ha detto:

    e i kings of convenience? e nick cave? se lo vengono a sapere se ne avranno a male, secondo me

  14. fidelio ha detto:

    Sono d’accordo su gran parte dei giudizi, anche se non so se gli stessi dischi finiranno nella mia classifica se mai riusciró a stilarne una.
    Adem é anche un componente dei Fridge, gruppo di provenienza di Four Tet, di cui ti consiglio l’OTTIMO Eph.