venerdì, 12/11/2004

nessun titolo

Music sounds like music
Posto che secondo me quando si è alle prese col rock parlare di critica musicale non ha molto senso (ne ha semmai parlare di giornalismo musicale; ma so che questa posizione è piuttosto impopolare), e posto che, come dice il saggio, «scrivere di musica è come danzare di architettura»: qual è il modo migliore per spiegare a qualcuno come suona un disco?
C’è chi si concentra sulla descrizione degli elementi strumentali che lo compongono («chitarre sferzanti e basso incalzante, con voce bassa e cadenzata a scandire testi nichilisti»), chi va oltre, lanciandosi in spericolate acrobazie verbali tese a trasmettere l’atmosfera del disco («Un disco nel quale gli Air mettono in scena un gigantesco esame di coscienza sull’effettivo portato emotivo del mondo che li circonda»), e c’è chi dà al tutto un tocco più scientifico aggrappandosi alla tassonomia dei generi («un pizzico di indie-rock condito da tracce di emo, reminiscenze psych e derive verso il folk più destrutturato»). Poi c’è chi crede che l’unico vero modo per parlare di musica sia attraverso la musica, e per descrivere il sound di una band si mette a mischiare elementi da questa o quella band simile fino ad ottenere la formula precisa; da parte mia -per quello che vale- credo che -almeno in teoria- l’approccio più efficace sia questo, anche se è probabilmente il più rischioso visto che impone che il lettore conosca già i termini di paragone.
Certo: quando si esagera i risultati sono disastrosi. C’è chi adotta procedure automatizzate, come quelle che -suppongo- su Musicboom associano al disco recensito i suoi Dischi Vicini (non so bene come funzioni, tra l’altro; sarei curioso di saperlo). Quello che esce fuori, spesso, è davvero surreale: che c’azzecca il disco di Yann Tiersen e Shannon Wright con Josh Ritter o Warren Zevon? E quello dei !!! con Lenny Kravitz e i Red Hot Chili Peppers? Poi, ovviamente, c’è il leggendario Angelo Aquaro sul Venerdì di Repubblica, che nelle sue recensioni snocciola nomi come fossero bruscolini. Alla fine, di solito, non ci si capisce niente; e sembra che stia parlando dei Pink Floyd o dei Velvet Underground anche se l’argomento è il Robbie Williams di turno. Go figure.



9 Commenti a “nessun titolo”:

  1. Error ha detto:

    Carlo, in attesa che i vostri possenti mezzi sistemino il problema, suggerisco un semplice ritocco ai template, che sostituisca ‘Dischi vicini’ con ‘Associazioni random’ (o qualcosa di più fantasioso)..

  2. inkiostro ha detto:

    questo spiegherebbe l’alquanto raccapricciante accostamento tra “rose” di maximilian hecker e nonsochedisco di andrea cardillo (!!)

  3. utente anonimo ha detto:

    Rivelo una cosa al mondo: il sistema di associazione era già instabile prima, ma in seguito ad un infernale crash dei server è completamente partito di boccino. Ovvero: non associa più secondo dei parametri, fa semplicemente ciò che vuole, il che da una parte è affascinante e dall’altra perverso. Un team di validi esperti *starebbe* lavorando al problema… se ne avesse il tempo… (Però vinci un orsacchiotto: sei la milionesima persona che critica quei diavolo di accostamenti). – Carlo

  4. inkiostro ha detto:

    _Pat: fortuna? Mmm…
    _Bando: sì vabbè, però non ricominciamo la solita discussione sul giornalismo musicale italiano…io stavolta mi sto facendo una domanda di un altro tipo..
    _Olona: il fai da te è bellissimo, ma ci vuole un sacco di tempo, un buon negozio di dischi nei dintorni, una buona radio in città e parecchi soldi. Oppure M-blog e programmi di file sharing, tutte cose che fino a qualche anno fa erano fantascienza. Il giornalismo musicale, per orientarsi nel marasma di produzioni è necessario; la domanda è come si possa riuscire a praticarlo con buoni risultati.
    _Marina: le macchine sono stupide, ma in questo caso la colpa è di chi ha progettato il sistema.. Certo, non era banale realizzare una funzionalità simile di un qualche valore; a quel punto, però, tanto valeva non metterla.

  5. utente anonimo ha detto:

    condivido…

  6. MarinaP ha detto:

    Lo so, é una cosa su cui si discute da tempo. Infatti é ridicolo, ma il fatto é che quello é una specie di selezionatore automatico di generi: cioé, io definisco un disco, che so, pop-folk e tutto il resto che é pure definito tale ci scappa in mezzo. Ah, le macchine….
    Beh, poi sicuramente con Yo Yo Mundi proprio una ceppa di cosiddetto.
    Comunque hai troppo ragione (me ne accogo sempre tardi….:D) quando dici che non oportet copia incollare i testi da Word. Semplicemente sono saltati tutti gli spazi tra un paragrafo e l’altro, il che mi fa alquanto irritare….

  7. olona74 ha detto:

    sono d’accordissimo. a me non piacciono i giornali di musica e coltivo il fai da te: mi influenza solo il mio gusto e dedico una fetta del mio prezioso tempo alla ricerca, alla scoperta …

  8. bando ha detto:

    Parliamo dei critici musicali di Musica! di Repubblica. Ho visto cose….tipo la recensione di Vasco, quella di Raf che mi ha fatto dubitare che essere giornalisti ed indipendenti sia ancora possibile. Poi il cd di vasco l’ho ascoltato (ebbene sì) per trovarci le cose scritte….a parte gli eeee…oooo…seeeee….aaaaa…non ci ho trovato nulla. c’eran le solite frasi “culto”: vuoi da bere? un senso non ce l’ha. no non ha senso

  9. utente anonimo ha detto:

    L’idea che “scrivere di musica è come danzare di architettura” è carina, non l’avevo mai sentita. Rende bene l’idea. Ma per il resto secondo me scrivere bene di musica è difficilissimo, non ci riesce quasi nessuno. L’unica soluzione è mischiare tutti i metodi che hai descritto e avere fortuna.