lunedì, 06/04/2009

South by Southwest 2009: thumbs up and thumbs down

Se siete appassionati di musica, meglio se indipendente, avete probabilmente già letto un sacco di cose sul South by Southwest di Austin.

 

Il festival più bello del mondo, con la sua atmosfera unica data dall’incredibile fusione tra città e musica che trasforma tantissimi luoghi del centro in location per concerti, e la conseguente invasione della città da parte di migliaia di musicofili di ogni ordine e grado, dall’hipster (forma di vita dominante) al nerd metallaro, dal biker al redneck, dalle coppie più o meno attempate ai giovanissimi autoctoni con la X sulla mano (segno che sono under-21 e quindi non possono bere alcool) produce nei presenti l’irrefrenabile bisogno di scrivere, fotografare, documentare l’evento e raccontare agli altri gli esiti del proprio percorso musicale tra i quasi 2000 live act che hanno luogo in 4 giorni.

 

Ovviamente non posso esimermi dal fare lo stesso (del resto la scritta Press sul mio badge in qualche modo me lo impone, come me lo imporrà altrove), anche se farò in modo di essere sintetico, e di limitarmi a indicare brevemente le band più interessanti e quelle più deludenti tra le circa cinquanta che sono riuscito a vedere dal vivo.

 

[le foto sono tutte mie, se non è indicato altrimenti. Per questo alcune fanno un po’ schifo. :-\
Se volete vedere delle belle foto ci sono quelle di Giulia Mazza]

 

 

 

South by Southwest: thumbs up

[Attenzione, alta densità di superlativi]

 

 

Wavves

Clicca sulle immagini per ingrandirle

Partivo super-prevenuto nei confronti del ragazzino californiano dalla faccia d’angelo e dal bizzarro spleen post-grunge. Invece, prima con un estemporaneo set acustico che ha svelato le melodie dietro la distorsione, poi con un notevolissimo set elettrico, mi sono dovuto ricredere: la stoffa c’è, le canzoni anche, il sound che frulla Cobain, Beck, la musica surf e le distorsioni totali dei My bloody Valentine dal vivo è più immediato e autentico che su disco. E in bella vista c’è un anthem molto lo-fi (So bored) che fa la differenza.

 

Wavves – So bored (MP3)

Wavves – So bored (acoustic – live @ SXSW 2009) (MP3)

 

 

PJ Harvey & John Parish

Clicca sulle immagini per ingrandirle

Prima assoluta dal vivo per i nuovi pezzi di Polly scritti in coppia col fedele John Parish e si nota subito un ritorno alla teatralità grottesca dei suoi dischi migliori, con grande interpretazione vocale e pezzi assai interessanti già al primo ascolto. Vederla urlare «I want you fucking ass!» in A woman a man walked by e sentirla abbaiare come una pazza su Pig will not è stato, francamente, ineguagliabile. Eccitante, pure.

 

PJ Harvey and John Parish – A woman a man walked by (MP3)

 

 

Grizzly Bear

Clicca sulle immagini per ingrandirle

A detta di molti miglior live del festival, ed è difficile non pensarla allo stesso modo. La cosa è tutt’altro che una novità (era la quarta volta che li vedevo dal vivo), ma con gli anni il sound del quartetto di Brooklyn si è ulteriormente raffinato, i pezzi sono sempre più notevoli, l’esecuzione sempre più sopraffina. Averli visti suonare in una chiesa presbiteriana è stato il bonus.

 

Grizzly Bear – Cheerleader (MP3)

 

 

Little Boots

Clicca sulle immagini per ingrandirle

Dite quello che vi pare, ma la nuova divetta pop-dance 2.0 (di cui su queste pagine abbiamo parlato qui) a me piace, e neanche poco, e dal vivo non ha deluso. Live act solido, il fedele nerdissimo Tenori-On in primo piano, voce e movenze da starlette ma l’attitudine e l’umiltà da chi ha la testa salda sulle spalle. Interessa poco se andrà lontano o meno, è stato una bel vedere.

 

Little Boots – Meddle  (MP3)

 

 

Daniel Johnston

Clicca sulle immagini per ingrandirle

Avevo già visto dal vivo il songwriter texano (noto anche per i suoi problemi psichiatrici) in un live solitario a Bologna una sera d’Estate, e tanto quella volta era stato lacerante vederlo terrorizzato biascicare sul palco, quanto questa volta è stata una grande festa. Ad Austin giocava in casa, aveva una band che rockeggiava non poco, e da cui traeva una forza e una confidenza che gli credevo sconosciute. Pubblico in visibilio e gioia palpabile. Grandissimo set.

 

Daniel Johnston – Don’t let the sun go down on your grivances (MP3)

 

 

The Soft Pack

Clicca sulle immagini per ingrandirle

Già tra i miei favoriti tra le nuove band americane, i Soft Pack (ex The Muslims) dimostrano attitudine a fiumi e l’autenticità svagata di chi pare trovarsi per caso su un palco. E che invece confeziona il miglior indie-rock senza tempo (ci si sente di tutto, dai Velvet Underground di Loaded ai Cure di Boys don’t cry agli Strokes di Is this it) e senza frozoli che si possa ascoltare al momento. Non saranno mai delle celebrità, meno male.

 

The Soft Pack – Brightside  (MP3)

 

 

 

Fanfarlo

Clicca sulle immagini per ingrandirle

Il disco d’esordio supera a pieni voti le perplessità suscitate dall’EP (un po’ troppo fedele alla formula Arcade Fire + Beirut) e si conferma eccellente anche dal vivo. Trascinante ed emotivo, orchestrale ma compatto, il tipo di concerto che ti fa alzare le braccia al cielo e cantare a squarciagola. Anche se non sai le parole.

 

Fanfarlo – Harold T. Wilkins  (MP3)

 

 

 

The pains of being pure at heart

Clicca sulle immagini per ingrandirle

Istantaneamente ribattezzati «The pains of being pucci at heart», per il sorriso ubriaco della tastierista Peggy che disegna cuoricini sui cd che autografa e per la faccia pulita del cantante Kip; e per le melodie di miele coperte di distorsione soffici e dolceamare del migliore indiepop d’altri tempi, che dal vivo non perdono un briciolo del loro fascino. Come direbbe una persona che conosco: «Love!».

 

The pains of being oure at heart – Young adult friction (MP3)

 

 

 

Titus Andronicus

Clicca sulle immagini per ingrandirle

Nel 2009 il gruppo più punk del festival suona un power-pop alcolico quasi springsteeniano con voce sguaiata con cui il cantante (un incrocio tra Sylar e Aidan Moffat), contorcendosi come un ossesso dalla prima all’ultima canzone ci fora i timpani e ci frigge il cervello. Impossibile non rimanere colpiti. Li conoscevo poco, ora sono un fan.

 

Titus Andronicus – Titus Andronicus (MP3)

 

 

 

The Rural Alberta Advantage

Clicca sulle immagini per ingrandirle

Meraviglia. Ancora semisconosciuti in America, ma adorati da tutti quelli che se ne sono imbattuti (io ve ne parlai l’Estate scorsa), i figliocci dei Neutral Milk Hotel sembrano fatti apposta per rendere ancora meglio dal vivo, con la batteria che romba, la chitarra acustica maltrattata, la voce sguaiata, i nervi scoperti. Finalmente se c’è accorto anche Pitchfork che dice «This band could be huge».

 

The Rural Alberta Advantage – Don’t haunt this place (MP3)

 

 

 

The Wrens

Clicca sulle immagini per ingrandirle

Ci metterei la firma per essere a 40 anni come sono i Wrens. Indie-rock sincero e sudato, una manciata di canzoni memorabili, fan fedeli che li seguono da sempre nonostante le uscite (di dischi e concerti) più rade dei capelli del cantante. Un grandissimo ritorno.

 

The Wrens – Everyone chooses sides (MP3)

 

 

 

Here we go magic

Clicca sulle immagini per ingrandirle

Non sapevo esattamente cosa aspettarmi da Luke Temple e soci (tra i primissimi set visti al festival, nel mezzogiorno caldo e assolato del patio del Mohawk), e ciò non ha fatto che rendere più piacevole il farsi conquistare dal suo pop psichedelico in salsa Remain in light. Che dal vivo guadagna quel tanto di forma dal colpire dove il disco (un po’ fuori fuoco) non riesce.

 

Here we go magic – Fangela (MP3)

 

 

 

South by Southwest: thumbs down

[Attenzione, alto tasso di giudizi tranchant]

 

 

Peter, Bjorn and John

Clicca sulle immagine per ingrandirla. Foto: Stereogum

Il backlash colpisce forte, la hit single Young Folks rimane ineguagliata, e con somma presunzione i nostri la escludono dalla scaletta preferendogli molti pezzi dal nuovo, mediocre, disco. Neanche brutto come live (funestato pure da problemi tecnici, tra l’altro), ma il dimenticatoio è dietro l’angolo.

 

Peter, Bjorn and John – Nothing to worry about (MP3)

 

 

Lemonade

Clicca sulle immagine per ingrandirla. Foto: PanicManual

Tanto su disco la loro proposta da !!! più psichedelici e meno punk-funk mi piace, tanto dal vivo è risultata spenta e priva di verve. Sarà che erano le due del pomeriggio, ma il segno lasciato non è stato dei migliori.

 

Lemonade – Big Weekend (MP3)

 

 

Lissy Trullie

Clicca sulle immagini per ingrandirle

Stacco di coscia mica male, giacchetta in pelle e Stratocaster d’ordinanza per la scenester newyorkese con gli amici hipster e le serate da DJette nei posti giusti. La musica lasciamola fare a chi la sa fare, però.

 

Lissy TrullieSelf-taught learner (MP3)

 

 

Crystal Stilts

Clicca sulle immagini per ingrandirle

Quando ad un concerto, dopo appena 5 minuti, tutto quello che vorresti fare è salire sul palco e strappare via dal microfono l’insopportabile filtro che trasforma la voce del cantante in quella di una versione mummificata di Ian Curtis che canta attraverso le crepe della sua bara, forse la band non ti sta piacendo granchè. La musica non sarebbe neanche male, in realtà, e la cosa rende il tutto ancora più irritante.

 

Crystal Stilts – Crystal Stilts (MP3)

 

 

Blank Dogs

Clicca sulle immagine per ingrandirla. Foto: The Grizzly Life

Stessa sensazione dei Crystal Stilts (ma qui dal vivo il filtro trasforma la voce in quella di un Ian Curtis cyborg che parla con il filtro vocale di Stephen Hawking hackerato dall’inventore dell’Atari), però con un sound più slabbrato e ancora meno convincente. Le canzoni forse sono migliori di quelle dei Crystal Stilts, ma è un po’ una guerra tra poveri. Meglio su disco, e anche lì, la maturità è ancora lontana.

 

Blank Dogs – Ants (MP3)

 

 

Alela Diane

Clicca sulle immagine per ingrandirla.

Normalmente amo molto le cantautrici acustiche ma qui…yawn. Boooooring.

 

Alela Diane – White as diamonds (MP3)

 

 

Cause co-motion

Clicca sulle immagini per ingrandirle

Su disco non mi dispiacciono, dal vivo il loro indie-pop punk dipinge impietosamente quattro ragazzetti scalmanati i cui pezzi da un minuto sono troppo inutili persino per dare sui nervi ai presenti. Che infatti sono pochissimi, e una buona parte se ne va dopo 5 minuti, all’ottavo pezzo.

 

Cause co-motion – I lie awake (MP3)

 

 

Vivian Girls

Clicca sulle immagini per ingrandirle

Simpatiche sono simpatiche, allegre sono allegre, carine direi pure (ho un debole per la bassista, ma anche la cantante col fascino da gioventù violata non è male) ma -come era chiaro già a priori- la sostanza è praticamente nulla. Speravo che fossero almeno divertenti dal vivo. Invece no.

 

Vivian Girls – Where do you run to (MP3)

 

 

Late of the pier

Clicca sulle immagini per ingrandirle

Bizzosi e vezzosi, giovani e bellocci, gli inglesi devono sempre farsi riconoscere. Suonano svogliati e boriosi un set decisamente inutile, risollevato sul finale dai singoloni coi synth che dal vivo diventano quasi new-rave e colpiscono per potenza e precisione. Troppo poco e troppo tardi, però.

 

Late of the pier – Focker (MP3)

 

 

Hatcham Social

Clicca sulle immagini per ingrandirle

Tanti ne dicono un gran bene, su disco sono interessanti ma non mi cambiano la vita, dal vivo hanno un sound tutto sbagliato e neanche troppa voglia di suonarlo. A Maggio vengono in Italia quindi vedremo se è stata solo una serata sfigata e se, in effetti, hanno nella manica gli assi che a Austin sono mancati.

 

Hatcham Social – So so happy making (MP3)

 

 

Dent May & his magnificent ukulele

Clicca sulle immagini per ingrandirle

Potrebbe non starci simpatico un uber-nerd svedese che suona canzoni indie-pop all’ukulele? Giammai. Simpatico e basta, però, ché di canzoni buone ne ha solo un paio. E dal vivo si sente.

 

Dent May & his magnificent ukulele – Meet me in the garden (MP3)

 

 

Passion Pit

Clicca sulle immagini per ingrandirle

Quando l’hype sbaglia tiro. Come sapete ero pronto a scommettere su di loro, e mi sa che sbagliavo. A parte il vecchio singolo Sleepyhead, del loro set non convince quasi nulla, dal tedioso falsetto del cantante agli arrangiamenti assai poco coesi che danno l’impressione di una band ancora alla ricerca di una forma precisa. Rimandati.

 

Passion Pit – Sleepyhead (MP3)

 

 

Honorable Mentions

• Micachu & The Shapes

• Graham Coxon

• Yelle

• The Thermals

• Au revoir Simone

• Blitzen Trapper

• Black Lips

• Primal Scream

• Lisa Hannigan

• American Analog Set

• Women

• Camera Obscura

 

15 Commenti a “South by Southwest 2009: thumbs up and thumbs down”:

  1. […] dicevo qui non amo granchè le Vivian Girls ma ho un debole per la bassista Kickball Katy, che per […]

  2. […] passato non sono stato molto generoso con Dent May & his magnificent ukulele (l'ho visto a Austin e non ne sono rimasto impressionato), però il lato B del suo nuovo singolo Eastover Wives […]

  3. NicoleDiver ha detto:

    Tanti anni passati a cercare di lisciarsi i capelli in modo decente e poi un giorno scopri che se non hai il fascino della gioventù violata non sei nessuno.

    Ma insomma.

  4. utente anonimo ha detto:

    Grizzly Bear notevoli

    grazie

    j.mascia

    al ragazzino X consiglio American Punk Hardcore di Blush Steven per dare un significato più *realistico* sorattutto al “non avere partner occasionali”

  5. utente anonimo ha detto:

    che ridere il tipo che ti corregge sullo sxe.

    spero sia un ragazzino/a molto giovane e smanioso di mostrarsi…altrimenti….delirio.

    ovviamente per dovere di cronaca

  6. utente anonimo ha detto:

    E’ vero che PJ Harvey assimiglia a Juliet di Lost..non ci avevo mai pensato..

  7. utente anonimo ha detto:

    ma perchè Luke Temple ha un faretto arancione attaccato alla testa?

    s3

  8. utente anonimo ha detto:

    Fabrizio ti concedo la citazione…e penso che se avessi assistito anche io all’esibizione dei The Pains of Being Pure at Heart avrei ripetuto “Love!” in continuazione! :D

    Alessia.

  9. utente anonimo ha detto:

    dent may è del mississipi, nn svedese. svedese con l’ukulele era jens lekman nel 2006.

  10. inkiostro ha detto:

    #5: è il contrario: il simbolo degli Straight Edge viene direttamente dall’usanza di fare una x sulle mani dei minori di 21 (così i baristi, quando la vedono, non li servono). Gli straight edge se la facevano apposta.

    Ma fidati, quelli che si vedevano ad Austin non erano degli straight edge, ma degli adolescenti.. :)

    [#1: ti sei perso la parte ‘Thumbs up’ e quella ‘Honorable Mentions’, mi sa…]

  11. utente anonimo ha detto:

    Volevo fare una precisazione…la X sulla mano generalmente indica che quel ragazzo/a è straight edge, cioè non beve, non si droga e non ha partner occasionali perchè non le reputa fonti di sano divertimento. Questo movimento è associato il più delle volte alla musica punk-hardcore. Dovere di cronaca ;) ciao

  12. utente anonimo ha detto:

    Ti seguo sui Soft Pack e sui Pains of being pure at heart. Meno sui Late of the pier, che magari dal vivo non sono chissa cosa ma su disco mi piacciono molto.

  13. utente anonimo ha detto:

    che gruppi di merda!

  14. utente anonimo ha detto:

    Sono lacerato dall’invidia.. Ora leggo tutto per bene, guardo le foto, scarico gli mp3. Poi comincio a pianificare le vacanze per la Primavera 2010. Direzione Texas. :)

  15. utente anonimo ha detto:

    ink,

    ma qualche band ti è piaciuta o no?